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Questi appunti di Marx al testo di Bakunin Stato e anarchia
risalgono alla fine del 1874 — inizio del 1875, e fanno patte di una
serie di note manoscritte su questioni e autori russi, intitolate
dallo stesso Marx Russica II, 1875; con titolo (attribuito dai
curatori moderni) Konspekt von Bakunins Buch «Staatlichkeit
und Anarchie», vengono riportate nel cit. vol. XVIII dei
Werke, pp. 599-642: viene qui data la parte corrispondente alle pp.
630-637. Marx traduceva dal russo in tedesco e riprendeva molti
brani dello scritto bakuininiano Gosudarstyen-nost' i anarebija,
[Zurigo-Ginevra] 1873: se ne veda l'edizione critica russa negli
Archives Bakounine, a cura di Arthur Lehning, Leida, 1967, vol. III,
pp. 3-186, con la traduzione francese Étatisme et anarchie,
nelle pp. 203-380: per gli estratti qui tradotti, si vedano le pp.
346-347.
«Noi abbiamo già manifestato la nostra profonda
ripugnanza per la teoria di Lassalle e di Marx, la quale raccomanda
ai lavoratori — se non come ideale finale, almeno come principale
scopo immediato — la creazione di uno Stato popolate (narodnogo
gosudarstva), che, secondo la loro spiegazione, non sarà
altro che il proletariato "elevato al grado di ceto dominante".
Domandiamo: se il proletariato sarà il ceto dominante, su chi
dominerà? Questo significa (znacit) che rimarrà ancora
un altro proletariato, il quale sarà sottomesso a questo
nuovo dominio, a questo nuovo Stato (gosudarstvo)».
Questo significa che, fino a quando esistono altre classi, e
particolarmente la classe capitalista, fino a quando il proletariato
lotta contro di essa (giacché, quando giunge al potere, i
suoi nemici e la vecchia organizzazione della società non
sono scomparsi), deve adoperare dei mezzi violenti, cioè dei
mezzi governativi; esso stesso rimane ancora una classe, le
condizioni economiche su cui si basa la lotta di classe e
l'esistenza delle classi non sono ancora scomparse, ma devono essere
violentemente eliminate o trasformate, e il processo della loro
trasformazione dev'essere violentemente accelerato.
«Per esempio il basso popolo contadino (krestianskaja certi),
il quale, com'è noto, non gode della simpatia dei marxisti e
che si trova all'infimo gradino della cultura, sarà
probabilmente governato dal proletariato urbano e di
fabbrica.»
Vale a dire, dove il contadino esiste in grandi masse come
proprietario privato di terra, dove esso costituisce persino una
maggioranza più o meno considerevole, come in tutti gli Stati
dell'Europa occidentale, dove non è scomparso e sostituito
dal bracciante, come in Inghilterra, avviene quanto segue: o il
contadino ostacola, fa fallire qualsiasi rivoluzione operaia, come
ha fatto sinora in Francia, oppure il proletariato (poiché il
contadino proprietario non appartiene al proletariato e anche
quando, per la sua situazione, vi appartiene, non crede di
appartenervi) deve, come governo, prendere delle misure in seguito
alle quali il contadino migliora immediatamente la sua situazione ed
è cosi conquistato alla rivoluzione; misure che tuttavia, in
embrione, facilitano il passaggio dalla proprietà privata
della terra alla proprietà collettiva, in modo che il
contadino vi pervenga economicamente da sé, senza urtarlo di
fronte col proclamare, ad esempio, l'abolizione del diritto di
eredità o l'abolizione della sua proprietà. Questa
abolizione è possibile soltanto là dove l'affittuario
capitalista ha eliminato il contadino e il coltivatore effettivo
è altrettanto proletario, operaio salariato, quanto l'operaio
della città e ne condivide perciò gli stessi
interessi, non soltanto indiretti, ma immediati. Ancor meno si ha il
diritto di rafforzare la proprietà parcellare con la semplice
trasmissione delle grandi proprietà ai contadini, come nella
campagna rivoluzionaria di Bakunin.
«Oppure, se si considera questa questione da un punto di vista
nazionale, si può far l'ipotesi che per i tedeschi, ad
esempio, gli slavi si troveranno allora, per do stesso motivo, di
fronte al proletariato tedesco vittorioso, nella medesima situazione
di schiavitù in cui si trova questo ultimo di fronte alla
propria borghesia.»
Asineria da scolaro! Una rivoluzione socialista radicale è
legata a determinate condizioni storiche dello sviluppo economico;
queste ultime sono le sue premesse. Essa non è dunque
possibile che là dove, unitamente alla produzione
capitalistica, il proletariato industriale occupa almeno un posto
notevole nelle masse popolari. E, affinché abbia almeno una
probabilità di vittoria, il proletariato dev'essere almeno in
grado di fare immediatamente per i contadini, mutatis mutandis,
quanto ha fatto la borghesia francese al tempo della sua rivoluzione
per i contadini francesi di allora. È una bella idea, che il
dominio degli operai comporterebbe un'oppressione del lavoro
agricolo! Ma qui appare il pensiero più intimo del signor
Bakunin. Egli non comprende assolutamente nulla della rivoluzione
sociale; non conosce a questo riguardo che delle frasi politiche; le
condizioni economiche della rivoluzione per lui non esistono.
Poiché tutte le forme economiche, sviluppate o no, che sono
finora esistite, implicano l'asservimento del lavoratore (sia come
operaio salariato, sia come contadino, e cosi via), egli crede che
una rivoluzione radicale sia egualmente possibile sotto tutte queste
forme. E ancor più! Egli vorrebbe che la rivoluzione sociale
europea, fondata sulla base economica della produzione
capitalistica, procedesse al livello dell'agricoltura russa o slava
e dei popoli pastori, e che essa non superasse questo livello,
quantunque egli veda che la navigazione marittima crea una
distinzione tra fratelli — ma soltanto la navigazione marittima —
perché questa differenza è nota a tutti gli uomini
politici! La volontà, e non la situazione economica, è
la base della sua rivoluzione sociale.
«Se vi è Stato (gosudarstvo), vi è
inevitabilmente dominio (gospod-stvo) e di conseguenza anche
schiavitù; un dominio [1] senza schiavitù, aperta o
dissimulata, è inconcepibile; ed ecco perché noi siamo
nemici dello Stato.
«Che cosa significa: proletariato elevato a ceto dominante?
»
Significa che il proletariato, invece di lottare alla spicciolata
contro le classi economicamente privilegiate, ha acquistato una
potenza e un'organizzazione sufficiente per poter applicare nella
lotta contro di esse dei mezzi generali di costrizione; ma non
può applicare che dei mezzi economici, i quali eliminino il
suo carattere specifico di salariato e, di conseguenza, lo eliminino
come classe. Con la sua vittoria completa finisce quindi anche il
suo dominio, perché finisce il suo carattere di classe.
«Forse che tutto il proletariato sarà a capo del
governo?»
Forse che, per esempio, in una trade union tutto il sindacato
costituisce il comitato esecutivo? Forse che nella fabbrica
cesserà ogni divisione del lavoro, con tutte le varie
funzioni che ne derivano? Forse che, nell'ordinamento di Bakunin dal
basso in alto, tutti saranno in alto? Forse che tutti i membri della
comunità [2] gestiranno contemporaneamente gli interessi
comuni della regione? Allora non ci sarà alcuna differenza
tra la comunità e la regione.
«I tedeschi si calcolano a circa quaranta milioni. Forse che
tutti i quaranta milioni saranno membri del governo?»
Certainly! dato che la cosa comincia con l'autogoverno della
comunità.
«Tutto il popolo governerà e non si avranno dei
governanti.»
Se un uomo si governa da sé, non si governa, secondo questo
principio, perché è soltanto se stesso e non un altro.
Allora non ci sarà un governo, uno Stato, ma,
«se ci sarà uno Stato, ci saranno anche dei governanti
e degli schiavi».
Questo significa soltanto: quando il dominio di classe scompare, non
ci sarà uno Stato nel significato politico attuale.
«Questo dilemma nella teoria dei marxisti si risolve
semplicemente. Per governo popolare, essi» [cioè
Bakunin] «intendono un governo del popolo per mezzo di un
numero insignificante di rappresentanti eletti dal popolo».
Donkey! [Somaro] Questa è insipienza democratica,
vaneggiamento politico! Le elezioni sono una forma politica persino
nelle più piccole comunità russe e nelle cooperative
(artel). Il carattere delle elezioni non dipende da questi nomi,
bensì dalle basi economiche, dai legami economici tra gli
elettori, e non appena le funzioni hanno cessato di essere
politiche: 1) non esistono più funzioni governative; 2) la
distribuzione delle funzioni generali diventa una questione d'affari
e non dà luogo a nessun dominio; 3) l'elezione non ha nulla
dell'odierno carattere politico.
«II suffragio universale per tutto il popolo »:
una cosa come tutto il popolo, nel senso attuale, è un puro
fantasma;
«rappresentanti popolari governanti dello Stato, questa
è l'ultima parola dei marxisti, come pure della scuola
democratica, ed è una menzogna che nasconde il dispotismo
della minoranza governante, tanto più pericolosa in quanto
essa appare come espressione della cosiddetta volontà
popolare».
Con la proprietà collettiva la cosiddetta volontà
popolare scompare per lasciare il posto all'effettiva volontà
collettiva.
«Quindi il risultato è: governo della stragrande
maggioranza delle masse popolari da parte di una minoranza
privilegiata. Ma questa minoranza, dicono i marxisti»,
dove?
«sarà formata di lavoratori. Si, forse di
ex-lavoratori, i quali, però, cessano di essere dei
lavoratori»,
non più di quanto un fabbricante cessa oggi di essere
capitalista quando è membro di un consiglio comunale,
«e guarderanno dall'alto dello Stato tutti i lavoratori
comuni; essi non rappresentano più il popolo, ma se stessi e
le loro pretese di governare il popolo. Chi può dubitare di
questo, ignora completamente la natura dell'uomo».
Se il signor Bakunin fosse per lo meno al corrente della posizione
di un amministratore di una cooperativa operaia, avrebbe mandato al
diavolo tutto il suo delirio a proposito del dominio. Egli avrebbe
dovuto domandarsi: quale forma possono assumere le funzioni
amministrative sulla base di questo Stato operaio, se vuole
chiamarlo cosi?
«Ma questi eletti saranno dei socialisti ardentemente convinti
e inoltre dei socialisti dotti. Le parole "socialismo dotto",
parole mai adoperate,
«socialismo scientifico»
(espressione adoperata soltanto come contrapposto al socialismo
utopistico, che si sforza di inculcare nel popolo nuove fantasie e
illusioni invece di limitare la sua conoscenza allo studio del
movimento sociale fatto dallo stesso popolo: vedere il mio libro
contro Proudhon) [Miseria della filosofia]
«che si incontrano continuamente nelle opere e nei discorsi
dei lassalliani e dei marxisti, dimostrano di per sé che il
cosiddetto Stato popolale non sarà niente altro che un
governo molto dispotico delle masse popolari da parte di una nuova e
infima aristocrazia di veri o sup-posti dotti. Il popolo non
è dotto e, quindi, esso sarà interamente liberato
dalle preoccupazioni del governo, sarà interamente incluso
nel gregge governato. Bella liberazione!
«I marxisti sentono questa [!] contraddizione e, riconoscendo
che il governo dei dotti {quelle réveriel) sarà il
più duro, il più odiato e disprezzato del mondo e,
nonostante tutte le forme democratiche, sarà una vera
dittatoria, si consolano col pensiero che questa dittatura
sarà provvisoria, di breve durata».
No, mon cher! Il dominio di classe degli operai sugli strati del
vecchio mondo che lo combattono durerà fino a quando non
saranno distrutte le basi economiche dell'esistenza delle classi.
«Essi dicono che la loro unica preoccupazione e il loro unico
scopo saranno quelli di educare ed elevare il popolo»
(politicante da caffè!) «cosi economicamente che
politicamente, a un livello tale che ogni governo diverrà ben
presto inutile e lo Stato, perdendo qualsiasi carattere politico,
cioè di dominio, si trasformerà da sé in una
libera organizzazione di interessi economici e di comunità.
Qui vi è una contraddizione stridente. Se il loro Stato
sarà veramente popolare, perché distruggerlo? E se
invece la sua distruzione è necessaria per l'effettiva
liberazione del popolo, come si può osare di chiamarlo
popolare?»
A parte le continue ripetizioni sullo Stato popolare di Liebknecht,
che è un'insulsaggine diretta contro il Manifesto dei
comunisti ecc, questo significa soltanto: visto che il proletariato,
nel periodo della lotta per l'abbattimento della vecchia
società, agisce ancora sulle basi della vecchia
società, e perciò dà ancora al movimento delle
forme politiche, che più o meno le corrispondono, in questo
periodo di lotta esso non ha ancora raggiunto la sua organizzazione
definitiva, e applica per la sua liberazione dei mezzi che dopo la
liberazione diventano superflui. Il signor Bakunin ne conclude che
è meglio che il proletariato non intraprenda nulla e
aspetti... il giorno della liquidazione generale, il giudizio
universale!
«Con la nostra polemica »,
la quale naturalmente, è venuta alla luce prima del mio libro
contro Proudhon e del Manifesto dei comunisti, e prima ancora di
Saint Simon,
«contro di essi»
(bell'usteron proteron!) [ Cioè, porre dopo ciò che
viene prima]
«noi li abbiamo indotti a riconoscere, che la libertà e
l'anarchia»
(il signor Bakunin ha soltanto tradotto l'anarchia proudhoniana e
stirneriana [3] in un selvaggio dialetto tartaro)
«cioè la libera organizzazione delle masse operaie dal
basso in alto»
(insulsaggine!)
«è lo scopo finale dello sviluppo sociale e che ogni
Stato, non escluso il loro Stato popolare, è un giogo: da una
parte esso genera il dispotismo e dall'altra la
schiavitù».
Note
1. Marx usa il termine Herrschaft, dominio, in luogo di Stato
(État nell'ediz. francese), adoperato da Bakunin.
2. Marx traduce con Gemerne {ovvero con Gemeinde), comune
(comunità), il termine russo usato da Bakumin, obsiina,
cioè la comunità agricola.
3. Relativa a Max Stirner.