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Giulio Raimondo Mazarino, o Mazzarino, in francese Jules Raymond
Mazarin (Pescina, 14 luglio 1602 – Vincennes, 9 marzo 1661),
è stato un cardinale, politico e diplomatico italiano, attivo
soprattutto in Francia, dove servì come Principale Ministro
sotto il regno di Luigi XIV, succedendo al cardinale Richelieu.
Biografia
Le origini
Mazarino nacque a Pescina (attualmente in provincia dell'Aquila e
all'epoca parte del Regno di Napoli) il 14 luglio 1602, primo dei
sei figli di Pietro Mazarino (1576-1654), un nobile siciliano, e di
Ortensia Bufalini (1575-1644), nobildonna umbra imparentata con la
casata romana dei Colonna, presso i quali Pietro aveva servito come
intendente.
Il padre, nel toponimo abruzzese, svolgeva mansioni amministrative
dei beni ecclesiastici dell'abate Bufalini, zio di Giulio. Anche il
fratello minore di Giulio, Alessandro, intraprese la carriera
ecclesiastica, divenendo un religioso domenicano, col nome di fra'
Michele e anche lui, come suo fratello maggiore, fu insignito della
porpora cardinalizia.
La formazione e i primi successi
Nato in Abruzzo ma cresciuto a Roma, studiò presso il
prestigioso Collegio Romano dei gesuiti, anche se non divenne mai un
appartenente a quest'ordine religioso e del resto divenne un
religioso ma non un sacerdote, essendosi fermato al diaconato.
Nel Collegio Romano egli affiancava il suo quasi coetaneo Girolamo
Colonna futuro cardinale, presso la cui famiglia il padre era
appunto al servizio. Giulio accompagnò il giovane Colonna
anche in Spagna, a Madrid e ad Alcalá de Henares, dove
soggiornò per un breve periodo e dove studiò nella
locale università diritto canonico. Si laureò
successivamente nel 1628 a Roma in utroque iure presso
l'Università 'La Sapienza'. Nel 1628 scoppiò la Guerra
di successione di Mantova e del Monferrato che fu un conflitto
circoscritto ma facente parte della grande Guerra dei Trent'anni. In
breve nel dicembre 1627 era morto senza eredi il duca di Mantova e
del Monferrato, Vincenzo II Gonzaga.
Le grandi potenze avevano ciascuna un proprio candidato alla
successione; il ramo dei Gonzaga-Guastalla era appoggiato dagli
spagnoli e quindi dagli Asburgo imperiali; mentre il ramo
Gonzaga-Nevers era appoggiato ovviamente dai francesi. Quindi il re
spagnolo Filippo IV, l'Imperatore Ferdinando II d'Asburgo e il duca
Carlo Emanuele I di Savoia erano alleati nell'osteggiare la
successione a Mantova del duca Carlo I di Gonzaga-Nevers a favore
invece del loro candidato Ferrante II Gonzaga duca di Guastalla. Il
papa Urbano VIII inviò alcune truppe nella Valtellina e
Mazarino fece parte di tale esercito con il grado di capitano di
fanteria. In questo periodo egli poté soggiornare a Loreto e
ad Ancona.
A quel tempo Anna Colonna figlia di Filippo I Colonna e sorella di
Girolamo, sposò Taddeo Barberini, nipote del papa Urbano
VIII, ed in tale occasione, suo fratello Girolamo, molto legato a
Mazarino, divenne arcivescovo di Albano e cardinale. Quando Girolamo
Colonna fu inviato come legato pontificio nel Monferrato, per
trovare una via diplomatica al conflitto tra Francia e Spagna,
chiese ed ottenne di portare con sé Mazarino come segretario.
Le trattative apparvero subito difficili poiché entrambi gli
schieramenti erano decisi ad usare le armi. Il legato pontificio con
grande tatto intraprese i dialoghi tra le parti. Mazarino essendo
segretario aveva l'opportunità di spostarsi tra un campo e
l'altro degli schieramenti armati; e durante tali spostamenti si era
fatto l'idea della superiorità militare francese; in tal
senso cercò di far comprendere agli spagnoli tale situazione.
Non passò molto tempo che il Marchese di Santa-Cruz della
corona spagnola si convinse di tale inferiorità e quindi di
quanto fosse a rischio l'intero esercito spagnolo e che quindi
l'unica soluzione fosse la via diplomatica. Mazarino poi
enfatizzò la superiorità francese anche con il
generale spagnolo.
I negoziati intrapresi da Mazarino terminarono il 6 aprile 1631 con
il Trattato di Cherasco con il quale l'Imperatore e il duca di
Savoia riconoscevano la successione di Carlo Gonzaga e la cessione
del punto strategico piemontese di Pinerolo, porta di accesso alla
valle padana. Questo trattato così vantaggioso per la Francia
ebbe un tale effetto positivo su Luigi XIII e sul cardinale
Richelieu che entrambi vollero conoscere personalmente Mazarino.
Questi si recò quindi a Parigi dove fu accolto molto
calorosamente; e Richelieu in persona gli dimostrò molta
riconoscenza donandogli a memoria, una catenella d'oro con il
ritratto del re Luigi XIII, gioielli ed una spada di valore molto
elevato.
Primi contatti con la Francia
Nel 1634 Mazarino fu inviato ad Avignone come vice-legato
pontificio. Successivamente divenne nunzio apostolico a Parigi tra
il 1634-1636. Progressivamente inviso agli spagnoli che lo vedevano
ormai come schierato dalla parte francese, fu osteggiato all'interno
della curia dalla parte filo-spagnola; fu quindi rinviato ad
Avignone e nonostante gli sforzi del cardinale Richelieu, gli fu
impedito il cardinalato. Richelieu si sentiva avanti con gli anni, e
pensò che Mazarino potesse essere l'uomo giusto che poteva
continuare il suo operato. Lo incaricò allora di importanti
affari che lo resero ancora più famoso e ben amato dallo
stesso re Luigi XIII, che da allora lo fece risiedere presso il
palazzo reale.
Nel 1639 Richelieu lo chiamò perciò al suo diretto
servizio in Francia. Fino a quel momento, il cappuccino padre Joseph
aveva trattato gli affari esteri per conto di Richelieu e avrebbe
dovuto essere nominato cardinale, ma proprio in quell'anno
morì e perciò in sua vece venne nominato cardinale
Giulio Mazarino. Egli dopo un breve soggiorno a Roma, tornò
in Francia, dove Richelieu lo nominò suo segretario personale
e lo indicò al re quale suo successore.
La politica
Nel 1642 Richelieu morì e Mazzarino gli subentrò nella
carica di primo ministro. Quando anche Luigi XIII morì nel
1643, a causa della minore età di Luigi XIV Mazarino assunse
in pratica la reggenza della Francia assieme alla regina madre Anna
d'Austria. Le controversie sulla politica del cardinale e la
debolezza della reggenza sfociarono in due guerre civili, note come
le Fronde, movimenti di opposizione alla politica del Cardinale, che
questi riuscì abilmente a sconfiggere con l'appoggio del
giovane Luigi XIV e della reggente Anna d'Austria, rafforzando
l'autorità regia.
Le Fronde in particolare esplosero a causa del prolungarsi della
guerra con gli Asburgo ed il conseguente dissesto delle finanze, che
costrinsero Mazarino ad una ferrea politica fiscale e di
accentramento assolutistico, che suscitò l'avversione della
nobiltà e il rancore dei contadini ridotti alla fame e fece
maturare in tutta la nazione un pericoloso sentimento di rivolta che
si manifestò con la cosiddetta Fronda parlamentare del 1648,
promossa dal Parlamento di Parigi, che si rifiutò di
registrare i nuovi provvedimenti finanziari voluti dal cardinale. Il
Parlamento di Parigi chiedeva un maggior controllo pubblico sull'uso
del danaro dello Stato. Mazarino, dopo essere stato costretto a
fuggire dalla capitale, tornò dopo aver fatto alcune
concessioni. In politica estera il cardinale fu piuttosto
spregiudicato. Durante la guerra franco spagnola fra il 1635 ed il
1659, non esitò ad allearsi con i puritani inglesi di Oliver
Cromwell contro la cattolica Spagna, che non aveva aderito alla Pace
di Vestfalia (1648) per quanto riguardava la parte che prevedeva la
pace con la Francia, promettendo al Lord Protettore, in cambio
dell'aiuto, la base navale francese di Dunkerque sul canale della
Manica.
La guerra contro gli spagnoli proseguì e si chiuse con la
sconfitta di questi ultimi che dovettero negoziare con i francesi la
Pace dei Pirenei (1659). La pace di Vestfalia aveva posto fine alla
cosiddetta Guerra dei Trent'Anni, iniziata nel 1618, e alla Guerra
degli ottant'anni, tra la Spagna e le Province Unite. I due trattati
permisero alla Francia l'annessione di ben tre nuove province
(l'Alsazia, l'Artois e il Rossiglione), ma soprattutto spezzarono
l'accerchiamento della Francia da parte degli Asburgo di Spagna e
d'Austria, determinando però la completa frantumazione della
Germania in numerosissimi stati quasi completamente indipendenti. Il
trattato di Vestfalia inaugurò inoltre un nuovo ordine
internazionale, un sistema in cui gli Stati si riconoscevano tra
loro proprio e solo in quanto Stati, al di là della fede dei
vari sovrani. Nacque quindi la comunità internazionale
più vicina a come la si intende oggi: laica ed
aconfessionale, in cui assume importanza il concetto di
sovranità dello Stato.
A turbare la fortuna con la quale sembrava progredire la politica di
Mazzarino, accaddero due fatti che misero in preoccupante
allarme il Primo Ministro e la Francia. Ai primi di luglio del 1658
il re Luigi XIV fu colpito da una grave malattia, probabilmente
un'insolazione. Pareva proprio che il monarca dovesse morire. Il 7
luglio fu il giorno di crisi più grave, tanto che il re
stesso disse a Mazzarino: «Voi siete un uomo risoluto e il mio
migliore amico. Vi prego, perciò, di avvertirmi quando mi
troverò agli estremi». La regina Anna non
abbandonò un solo istante il figlio malato. Mazzarino
disse ai medici, impediti ad agire tempestivamente dai regolamenti
del cerimoniale di corte, di trattare il re come un qualsiasi
gentiluomo, perché «non è giusto lasciar
morire il re per rendere omaggio alla maestà».
Dopo qualche giorno il malato si riebbe. Ci fu un sospiro di
sollievo per tutti. La «Gazette» di Francia scrisse che
la regina aveva contribuito «alla guarigione chiesta a Dio con
tanti sospiri e lacrime». Quando il re si fu definitivamente
ristabilito, venne portato un ex voto a Nostra Signora della Pace,
presso il convento dei Cappuccini in via Saint-Honoré.
L'altro incidente fu meno funereo, ma non meno preoccupante per
le sorti della monarchia. Si era pensato di far vedere che si stava
combinando un matrimonio fra Luigi XIV e la principessa Margherita
di Savoia, per intimorire la Spagna con la prospettiva di
un'alleanza italo-francese. La principessa venne presentata al
re a Lione. Qui però Luigi vide Maria Mancini, nipote di
Mazzarino, e se ne invaghì appassionatamente:
«Tutte le galanterie» si legge in una relazione,
«che egli [il re] può fare, le fa per lei, come
musiche, colazioni, passeggiate a cavallo. Egli le presta i suoi
cavalli più belli e le fa costruire due carrozze. . .
». Poi si scoprì che Luigi faceva sul serio con la
Mancini.
Il caso scompigliava tutti i progetti e la politica
mazzariniana. Il Primo Ministro mise in azione tutti i mezzi,
l'influenza e l'ascendente che aveva sul re per convincerlo a
rinunciare a Maria. Luigi prometteva di allontanarsi, ma poi ci
ricascava. Alla fine Mazzarino (quanta parte prese Anna, la regina,
nella faccenda?) la spuntò in nome della ragion di Stato.
Luigi non rivide più Maria e finì il romanzo della
giovinezza del Re-Sole.
La decisione di Luigi XIV favorì il progresso delle
trattative con la Spagna per arrivare ad un trattato di pace. I
negoziati erano iniziati a Lione nel novembre del 1658 e
continuarono segretamente a Parigi nel palazzo Mazzarino, ora
Biblioteca Nazionale, con il rappresentante di Spagna Pimentel.
Si ebbe una sospensione dei negoziati nell'estate del 1659; poi
furono conclusi il 7 novembre dello stesso anno.
Con il «Trattato dei Pirenei» finiva la rivalità
con la Spagna: Mazzarino aveva raggiunto la sua più grande
aspirazione.
Il Trattato dei Pirenei riportava un po' di pace nella Francia,
poiché faceva cessare lo stato di permanente ostilità
e di guerra fra le due potenze, che tanta desolazione aveva causato
alla popolazione, all'economia dei due paesi e alle finanze dello
Stato. Esso comprendeva 124 articoli, e possiamo dire che,
dalla firma del trattato, tra Francia e Spagna non ci fu più
motivo di conflitto armato.
In base agli articoli sottoscritti veniva sistemata la
questione territoriale fra le due potenze: alla Francia
venivano riunite l'Artois, la Cerdagne, il Roussillon, l'Alsazia.
Politicamente era riaffermato il principio dell'assolutismo
monarchico e non si doveva più sostenere in Inghilterra
la repubblica. I patti prevedevano anche accordi commerciali e
per la navigazione.
Ultimi anni
Ma il punto più importante, che avrebbe dovuto dare un
suggello definitivo alla pace fra le due corone, fu il
matrimonio combinato tra Luigi XIV e Maria Teresa d'Austria,
figlia di Filippo IV, l'Infanta, come veniva chiamata la
principessa di Spagna. Il contratto matrimoniale prevedeva la
rinuncia da parte di Maria Teresa a qualsiasi diritto sulla corona
di Spagna; in compenso le veniva costituita una dote di 500 000
scudi d'oro (che del resto non furono mai consegnati).
Mazzarino aveva seguito minuziosamente le trattative, specie
durante le sedute conclusive, che si tennero a ne de Faisan,
località sul confine, che permetteva al Primo Ministro
francese e al collega spagnolo, don Luigi de Raro, di non mettere
piede rispettivamente su suolo straniero.
Durante tutto il periodo delle trattative Mazzarino ebbe una crisi
acuta di nefrite, di cui soffriva da tempo, e che egli
sopportò in modo ammirevole, riuscendo a mantenersi
attento anche alle faccende più minuziose. In una
lettera a Le Tellier, lunga più di 24 fogli, nella quale fa
una dettagliata relazione della quinta conferenza, Mazzarino si
preoccupa perfino della qualifica che deve far precedere il suo
nome nella firma del trattato: «Mi accontenterei volentieri di
quella di "cardinale" come sono solito fare. Ma siccome don Luigi fa
inserire le sue [qualifiche], mi sembra che, per rispetto, io debba
fare altrettanto».
Il matrimonio fu celebrato il 9 luglio 1660 a
Saint-Jean-de-Luz. L'ingresso della coppia reale a Parigi ebbe
luogo il 26 agosto. Il corteo reale fu accompagnato da osanna pieni
di speranze e di desiderio di pace per tutta la Francia, dai Pirenei
alla capitale. Mazzarino, sempre malato, seguì il corteo
e, fra le sofferenze del suo corpo, assaporò la gioia del
trionfo.
Morte
L'8 febbraio 1661 Mazzarino si fece portare a Vincennes,
poiché il suo male (Pielonefrite) si era aggravato e sperava
che quel soggiorno lo facesse sentire meglio. Ma verso la fine
del mese si aggravò ancor più e fu a tutti evidente
come fossero rimaste poche speranze per la sopravvivenza del Primo
Ministro a quest'ultimo attacco della malattia. In una lettera
indirizzata a Nicola Fouquet il 2 marzo si legge: «Non
è affatto vero come si dice che egli abbia avuto un
miglioramento da due giorni a questa parte. .. Egli ha avuto
già due attacchi. . . il polso è debolissimo. . .
si pensa che sia impossibile che possa resistere ancora a
lungo».
Louis-Henri de Brienne ha lasciato una dettagliata cronaca
dell'ultima malattia di Mazzarino; non sempre però le sue
informazioni sono attendibili. Comunque, egli racconta un
particolare che, anche se non fosse vero, sarebbe certamente in
carattere con la personalità e i comportamenti del malato.
Narra Brienne che tra il 6 e l'8 febbraio 1661, prima di farsi
portare a Vincennes, Mazzarino ebbe un miglioramento, preludio
della crisi finale, e volle recarsi per l'ultima volta al suo
palazzo di Parigi. Egli attraversò la piccola galleria,
guardando gli arazzi più belli che l'ornavano. «Io
l'intesi venire», dice Brienne, «per lo
strofinìo che producevano sul pavimento le sue pantofole
trascinate come può fare un uomo estremamente indebolito da
una grave malattia. Mi nascosi dietro la porta e l'intesi dire:
"Bisogna lasciare tutto questo!" ».
Finita la dettatura del testamento, Giulio Mazzarino si
aggravò visibilmente. Il 9 marzo 1661, morì a
Vincennes.