Giacinto Menotti Serrati

 

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Politico (Spotorno 1872-Asso 1926). Socialista, subì numerosi arresti e condanne tra il 1893 e il 1897, quindi emigrò negli USA. Nel 1911 tornò in Italia e, divenuto membro della direzione del Partito socialista, sostituì B. Mussolini alla direzione dell’Avanti! (1914). Internazionalista durante la Prima guerra mondiale, partecipò alle conferenze di Zimmerwald (1915) e di Kiental (1916) e nel 1917 prese posizione a favore della rivoluzione bolscevica. Nel dopoguerra guidò l’ala massimalista del partito con la quale (1924) confluì nel Partito comunista.

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Wikipedia

Giacinto Menotti Serrati (Spotorno, 25 novembre 1876 – Asso, 10 maggio 1926) è stato un politico e giornalista italiano.

Biografia

Fin da giovane fu un acceso sostenitore della causa socialista e operaia; si dedicò alla propaganda e alla formazione di associazioni. Durante gli anni Novanta, per evitare di essere arrestato e processato, si rifugiò in Francia e quindi in Svizzera, dove si dedicò alla costituzione del Partito Socialista italiano in Svizzera. Nel 1902 era negli Stati Uniti, fra gli emigrati italiani, e qui entrò in contrasto con il gruppo di anarchici che faceva riferimento a Luigi Galleani. Nel 1903, durante uno scontro fra i due gruppi socialista e anarchico a Barre (Vermont), rimase ucciso lo scultore anarchico Elia Corti. Per l'omicidio venne condannato la guardia del corpo di Serrati, Alessandro Garetto[1]. Tornato in Italia nel 1911, Serrati entrò rapidamente nella direzione del Partito socialista italiano, su posizioni massimaliste.

Il 1º novembre 1914 sostituì Mussolini come direttore dell'Avanti!, conducendo sul quotidiano socialista una forte campagna contro l'intervento italiano nella prima guerra mondiale. Nel settembre 1915, e poi nell'aprile 1916 fu inviato alle Conferenze di Zimmerwald e di Kienthal, dove si avvicinò alle idee di Lenin. Nell'agosto 1917, durante i moti torinesi per la mancanza di pane, fu arrestato e trasferito alle Carceri Nuove

Nel 1918 fu a capo della frazione massimalista nel congresso di Bologna. Inviato alla Terza Internazionale comunista accettò la fusione col Partito Comunista d'Italia. Pur essendo stato grande amico di Mussolini, dalle colonne dell'Avanti condusse una polemica contro il nascente movimento fascista, e nell'aprile del 1923 un suo editoriale considerato diffamatorio gli costò un'aggressione da parte degli arditi nel centro di Milano.

Morì ad Asso, in provincia di Como nel 1926, quando il fascismo incominciava la sua ascesa. Tra i suoi oppositori politici vi furono i fratelli Carlo e Nello Rosselli.