Melodramma
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MELODRAMMA (dal gr. μέλος "canto" e δρᾶμα "dramma"). - Nella
terminologia musicale italiana questa voce designa uno spettacolo
teatrale d'argomento "serio", nel quale il testo letterario, quasi
sempre in versi (detto anche libretto) è interamente cantato,
su accompagnamento strumentale. Essa corrisponde dunque pienamente
all'altra voce: opera1 (nel genere "serio").
Nelle terminologie germaniche melodramma designa il nostro melologo2,
cioè un genere (teatrale o no) misto di musica e di poesia
(o, più raramente, prosa), nel quale il testo letterario
è semplicemente declamato e l'elemento musicale è
interamente affidato agli strumenti che tale declamazione sostengono
e commentano in contemporanea parafrasi.
Nella terminologia francese il termine melodramma ha due accezioni:
una, strettamente musicale, è identica alle germaniche
suesposte; l'altra, nel linguaggio teatrale comune, si riferisce a
una sorta di spettacolo drammatico nel quale l'elemento musicale
può essere chiamato, di tanto in tanto, a rinforzo
dell'effetto di singole scene, beninteso in misura (e in funzione)
assai ristretta. Tale genere di spettacolo ebbe una certa voga nel
teatro francese del 1800, trovando la sue manifestazioni meglio
accolte nella produzione del Pixé recourt.
1
Opera
Spettacolo, detto anche melodramma, in cui l’azione teatrale si
sviluppa attraverso la musica e il canto. Pur assumendo
denominazioni diverse a seconda di argomento (o. buffa, o. seria),
epoca e paese (opéra-ballet, opéra-comique,
tragédie-lyrique, grand-opéra, Singspiel ecc.), questo
genere è accomunato da alcuni elementi: testo poetico
appositamente predisposto (il libretto), musica, scenografie,
costumi ed eventuali azioni coreografiche.
1. Le origini
Sebbene esistessero precedenti forme di azione musicale, l’o. nacque
intorno al 1600 grazie a un cenacolo di musicisti e letterati che si
riuniva a Firenze in casa del conte G. Bardi e che propugnava il
ritorno alla tragedia classica, basata su una stretta adesione della
musica al testo. Il primo esempio fu Dafne (1598 ca., O.
Rinuccini-I. Peri), della quale sono pervenuti solo alcuni brani.
Nel 1600 seguì Euridice, composta dagli stessi autori (con
brani di G. Caccini) ed eseguita a Firenze a Palazzo Pitti. Nello
stesso anno a Roma E. de’ Cavalieri mise in scena la
Rappresentazione di Anima et di Corpo. A questo tipo di spettacoli
diede un grande impulso C. Monteverdi con il suo Orfeo (1607), ma
soprattutto con L’incoronazione di Poppea (1643). Nel frattempo a
Venezia nel 1637 era stato inaugurato il primo teatro impresariale,
il S. Cassiano. Il nuovo genere di spettacolo si diffuse in tutta
Italia (soprattutto a Napoli, Venezia e Roma) e in Europa. In
Francia G.B. Lulli concepì un tipo diverso di o., la
tragédie-lyrique , sorta di trasposizione in musica della
tipica declamazione del teatro di P. Corneille e J. Racine. In
Inghilterra H. Purcell tentò di introdurre un melodramma
nazionale con Didone ed Enea (1689).
2. Il Settecento
All’inizio del 18° sec., con A. Scarlatti e poi G.F. Haendel, si
affermò uno schema detto ‘a numeri chiusi’, a causa della
netta separazione tra i vari momenti musicali (arie e recitativi).
Grande importanza avevano i cantanti, soprattutto i castrati, che
univano potenza vocale e virtuosismo tecnico (epoca del ‘belcanto’).
Per dare nuova vitalità all’o. seria, minata dal predominio
dei cantanti e fiacca dal punto di vista drammatico, C.W. Gluck
tentò una riforma, abolendo parzialmente i virtuosismi canori
e affidandosi a libretti più coerenti scritti da R. de’
Calzabigi. Parallelamente all’o. seria nacque, a Napoli, e si
sviluppò l’o. buffa , specie di melodramma basato su soggetti
di matrice popolare che traeva origine dalla forma dell’intermezzo;
l’esempio più famoso fu La serva padrona (1733) di G.B.
Pergolesi. Da allora, l’o. buffa dominò in tutta Europa,
grazie a compositori come N. Piccinni, G. Paisiello, D. Cimarosa, B.
Galuppi.
Con W.A. Mozart il teatro d’o. ebbe uno dei suoi momenti più
alti, anche se con schemi che erano ancora quelli dell’o. seria
(Idomeneo, Re di Creta e La Clemenza di Tito) o dell’o. buffa
italiana (Le nozze di Figaro, Così fan tutte, Don Giovanni,
su libretto di L. Da Ponte), oppure del Singspiel tedesco (Il ratto
dal serraglio e Il flauto magico). In Francia si andava sviluppando
l’opéra-ballet , un teatro musicale autoctono ricco di
recitativi liberi, cori e danze che fu praticato da numerosi
compositori tra cui A. Campra e, soprattutto, J.-P. Rameau, le cui
Les indes galantes (1735) rappresentano una delle massime
espressioni del genere. L’arrivo a Parigi intorno al 1750 di alcune
compagnie italiane scatenò la querelle des bouffons, la
polemica cioè tra i sostenitori dell’o. francese e quelli che
(con in testa J.-J. Rousseau) preferivano i ‘buffonisti’ italiani.
3. L’Ottocento
Dopo l’esperienza di L. Cherubini, G. Spontini e S. Mayr, nei primi
anni del 19° secolo l’Italia vide il predominio di G. Rossini
che, pur rifacendosi alla tradizione settecentesca del belcanto, la
ampliò e la modificò con particolare inventiva (Il
barbiere di Siviglia, Guglielmo Tell). Più giovani di lui, V.
Bellini e G. Donizetti composero opere già orientate verso il
gusto romantico per le storie tragiche incentrate su contrasti
amorosi e politici. Nel panorama italiano irruppe quindi G. Verdi,
che sviluppò un’o. vigorosa, ricca di tensioni drammatiche
(Rigoletto, Trovatore, Traviata, Aida, Otello).
In Germania i compositori si avvicinarono a temi fantastici e
fiabeschi, tratti da leggende o storie popolari: nacque così
l’o. romantica (C. Maria von Weber, Il franco cacciatore, 1821). Da
qui partì R. Wagner per creare il Wort-Ton Drama basato
sull’unione profonda di parole e musica, che aboliva del tutto le
forme chiuse, in modo che musica e canto potessero fluire senza
interruzioni (melodia infinita) e tramite temi ricorrenti
(Leitmotive).
In Francia, oltre alla presenza di musicisti italiani (Rossini,
Bellini, Donizetti, Verdi), si registrò la nascita di un
teatro musicale nazionale, comprendente il grand-opéra (il
cui principale esponente fu G. Meyerbeer; grand-opéra),
l’opéra-comique (spettacolo misto con parti recitate e
cantate che prende il nome dal teatro parigino deputato a ospitare
commedie inframezzate da brani musicali), coltivato in particolare
da D. Auber e A. Adam, e il nuovo genere dell’opéra-lyrique ,
inaugurato dal Faust (1859) di C. Gounod. Tra i grandi operisti
francesi: H. Berlioz, C. Saint-Saëns, G. Bizet e J. Massenet.
Anche in altri paesi europei venne elaborata un’o. nazionale nella
lingua locale: molto attive furono le scuole russa (M.I. Glinka,
M.P. Musorgskij, A.P. Borodin, N.A. Rimskij Korsakov, P.I.
Čajkovskij) e slava (B. Smetana, A. Dvořák, L.
Janáček).
4. Gli sviluppi di fine Ottocento e le avanguardie novecentesche
Oltre che dal filone verista (P. Mascagni, R. Leoncavallo e U.
Giordano), il periodo tra 19° e 20° sec. fu caratterizzato
dalla personalità di G. Puccini che creò un tipo d’o.
di grande impatto con melodie attraenti, ma allo stesso tempo
raffinata nella concezione drammatico-musicale. Tra le diverse
tendenze estere: l’o. impressionista Pelléas et Melisande
(1902) di C. Debussy, le prime sperimentazioni della musica atonale
di Erwartung (1909) di A. Schönberg. Sulla scia di Wagner si
pose il più rappresentativo compositore tedesco della prima
metà del Novecento, R. Strauss.
Dopo gli anni 1920 la crisi del linguaggio musicale si è
proiettata anche in ambito operistico. Alcuni compositori hanno
raccolto la tradizione ottocentesca rielaborandola, altri l’hanno
rifiutata cercando nuovi tipi di teatro musicale, altri ancora hanno
recuperato, ma in senso polemico, la struttura a numeri chiusi, e
così via. Terminato il periodo delle cosiddette avanguardie
(tra gli anni 1950-70) che rifiutavano l’idea stessa di o., si
è profilato un nuovo interesse per il teatro musicale, anche
tradizionalmente inteso.
L’avvento della televisione, del computer, dell’elettronica e di
nuovi modi di rapportarsi alla storia e alla vita culturale ha
permesso a molti compositori di intrecciare il teatro musicale con
altri tipi di spettacolo, creando così eventi musicali
multimediali (che si avvalgono cioè di mezzi diversi),
multilinguistici (uso di differenti linguaggi) e multiculturali (uso
di diverse tradizioni culturali). Tra i maggiori operisti del
Novecento: A. Berg, I. Stravinskij, A. Honegger, R. Strauss e P.
Hindemith, I. Pizzetti, L. Berio, G. Manzoni, H. Pousseur, G.
Menotti, S. Bussotti, L. Nono.
2
Melologo
Con questo termine si designa in Italia un genere di composizione
(cui altrove corrisponde, nelle varie forme linguistiche,
l'impropria voce Melodramma), nel quale una semplice
recitazione, più o meno libera, d'un testo letterario
(poetico più spesso che prosastico) è accompagnata da
una sincronica parafrasi strumentale. Genere, dunque, misto; nel
quale più volte si tentò, dal mezzo Settecento in poi,
di appagare il sempre risorgente desiderio di un'arte multipla, o
"integrale", risultante dal concorso di due o più arti. Il
melologo rientra quindi nella cerchia che accoglie il balletto, la
pantomima, l'opéra-comique (alternante
pagine musicali a pagine di recitazione, come la Musical Comedy,
il Singspiel, il Vaudeville e l'operetta) e la
stessa opera lirica. Ma, mentre in altri generi, come appunto
nell'opera, il mancato raggiungimento d'una reale
"integralità" è compensato largamente dalla finale
unità espressiva dell'opera d'arte, per qualunque via la si
sia raggiunta, nel melologo tale unità è impedita
proprio dal sussistere del carattere di totalità espressiva
in ambedue i discorsi paralleli: il musicale e il poetico; sì
che entrambe, sussistendo come opere d'arte, giungono
contemporaneamente a due espressioni totali e assolute, l'una
escludente l'altra.