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      Arnaldo Dante Aronne Momigliano (Caraglio, 5 settembre 1908 –
      Londra, 1 settembre 1987) è stato uno storico italiano,
      specializzato nello studio della storia e della storiografia antica.
      
      Ne fu docente presso alcune università italiane, ebbe
      collaborazioni con atenei stranieri e collaborò
      all'Enciclopedia Italiana, all'Oxford Classical Dictionary e
      all'Encyclopædia Britannica. Fu definito da Donald Kagan "il
      più importante studioso al mondo della storiografia del mondo
      antico." Ricevette nel 1974 un cavalierato onorifico del Regno
      Unito.
      
      Biografia
      
      Famiglia
      
      Nacque in una famiglia di ebrei piemontesi che – originaria del
      villaggio savoiardo di Montmélian – aveva alle spalle una
      storia plurisecolare di spostamenti attraverso le valli della
      regione, alla ricerca di una sede sicura a riparo da persecuzioni e
      vessazioni.
      « Tra gli Ebrei della mia generazione io sono stato uno dei
      pochi che hanno avuto un'educazione strettamente ortodossa »
      
      Tra i fratelli del nonno Donato figurava quel Marco Momigliano che,
      come rabbino maggiore, aveva riorganizzato nel 1866 la
      comunità di Bologna e che fu l'autore di Autobiografia di un
      Rabbino italiano (1897). Il familiare più influente per il
      futuro storico fu comunque l'altro fratello del nonno: Amadio,
      modesto uomo d'affari e modesto proprietario di terre. Talmudista,
      legato alla cultura cabbalistica, appassionato lettore dello Zohar,
      in rapporti di amicizia con Elia Benamozegh, lo zio Amadio, che
      negli anni dell'infanzia e dell'adolescenza di Arnaldo visse nella
      sua stessa casa caragliese, si occupò della prima educazione
      del fanciullo precoce e studioso, a cui insegnò l'ebraico,
      ponendolo in grado di conoscere ben presto l'intero Antico
      Testamento, facendogli apprendere nel contempo a mente i Proverbi di
      Salomone e le massime del Pirkei Avot (Le Massime dei Padri).
      
      Benché prendesse talora lezioni da professori di Cuneo,
      l'educazione scolastica avvenne sostanzialmente entro le pareti
      domestiche. Momigliano non frequentò mai la scuola, ma verso
      gli undici anni leggeva il patriarca degli apostati cattolici,
      Ernest Renan, e cresceva in un clima incline a considerare il
      rilievo dell'incontro tra la cultura greca con quella ebraica,
      insieme alla formazione del Cristianesimo, per la civiltà
      occidentale. Parte integrante della cultura familiare era anche
      l'interesse per il Cristianesimo, rappresentato da Arturo Carlo
      Jemolo, cugino di Arnaldo da parte di madre, e dall'esempio di
      Attilio Momigliano, il critico letterario, vicino a posizione
      crociane, dantista e autore di studi sul cattolico giansenista
      Alessandro Manzoni.
      
      Si è supposto che rilevante debba essere stata anche la
      presenza, oltre che l'insegnamento, del «cugino
      prediletto» Felice Momigliano, che al dodicenne Arnaldo
      leggeva e commentava il non ortodosso Spinoza.
      
      Fra Amadio e Felice – ha osservato la curatrice di Pagine ebraiche,
      Silvia Berti, «Momigliano crebbe assimilando una
      religiosità che era soprattutto fedeltà alla
      tradizione dei padri e nello stesso tempo precocemente imparava a
      laicizzarla, e a pensarla storicamente».
      
      Il padre dello storico, Salomone Riccardo Momigliano, commerciante
      di granaglie e poi presidente della Cassa rurale di Caraglio fu
      combattente nella Prima guerra mondiale, consigliere comunale per i
      democratici antigiolittiani nella provincia di Giolitti, assessore
      comunale, prosindaco e sindaco; nel 1918 aveva finito con il
      confluire con la sua fazione antigiolittiana nel Fascio di
      Combattimento del Comune di Caraglio nel quale, dal 1924 al 1931,
      esercitò funzioni di direzione politica. La madre, Ilda Levi,
      crocerossina e medaglia di bronzo nella prima guerra mondiale, al
      momento della guerra etiopica si era prodigata nella raccolta del
      cosiddetto 'oro per la patria'.
      
      L'ambiente familiare in cui il giovane Arnaldo era venuto formandosi
      univa quindi il rispetto rigoroso della tradizione religiosa ebraica
      a una convinta accettazione della realtà statuale italiana
      senza soluzione di continuità tra lo stato liberale e il
      regime fascista: nel '36 si arruolò volontario nella Milizia
      fascista. Solo nell'ambiente universitario torinese e poi,
      soprattutto a Roma, tra gli intellettuali impegnati nel lavoro di
      redazione dell'Enciclopedia Italiana, il giovane Momigliano conobbe
      l'opposizione antifascista, le cui ragioni intese progressivamente
      fino ad assumerle come proprie al manifestarsi della persecuzione
      razziale antisemita che gli avrebbe resa assurda l'identificazione
      tra patria e regime fascista.
      
      Gli anni torinesi
      
      Superato brillantemente, eccezion fatta per la matematica, l'esame
      di maturità al Liceo Silvio Pellico di Cuneo nel 1925, primo
      anno di attuazione della riforma Gentile, Momigliano si iscrisse
      alla Facoltà di Lettere dell'Università di Torino dove
      poté conoscere e frequentare Carlo Dionisotti, Mario Soldati,
      Cesare Pavese, Lalla Romano, Aldo Bertini, Aldo Garosci, Ludovico
      Geymonat, Paolo, Piero e Renato Treves, Giulio Carlo Argan, Norberto
      Bobbio, Ginia, Carlo e Alessandro Galante Garrone, Leone Ginzburg,
      Massimo Mila.
      
      Nei primi anni di università, Momigliano attese a studi
      letterari e filosofici. In una lettera del 9 agosto 1926 indirizzata
      all'amico Dionisotti scriveva: «Ho letto i Prolegomeni di Kant
      nell'edizione mirabilmente commentata da Piero Martinetti. È
      lettura non troppo difficile e davvero vivificante. Tu ti accorgi
      che un nuovo infinito mondo di meditazioni ti si apre».
      
      E in una successiva lettera, sempre da Caraglio: «confesso
      che, per quanto non ignori i tentativi crociano-gentiliani di dare
      un significato umano anche all'impossibilità di raggiungere
      l'assoluto, non riesco a vincere quel senso della trascendenza, che
      in me spesso torna», confessione giovanile in cui traspare
      già il nodo, caratteristico di tutta l'opera di Momigliano,
      di una preoccupazione insieme filosofica e religiosa. Solo al terzo
      anno di università Momigliano si orientò decisamente
      alla storia antica, dedicandosi allo studio dello storico greco
      Tucidide, argomento poi della sua tesi di laurea. La scelta
      nell'ambito degli studi classici della letteratura e della storia
      greca, se importava maggiore difficoltà tecnica, consentiva
      al contempo, come osserva Dionisotti, «un prudente distacco
      dall'abuso che il regime fascista veniva facendo della tradizione
      romana».
      
      Gli anni romani: libera docenza ed Enciclopedia Italiana
      
      Laureatosi nel giugno del 1929, il ventunenne Momigliano
      seguì nell'autunno dello stesso anno il maestro Gaetano De
      Sanctis a Roma, dove iniziò la sua collaborazione
      all'Enciclopedia Italiana e dove, nel dicembre del 1931, ottenne la
      libera docenza. Dal marzo del 1933, venticinquenne, ricoprì
      per incarico la cattedra di storia greca, resasi vacante per il
      rifiuto di prestare giuramento di fedeltà al Fascismo da
      parte del maestro De Sanctis.
      
      Vincitore nel 1936 del concorso per la cattedra di storia romana
      all'Università di Torino, Momigliano tornò come
      professore nell'alma mater che lo aveva laureato sette anni prima.
      Se la sua carriera universitaria fu rapida, intensissima in ogni
      caso era stata la sua produttività scientifica che, solo nei
      primi sette anni dalla laurea, annoverava più di 180
      pubblicazioni, tra cui tre monografie, Prime linee di storia
      Maccabaica (Roma 1930), L'opera dell'imperatore Claudio (Firenze
      1932), Filippo il Macedone. Saggio sulla storia greca del IV secolo
      (Firenze 1934) e un fortunato Sommario di storia delle
      civiltà antiche per la scuola media, a comprova di
      un'attività di ricerca e interpretazione che fin dall'inizio
      si applicava all'intera disciplina: storia orientale, greca e
      romana.
      
      All'ampiezza del quadro delle ricerche momiglianeee, corrispondeva
      inoltre subito l'attenzione a particolari minimi e malnoti, senza
      che venisse meno la preoccupazione, poi costante, di riconoscere la
      sopravvivenza nella civiltà moderna così della
      tradizione classica come di quella ebraica.
      
      Il meritato successo accademico del Momigliano che tornava alla sua
      Torino nel 1936 «splendeva – come ha ricordato Carlo
      Dionisotti - su di uno sfondo buio […] Fra i nostri compagni
      d'università e di facoltà, nei tardi anni venti, uno
      solo, Leone Ginzburg, era stato paragonabile a Momigliano per la
      precoce maturità e autorità intellettuale. … Davanti a
      lui era spalancata, non soltanto socchiusa, la porta di una carriera
      universitaria. Ma nel gennaio 1934 Ginzburg rifiutò il
      giuramento richiesto anche ai liberi docenti e rinunciò a
      quella carriera. Il seguito, fino alla morte in carcere nel febbraio
      del 1944 a Roma, è noto. Quelli che negli anni trenta si
      proposero una carriera universitaria dovettero scegliere fra la
      minestra che il regime fascista imponeva come primo piatto e la
      finestra».
      
      L'esilio britannico
      
      Momigliano non dovette mangiare a lungo la minestra imposta dal
      regime, che lo sbatté senza complimenti fuori dalla finestra
      al pari di tutti gli altri ebrei.
      
      Il suo insegnamento a Torino – inaugurato dalla prolusione del
      dicembre 1936, intitolata Koiné Eirene, Pax Romana, Pax
      Christiana (pubblicata dal Dionisotti in appendice al suo Ricordo di
      Arnaldo Momigliano, Bologna 1989, più volte citato) –
      durò meno di due anni. Nel 1938 la "dispensa dal servizio",
      ossia l'esclusione degli Ebrei dalla vita pubblica, era tale da
      stroncare la vita di un uomo come Momigliano che non soltanto si era
      votato interamente a una carriera di studioso e di maestro, ma aveva
      anche creduto di potere essere in tale carriera, meglio che in ogni
      altra, italiano ed ebreo.
      
      In una recensione del 1933, apprezzata da Gramsci, al libro di Cecil
      Roth, Gli ebrei in Venezia, Momigliano aveva sostenuto la tesi che
      «la storia degli Ebrei di Venezia – che cooperano
      all'organizzazione e alla difesa della Repubblica del '48 – come la
      storia degli Ebrei di qualsiasi città italiana è
      essenzialmente … la storia della formazione della loro coscienza
      nazionale … parallela alla formazione della coscienza nazionale nei
      Piemontesi o nei Napoletani o nei Siciliani. … Gli uomini politici
      del Risorgimento dimostrarono anch'essi coi fatti di capire che
      momento essenziale della costituzione della nazionalità
      italiana era la parificazione degli Ebrei agli altri
      cittadini.» Questa tesi, pur opinata, è stata addotta
      ad asserita dimostrazione che a quella data Momigliano escludeva il
      sospetto di un residuo isolamento della minoranza ebraica nella
      società italiana. A trent'anni, nel 1938, appena raggiunta la
      meta con enorme sforzo, Momigliano si trovò a dover
      ricominciar da capo, fuori d'Italia. Questo evento si ripercuote
      nella sua bibliografia, in cui dal 1928 innanzi manca un solo anno,
      il 1939, l'anno dell'esilio.
      
      Momigliano trovò rifugio in Inghilterra, e in una
      città universitaria, Oxford, dove erano esuli con lui alcuni
      tra i maggiori studiosi tedeschi dell'antichità classica da
      Fraenkel, a Jacoby, a Maas, a Pfeiffer e dove, anche durante gli
      anni del secondo conflitto mondiale, non gli mancarono gli strumenti
      e gli stimoli necessari al suo lavoro.
      
      Oxford e l'Ashmolean Museum, le lezioni di Cambridge
      
      Momigliano partì da Torino per Parigi il 29 marzo del 1939.
      Alla Gare de Lyon c'era ad attenderlo Aldo Garosci, compagno di
      studi universitari, storico e fuoriuscito. Ma Parigi fu soltanto il
      luogo di due stazioni: il viaggio riprese immediatamente in
      direzione di Londra.
      
      L'incertezza della sua situazione si era in qualche modo risolta
      solo pochi giorni prima: la Society for the Protection of Science
      and Learning su sollecitazione del professor Hugh Last e Robin
      George Collingwood, presso cui era intervenuto anche Benedetto
      Croce, gli aveva infatti concesso una borsa dall'ammontare annuo di
      250 sterline, perché potesse proseguire ad Oxford le sue
      ricerche. Momigliano fece presto dell'Ashmolean Museum la biblioteca
      eletta a luogo dei suoi studi.
      
      Invitato a preparare una serie di lezioni per modernisti a
      Cambridge, Momigliano vi vide l'occasione per esporre in modo
      organico i risultati della sua riflessione, collegando gli esiti
      degli stimoli recenti, in particolare l'analisi del testo di Ronald
      Syme, The Roman Revolution, allora fresco di stampa, a quanto gli
      pareva sedimentato dalle sue precedenti ricerche. Scelse come tema
      The Idea of Peace in the Ancient World. Del corso cantabrigense
      Momigliano diede subito conto in una lettera datata Oxford, 17 marzo
      1940 ed inviata a Carlo Dionisotti e da lui pubblicata: «Le
      lezioni si sono naturalmente risolte in uno schizzo di Freedom and
      peace in the classical world. Nel mio molto occuparmi di questi due
      temi c'era sempre stata una oscura consapevolezza della loro
      unità, ma solo da poco ho capito chiaramente che il problema
      della pace, e in particolare della pace interiore, è la forma
      storica concreta del problema della libertà dalla fine del IV
      secolo a.C. al Basso Impero, con l'unica eccezione in sede
      teorico-pratica del movimento intorno a Catone Uticense e
      successori, la cui originalità … sta in una sintesi della
      tradizione repubblicana con il motivo stoico della libertà e
      pace interiore.»
      
      La redazione delle lezioni cantabrigensi – come ha evidenziato il
      curatore della loro edizione postuma Riccardo Di Donato –
      costituisce un passaggio cruciale nella biografia intellettuale
      dello storico piemontese, che vi prende coscienza dell'unità
      dell'interesse spirituale che lo ha sorretto negli anni della
      dittatura nello studio del tema della pace e lo ha condotto a
      interrogarsi sul suo bisogno personale di libertà. L'ambiente
      familiare più ristretto non lo aveva aiutato in tale
      direzione: solo lo sforzo intellettuale e la personale sofferenza
      nella ricerca del vero lo avevano condotto al momento della
      comprensione.
      
      A vent'anni, nel 1928, Arnaldo Momigliano si era iscritto al Gruppo
      universitario musicale della Gioventù Universitaria Fascista.
      Come pubblico dipendente, negli anni trenta dovette iscriversi al
      PNF. In tale condizione rimase fino alla espulsione, applicata in
      seguito alla legislazione razziale, il 28 novembre 1938. Se
      l'iscrizione a vent'anni al GUF torinese difficilmente
      comportò un processo di riflessione approfondito, diversa fu
      la questione della tessera del PNF che a Momigliano deve essere
      pesata ogni giorno – dalla presa di coscienza dell'erronea
      identificazione fra stato e regime – se ancora nel luglio del 1945
      poteva scrivere: «Non ho studiato Tacito abbastanza per
      parlarne con qualche autorità. C'è più di una
      persona a Oxford che potrebbe farlo meglio di me. Ma io posso forse
      invocare per me una qualificazione a parlare di Tacito che altri non
      ha. Io ho vissuto sotto un regime totalitario per sedici anni,
      cinque mesi, un giorno e circa diciotto ore». Ovvero
      esattamente il periodo intercorrente tra il conferimento
      dell'incarico di formazione del governo a Mussolini da parte di
      Vittorio Emanuele III (29 ottobre 1922) e il suo arrivo nella terra
      d'esilio inglese.
      
      I carteggi pubblicati mostrano un Momigliano estraneo a ogni forma
      di partecipazione attiva alla vita politica. Il carteggio con la
      comunità ebraica romana nel periodo 1936-37[5] conferma
      altresì una posizione complessa di rifiuto di ogni
      implicazione diretta di carattere religioso, di rispetto della
      tradizione familiare, di rifiuto del sionismo, visto come pericolo
      grave perché giustificazione di possibili persecuzioni, di
      accettazione piena della vita nazionale come la sola possibile.
      Sarebbe indubbiamente prova di miopia identificare la posizione del
      giovane Arnaldo a quella del padre, giustamente orgoglioso e
      partecipe dei successi accademici del figlio e con ogni
      probabilità non estraneo alla pubblicazione sul numero del 16
      dicembre 1936 de La Nostra Bandiera (il periodico torinese degli
      ebrei fascisti fondato nel 1934), del trafiletto che dava conto
      della ‘nomina' e dell'insediamento sulla cattedra di storia romana
      del prof. Arnaldo Momigliano, autore di una brillante prolusione sul
      tema ‘Pax Romana' e che esprimeva il compiacimento della redazione
      «per la sua nomina che riconosce e corona meriti veramente
      eccezionali». Riccardo Momigliano era divenuto un ebreo
      fascista, collegato con il gruppo piemontese di Ovazza e della
      Nostra Bandiera di cui era fiduciario per la comunità di
      Cuneo.
      
      Arnaldo Momigliano fu uno dei tanti pubblici dipendenti iscritti al
      PNF che vedevano crescere nel loro intimo il rifiuto del regime e di
      ogni sua manifestazione. La coscienza della propria condizione di
      ebreo rendeva il giovane Momigliano particolarmente attento a ogni
      manifestazione esteriore che potesse provocare reazioni, ma un esame
      dello sviluppo del suo pensiero – in quegli anni costantemente
      rivolto al remoto passato di Ebrei, Greci e Romani –, non lascia
      dubbi al riguardo. [senza fonte] È discusso quanto della sua
      produzione scientifica dal 1929 al 1939 possa rivelare una sua
      adesione o accettazione del fascismo, sia nella dimensione
      dell'ideologia che in quella della pratica politica; amici come
      Dionisotti trovarono sempre illeggibile il suo contributo alla voce
      Roma, impero (1936) dell'Enciclopedia Italiana, «abnorme voce,
      veramente vescica degna della capitale di un impero fascista».
      
      Con il 1938 Momigliano dovette affrontare la persecuzione razziale e
      trovò rifugio a Oxford. Nei campi di sterminio nazisti
      perdette i genitori ed altri undici membri della sua famiglia. La
      dedica alla madre di un testo fondamentale come Saggezza straniera
      è seguita dalla citazione dei versetti strazianti del Salmo
      79,2-3: «Hanno abbandonato i cadaveri dei tuoi servi in pasto
      agli uccelli del cielo; la carne dei tuoi fedeli agli animali
      selvaggi. Hanno versato il loro sangue come acqua intorno a
      Gerusalemme e nessuno seppelliva».
      
      Per lo storico piemontese, educato al rispetto della doppia
      tradizione ebraico-italiana, l'adozione della legislazione
      antisemita da parte del regime fascista, che portò
      all'eliminazione fisica di oltre un quarto della popolazione ebraica
      italiana si è detto sia stata una ferita non cicatrizzabile:
      «… non è possibile rendersi conto di quanto è
      accaduto agli Ebrei di Europa (e in particolare agli Ebrei di
      Germania e Polonia, estirpati per sempre dai paesi alla cui
      civiltà avevano contribuito per molti secoli) senza guardare
      in faccia gli elementi di tensione religiosa e sociale coordinatisi
      nella lunga tradizione di antisemitismo. … Ma nel caso italiano …
      è anche impossibile eliminare l'aspetto opposto – la
      personale situazione di Mussolini, che nella sua vita si era trovato
      in rapporti stretti, tutti finiti piuttosto male, con uomini e donne
      di origine ebraica. Soprattutto con donne: Angelica Balabanoff,
      Margherita Sarfatti e, a contrario, Anna Kuliscioff (Ronzenstein) di
      cui Mussolini ancora all'ultimo, a quanto pare, lamentava di non
      essersi guadagnata la fiducia. … Ma gli uomini non mancano, da
      Claudio Treves, il suo più tenace oppositore al tempo
      dell'ascesa nel partito socialista, con cui ebbe anche un duello, ai
      fratelli Rosselli. Il sottoscritto ha in famiglia almeno tre membri,
      Felice, Riccardo ed Eucardio Momigliano con cui Mussolini ebbe
      rapporti personali non passeggeri, tutti finiti male (con i primi
      due nel periodo socialista, con il terzo assai più malleabile
      degli altri due nel primo periodo fascista. … Per Mussolini la
      cosiddetta campagna razziale fu anche un tentativo di liquidazione
      del proprio passato».
      
      Da Oxford Momigliano comunicava i suoi progetti di lavoro all'amico
      Dionisotti: «Le mie linee continue di ricerca rimangono due.
      Una, minore o maggiore secondo gli umori, è quella del metodo
      storiografico, in cui la contraddizione crociana (per altro
      fecondissima) di innestare la corrente antihegeliana di Humboldt e
      socii sull'originale hegeliano mi è chiara da tempo. Scrissi
      un saggio su Creuzer e l'origine degli studi di storiografia greca,
      che mi orientò, e altri avrei in mente. … Ciò che
      conta per noi della politica e morale antica è quasi tutto
      estraneo o imperfettamente aderente alla teoria politica antica che
      ha posto le basi del pensiero politico cristiano e del governo
      parlamentare. Quando mi si chiede di che cosa scrivo, io di solito
      rispondo parodiando il titolo di un noto libro su Platone: what
      Plato did not say. Un sistematico esame di queste linee non
      ortodosse – teoria e prassi della libertà di parola, diritti
      di cittadinanza, pace internazionale, liberazione da
      schiavitù economica e giuridica ecc. – è già di
      per sé una critica dello stato etico e chiuso.
      Il secondo passo è un esame della situazione per cui il
      Cristianesimo, pur derivando la sua forza rivoluzionaria dalle linee
      non ortodosse del pensiero pagano, in sostanza accettò e
      rafforzò con la sanzione divina qualsiasi tipo di stato
      pagano che desse mano libera alla Chiesa.
      Il terzo passo è un esame delle difficoltà che su
      origini romane e cristiane si è creata in noi nei rapporti
      tra stato e famiglia (o ogni altra società fondata sull'amore
      e sulla carità): libertà sembra oggi coincidere con
      amore, una cosa che avrebbe stupito un Greco.
      Il quarto punto è che la teoria antica dello stato è
      fondata su un certo orientamento scientifico, geografia e medicina,
      che la vita moderna integra con la fisica e l'economia in misura
      sempre più grossa.
      … la mia ambizione sarebbe di contribuire con una radicale
      chiarificazione del mondo antico a una teoria del liberalismo che
      non solo faccia suoi i punti così facili in teoria e
      così difficili in pratica della libertà economica e
      della organizzazione internazionale, ma anche includa una teoria
      dell'amore (ciò che fu visto bene da Aldo Capitini e da Guido
      Calogero), della famiglia e della scienza. Circa la scienza, mi
      domando talvolta, non sempre con la stessa risposta, se tutte le
      esigenze di felicità che l'eudemonismo cristiano trasferisce
      nell'aldilà, non dovrebbero, se hanno valore, poter essere
      conquistate scientificamente e interpretate umanisticamente,
      immortalità inclusa».
      
      Dopo l'entrata in guerra dell'Italia, nel giugno del 1940 Momigliano
      venne internato per alcuni mesi, in quanto appartenente alla
      categoria degli "stranieri nemici" per essere poi rilasciato nel
      novembre dello stesso anno.
      
      Momigliano s'era molto adoperato, anche dopo l'ottenimento della
      borsa di studio oxoniense, per ottenere un asilo negli Stati Uniti;
      era consapevole della precarietà della propria posizione e
      della provvisorietà del sussidio inglese e sapeva che il
      mondo accademico britannico non offriva molte possibilità di
      inserimento stabile. In America era invece convinto che avrebbe
      avuto maggiori opportunità di trovare una sistemazione
      duratura o forse pensava di trovare oltreoceano un ambiente in cui
      potersi inserire con maggior facilità rispetto a quello
      oxoniense.
      
      Peter Brown ha rievocato con grande efficacia i primi mesi trascorsi
      ad Oxford: «Momigliano had never been out of Italy. In these
      first months, he found himself in a cold and distant world.
      Conversation in English was a torment to him. Italian newspapers
      were nowhere to be found. … Though fostered and genuinely esteemed
      by a scholar so authoritative, on the English scene, as Hugh Last,
      Momigliano was younger and less well established than were the
      refugees from Hitler's Germany».
      « Toute ma vie, j'ai été fasciné par une
      catégorie professionnelle étonnamment proche de la
      mienne, dotée d'une vocation dont la sincérité
      est si transparente, d'un enthousiasme si compréhensible et
      dont, néanmoins, les buts ultimes demeurent
      profondément mystérieux : il s'agit de ces hommes qui
      s'intéressent aux faits historiques sans pour autant
      s'intéresser à l'histoire. De nos jours, le pur
      antiquaire est une pièce rare. Il faut, pour le trouver, se
      déplacer dans les provinces d'Italie ou de France, et
      être prêt à entendre des vieillards donner
      d'interminables explications dans des chambres inconfortables,
      froides et obscures. »
      
      Gli anni di Londra
      
      Nel dopoguerra, dopo una breve parentesi all'Università di
      Bristol, nel 1951 lasciò definitivamente Oxford per Londra,
      dove trascorrerà tutto il resto della sua carriere,
      insegnando ininterrottamente all'University College fino al 1975.
      Oltre a ritrovare Dionisotti, da poco stabilitovisi, Momigliano
      verrà accolto al Warburg Institute, che frequenterà
      intensamente, e dove farà la conoscenza di Anne-Marie Meyer,
      con cui stabilirà una «preziosa collaborazione durata
      fino alla morte».
      
      Opere
      
          Philippe de Macédoine. Essai sur
      l'histoire grecque du IVe siècle av. J.-C., Combas, 1992
      [1ère éd., Florence, 1934].
          Contributi alla storia degli studi classici, 9 t.
      en 12 vol., Rome, 1955-1992.
          Studies in Historiography, Londres, 1966.
          Essays in Ancient and Modern Historiography,
      Oxford, 1977.
          Problèmes d'historiographie ancienne et
      moderne, Paris, 1983.
          Les fondations du savoir historique, Paris, 1992.
          The Development of Greek Biography, Cambridge
      (Mass.) - Londres, 1993 [1ère éd., 1971].
          Sagesses barbares. Les limites de
      l'hellénisation, Paris, 1979.
          New Paths of Classicism in the Nineteenth
      Century, History and Theory. Beiheft 21, 1982.
          A. D. Momigliano, Studies on Modern Scholarship,
      ed. by Glen W. Bowersock - Tim J. Cornell, Berkeley - Los Angeles,
      1994.
          Quarto contributo alla storia degli studi
      classici e del mondo antico, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma
      1969.
      
      Opera postuma
      
          Contributi alla storia degli studi classici e del
      mondo antico, serie fondamentale di studi, pubblicati dalle Edizioni
      di Storia e Letteratura a partire dal 1955: sono stati editi i primi
      9 volumi in 11 tomi; il Decimo contributo verrà pubblicato a
      cura di Riccardo Di Donato (- vai alle schede dei volumi).
      
      Tra le altre opere postume:
      
              Pace e libertà nel
      mondo antico, a cura di R. Di Donato, Firenze, La Nuova Italia, 1996
              Le radici classiche della
      storiografia moderna, Firenze, Sansoni 1992 (a cura di Riccardo Di
      Donato e Anne-Marie Meyer, The Classical Foundations of Modern
      Historiography, Sather Classical Lectures (1961-62, vol. 54),
      Berkeley-Los Angeles-Oxford, University of California Press, 1991
      ISBN 0-520-07870-5)
              Saggi di storia della
      religione romana. Studi e lezioni 1983-1986, a cura di R. Di Donato,
      Brescia, Morcelliana 1988