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La mistica fascista era una corrente di pensiero fideista tutta
interna al fascismo. All'interno della Scuola di mistica fascista
Sandro Italico Mussolini, fondata a Milano il 10 aprile 1930 e
attiva fino al 1943, fu oggetto di studio principale di diversi
intellettuali fascisti che tentarono di uscire da un ambito
esclusivamente politico per crearne uno spirituale. La Mistica
fascista si sviluppò per l'impegno costante di Niccolò
Giani con l'appoggio determinante di Arnaldo Mussolini.
Definizione
La scuola assunse il nome di "mistica", scrive lo stesso Giani
utilizzando la definizione che ne dà il filosofo francese
Louis Rougier.
« Mistica è un complesso di proposizioni a cui si
aderisce per tradizione o per sentimento, anche se queste
proposizioni non si possono giustificare razionalmente e ciò
assai spesso per oblio delle ragioni primitive che hanno indotto ad
enunciarle. »
(Louis Rougier in Niccolò Giani in La
marcia sul mondo del 9-15 ottobre 1932)
In linea con Rougier, Giani ribadisce nel manifesto programmatico,
"che il fascismo ha una sua 'Mistica', in quanto ha un complesso di
postulati morali, sociali e politici, categorici e dogmatici,
accettati e condivisi senza discussione da masse e da
minoranze...ripone il proprio credo in Benito Mussolini quale Duce
infallibile e creatore della civiltà fascista. Nega che
all'infuori del Duce abbia padri spirituali o putativi..."'.
L'apertura della Scuola sorse quindi per permettere ai suoi adepti
di dedicarsi completamente al culto di Mussolini, meditando sugli
scritti e sui discorsi del Duce, e vivendo il suo verbo con uno
spirito di assoluta fedeltà e intransigenza, come specificato
nella voce mistica fascista presente nel Dizionario di Politica
edito dal Partito Nazionale Fascista nel 1940:
« In tal senso « mistica fascista » significa
convinzione nell'assoluta verità della dottrina affermata dal
Duce e convinzione nella necessità stessa di questa dottrina,
come mezzo della grandezza e potenza della nazione (...). Con
ciò la mistica fascista si definisce la preparazione
all'azione più energica e più accesa che tende a
tradurre in realtà le affermazioni ideali del Fascismo...La
mistica fascista può...meglio definirsi come l'azione
fascista determinata dalla fede più salda nell'assoluta
verità delle affermazioni fasciste. In tal senso si
può comprendere come si possa parlare di una mistica fascista
facente parte della dottrina o il meglio dell'azione dottrinale del
Fascismo, e come sia opportuna una scuola che prepari ed indirizzi
la parte migliore della gioventù italiana verso questa
mistica, cioè verso questa azione « più
fascista». »
(dal Dizionario di Politica, a cura del Partito
Nazionale Fascista, Vol III, pp. 185 – 186, Roma 1940)
L'utilizzo della parola "Mistica" causò la vivace reazione di
una parte della Chiesa cattolica per la consueta attinenza del
termine alla sfera prettamente religiosa. Ma nella concezione dei
mistici la propria sfera d'azione era nell'ambito politico senza
tema di sovrapposizione dei due mondi. Lo stesso Giani ribadì
la separazione "Né la Chiesa deve fare della politica,
né lo Stato deve fare della religione. Fascisti cattolici,
perciò, o cattolici fascisti, se più piace, ma
fascisti: ricordiamocelo" Oltre si spinse il vescovo Onofrio
Buonocore che ritenne la mistica fascista come "la testimonianza di
un'Italia non più divisa ma rinnovata e pacificata sotto le
insegne papali e littoriali". Nel febbraio 1937 il cardinale di
Milano Ildefonso Schuster tenne un discorso presso la Scuola di
mistica fascista.
I protagonisti
Pur considerandosi la Mistica fascista una "corrente di pensiero"
esclusivamente italiana esistono apporti di pensatori stranieri,
come Rougier citato dallo stesso Giani o come Albert Sorel e Henri
Bergson citati da Nino Tripodi anche se questi ultimi furono
importanti nel predeterminare uno stato d'animo nei giovani mistici
più che fornire delle linee guida. Secondo il filosofo Enzo
Paci il Misticismo come come buona parte della cultura dell'epoca
era influenzato da Nietzsche e Sorel.
« Nietzsche e Sorel sono stati e rimangono i veri
maestri sia della nostra cultura che della nostra dottrina politica
»
(Enzo Paci
I principi della mistica fascista furono formulati in massima parte
da Niccolò Giani e da un ristretto gruppo di giovani
insegnanti fascisti legati alla sua scuola (fra cui Guido Pallotta e
Berto Ricci), da alcuni alti gerarchi (fra cui Ferdinando Mezzasoma,
Giuseppe Bottai), da scrittori e giornalisti di provata fede
fascista (Telesio Interlandi, Virginio Gayda) e dallo stesso Benito
Mussolini che in ultima analisi tracciò le direttrici
culturali che si sarebbero dovute seguire nell'elaborazione delle
discipline "fasciste" e nelle linee guida afferenti la politica
della stessa scuola di mistica. Attorno a questo nucleo "duro"
ruotarono intellettuali di alto profilo fra cui Paolo Orano, Luigi
Stefanini (che oltretutto fu per lungo tempo consultore, cioè
consulente della Scuola di mistica) e Julius Evola. Giovanni Gentile
e il suo allievo e amico Armando Carlini, sembra abbiano invece
avuto un ruolo alquanto marginale all'interno del "misticismo"
fascista.
Oggetto di dibattito è, ancor oggi, l'appoggio fornito dai
massimi rappresentanti dello spiritualismo cattolico del tempo e dai
sostenitori del neotomismo, ai mistici fascisti. Di certo molto
vicino ad essi fu Umberto Padovani, docente di filosofia morale
presso l'Università Cattolica di Milano e, soprattutto,
Gustavo Bontadini, che nel febbraio 1940 partecipò a Milano a
un convegno di mistica fascista dal titolo: Antiintellettualismo e
antirazionalismo della filosofia italiana.
Punti dottrinari
La missione civilizzatrice di Roma
All'interno del magma dottrinario fascista che ebbe come punto di
riferimento la scuola di mistica fascista, convissero quindi
personalità molto diverse fra di loro. Esiste tuttavia una
connotazione comune fra i padri fondatori della Scuola che si
riflette nei principio informatore. I mistici credevano fermamente
in una idea di Italia con una missione civilizzatrice nel mondo.
Missione che trae le proprie origini storiche dall'Impero romano
fino ad arrivare all'Italia fascista. Dalla caduta di Roma in poi
l'eredità dell'Impero romano era stata raccolta dalla Chiesa
Romana garantendone la sopravvivenza e attraversando diversi stadi
come l'Umanesimo. Secondo i mistici la missione civilizzatrice di
Roma imperiale è ripartita in seguito alla Marcia su Roma e
una volta diffusasi in Italia, concretizzata nella Rivoluzione
fascista, attende di essere esportata nel mondo.
« Il 28 ottobre 1922 la Rivoluzione Fascista à risolto
la crisi italiana. Quando risolveremo la crisi mondiale? ....La via
è una: elaborare, diffondere e importare i valori della
Rivoluzione, cioè la mistica fascista. »
(Niccolò Giani in La marcia sul mondo del
9-15 ottobre 1932)
Il culto del Duce
Mussolini identificato come la sua concretizzazione. Da qui discese
la piena affermazione del culto di Mussolini seguita dalla Scuola di
mistica fascista. Infatti secondo Daniele Marchesini "la fonte, la
sola vera, unica fonte della mistica è infatti Mussolini,
soltanto, esclusivamente Mussolini."La dedizione al Duce e alla sua
linea politica si spingeva infatti fino al sacrificio della vita,
così come il matrimonio e la generazione di prole venivano
intesi come omaggio a Mussolini che, secondo uno studioso
dell'epoca, riusciva a educare gli italiani "col semplice guardarli
negli occhi". Secondo un noto intellettuale italiano "un che di
esercito e di chiesa ha, vuole avere, questa pattuglia di fascisti
devota a Mussolini sino al fanatismo" Il culto di Mussolini e lo
studio del suo pensiero non furono solo all'origine della Scuola di
mistica, ma assunsero una centralità indiscussa sia nei corsi
tenuti presso di essa, sia negli articoli pubblicati su Dottrina
fascista. La certezza era che «l'unica fonte della dottrina
fascista fosse il pensiero del suo capo» diede vita a una
sorta di "pedagogia mussoliniana".
Volontarismo eroico
Secondo i "mistici", caratteristica dell'Uomo nuovo era il saper
reagire alle avversità "che non vuole essere un fuscello in
balia delle leggi cosmiche ma una volontà capace". Guido
Pallotta, in polemica con il razionalismo e l'intellettualismo
sottolineò che:
« La mistica fascista è fede e azione, dedizione
assoluta ma nello stesso tempo consapevole »
(Guido Pallotta)
Infatti secondo Giani, il fideismo che comunque caratterizza la
"mistica" è soltanto una prima fase del loro pensiero. I
mistici devono essere sia uomini di pensiero sia d'azione
perché il pensiero mistico ha bisogno di volontari che siano
disposti a diffondere il proprio pensiero. Investitura che secondo
Giani era stata data direttamente da Mussolini che aveva investito
sui giovani che li portava a considerarsi quasi come degli
"apostoli" impegnati nella diffusione della dottrina fascista.
L'"Europa del toro" e l'"Europa dell'ariete"
Giani vedeva in Europa lo scontro tra due diverse concezioni, da una
parte il mondo mediterraneo vicino alla tradizione greca e di Roma
fondata sullo spirito che definisce come l'"Europa dell'ariete" e
dall'altra una visione materialista, nata dalla Rivoluzione francese
che aveva dato vita al materialismo violento che definì come
l"Europa del toro". Queste due posizioni inconciliabili, di cui era
esempio la contemporanea Guerra di Spagna, sarebbero prima o poi
venute allo scontro. Per Giani quindi il nemico era rappresentato
dall'Europa materialista concretizzatasi nei governi di Parigi,
Londra e Mosca e di cui parte integrante dell'Europa "del toro"
Giani individuò la cultura ebraica. Conseguenza diretta fu la
diffusione dell'antisemitismo che, poco presente nel corpus
dottrinario della mistica fascista nella prima metà degli
anni trenta, vi si sviluppò vigorosamente a partire dal
1936-1937. Una parte importante nello sviluppo dell'antisemitismo
della Scuola, nella sua accezione di «idea e mito», la
rivestì Julius Evola.
« Perché quest'Europa del toro è la loro Europa,
è il trionfo della loro concezione di vita, è la
realizzazione della loro dottrina. E non sono forse semiti i teorici
sia del liberalismo che del comunismo? Non sono ebrei i capi della
Russia bolscevica, dell'Inghilterra sanzionista e della Francia del
Fronte Popolare? »
(Niccolò Giani)
Sempre in questa ottica Giani approvò l'avvicinamento
dell'Italia alla Germania.
« Ed è perciò che questa Europa dell'ariete
è ariana, mediterranea e latina, ed è a un tempo
egiziana e greca, fascista e nazista. »
(Niccolò Giani)
Il Decalogo
Niccolò Giani pubblicò, nel 1939, sulla rivista
Dottrina Fascista i dieci punti fondanti della Scuola di mistica
fascista Sandro Italico Mussolini col nome di Decalogo dell'italiano
nuovo, tratti da scritti e discorsi di Arnaldo Mussolini per il
quale si nutriva una devozione particolare, visto come maestro
spirituale. Anche i genitori del duce venivano visti, dai giovani
mistici, in un alone di santità e Predappio fu luogo di
pellegrinaggio.
Influenza di Julius Evola
Tuttora oggetto di dibattito è l'accoglimento, da parte dei
mistici fascisti, del pensiero di Julius Evola (che collaborò
con la scuola e fu per un certo periodo nel comitato di redazione
della rivista della scuola), e forse, tramite quest'ultimo, di
René Guénon. Guénon fu infatti conosciuto in
Italia grazie all'intermediazione dell'amico Julius Evola che
curò la pubblicazione di molti suoi articoli nella rivista Il
Regime Fascista. Dal carteggio Evola-Guénon (1934-1940) non
risulta tuttavia che quest'ultimo fosse a conoscenza dell'esistenza
di una scuola di mistica fascista.
La posizione sul "continum" storico a partire dall'Impero romano fu
apprezzata da Evola ma con una diversa impostazione. Evola riteneva
importante il recupero della società tradizionale dello Stato
includendo in questo anche gli aspetti laici e pagani che
definì "ghibellinismo". Le tematiche tradizionali del
"ghibellinismo" evoliano, pur essendo presenti nella Mistica sfumano
per tenere un atteggiamento prettamente legato al binomio
"romano-cattolico".
L'Evola che probabilmente più influì sui mistici
fascisti non fu quindi quello eterodosso legato al mito del
neopaganesimo (Imperialismo pagano è del 1928) né il
critico della modernità attestato su convincimenti
ultratradizionalisti (Rivolta contro il mondo moderno, 1934),
bensì quello chiaramente schierato su posizioni antisemite e
razziste. Posizioni che emersero in relazione soprattutto alla
campagna ebraica scatenata dal regime nel 1936-1937, sulla scia di
quelle di Paolo Orano, seppur diffuminate da una non ben chiara
matrice spirituale (Il mito del sangue, 1937), in piena sintonia con
Niccolò Giani. L'attività di quest'ultimo fu infatti
in gran parte assorbita, fra il 1938 e il 1940, dal sostegno alle
leggi razziali del 1938.
Secondo diversi storici, l'incontro tra Julius Evola e la Scuola di
Mistica Fascista è da ascriversi nella prospettiva più
ampia di operare una rettificazione in chiave tradizionalista del
regime fascista italiano. Evola, mosso da quello che Stefano Zecchi,
parlando di Cavalcare la tigre, ha inteso come filosofia della
responsabilità, ha cercato per tutta la durata del ventennio
di realizzare simili tentativi correttivi senza tuttavia riuscirvi
(in questo quadro anche l'opera giovanile Imperialismo Pagano). A
dimostrare ciò vi è lo sconforto e il distacco con cui
Evola commentò nel dopoguerra l'esperienza della Scuola di
Mistica Fascista:
« Anche se questa organizzazione si fece promotrice di
alcune iniziative non banali e in essa figurarono vari elementi
qualificati delle nuove leve di allora, pure di una "mistica" non
era il caso di parlare. Una etica del fascismo era tutto ciò
di cui al massimo si poteva legittimamente fare riferimento (...).
Il fascismo non affrontò il problema dei valori superiori,
del sacro, valori solo in relazione ai quali si può parlare
di "mistica". Ma nei riguardi di codesti valori nel ventennio si
restò sul piano di rinvii vaghi e conformistici alla
religione dominante »
(Julius Evola)