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Storico della geografia, della cartografia e delle esplorazioni
italiano (Casale Monferrato 1874 - Torino 1945), prof. univ. a
Palermo dal 1925 e a Torino dal 1929, socio corrispondente dei
Lincei dal 1935. Uomo di vasta dottrina e di eccezionale acume
critico, fu autore di fondamentali studî sulla cartografia
nautica, su Colombo e, soprattutto, su Vespucci (Amerigo Vespucci,
1924), la cui figura e le cui imprese furono da lui ricostruite su
basi totalmente nuove. Il suo atteggiamento critico nei riguardi
della geografia italiana contemporanea gli ispirò gli scritti
polemici contenuti nei due volumi Geographi italici maiores (1916) e
"... La geografia è in cammino" (1918).
*
DBI
di Giandomenico Patrizi
MAGNAGHI, Alberto.
Nacque il 2 giugno 1874 da Gerolamo e Marietta Cappa a Casale
Monferrato, dove visse e compì i primi studi, fin quando la
famiglia dovette trasferirsi a Udine.
Nella città friulana, dove frequentò il liceo,
rivelando subito un'accentuata disposizione per gli studi
storico-filologici, ebbe la ventura di conoscere G. Marinelli,
già allora uno fra i maestri indiscussi della geografia
italiana. Anche se il M. si discostò presto dall'impostazione
di questo, è certo che l'interesse e la passione per gli
studi geografici si accesero in lui in quel periodo e crebbero negli
anni successivi quando s'iscrisse alla facoltà di lettere
dell'Istituto di studi superiori di Firenze, dove Marinelli era
titolare della cattedra di geografia.
Fu allora che il M. maturò scelte che lo avrebbero portato a
occuparsi di storia della geografia, di storia della cartografia e
di geografia storica, campi di studio che avrebbe coltivato
fedelmente per la sua intera vita di studioso, allontanandosi
così da quella concezione del "perfetto geografo" che
Marinelli andava elaborando: un geografo cui si chiedeva anzitutto
una solida preparazione naturalistica, in armonia con l'adesione al
positivismo, di cui Marinelli era uno dei rappresentanti di spicco
in Italia. Il M., dunque, fu una figura anomala tra i geografi
formatisi alla scuola di Marinelli; e, data l'enorme influenza che
quest'ultimo esercitò sugli studi geografici per più
generazioni, fu una figura generalmente anomala tra i suoi colleghi
italiani, per di più confinata in un isolamento quasi totale,
cui contribuirono il carattere estremamente puntiglioso, l'acribia
quasi maniacale, la tendenza, spesso spinta all'eccesso, ad
allontanarsi dalle opinioni correnti, l'assoluta noncuranza dei
rapporti interpersonali con i colleghi.
Conseguita la laurea nel 1896, il M. intraprese il tirocinio come
docente nelle scuole secondarie superiori, dapprima in scuole
normali e ginnasi, poi in istituti tecnici: un tirocinio che si
protrasse per un tempo insolitamente lungo (quasi un trentennio: la
sospirata cattedra universitaria giunse solo nel 1925, sebbene
avesse conseguito precocemente, nel 1903, la libera docenza) e che
lo portò in diverse città della Toscana e di altre
regioni italiane prima di approdare a Torino, dove insegnò
per circa vent'anni: inizialmente professore ordinario
nell'Università di Palermo, nel 1929 fu infine trasferito in
quella di Torino.
Con il trasferimento all'Università di Torino, il M.
trovò un ambiente nel complesso congeniale, anche
perché in quell'ateneo la geografia era sempre stata
considerata una scienza storico-sociale. Nel 1935, la nomina a socio
corrispondente dell'Accademia nazionale dei Lincei fu un ulteriore
riconoscimento.
Di fatto l'attività scientifica del M. aveva preso avvio
nello stesso anno della laurea, con l'articolo Di tre carte nautiche
che si trovano nell'Archivio comunale di Volterra, apparso nella
Riv. geografica italiana di Firenze (III [1896], pp. 112-118),
certamente auspice Marinelli, che di quel periodico era promotore e
animatore.
Con la rivista fiorentina il M. stabilì un saldo legame, come
dimostra il fatto che essa, e le Memorie che per alcuni anni ne
furono il supplemento, ospitano circa un quarto dei suoi oltre
sessanta scritti (e quasi tutti quelli del primo quindicennio di
attività).
L'anno successivo seguì Carte nautiche esistenti a Volterra
(ibid., IV [1897], pp. 34-40), su altri documenti nautici
volterrani, e poi il fondamentale studio sul cartografo genovese
Angelino Dalorto (La carta nautica costruita nel 1325 da Angelino
Dalorto, Firenze 1898).
Compiendo tali ricerche, condotte con mano sicura e con una
maturità metodologica singolare in uno studioso poco
più che ventenne, il M. avviò l'approfondimento di una
delle tematiche da lui predilette, quella della storia della
cartografia nautica, cui pochi anni più tardi dedicò
altri scritti di valore, come quelli sull'atlante manoscritto di un
altro cartografo genovese, Battista Agnese (L'atlante manoscritto di
Battista Agnese della Biblioteca reale di Torino, in Riv. geografica
italiana, XV [1908], pp. 65-77, 135-148), e un fondamentale saggio
sulle origini del portolano (Sulle origini del portolano normale nel
Medioevo e della cartografia dell'Europa occidentale, in Memorie
geogr. pubblicate come supplemento alla Riv. geografica italiana dal
dott. Giotto Dainelli, III [1909], 8, pp. 115-187); e altri ancora
molto tempo dopo, tra i quali lo studio di alcune carte conservate a
Torino, nella Biblioteca del re (Il planisfero del 1523 della
Biblioteca del re di Torino, la prima carta del mondo costruita dopo
il viaggio di Magellano, Torino 1929), e ancora l'esauriente e
innovativa esposizione concernente Le carte nautiche italiane
medievali (s.v. Nautiche, Carte, in Enc. Italiana, XXIV, pp.
323-331).
Con i lavori su Dalorto e sul portolano, il M. gettò le basi
di una rivalutazione della cartografia nautica italiana rispetto a
quella catalana, che è proseguita con successive ricerche sue
e di altri studiosi e ha alimentato per decenni accesi dibattiti.
Nel frattempo gli interessi del M. si erano estesi ad altri campi di
studio, sempre, peraltro, coerenti con la sua impostazione di
geografo umanista. Tra questi, la storia delle esplorazioni e dei
viaggi, alla quale, in un primo tempo (negli anni di transizione tra
i due secoli) dedicò scritti pregevoli, sebbene di carattere
prevalentemente descrittivo, riguardanti per lo più viaggi di
missionari in Oriente: Relazione inedita di un viaggio al Tibet del
padre Cassiano Beligatti da Macerata, in Riv. geografica italiana,
VIII (1901), pp. 545-554, 609-627; IX (1902), pp. 39-51, 105-116,
170-182, 241-253, 299-320; Il Tibet nella relazione del padre
Desideri, ibid., XI (1904), pp. 96-108; Il padre Matteo Ricci e la
sua opera geografica sulla Cina, ibid., XII (1905), pp. 136-146.
In seguito, invece, la sua attenzione fu attratta soprattutto dalle
navigazioni e dalle esplorazioni occidentali e oggetto dei suoi
studi divennero essenzialmente l'Oceano Atlantico e le Americhe, e
in particolare, come sempre, i momenti e gli aspetti ancora
controversi o irrisolti e i problemi rimasti aperti nello studio
dell'ampliamento delle conoscenze europee verso Ovest. Così,
il M., a partire dagli anni Venti del Novecento, divenne uno
studioso "americanista" e dedicò gran parte della sua
attività al riesame critico delle "questioni" colombiana e,
soprattutto, vespucciana. Il lavoro su Amerigo Vespucci. Studio
critico, con particolare riguardo ad una nuova valutazione delle
fonti e con documenti inediti tratti dal Codice Vaglienti
(Riccardiano 1910) (edito a Roma nel 1924 in due volumi; nuova ed.,
ibid. 1926), fondato su un accuratissimo esame di fonti e documenti,
è senza dubbio la sua opera maggiore, anche se non tutti
concordano sulle conclusioni che l'autore ne ricava.
Conclusioni rivoluzionarie che, fra l'altro, negano
l'autenticità di alcune delle fonti sulle quali da secoli ci
si basava nella ricostruzione dei viaggi vespucciani e, al
contrario, danno credito ad altre fonti, tradizionalmente
considerate apocrife. Lo studio fu comunque molto apprezzato da G.
Caraci, geografo della generazione successiva a quella del M. e che
all'indirizzo seguito dal M. si ricollegava. Accanto all'opera del
1924 si collocano numerosi altri scritti su Vespucci e su Colombo
(notevoli quelli su alcuni pretesi errori di quest'ultimo: I
presunti errori che vengono attribuiti a Colombo nella
determinazione delle latitudini, in Boll. della Società
geografica italiana, s. 6, V [1928], pp. 459-494, 553-582; Ancora
dei pretesi errori di Colombo nella determinazione delle latitudini,
ibid., VII [1930], pp. 497-515; Incertezze e contrasti delle fonti
tradizionali sulle osservazioni attribuite a C. Colombo intorno ai
fenomeni della declinazione magnetica, ibid., X [1933], pp.
595-641), su G. e S. Caboto, su U. e G. Vivaldi (Precursori di
Colombo? Il tentativo di viaggio transoceanico dei genovesi fratelli
Vivaldi nel 1291, Roma 1935), tra i quali anche le voci relative a
questi navigatori, nonché a Giovanni da Verrazzano, redatte
per l'Enciclopedia Italiana: voci che nel caso di Colombo e Vespucci
si configurano come dei veri e propri saggi.
Relativamente poco numerosi sono gli studi del M. sulla storia del
pensiero geografico, ma essi annoverano ricerche profondamente
meditate: spicca l'ampio lavoro su Le "Relazioni universali" di
Giovanni Botero e le origini della statistica e
dell'antropogeografia (Torino 1906) da lui considerate appunto
un'importante fonte per l'evoluzione dell'antropogeografia.
Dalla bibliografia degli scritti del M. emerge che negli anni Dieci
e nei primi anni Venti la sua produzione (a parte alcuni articoli di
"geografia dantesca", che si ricollegano al suo interesse per la
geografia storica: Sul "Quarnaro" dantesco, in La Geografia, IX
[1921], 3-4, pp. 65-99; I confini d'Italia nel pensiero di Dante
secondo una pubblicazione recente, in Atti della R. Accademia delle
scienze di Torino, LVIII [1923], pp. 361-379) ha un carattere
diverso, quasi esclusivamente polemico: il M., in quegli anni,
sembra scegliere i suoi temi solo per stroncare (talvolta con
divertente arguzia, ma talaltra con animosità veramente
eccessiva, ai limiti della sgradevolezza) gli scritti di altri
geografi i quali gli sembravano, non senza ragione, essere stati
favoriti nella carriera universitaria; di tali pubblicazioni, che
comunque diradarono dopo che ebbe ottenuto la cattedra, la
più interessante è il volume Geographi Italici maiores
(Firenze 1916). Bersaglio dei suoi attacchi impietosi fu soprattutto
P. Revelli, ma non vennero risparmiati altri geografi, alcuni
già affermati.
Il M. morì a Torino il 3 dic. 1945.