Rosa Luxemburg


da Fornero, Tassinari - Le filosofie del Novecento (Bruno Mondadori, Milano 2002)

15. Il marxismo dopo Marx

5. Luxemburg: il potere delle masse

Rosa Luxemburg è stata per lunghi decenni, tra Ottocento e Novecento, uno dei più prestigiosi esponenti della socialdemocrazia tedesca, per divenire più tardi dirigente del movimento comunista affermatosi in Germania nell'immediato primo dopoguerra.

Nasce nel 1870 a Zamosc, in Rutenia, da un'agiata famiglia ebraica di commercianti colti e di idee liberali e antizariste. Compiuti gli studi liceali a Varsavia, già nel 1886 milita nel Partito socialista rivoluzionario polacco e pochi anni dopo, per sfuggire alle persecuzioni poliziesche zariste, si rifugia in Svizzera.

Qui, a Zurigo, segue gli studi universitari presso la facoltà di Scienze politiche, approfondisce la lettura di Smith, Ricardo e, soprattutto, di Marx. Frequenta gli ambienti degli emigrati politici russi e polacchi, dove ha modo di conoscere, tra gli al tri, Plechanov, s'impegna nella riorganizzazione del movimento socialista polacco, partecipa nel 1883 al Congresso dell'Internazionale socialista. Infine si trasferisce nel 1897 in Germania, ove milita nel Partito socialdemocratico.

Grande fu il fascino esercitato da questa donna energica e appassionata, oltre che per l'acutezza e originalità dell'intelligenza, per la forte tensione morale con la quale ella visse gli ideali del socialismo, e per l'intransigenza con cui combatté, in un impegno esistenziale totale a favore dell'emancipazione sociale e umana del proletariato. Nessun altro esponente del movimento socialista internazionale del tempo, d'altronde, sarebbe stato sensibile come lei all'esigenza di riscattare la li bertà di ogni singolo uomo e di conciliarla con una democrazia socialista che fosse espressione della maturazione autonoma delle masse.

La Luxemburg sottolinea la drammaticità, soprattutto dopo l'esplosione del conflitto mondiale, dello scontro tra capitalismo e proletariato, nel quale vede in gioco le sorti dell'intera umanità. Da un lato ella rifiuta la convinzione kautskiana dell'inevitabilità del socialismo, da lei interpretato come una possibilità presente nel grembo della storia, dall'altro teorizza l'ineluttabilità del crollo del capitalismo e della sua degenerazione nell'anarchia, sicché l'alternativa che vede incombere sul l'umanità è quella tra socialismo e "barbarie": «il dilemma dinanzi a cui si trova l'umanità si presenta così: o il tramonto nell'anarchia o la salvezza per opera del socialismo».

Questo non significa che la Luxemburg condivida il modo bernsteiniano di concepire il socialismo come possibilità. Di contro all'esponente del revisionismo che intendeva fondare la prospettiva socialista solo su un principio soggettivo di desiderabilità etica, ella non rinuncia a pensare il socialismo come necessità storica, pur senza alcuna attribuzione di significato "destinale". Non c'è nulla di fatale nella storia, ma neppure nulla di arbitrario. E' vero, piuttosto, che in essa operano necessità storiche tra loro contrastanti egualmente intrinseche alla situazione sociale, e che è imprevedibile quale delle due prevarrà:

La dialettica storica si compiace per l'appunto di contraddizioni e pone nel mondo per ogni necessità anche il suo contrario. Il dominio di classe borghese è senza dub bio una necessità storica, ma anche la sollevazione della classe lavoratrice contro di esso; il capitale è una necessità storica, ma anche il suo becchino, il proletariato socialista; il dominio mondiale dell'imperialismo è una necessità storica, ma an che la sua caduta per opera dell'internazionale proletaria.

Sarà, in ultima istanza, la volontà cosciente degli uomini a far prevalere l'una o l'al tra di queste due "necessità"; quel che è certo è che «la vittoria del socialismo non cadrà dal cielo come un fato»; essa non potrà che essere l'esito di una dura lotta quotidiana.

La limpida consapevolezza di questo drammatico aut aut nascosto nel fluire della storia, nonché la percezione della sua radicalità, spingono urgentemente la coraggiosa intellettuale polacca a un impegno politico rivoluzionario che le impone il sacrificio dei suoi bisogni personali di felicità, lei così incline a una vita serena a contatto con la natura, i fiori, le piante, gli animali, che amava moltissimo. In una lettera a Luise Kautsky, moglie di Karl, confessa le sue native quanto profonde inclinazioni:

Ho bisogno dopotutto di qualcuno che mi creda quando dico che solo per sbaglio sono presa nel turbine della storia del mondo, ma in realtà sono nata per stare a custodire le oche.

Nella biografia politica della Luxemburg si possono riconoscere alcuni momenti salienti, che permettono di cogliere il senso della sua opera di organizzatrice rivo luzionaria e di pensatrice marxista: a) la polemica contro il revisionismo di Bernstein; b) il dibattito, negli anni precedenti la guerra mondiale, sullo sciopero di massa; c) la guerra e la rottura con i "social-patrioti"; d) la Rivoluzione d'ottobre e i rapporti con Lenin e i bolscevichi.

a) E la Luxemburg a condurre la critica più organica, più irruenta, e insieme più coerente con il pensiero marxiano, del revisionismo, di cui marxisti come Kautsky non sarebbero stati capaci. Essa si concretizza nella pubblicazione, nel 1898, di una serie di articoli raccolti l'anno successivo nel volume Riforma sociale o rivoluzione?. L'autrice imposta il discorso secondo una metodologia che ripropone, contro l'empirismo delle analisi bernsteiniane, l'impianto dialettico della teoria marxiana. L'errore di Bernstein si nasconde, infatti, nel rifiuto della dialettica, nell'incapacità, come accade a tutti gli empiristi che al posto dei processi vedono solo i singoli fatti isolati, di cogliere la totalità del reale e l'insieme dei fenomeni. Bernstein, complice dell'atomismo delle analisi borghesi, non riesce a cogliere le contraddizioni che si annidano all'interno della società capitalistica e che questa è incapace di risolvere. Gli sfugge il fatto che il capitalismo, anche se riesce a evitare o a superare singole crisi congiunturali, porta in sé, intrinseca alla propria essenza, una contraddizione insanabile tra crescente potenzialità produttiva e limitate possibilità di smercio dei prodotti, che non può non esprimersi in continue crisi eco nomiche e politiche, destinate a culminare infine nelle guerre interimperialistiche.

Improprio e illusorio è pertanto il tentativo, di vago sapore proudhoniano, di assumere i "lati buoni" del capitalismo respingendo quelli "cattivi", come se questi non fossero aspetti essenziali dell'"intero" della società fondata sul profitto.

La critica condotta da Kautsky al revisionismo è, d'altronde, del tutto insoddisfacente, poiché egli si è limitato a rispondere alle singole contestazioni che Bernstein rivolge alle previsioni di Marx, e non ha visto il vizio di fondo del suo discorso, che sta per l'appunto nell'aver ripudiato il metodo dialettico con il quale Marx aveva interpretato la storia e dato avvio all'analisi della società. Kautsky, del resto, non era nelle condizioni di poterlo vedere, considerato che lui stesso aveva abbandonato il pensiero dialettico.

Se guardiamo bene, in Riforma sociale o rivoluzione? non c'è soltanto l'attacco al revisionismo ma anche, implicita, la divaricazione dall'ortodossia kautskyana che si sarebbe esplicitata più tardi, riguardante il modo di considerare il rapporto tra riforme e rivoluzione. In Kautsky questo rapporto è estrinseco e meccanico, sicché la meta finale del socialismo rimane scissa dall'operare quotidiano della classe operaia e del suo partito, attenti soltanto al perseguimento degli obiettivi immediati dell'azione sindacale e/o parlamentare! La Luxemburg non è affatto contraria a tali lotte politico-sindacali, tese a migliorare le condizioni di vita e di lavoro della clas se operaia già all'interno della società esistente e a ottenere importanti riforme po litiche e sociali. A lei, però, interessa che si ricostituisca il nesso dialettico tra queste lotte e l'obiettivo finale del socialismo, in modo che già in esse questo viva come orizzonte che dia loro un senso e ne consenta la selezione, impedendo che si esauriscano semplicemente in un'azione correttiva della società esistente.

Il determinismo evoluzionistico di Kautsky lascia in uno sfondo inerte e lontano lo scopo finale del socialismo, e così finisce con il dare ragione al revisionismo che con Bernstein afferma che «lo scopo finale è nulla, mentre il movimento è tutto», dove per movimento si intende un generico progresso sociale da perseguire indefinitamente. Bisogna, viceversa, operare in modo che nelle stesse lotte quotidiane della classe operaia, rivolte a limitare lo sfruttamento all'interno della società borghese, sia presente il riferimento alla soppressione di questo stesso sfruttamento, e dunque della società borghese stessa, rifiutando sia l'estremismo, che in nome del domani socialista nega valore agli obiettivi immediati dell'oggi, sia l'opportunismo revisionista che guarda esclusivamente a questi obiettivi, giudicando astratta utopia la "grande riforma del mondo" e intrascendibile l'orizzonte della società borghese.

b) D'accordo con Lenin nel sostenere la versione rivoluzionaria e dialettica del marxismo, in opposizione alle interpretazioni evoluzionistiche, sia riformiste che ortodosse, prevalenti nei partiti della Seconda Internazionale, la Luxemburg dissente dal rivoluzionario russo su non pochi né secondari aspetti di teoria politica, tra i quali uno dei più significativi è quello riguardante il modo di intendere i rapporti tra classe e partito.

Contro il Lenin del Che fare? la Luxemburg, rivelandosi in questo erede più fedele dell'insegnamento marxiano, rivendica le potenzialità di autodeterminazione rivoluzionaria delle masse e sottolinea energicamente il ruolo determinante della soggettività operaia. Nessun comitato centrale di partito, ella afferma, ancorché infallibile e costituito da avanguardie consapevoli e combattive, sarebbe in grado di supplire all'assenza o all'immaturità di un movimento operaio di massa, i cui eventuali errori sarebbero pur sempre storicamente più fruttuosi di quella infalli bilità. Nel suo ultimo discorso, tenuto in occasione della fondazione del Partito comunista tedesco nel 1918, durante la rivoluzione di novembre, la Luxemburg dichiara:

Il socialismo non è fatto e non può esser fatto mediante decreti, neppure da un go verno socialista caratterizzato. Il socialismo dev'esser fatto dalle masse, da ciascun proletario: là dove essi sono legati alla catena del capitale, là dev'essere spezzata la catena. Solo questo è socialismo, solo così il socialismo può essere attuato. [...] Noi dobbiamo lavorare dal basso e questo corrisponde precisamente al carattere di massa della nostra rivoluzione quanto agli scopi che vanno al fondo della costituzio ne sociale; risponde al carattere dell'odierna rivoluzione proletaria che noi dobbia mo conquistare il potere politico non dall'alto ma dal basso.

La novità "eretica" del messaggio luxemburghiano, rispetto sia al marxismo ortodosso di Kautsky sia a quello rivoluzionario di Lenin, sta nella decisa sottolineatura dell'elemento della spontaneità. Non che la Luxemburg non riconosca il partito come un fattore insostituibile ai fini della lotta per il socialismo, ma esso è solo una delle componenti di questa lotta, strettamente interconnessa e interdipendente con l'iniziativa delle masse. Non senza correre il rischio di scivolare verso posizioni "spontaneistiche" di enfatizzazione delle capacità creative della classe operaia, che spesso le sono state rimproverate, la Luxemburg riesce quasi sempre a interpretare in modo dialettico il rapporto spontaneità-organizzazione, masse-partito, intendendolo come un rapporto circolare nel quale il partito nasce dall'esperienza delle lotte spontanee e insieme si pone come principio di unificazione di queste lotte, di rigendole e accelerandone l'esito rivoluzionario.

La rivoluzione russa del 1905 doveva incoraggiare questa tendenza a valorizzare l'iniziativa rivoluzionaria del proletariato in quanto tale. Essa potè apparire in Occidente come l'espressione di un grande sciopero generale spontaneo di massa, all'interno del quale si venivano costituendo nuove forme di auto-organizzazione dal basso della classe operaia, gli organismi consiliari, detti soviet. Nell'accesa discussione che su questa rivoluzione si sviluppa all'interno della socialdemocrazia tedesca e delle organizzazioni sindacali gravitanti nella sua orbita, la Luxemburg viene a trovarsi isolata, e con lei la convinzione che la linea di sviluppo del movimento operaio debba essere quella della crescita dei soviet, intesi non solo come strumenti della lotta di classe ma come organismi di un nuovo nascente potere po litico, di una nuova democrazia alternativa a quella borghese. L'esempio della rivoluzione russa viene giudicato inapplicabile ai paesi sviluppati dell'Occidente, e i maggiori teorici del marxismo, da Kautsky a Bernstein, continuano a considerare la via parlamentare, all'interno del quadro istituzionale dello stato borghese, come la strada maestra che il movimento operaio deve percorrere. La Luxemburg avrebbe più tardi apostrofato questa posizione come un esempio di «cretinismo parlamentare».

c) La definitiva rottura della Luxemburg con le posizioni di Kautsky si consuma negli anni precedenti la prima guerra mondiale, in presenza di un capitalismo sempre più aggressivo, sempre più orientato verso politiche militaristiche, preludio allo scatenarsi della guerra imperialistica.

Nel 1913 appare lo scritto teorico più importante della Luxemburg, dedicato al l'esame della crisi, che le appare imminente, del capitalismo: L'accumulazione del capitale. In quest'opera essa sostiene che le possibilità di espansione del sistema capitalistico non sono illimitate, ma legate alle aree del mondo non capitalistiche, in particolare dalle colonie, nelle quali il capitalismo esporta il plus-valore prodotto e vende le merci esuberanti rispetto alla domanda dei mercati metropolitani. Una volta, però, che anche queste aree del mondo avranno abbracciato la logica di produzione capitalistica, verranno meno le condizioni di espansione del capitalismo, che dunque si avvierà verso la catastrofe. Il sistema capitalistico è come insidiato da un'interna, profonda contraddizione:

[Esso] è la prima forma economica dotata di una forza di propagazione; una forma che reca in sé la tendenza immanente a espandersi in tutto il mondo e a espellere tutte le altre forme economiche; una forma che non ne tollera altre accanto a sé. Ma è, allo stesso tempo, la prima che non può esistere da sola, senza altre forme economiche come suo ambiente e terreno di sviluppo; che perciò, mentre tende a divenire forma economica mondiale, s'infrange contro l'incapacità intrinseca a essere una forma mondiale di produzione. E' una vivente contraddizione storica; il suo moto di accumulazione è insieme l'espressione, la soluzione continua e il potenziamento di un'antitesi interna.

Nell'analisi luxemburghiana del processo di accumulazione del capitale, che ancor oggi rappresenta un capitolo assai interessante dello studio dei processi economici nel sistema capitalistico, occupa un posto di grande rilievo il militarismo. La Luxemburg ritiene che esso abbia assolto a una funzione importante fin dagli albori del capitalismo, nel periodo della cosiddetta «accumulazione primitiva», renden do possibile la conquista e la colonizzazione di interi continenti, l'«introduzione del commercio in paesi la cui struttura sociale ostacolava l'economia mercantile» e di cui, pertanto, venivano distrutte le comunità sociali esistenti, imponendo la «proletarizzazione forzata degli indigeni» attraverso l'introduzione del lavoro sala riato. Per non dire dell'uso del militarismo come «arma della lotta di concorrenza fra stati capitalistici per il controllo di regioni a civiltà non capitalistica». Non solo: «anche dal punto di vista economico, il militarismo appare al capitale un mezzo di prim'ordine per la realizzazione del plus-valore».

Infatti,

quanto più energicamente il capitale si serve del militarismo per assimilarsi i mezzi produttivi e le forze-lavoro di paesi e società non-capitalistici attraverso la politica coloniale e mondiale, tanto più energicamente il militarismo lavora, nel cuore degli stessi paesi capitalistici, per sottrarre agli strati noncapitalistici della sua terra di ori gine, ai rappresentanti della produzione mercantile semplice, così come alla classe operaia, una percentuale sempre maggiore di potere d'acquisto; priva sempre più i primi delle loro forze produttive e comprime sempre più il livello di vita dei secon di, per dare poderoso impulso, a spese di entrambi, all'accumulazione del capitale.

Sulla base del nesso così istituito tra capitalismo, corsa al riarmo e guerra, che fa del militarismo un momento necessario nel processo di accumulazione, la Luxemburg introduce un'importante novità nella concezione marxista della rivoluzione consistente nel mostrare come, prima ancora e più delle crisi economiche, è la guerra a poter costituire, in alternativa al suo uso capitalistico, l'elemento principa le scatenante la crisi capitalistica, insomma l'occasione in grado di favorire la rivo luzione socialista.

d) L'adesione alla guerra da parte della socialdemocrazia tedesca induce la Luxemburg a rompere ogni legame con essa, giudicata ormai un «cadavere maleodorante». La guerra rappresenta «la maggiore sconfitta concepibile per il proletariato europeo», ma è anche l'atto con cui il capitalismo «rivela il proprio volto di morte» e conferma che «il suo diritto storico all'esistenza è esaurito, il suo dominio non ulteriormente compatibile con il progresso dell'umanità».

La Luxemburg che, per aver incitato i soldati alla diserzione, trascorre quasi tutti gli anni della guerra in carcere, aveva dato vita, nel 1914, a un nuovo gruppo rivoluzionario, la Lega di Spartaco, che subito dopo il conflitto avrebbe promosso la fondazione del Partito comunista tedesco.

Il suo ultimo scritto importante, La rivoluzione russa (1918), composto in carcere, è dedicato all'esame della Rivoluzione d'ottobre e del nascente Stato sovietico. La Luxemburg saluta con entusiasmo l'iniziativa rivoluzionaria dei bolscevichi e, fino alla morte, la considera come il possibile prologo di uno sviluppo rivoluzionario internazionale. Pertanto, le critiche contenute in questo scritto ad alcuni aspetti dell'operato di Lenin e degli altri capi bolscevichi, che la fanno apparire oggi come una "Cassandra del socialismo", non sono in alcun modo confondibili con quelle di Kautsky e di altri esponenti della socialdemocrazia, che accusavano Lenin di aver preteso di saltare la fase della rivoluzione democratico-borghese e di aver compiuto un vero e proprio colpo di mano.

La Luxemburg, al contrario, ritiene che Lenin e Trockij siano stati «i primi che hanno dato l'esempio al proletariato mondiale» nel percorrere la strada della conquista socialista del potere, anche se, ella osserva, «in Russia il problema poteva soltanto essere posto. Non poteva essere risolto». La Luxemburg ritiene che nella tattica bolscevica vi sia un eccesso di misure autoritarie che portano al soffocamento della democrazia consiliare dei soviet e alla mortificazione della partecipazione attiva e consapevole delle masse. In particolare, lo scioglimento dell'Assemblea costituente nel novembre del 1917 e la requisizione del potere da parte di un partito fortemente accentrato, li avverte quali segni di una pericolosa involuzione burocratica e antidemocratica della Rivolu zione. Quella decisione appare, ai suoi occhi,

ancora peggiore del male che si deve curare: [essa] ostruisce infatti proprio la fonte viva dalla quale soltanto possono venire le correzioni a ogni insufficienza congenita delle istituzioni sociali: la vita politica attiva, libera ed energica delle più vaste mas se popolari.

È la contrapposizione tra dittatura e democrazia, ritenute alternative l'una all'altra, che la Luxemburg considera errore esiziale compiuto, per motivazioni opposte, sia da Lenin e Trockij sia da Kautsky:

Kautsky si dichiara naturalmente per la democrazia, ben inteso per la democrazia borghese, perché la pone quale alternativa alla rivoluzione socialista. Lenin-Trockij si dichiarano al contrario per la dittatura contrapposta alla democrazia, e conseguentemente per la dittatura di un manipolo di uomini, cioè per la dittatura su modello borghese. Questi sono i due poli opposti ugualmente molto lontani dalla vera poli tica socialista.

Al contrario, il proletariato deve, sì,

esercitare la dittatura, ma una dittatura di "classe", non di un partito o di una cricca, dittatura della "classe", cioè nella più larga pubblicità, con la più attiva e libera partecipazione delle masse popolari in una democrazia senza limiti.

Pertanto, occorre un'illimitata libertà di stampa, il libero esercizio dei diritti di associazione e di riunione che i bolscevichi hanno invece abolito:

La libertà riservata ai partigiani del governo, ai soli membri di un unico partito - siano pure numerosi quanto si vuole - non è libertà, la libertà è sempre soltanto libertà di chi pensa diversamente.

Certo, la Luxemburg sa bene che la situazione, difficilissima, in cui si sono venuti a trovare i bolscevichi - «in un paese isolato, spossato dalla guerra mondiale, strozzato dall'imperialismo, tradito dal proletariato internazionale» - li ha costretti a misure repressive e autoritarie, drasticamente limitative della democrazia. Ma questo non doveva consentire a Lenin di teorizzare le «storture commesse in Russia sotto la stretta necessità», elevandole a modelli di strategia socialista da proporre al proletariato internazionale. Anche la Luxemburg, più tardi, nel novembre del 1918, sarebbe stata contraria, nel bel mezzo della rivoluzione tedesca, alla convocazione dell'Assemblea costituente, non però in vista di una dittatura di partito, bensì in nome del potere dei consigli degli operai e dei soldati, nella prospettiva della democrazia socialista.

Il fallimento dell'insurrezione operaia di Berlino nel gennaio del 1919, decisa, contro il parere della Luxemburg, dalla Lega di Spartaco frattanto trasformatasi nel Partito comunista tedesco, culmina con l'assassinio della rivoluzionaria. Arrestata da un reparto del vecchio esercito imperiale, ingaggiato dal governo socialdemocratico per organizzare la "caccia" ai comunisti, viene uccisa insieme al compagno Karl Liebknecht, prima ancora di essere condotta in carcere. Con il cranio fracassato da un colpo di calcio di fucile, il suo corpo viene gettato nelle acque di un canale, dalle quali riaffiora solo dopo alcuni mesi.


Wikipedia

Rosa Luxemburg, pseudonimo di Rozalia Luksenburg (Zamość, 5 marzo 1870 o 1871 – Berlino, 15 gennaio 1919), è stata una politica, teorica socialista e rivoluzionaria tedesca di origini polacche ed ebraiche.

Rosa Luxemburg nacque a Zamość nel Voivodato di Lublino all'epoca nell'Impero Russo e ora in Polonia, da una famiglia ebraica. Dopo essere fuggita in Svizzera per evitare la detenzione, frequentò l'Università di Zurigo assieme ad altre figure di spicco del socialismo, come Anatolij Lunačarskij e Leo Jogiches. Contro il nazionalismo del Partito Socialista Polacco (PPS) creò, nel 1893, assieme a Leo Jogiches e Julian Marchlewski, la rivista Sprawa Robotnicza (La causa dei lavoratori). Riteneva che l'indipendenza della Polonia sarebbe stata possibile solo tramite una rivoluzione in Germania, Austria e Russia, e che la lotta contro il capitalismo fosse più importante dell'indipendenza. Negava il diritto di autodeterminazione delle nazioni, in disaccordo con Lenin. Questo disaccordo non impedì però a Lenin di inviare alla Luxemburg una copia del suo libro Materialismo ed Empiriocriticismo che la Luxemburg recensirà l'8 ottobre 1909 su Die Neue Zeit.

Nel 1897 ottenne la cittadinanza tedesca e l'anno successivo si iscrisse al Partito Socialdemocratico Tedesco (SPD). Questo era allora, e fu fino al 1914, il più forte partito socialista d'Europa ed il suo segretario Karl Kautsky era considerato l'erede ed il continuatore di Marx ed Engels, il detentore ed il custode della autentica dottrina marxista, del marxismo più "puro" ed ortodosso.

A fianco di Kautsky, Rosa Luxemburg condusse la polemica contro i riformisti, quando nel suo scritto intitolato Riforma sociale o rivoluzione? (1899) prese risolutamente posizione per il secondo termine dell'alternativa.

Merita segnalare una curiosità relativa a Rosa Luxemburg: l'univa a Kautsky sia la comune militanza politica (anche se, come detto, non sempre in sintonia) sia una vera e propria amicizia anche con la moglie Luise Kautsky. Di questa amicizia ci è rimasta una sua lettera del 13 giugno 1909 a Luise in cui fa un quadretto bellissimo di Levanto ove si trovava per una breve villeggiatura.

Nella sua difesa del marxismo "classico" contro il revisionismo riformista, Rosa Luxemburg introdusse alcune importanti note personali: interamente suo è l'accento sulla creatività delle masse, sulla loro spontaneità rivoluzionaria che i dirigenti del partito operaio non devono né forzare, né reprimere o bloccare in una "camicia di forza burocratica". Per Rosa Luxemburg, il compito del partito è quello di indicare la via, ma l'iniziativa storica non spetta ad esso, bensì alle masse: anche i passi falsi di un reale movimento operaio sono storicamente più utili dell'infallibilità del miglior comitato centrale.

Fece parte del fronte pacifista all'inizio della prima guerra mondiale e assieme a Karl Liebknecht, nel 1915, creò il Gruppo Internazionale, che sarebbe diventato in seguito la Lega Spartachista. Questa fece parte in un primo tempo del Partito Socialdemocratico e poi del Partito Socialdemocratico Indipendente, prima di divenire il nucleo del Partito Comunista di Germania.

Il 28 giugno 1916 la Luxemburg, assieme a Karl Liebknecht, venne arrestata dopo il fallimento di uno sciopero internazionale e condannata a due anni di reclusione (dopo essere già stata in carcere per un intero anno a partire dal febbraio 1915). Durante questo lungo periodo scrisse diversi articoli, fra questi: la cosiddetta Juniusbroschüre (1915), che contiene la nota espressione socialismo o barbarie, indicante che nel futuro gli unici sbocchi possibili per l'umanità sarebbero stati l'instaurazione della società socialista o la barbarie; e La Rivoluzione Russa (1918), in cui per prima critica "da sinistra" alcune scelte prese nei primi mesi dal potere bolscevico (limitazione delle libertà democratiche, scioglimento dell'Assemblea costituente, Terrore ecc.), vedendovi già il pericolo di una burocratizzazione precoce del processo rivoluzionario.

Partecipò alla Rivoluzione Tedesca del novembre 1918 e contribuì a fondare il Partito Comunista di Germania, tra il dicembre 1918 e il gennaio 1919. Nel corso della "Rivolta di Gennaio", iniziata il 6 di gennaio 1919, il 15 gennaio 1919, venne rapita ed in seguito assassinata, insieme con Liebknecht, dai soldati dei cosiddetti Freikorps, agli ordini del governo del socialdemocratico Friedrich Ebert e del ministro degli Interni, Noske. Nel 1926, a lei e a Liebknecht venne dedicato un monumento di Ludwig Mies van der Rohe, monumento che in seguito fu distrutto dal regime nazista.

Nel maggio 2009 il settimanale tedesco "Der Spiegel" ha pubblicato notizia del ritrovamento del cadavere di Rosa Luxemburg. Secondo il settimanale, le spoglie attualmente sepolte in un cimitero di Berlino, non sarebbero i reali resti della Luxemburg, che invece si troverebbero presso l'Istituto di medicina legale dell'ospedale Charité di Berlino. Prova ne sarebbe la presenza di una malformazione femorale di cui la Luxemburg soffriva, del tutto assente invece nei resti finora ritenuti autentici. Rosa Luxemburg fu infatti assassinata durante il suo trasporto in carcere. Il suo corpo fu gettato in un canale e in seguito recuperato, ma subito sorsero molti dubbi circa l'autenticità del riconoscimento a causa delle discordanze anatomiche.

Opere

L'accumulazione del capitale

Da molti considerata l'opera più importante di Rosa Luxemburg, L'accumulazione del capitale (1913) è dedicata all'analisi economica dell'imperialismo. Partendo dalla critica degli "schemi della riproduzione allargata" che si trovano nel II libro de Il Capitale di Karl Marx, Rosa Luxemburg intende dimostrare che, in un ambiente puramente capitalistico (cioè in una società composta esclusivamente da capitalisti e da proletari), l'accumulazione del capitale sarebbe impossibile, in quanto in tale ipotesi non potrebbe mai verificarsi la realizzazione del plusvalore, cioè mancherebbe la domanda per la porzione delle merci prodotte il cui valore corrisponde al plusvalore accumulato. Da qui, secondo Rosa Luxemburg, deriva la necessità per l'economia capitalista di cercare al di fuori di se stessa sempre nuovi acquirenti per le proprie merci.

Il capitalismo si procura questi nuovi sbocchi commerciali dapprima all'interno delle stesse nazioni capitalistiche, attraverso lo scambio con la piccola produzione contadina e artigiana. In seguito la crescente necessità di nuovi mercati conduce l'economia capitalistica alla fase dell'imperialismo, caratterizzata dalla lotta degli Stati capitalistici per la conquista delle colonie e delle sfere d'influenza che permettono l'investimento dei capitali, dal sistema dei prestiti internazionali, dal protezionismo economico, dalla preponderanza del capitale finanziario e dei grandi trust industriali nella politica internazionale. L'ultimo capitolo de L'accumulazione del capitale è dedicato, significativamente, al militarismo, il quale, secondo Rosa Luxemburg, non ha solo una rilevanza politica ma ha anche un significato economico ben preciso, in quanto costituisce "un mezzo di prim'ordine per la realizzazione del plusvalore, cioè come campo di accumulazione".

L'imperialismo nel suo insieme è dunque, secondo Rosa Luxemburg, "un metodo specifico di accumulazione" e in quanto tale è inseparabile dallo stesso capitalismo, costituendo l'ultima sua fase di sviluppo. Infatti, per Rosa Luxemburg, il capitalismo ha una necessità vitale di esercitare l'interscambio con le economie precapitalistiche, in particolare quelle dei paesi più arretrati; nello stesso tempo, il capitalismo tende a distruggere queste formazioni economiche ed a sostituirsi sempre più ad esse. Ma così facendo, il capitalismo prepara il momento in cui ogni sua ulteriore espansione diventerà impossibile: quando infatti non sussisteranno più economie e strati sociali non capitalistici, l'accumulazione del capitale non potrà più avere luogo. Tuttavia, Rosa Luxemburg ritiene che questo momento storico, in realtà, non sarà mai raggiunto, perché il capitalismo nella sua ultima fase esaspererà a tal punto l'antagonismo fra le classi sociali ed il disordine economico e politico, da rendere inevitabili la rivoluzione proletaria su scala mondiale ed il passaggio all'economia socialista.

L'analisi economica di Rosa Luxemburg è stata molto criticata fin dal suo apparire, anche (e forse soprattutto) da parte di altri economisti di orientamento marxista. Nel suo testo noto come l'Anticritica (scritto nel 1913 ma pubblicato postumo nel 1921) Rosa Luxemburg fece in tempo a rispondere ad alcune delle prime obiezioni a lei rivolte. Altre e più sostanziali critiche sarebbero state formulate negli anni successivi, spesso contrapponendo l'analisi dell'imperialismo fornita da Lenin a quella proposta dalla Luxemburg. Tuttavia molti sottolineano l'importanza storica del contributo della Luxemburg alla teoria economica, in quanto ella fu tra i primi economisti a porre l'accento sul problema della domanda, che divenne di cruciale importanza dopo la grande crisi del 1929; inoltre, si ritiene che Rosa Luxemburg abbia aperto la strada agli economisti che dopo di lei studiarono i rapporti economici fra le nazioni capitalistiche avanzate ed i paesi ex coloniali; si ritiene infine che la Luxemburg abbia avviato un nuovo campo d'indagine nella valutazione dell'importanza economica del militarismo.

La rivoluzione russa. Un esame critico

La rivoluzione russa. Un esame critico è una breve opera scritta da Rosa Luxemburg durante la sua carcerazione nel 1918 e pubblicata postuma nel 1922 (recentemente ripubblicata in traduzione italiana, vedi infra).

In questo scritto la Luxemburg esalta il coraggio dei bolscevichi che in condizioni difficilissime, quasi disperate, hanno osato lanciare la parola d'ordine dell'insurrezione, e contrappone questo coraggio alla pusillanimità dei socialdemocratici tedeschi che si sono resi complici del militarismo del loro governo.

Per Rosa Luxemburg, l'unica possibilità di salvezza per la rivoluzione russa è che il proletariato europeo, stimolato dall'esempio dei russi, si sollevi a sua volta: non solo non è possibile realizzare una società socialista in un solo paese, per di più arretrato come la Russia, ma la situazione di isolamento e di difficoltà oggettiva in cui si trovano i bolscevichi li costringe, secondo la Luxemburg, a commettere degli errori, e ad attuare delle misure che non vanno in direzione del socialismo.

Rosa Luxemburg critica, in particolare, l'abolizione delle libertà democratiche: senza libertà di stampa, senza diritto d'associazione e di riunione, la rivoluzione non può andare avanti, perché questi diritti sono uno strumento indispensabile per l'auto-educazione politica delle masse popolari. I bolscevichi hanno istituito i Soviet come organismo rappresentativo delle masse lavoratrici: "ma col soffocamento della vita politica in tutto il paese - scrive la Luxemburg - anche la vita dei soviet non potrà sfuggire a una paralisi sempre più estesa. Senza elezioni generali, libertà di stampa e di riunione illimitata, libera lotta d'opinione in ogni pubblica istituzione, la vita si spegne, diventa apparente e in essa l'unico elemento attivo rimane la burocrazia". Rosa Luxemburg condivide il principio della dittatura del proletariato, ma per lei "questa dittatura deve essere opera della classe, e non di una piccola minoranza di dirigenti in nome della classe".