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    di Giuseppe Ignesti
    
    Nacque a Roma, il 12 febbr. 1887, da Cesare, originario di Cosenza e
    impiegato presso la Biblioteca Alessandrina, e da Giuseppa Capolei.
    Frequentò le elementari in un istituto privato non religioso
    e il ginnasio-liceo al T. Mamiani, iscrivendosi quindi alla
    facoltà di giurisprudenza.
    
    Giovanissimo, fu partecipe dei fermenti culturali, etici e religiosi
    del mondo cattolico e sulla base di tali interessi orientò
    una precoce attività sia nel sociale, a cominciare dai
    circoli studenteschi, sia nella pubblicistica iniziando, nel 1901,
    con un articolo ne La Voce cattolica di Cosenza. Nello stesso anno
    divenne segretario della sezione giovanile della Società
    antischiavista d’Italia e, in novembre, si iscrisse al gruppo romano
    della Democrazia cristiana avvicinandosi così al movimento di
    don R. Murri. Nel 1904, nel solco in precedenza tracciato dal
    Movimento per la moralità di R. Bettazzi, costituì il
    circolo di studi religiosi Unione giovanile romana per la
    moralità e, nel corso dello stesso anno, con l’aiuto di
    importanti esponenti del gruppo, interconfessionale e d’impostazione
    laica, dell’Unione per il bene (quali Antonietta Giacomelli, G.
    Salvadori, A. Fogazzaro, il barnabita p. G. Semeria, B. Casciola e
    il pastore protestante P. Sabatier) cominciò a pubblicare a
    Roma, con la collaborazione di G. Pioli, il mensile La Vita (edito
    fino al 1910), in particolare orientato a trattare il problema
    dell’educazione sessuale fra i giovani. Importante fu anche la sua
    partecipazione alla Lega cattolica del lavoro, fondata nel 1902 per
    diffondere gli ideali democratici cristiani fra i lavoratori della
    capitale, che faceva capo a G.B. Valente e in cui operavano fra gli
    altri, oltre al M., M. Cingolani, G. Borromeo e G. Quadrotta.
    
    Tra il 1906 e il 1908, il M. – giornalista prolifico oltreché
    convincente oratore a difesa e sostegno delle tematiche inerenti la
    moralità cattolica – ancora vicino al murrismo e al
    modernismo, collaborò al bimensile Rivista di cultura di
    Murri nonché al quindicinale Nova et vetera di E. Buonaiuti
    (1908). Ma già nello stesso 1906 era entrato nella redazione
    del quotidiano Il Corriere d’Italia, fondato da G. De Felice,
    orientato su una linea clerico-moderata e conciliatorista;
    gradatamente, in sintonia con le prese di posizione delle gerarchie
    ecclesiastiche, il M. stava prendendo le distanze dai movimenti
    più avanzati ed eterodossi, atteggiamento che si
    rafforzò dopo la pubblicazione dell’enciclica Pascendi (1907)
    di condanna del modernismo. Il M. rimase al Corriere d’Italia fino
    al 1929, condividendone sempre la linea editoriale. Nel 1914 fu
    eletto consigliere comunale nelle liste dell’Unione romana.
    
    Anche da quella tribuna sostenne i temi legati alla tutela della
    morale cattolica, in difesa della famiglia, dell’educazione
    religiosa della gioventù e della libertà della scuola.
    
    Simpatizzante con i nazionalisti, si batté in favore
    dell’intervento italiano nella prima guerra mondiale, che vedeva
    finalizzato a conseguire sia l’annessione all’Italia delle province
    irredente sia, più in generale, il rinnovamento della vita
    politica, con la fine del giolittismo. Riformato, non prese parte al
    conflitto ma espresse il suo sostegno collaborando con Mentre si
    combatte, foglio edito dalla Gioventù cattolica italiana
    (GCI), del cui consiglio superiore il M. faceva parte. Alla fine
    della guerra partecipò alla nascita del Partito popolare
    italiano (PPI), manifestando fin da subito le sue simpatie per le
    tesi degli ambienti cattolici filonazionalisti e conservatori,
    posizioni che lo collocarono nella corrente di destra del partito.
    
    Fu, tuttavia, tra i pochi che don L. Sturzo chiamò attorno a
    sé, il 23 e 24 nov. 1918, nella sede dell’Unione romana per
    elaborare la piattaforma programmatica e il primo appello del
    nascente partito. Il 16 e 17 dicembre partecipò alle
    assemblee della «piccola costituente» che approvò
    i documenti confluiti, il 18 genn. 1919, nell’appello A tutti gli
    uomini liberi e forti, atto di nascita del PPI.
    
    Eletto deputato a Roma nelle elezioni generali del 16 nov. 1919, con
    61.845 voti – il maggior numero di preferenze fra tutte le liste –,
    venne confermato, ancora tra i primi, in quelle del 15 maggio 1921,
    con circa 64.000 voti; ai successi elettorali, tuttavia, non
    corrispose mai un ruolo di autentico rilievo all’interno del PPI.
    Durante la XXV legislatura fece parte del direttorio del gruppo
    popolare mantenendo tale incarico fino al maggio 1920.
    
    Nel nuovo partito il M. vedeva soprattutto il rinnovarsi della
    tradizione guelfa, cioè il reinserimento dei valori cattolici
    nell’ambito della società civile. In sintonia con questa
    convinzione fu la sua adesione al carattere aconfessionale del
    partito, che interpretò in maniera del tutto originale
    giungendo ad auspicare che i cattolici potessero aderire a una
    pluralità di formazioni politiche, così da essere
    comunque pronti alla «difesa della fede».
    
    Proseguiva, intanto, la sua attività di pubblicista: dopo una
    breve parentesi, nel 1919, alla direzione del periodico popolare La
    Nuova Battaglia, passò a dirigere Conquista popolare, altro
    foglio fiancheggiatore del partito (gennaio 1921 - ottobre 1922).
    
    Più sensibile agli interessi confessionali e ai valori
    nazionalisti che non ai principî democratici, il M. si
    schierò presto a favore di una più stretta intesa tra
    il PPI e il nuovo governo fascista e, il 10 apr. 1923, alla vigilia
    del congresso popolare di Torino (12-14 aprile), sottoscrisse, con
    C. Nava, G. Sansonetti, G. Paradisi-Miconi e G. De Rossi dell’Arno,
    un ordine del giorno in cui si chiedeva l’espulsione della corrente
    di sinistra (una delle condizioni poste dai fascisti per proseguire
    la collaborazione al governo col PPI).
    
    Il M. rifiutò invece di firmare il manifesto, in cui si
    dichiarava «consenso completo» al governo Mussolini,
    comparso a Roma il 30 giugno e redatto da elementi cattolici
    conservatori, in quanto ritenne impropri e inopportuni sia il
    momento politico, sia l’evidente confusione tra politica e religione
    che vi era manifestata, sia l’attacco diretto alla persona di
    Sturzo, che si voleva costringere alle dimissioni dalla segreteria
    del partito.
    
    Sottoposto a inchiesta da parte del consiglio nazionale popolare e
    quindi espulso dal PPI (25 luglio 1923) per non aver rispettato la
    disciplina di partito astenendosi nella votazione che stabiliva il
    passaggio alla discussione degli articoli della legge elettorale
    Acerbo, il M. si presentò alle elezioni del 1924 come
    candidato dell’Unione nazionale nel «listone» e venne
    rieletto; aderì quindi al Centro nazionale italiano,
    raggruppamento cattolico fiancheggiatore del governo fascista,
    costituitosi a Bologna (12 ag. 1924) per iniziativa di P. Mattei
    Gentili, S. Cavazzoni, F. Mauro, G. Grosoli Pironi e A. Carapelle,
    del cui comitato centrale venne poi a far parte.
    
    Il M. fu uno dei membri più attivi del Centro anche se il
    campo di attività dell’associazione venne via via
    restringendosi con l’approssimarsi della conciliazione (in effetti
    il Centro cessò di esistere nel 1930). Sempre nei primi anni
    Venti il M., insieme con l’architetto G.B. Giovenale, ridiede vita
    all’Unione romana – riesumando il nome dell’associazione tra
    cattolici che nel passato aveva partecipato alla vita amministrativa
    del Campidoglio – per svolgere a livello comunale quella stessa
    politica di sostegno al fascismo che cercava di realizzare a livello
    nazionale con il Centro.
    
    Fin dal novembre 1922 aveva fondato nella capitale l’associazione
    culturale Fides Romana, con sede presso l’oratorio dei filippini
    alla Chiesa Nuova, cui aderirono molti ecclesiastici ed esponenti
    del mondo cattolico capitolino, raccolti intorno a un programma
    volto a conciliare le finalità ideali di una
    «romanità sacra» con quelle di un fascismo
    politicamente moderato e socialmente conservatore.
    
    Con il patrocinio dell’Associazione pubblicò varie riviste
    (Conquista cattolica, Riscossa cattolica) e, soprattutto, La Rass.
    romana (4 nov. 1929 - 15 luglio 1938) con lo specifico fine di
    favorire una costruttiva convivenza e di alleggerire e risolvere le
    possibili tensioni tra il regime e la Chiesa. Pubblicò anche
    l’Annuario cattolico italiano, un volume che costituisce ancora oggi
    un prezioso documento della vita religiosa romana e italiana di
    quegli anni. Si fece anche promotore di iniziative di pubblica
    testimonianza della fede cattolica nella capitale: tra l’altro la
    costruzione del monumento a s. Francesco nella piazza antistante la
    basilica di S. Giovanni in Laterano, l’erezione della Croce
    nell’arena del Colosseo, il rinnovo, in quel medesimo luogo, della
    tradizionale Via Crucis in occasione della settimana santa e il
    ripristino dell’insegna della Croce sulla torre campanaria del
    Campidoglio.
    
    Il suo interesse missionario – che risaliva alla giovanile
    frequentazione della scuola di G. Genocchi e si era poi arricchito
    nella lunga esperienza nella Società antischiavista d’Italia,
    di cui negli anni era divenuto segretario generale – lo portò
    per un triennio accademico, a partire dal 1936-37, a insegnare come
    professore incaricato di storia delle missioni, presso l’Istituto
    orientale di Napoli.
    
    Nel 1939 il M. fondò L’Illustrazione romana, una
    pubblicazione intesa a sottolineare gli elementi positivi della
    convivenza, in Italia, tra Chiesa cattolica, dinastia dei Savoia e
    regime fascista. Ne diresse, tuttavia, solo il primo numero, uscito
    l’11 febbr. 1939, in occasione del decennale della firma dei Patti
    lateranensi; incorse, infatti, in un casuale incidente politico. Un
    commento salace da lui indirizzato alla persona e alla politica
    filotedesca del ministro degli Esteri G. Ciano, che aveva radice
    nella incompatibilità con il neopaganesimo nazista, evidente
    fin dall’emanazione delle leggi razziali, provocò l’arresto e
    la traduzione del M. nel carcere romano di Regina Coeli; quindi, nel
    marzo 1939, egli fu inviato al confino di polizia che si protrasse,
    fra Melfi, Paola ed Eboli, fino al febbraio 1942, quando, grazie a
    un intervento della S. Sede, poté rientrare a Roma, dove
    prese a collaborare, discretamente e sotto pseudonimo, a
    L’Osservatore romano.
    
    Alla fine della seconda guerra mondiale il M. si impegnò
    nuovamente nella vita pubblica, ponendosi su una linea di dissenso
    rispetto a quella della Democrazia cristiana (DC) di A. De Gasperi.
    In occasione del referendum istituzionale e delle elezioni per
    l’Assemblea costituente (2 giugno 1946) utilizzò la sua agile
    penna e la brillante oratoria in difesa della monarchia e,
    soprattutto, nella lotta contro il comunismo.
    
    L’ultima esperienza giornalistica, il settimanale satirico
    Rabarbaro, da lui fondato e diretto in polemica con un periodico
    anticlericale allora molto diffuso, Don Basilio, ebbe vita breve e
    stentata (dal 1946 al 1949). In piena coerenza con la sua precedente
    attività fu anche l’ultimo impegno politico del M.: la
    fondazione di una nuova Unione romana, sorta di cartello delle
    destre cattoliche della capitale, che avrebbe dovuto essere varata
    in occasione delle elezioni amministrative romane del 1952,
    nell’ambito della cosiddetta «operazione Sturzo»
    peraltro abortita.
    
    Il M. morì a Roma il 4 ott. 1952.
    
    Tra le opere del M. (edite a Roma salvo diversa indicazione) si
    ricordano: Moralità del nostro tempo, 1910; La crisi
    dell’amore: saggi intorno alla questione sessuale secondo P.
    Bureau…, 1910; L’anima di Federico Ozanam, 1913; La preghiera al
    campo, 1916; Dal sabotaggio «massonico» dell’Italia alla
    nota pontificia, 1917; Il dovere dell’ora, 1918; «Più
    grande e più pura», 1918; L’Austria è il
    baluardo della Chiesa?, 1918; Il divorzio, 1919; Discorsi politici,
    1921; Vita di s. Filippo Neri apostolo di Roma, 1922; La nuova legge
    italiana sulla beneficenza, 1926; Per la redenzione dei fanciulli
    colpevoli, 1928; La conciliazione, s.d. [ma 1929]; Le Scuole pie
    pontificie maschili di Borgo (1859-1930), 1930; Ragioni della
    conciliazione, 1932; L’isola della salute: dal tempio romano di
    Esculapio all’ospedale di S. Giovanni di Dio, 1934; P. Ugo Bassi
    fuori della sua leggenda, 1935; Massaia da vicino, 1937; Amicus [E.
    M.], Filippo Crispolti. Note biografiche, Milano-Roma 1943; A te,
    reduce di guerra!, 1945; Santi e birboni. Luci ed ombre nella storia
    dei giubilei, Milano 1950.
    
    Fonti e Bibl.: Carte del M. sono conservate a Messina, Seminario
    arcivescovile, Biblioteca Painiana; e Roma, Arch. della Fondazione
    L. Sturzo; vedi anche Ibid., Arch. centr. dello Stato, Ministero
    dell’Interno, Casellario politico centrale, f. Martire, Egilberto.
    Inoltre: Argo, I deputati popolari della XXV legislatura, Bologna
    1920, pp. 153 s.; G. De Rossi, Il Partito popolare italiano
    (1918-1920), Roma 1920, p. 304; M. Cingolani, In memoriam. E. M. e
    gli albori della Democrazia cristiana in Roma, Roma 1952; I.
    Giordani, Alcide De Gasperi, Verona 1955, pp. 82, 89 n.; G. De Rosa,
    I conservatori nazionali. Biografia di C. Santucci, Brescia 1962,
    pp. 15, 91, 154; R.A. Webster, La croce e i fasci: cattolici e
    fascismo in Italia, Milano 1964, pp. 58, 125-127, 155 n., 167; F.
    Malgeri, La stampa cattolica a Roma dal 1870 al 1915, Brescia 1965,
    ad ind.; C. Gasbarri, Persone e fatti di Roma fra Ottocento e
    Novecento, Roma 1968, pp. 106-108 nn. 4-5, 194; G. Spataro, I
    democratici cristiani dalla dittatura alla Repubblica, Milano 1968,
    ad ind.; O. Majolo Molinari, La stampa periodica romana del
    Novecento, I-II, Roma 1968, ad indices; Il Circolo di S. Pietro.
    Cenni storici (1869-1969), Roma 1969, p. 123; L. Iaria, Una fonte
    per la storia del movimento cattolico: le carte di E. M., in
    Quaderni storici, I (1970), 3, pp. 989-993; F. Malgeri, I cattolici
    dall’Unità al fascismo: momenti e figure, Chiaravalle
    Centrale 1973, pp. 78, 112 s. n., 153; A. Riccardi, Roma
    «città sacra»? Dalla conciliazione all’operazione
    Sturzo, Milano 1979, passim; D. Sorrentino, Conciliazione e fascismo
    cattolico. I tempi e la figura di E. M., Brescia 1980; F. Malgeri,
    Il Partito popolare italiano, in Storia del movimento cattolico in
    Italia, III, Roma 1980, ad ind.; A. Riccardi, Il clerico-fascismo,
    ibid., IV, ibid. 1981, ad ind.; R. Moro, L’Azione cattolica di
    fronte al fascismo, ibid., ad ind.; G. Ignesti, Laici cristiani fra
    Chiesa e Stato nel Novecento, Roma 1988, ad ind.; D. Sorrentino, E.
    M.: religione e politica, Roma 1993. Vedi ancora: V. Bonfigli - C.
    Pompei, I 535 di Montecitorio, Roma 1921, p. 197; Chi è?
    1935, s.v.; E. Savino, La Nazione operante, Novara 1937, p. 420;
    Diz. stor. del movimento cattolico in Italia, Casale Monferrato
    1981, I, 1-2, ad indices; II, I protagonisti, sub voce. G. Ignesti