Rosa Luxemburg
da Fornero, Tassinari - Le
filosofie del Novecento (Bruno Mondadori, Milano 2002)
15. Il marxismo dopo Marx
5. Luxemburg: il potere delle masse
Rosa Luxemburg è stata per lunghi decenni, tra Ottocento e Novecento,
uno dei più prestigiosi esponenti della socialdemocrazia tedesca, per
divenire più tardi dirigente del movimento comunista affermatosi in
Germania nell'immediato primo dopoguerra.
Nasce nel 1870 a Zamosc, in
Rutenia, da un'agiata famiglia ebraica di commercianti colti e di idee
liberali e antizariste. Compiuti gli studi liceali a Varsavia, già nel
1886 milita nel Partito socialista rivoluzionario polacco e pochi anni
dopo, per sfuggire alle persecuzioni poliziesche zariste, si rifugia in
Svizzera.
Qui, a Zurigo, segue gli studi universitari presso la facoltà di
Scienze politiche, approfondisce la lettura di Smith, Ricardo e,
soprattutto, di Marx. Frequenta gli ambienti degli emigrati politici
russi e polacchi, dove ha modo di conoscere, tra gli al tri, Plechanov,
s'impegna nella riorganizzazione del movimento socialista polacco,
partecipa nel 1883 al Congresso dell'Internazionale socialista. Infine
si trasferisce nel 1897 in Germania, ove milita nel Partito
socialdemocratico.
Grande fu il fascino esercitato da questa donna energica e
appassionata, oltre che per l'acutezza e originalità dell'intelligenza,
per la forte tensione morale con la quale ella visse gli ideali del
socialismo, e per l'intransigenza con cui combatté, in un impegno
esistenziale totale a favore dell'emancipazione sociale e umana del
proletariato. Nessun altro esponente del movimento socialista
internazionale del tempo, d'altronde, sarebbe stato sensibile come lei
all'esigenza di riscattare la li bertà di ogni singolo uomo e di
conciliarla con una democrazia socialista che fosse espressione della
maturazione autonoma delle masse.
La Luxemburg sottolinea la drammaticità, soprattutto dopo l'esplosione
del conflitto mondiale, dello scontro tra capitalismo e proletariato,
nel quale vede in gioco le sorti dell'intera umanità. Da un lato ella
rifiuta la convinzione kautskiana dell'inevitabilità del socialismo,
da lei interpretato come una possibilità presente nel grembo della
storia, dall'altro teorizza l'ineluttabilità del crollo del capitalismo
e della sua degenerazione nell'anarchia, sicché l'alternativa che vede
incombere sul l'umanità è quella tra socialismo e "barbarie": «il
dilemma dinanzi a cui si trova l'umanità si presenta così: o il
tramonto nell'anarchia o la salvezza per opera del socialismo».
Questo non significa che la Luxemburg condivida il modo bernsteiniano
di concepire il socialismo come possibilità. Di contro all'esponente
del revisionismo che intendeva fondare la prospettiva socialista solo
su un principio soggettivo di desiderabilità etica, ella non rinuncia
a pensare il socialismo come necessità storica, pur senza alcuna
attribuzione di significato "destinale". Non c'è nulla di fatale nella
storia, ma neppure nulla di arbitrario. E' vero, piuttosto, che in essa
operano necessità storiche tra loro contrastanti egualmente
intrinseche alla situazione sociale, e che è imprevedibile quale delle
due prevarrà:
La dialettica storica si compiace per l'appunto di contraddizioni e
pone nel mondo per ogni necessità anche il suo contrario. Il dominio di
classe borghese è senza dub bio una necessità storica, ma anche la
sollevazione della classe lavoratrice contro di esso; il capitale è una
necessità storica, ma anche il suo becchino, il proletariato
socialista; il dominio mondiale dell'imperialismo è una necessità
storica, ma an che la sua caduta per opera dell'internazionale
proletaria.
Sarà, in ultima istanza, la volontà cosciente degli uomini a far
prevalere l'una o l'al tra di queste due "necessità"; quel che è certo
è che «la vittoria del socialismo non cadrà dal cielo come un fato»;
essa non potrà che essere l'esito di una dura lotta quotidiana.
La limpida consapevolezza di questo drammatico aut aut nascosto nel
fluire della storia, nonché la percezione della sua radicalità,
spingono urgentemente la coraggiosa intellettuale polacca a un impegno
politico rivoluzionario che le impone il sacrificio dei suoi bisogni
personali di felicità, lei così incline a una vita serena a contatto
con la natura, i fiori, le piante, gli animali, che amava moltissimo.
In una lettera a Luise Kautsky, moglie di Karl, confessa le sue native
quanto profonde inclinazioni:
Ho bisogno dopotutto di qualcuno che mi creda quando dico che solo per
sbaglio sono presa nel turbine della storia del mondo, ma in realtà
sono nata per stare a custodire le oche.
Nella biografia politica della Luxemburg si possono riconoscere alcuni
momenti salienti, che permettono di cogliere il senso della sua opera
di organizzatrice rivo luzionaria e di pensatrice marxista: a) la
polemica contro il revisionismo di Bernstein; b) il dibattito, negli
anni precedenti la guerra mondiale, sullo sciopero di massa; c) la
guerra e la rottura con i "social-patrioti"; d) la Rivoluzione
d'ottobre e i rapporti con Lenin e i bolscevichi.
a) E la Luxemburg a condurre la critica più organica, più irruenta, e
insieme più coerente con il pensiero marxiano, del revisionismo, di cui
marxisti come Kautsky non sarebbero stati capaci. Essa si concretizza
nella pubblicazione, nel 1898, di una serie di articoli raccolti l'anno
successivo nel volume Riforma sociale o rivoluzione?. L'autrice
imposta il discorso secondo una metodologia che ripropone, contro
l'empirismo delle analisi bernsteiniane, l'impianto dialettico della
teoria marxiana. L'errore di Bernstein si nasconde, infatti, nel
rifiuto della dialettica, nell'incapacità, come accade a tutti gli
empiristi che al posto dei processi vedono solo i singoli fatti
isolati, di cogliere la totalità del reale e l'insieme dei fenomeni.
Bernstein, complice dell'atomismo delle analisi borghesi, non riesce a
cogliere le contraddizioni che si annidano all'interno della società
capitalistica e che questa è incapace di risolvere. Gli sfugge il fatto
che il capitalismo, anche se riesce a evitare o a superare singole
crisi congiunturali, porta in sé, intrinseca alla propria essenza, una
contraddizione insanabile tra crescente potenzialità produttiva e
limitate possibilità di smercio dei prodotti, che non può non
esprimersi in continue crisi eco nomiche e politiche, destinate a
culminare infine nelle guerre interimperialistiche.
Improprio e illusorio è pertanto il tentativo, di vago sapore
proudhoniano, di assumere i "lati buoni" del capitalismo respingendo
quelli "cattivi", come se questi non fossero aspetti essenziali
dell'"intero" della società fondata sul profitto.
La critica condotta da Kautsky al revisionismo è, d'altronde, del tutto
insoddisfacente, poiché egli si è limitato a rispondere alle singole
contestazioni che Bernstein rivolge alle previsioni di Marx, e non ha
visto il vizio di fondo del suo discorso, che sta per l'appunto
nell'aver ripudiato il metodo dialettico con il quale Marx aveva
interpretato la storia e dato avvio all'analisi della società. Kautsky,
del resto, non era nelle condizioni di poterlo vedere, considerato che
lui stesso aveva abbandonato il pensiero dialettico.
Se guardiamo bene, in Riforma sociale o rivoluzione? non c'è soltanto
l'attacco al revisionismo ma anche, implicita, la divaricazione
dall'ortodossia kautskyana che si sarebbe esplicitata più tardi,
riguardante il modo di considerare il rapporto tra riforme e
rivoluzione. In Kautsky questo rapporto è estrinseco e meccanico,
sicché la meta finale del socialismo rimane scissa dall'operare
quotidiano della classe operaia e del suo partito, attenti soltanto al
perseguimento degli obiettivi immediati dell'azione sindacale e/o
parlamentare! La Luxemburg non è affatto contraria a tali lotte
politico-sindacali, tese a migliorare le condizioni di vita e di lavoro
della clas se operaia già all'interno della società esistente e a
ottenere importanti riforme po litiche e sociali. A lei, però,
interessa che si ricostituisca il nesso dialettico tra queste lotte e
l'obiettivo finale del socialismo, in modo che già in esse questo viva
come orizzonte che dia loro un senso e ne consenta la selezione,
impedendo che si esauriscano semplicemente in un'azione correttiva
della società esistente.
Il determinismo evoluzionistico di Kautsky
lascia in uno sfondo inerte e lontano lo scopo finale del socialismo, e
così finisce con il dare ragione al revisionismo che con Bernstein
afferma che «lo scopo finale è nulla, mentre il movimento è tutto»,
dove per movimento si intende un generico progresso sociale da
perseguire indefinitamente. Bisogna, viceversa, operare in modo che
nelle stesse lotte quotidiane della classe operaia, rivolte a limitare
lo sfruttamento all'interno della società borghese, sia presente il
riferimento alla soppressione di questo stesso sfruttamento, e dunque
della società borghese stessa, rifiutando sia l'estremismo, che in nome
del domani socialista nega valore agli obiettivi immediati dell'oggi,
sia l'opportunismo revisionista che guarda esclusivamente a questi
obiettivi, giudicando astratta utopia la "grande riforma del mondo" e
intrascendibile l'orizzonte della società borghese.
b) D'accordo con Lenin nel sostenere la versione rivoluzionaria e
dialettica del marxismo, in opposizione alle interpretazioni
evoluzionistiche, sia riformiste che ortodosse, prevalenti nei partiti
della Seconda Internazionale, la Luxemburg dissente dal rivoluzionario
russo su non pochi né secondari aspetti di teoria politica, tra i quali
uno dei più significativi è quello riguardante il modo di intendere i
rapporti tra classe e partito.
Contro il Lenin del Che fare? la Luxemburg, rivelandosi in questo erede
più fedele dell'insegnamento marxiano, rivendica le potenzialità di
autodeterminazione rivoluzionaria delle masse e sottolinea
energicamente il ruolo determinante della soggettività operaia. Nessun
comitato centrale di partito, ella afferma, ancorché infallibile e
costituito da avanguardie consapevoli e combattive, sarebbe in grado di
supplire all'assenza o all'immaturità di un movimento operaio di massa,
i cui eventuali errori sarebbero pur sempre storicamente più fruttuosi
di quella infalli bilità. Nel suo ultimo discorso, tenuto in occasione
della fondazione del Partito comunista tedesco nel 1918, durante la
rivoluzione di novembre, la Luxemburg dichiara:
Il socialismo non è fatto e non può esser fatto mediante decreti,
neppure da un go verno socialista caratterizzato. Il socialismo
dev'esser fatto dalle masse, da ciascun proletario: là dove essi sono
legati alla catena del capitale, là dev'essere spezzata la catena. Solo
questo è socialismo, solo così il socialismo può essere attuato. [...]
Noi dobbiamo lavorare dal basso e questo corrisponde precisamente al
carattere di massa della nostra rivoluzione quanto agli scopi che vanno
al fondo della costituzio ne sociale; risponde al carattere
dell'odierna rivoluzione proletaria che noi dobbia mo conquistare il
potere politico non dall'alto ma dal basso.
La novità "eretica" del messaggio luxemburghiano, rispetto sia al
marxismo ortodosso di Kautsky sia a quello rivoluzionario di Lenin,
sta nella decisa sottolineatura dell'elemento della spontaneità. Non
che la Luxemburg non riconosca il partito come un fattore
insostituibile ai fini della lotta per il socialismo, ma esso è solo
una delle componenti di questa lotta, strettamente interconnessa e
interdipendente con l'iniziativa delle masse. Non senza correre il
rischio di scivolare verso posizioni "spontaneistiche" di
enfatizzazione delle capacità creative della classe operaia, che spesso
le sono state rimproverate, la Luxemburg riesce quasi sempre a
interpretare in modo dialettico il rapporto spontaneità-organizzazione,
masse-partito, intendendolo come un rapporto circolare nel quale il
partito nasce dall'esperienza delle lotte spontanee e insieme si pone
come principio di unificazione di queste lotte, di rigendole e
accelerandone l'esito rivoluzionario.
La rivoluzione russa del 1905 doveva incoraggiare questa tendenza a
valorizzare l'iniziativa rivoluzionaria del proletariato in quanto
tale. Essa potè apparire in Occidente come l'espressione di un grande
sciopero generale spontaneo di massa, all'interno del quale si venivano
costituendo nuove forme di auto-organizzazione dal basso della classe
operaia, gli organismi consiliari, detti soviet. Nell'accesa discussione che su questa rivoluzione si sviluppa all'interno della
socialdemocrazia tedesca e delle organizzazioni sindacali gravitanti
nella sua orbita, la Luxemburg viene a trovarsi isolata, e con lei la
convinzione che la linea di sviluppo del movimento operaio debba
essere quella della crescita dei soviet, intesi non solo come strumenti
della lotta di classe ma come organismi di un nuovo nascente potere po
litico, di una nuova democrazia alternativa a quella borghese.
L'esempio della rivoluzione russa viene giudicato inapplicabile ai
paesi sviluppati dell'Occidente, e i maggiori teorici del marxismo, da
Kautsky a Bernstein, continuano a considerare la via parlamentare,
all'interno del quadro istituzionale dello stato borghese, come la
strada maestra che il movimento operaio deve percorrere. La Luxemburg
avrebbe più tardi apostrofato questa posizione come un esempio di
«cretinismo parlamentare».
c) La definitiva rottura della Luxemburg con le posizioni di Kautsky si
consuma negli anni precedenti la prima guerra mondiale, in presenza di
un capitalismo sempre più aggressivo, sempre più orientato verso
politiche militaristiche, preludio allo scatenarsi della guerra
imperialistica.
Nel 1913 appare lo scritto teorico più importante della Luxemburg,
dedicato al l'esame della crisi, che le appare imminente, del
capitalismo: L'accumulazione del capitale. In quest'opera essa sostiene
che le possibilità di espansione del sistema capitalistico non sono
illimitate, ma legate alle aree del mondo non capitalistiche, in
particolare dalle colonie, nelle quali il capitalismo esporta il
plus-valore prodotto e vende le merci esuberanti rispetto alla domanda
dei mercati metropolitani. Una volta, però, che anche queste aree del
mondo avranno abbracciato la logica di produzione capitalistica,
verranno meno le condizioni di espansione del capitalismo, che dunque
si avvierà verso la catastrofe. Il sistema capitalistico è come
insidiato da un'interna, profonda contraddizione:
[Esso] è la prima forma economica dotata di una forza di propagazione;
una forma che reca in sé la tendenza immanente a espandersi in tutto il
mondo e a espellere tutte le altre forme economiche; una forma che non
ne tollera altre accanto a sé. Ma è, allo stesso tempo, la prima che
non può esistere da sola, senza altre forme economiche come suo
ambiente e terreno di sviluppo; che perciò, mentre tende a divenire
forma economica mondiale, s'infrange contro l'incapacità intrinseca a
essere una forma mondiale di produzione. E' una vivente contraddizione
storica; il suo moto di accumulazione è insieme l'espressione, la
soluzione continua e il potenziamento di un'antitesi interna.
Nell'analisi luxemburghiana del processo di accumulazione del capitale,
che ancor oggi rappresenta un capitolo assai interessante dello studio
dei processi economici nel sistema capitalistico, occupa un posto di
grande rilievo il militarismo. La Luxemburg ritiene che esso abbia
assolto a una funzione importante fin dagli albori del capitalismo, nel
periodo della cosiddetta «accumulazione primitiva», renden do possibile
la conquista e la colonizzazione di interi continenti, l'«introduzione
del commercio in paesi la cui struttura sociale ostacolava l'economia
mercantile» e di cui, pertanto, venivano distrutte le comunità sociali
esistenti, imponendo la «proletarizzazione forzata degli indigeni»
attraverso l'introduzione del lavoro sala riato. Per non dire dell'uso
del militarismo come «arma della lotta di concorrenza fra stati
capitalistici per il controllo di regioni a civiltà non capitalistica».
Non solo: «anche dal punto di vista economico, il militarismo appare al
capitale un mezzo di prim'ordine per la realizzazione del plus-valore».
Infatti,
quanto più energicamente il capitale si serve del militarismo per
assimilarsi i mezzi produttivi e le forze-lavoro di paesi e società
non-capitalistici attraverso la politica coloniale e mondiale, tanto
più energicamente il militarismo lavora, nel cuore degli stessi paesi
capitalistici, per sottrarre agli strati noncapitalistici della sua
terra di ori gine, ai rappresentanti della produzione mercantile
semplice, così come alla classe operaia, una percentuale sempre
maggiore di potere d'acquisto; priva sempre più i primi delle loro
forze produttive e comprime sempre più il livello di vita dei secon di,
per dare poderoso impulso, a spese di entrambi, all'accumulazione del
capitale.
Sulla base del nesso così istituito tra capitalismo, corsa al riarmo e
guerra, che fa del militarismo un momento necessario nel processo di
accumulazione, la Luxemburg introduce un'importante novità nella
concezione marxista della rivoluzione consistente nel mostrare come,
prima ancora e più delle crisi economiche, è la guerra a poter
costituire, in alternativa al suo uso capitalistico, l'elemento
principa le scatenante la crisi capitalistica, insomma l'occasione in
grado di favorire la rivo luzione socialista.
d) L'adesione alla guerra da parte della socialdemocrazia tedesca
induce la Luxemburg a rompere ogni legame con essa, giudicata ormai un
«cadavere maleodorante». La guerra rappresenta «la maggiore sconfitta
concepibile per il proletariato europeo», ma è anche l'atto con cui il
capitalismo «rivela il proprio volto di morte» e conferma che «il suo
diritto storico all'esistenza è esaurito, il suo dominio non
ulteriormente compatibile con il progresso dell'umanità».
La Luxemburg che, per aver incitato i soldati alla diserzione,
trascorre quasi tutti gli anni della guerra in carcere, aveva dato
vita, nel 1914, a un nuovo gruppo rivoluzionario, la Lega di Spartaco,
che subito dopo il conflitto avrebbe promosso la fondazione del Partito
comunista tedesco.
Il suo ultimo scritto importante, La rivoluzione russa (1918), composto
in carcere, è dedicato all'esame della Rivoluzione d'ottobre e del
nascente Stato sovietico. La Luxemburg saluta con entusiasmo
l'iniziativa rivoluzionaria dei bolscevichi e, fino alla morte, la
considera come il possibile prologo di uno sviluppo rivoluzionario
internazionale. Pertanto, le critiche contenute in questo scritto ad
alcuni aspetti dell'operato di Lenin e degli altri capi bolscevichi,
che la fanno apparire oggi come una "Cassandra del socialismo", non
sono in alcun modo confondibili con quelle di Kautsky e di altri
esponenti della socialdemocrazia, che accusavano Lenin di aver preteso
di saltare la fase della rivoluzione democratico-borghese e di aver
compiuto un vero e proprio colpo di mano.
La Luxemburg, al contrario,
ritiene che Lenin e Trockij siano stati «i primi che hanno dato
l'esempio al proletariato mondiale» nel percorrere la strada della
conquista socialista del potere, anche se, ella osserva, «in Russia il
problema poteva soltanto essere posto. Non poteva essere risolto».
La Luxemburg ritiene che nella tattica bolscevica vi sia un eccesso di
misure autoritarie che portano al soffocamento della democrazia
consiliare dei soviet e alla mortificazione della partecipazione
attiva e consapevole delle masse. In particolare, lo scioglimento
dell'Assemblea costituente nel novembre del 1917 e la requisizione del
potere da parte di un partito fortemente accentrato, li avverte quali
segni di una pericolosa involuzione burocratica e antidemocratica della
Rivolu zione. Quella decisione appare, ai suoi occhi,
ancora peggiore del male che si deve curare: [essa] ostruisce infatti
proprio la fonte viva dalla quale soltanto possono venire le correzioni
a ogni insufficienza congenita delle istituzioni sociali: la vita
politica attiva, libera ed energica delle più vaste mas se popolari.
È la contrapposizione tra dittatura e democrazia, ritenute alternative
l'una all'altra, che la Luxemburg considera errore esiziale compiuto,
per motivazioni opposte, sia da Lenin e Trockij sia da Kautsky:
Kautsky si dichiara naturalmente per la democrazia, ben inteso per la
democrazia borghese, perché la pone quale alternativa alla rivoluzione
socialista. Lenin-Trockij si dichiarano al contrario per la dittatura
contrapposta alla democrazia, e conseguentemente per la dittatura di
un manipolo di uomini, cioè per la dittatura su modello borghese.
Questi sono i due poli opposti ugualmente molto lontani dalla vera poli
tica socialista.
Al contrario, il proletariato deve, sì,
esercitare la dittatura, ma una dittatura di "classe", non di un
partito o di una cricca, dittatura della "classe", cioè nella più
larga pubblicità, con la più attiva e libera partecipazione delle masse
popolari in una democrazia senza limiti.
Pertanto, occorre un'illimitata libertà di stampa, il libero esercizio
dei diritti di associazione e di riunione che i bolscevichi hanno
invece abolito:
La libertà riservata ai partigiani del governo, ai soli membri di un
unico partito - siano pure numerosi quanto si vuole - non è libertà, la
libertà è sempre soltanto libertà di chi pensa diversamente.
Certo, la Luxemburg sa bene che la situazione, difficilissima, in cui
si sono venuti a trovare i bolscevichi - «in un paese isolato, spossato
dalla guerra mondiale, strozzato dall'imperialismo, tradito dal
proletariato internazionale» - li ha costretti a misure repressive e
autoritarie, drasticamente limitative della democrazia. Ma questo non
doveva consentire a Lenin di teorizzare le «storture commesse in Russia
sotto la stretta necessità», elevandole a modelli di strategia
socialista da proporre al proletariato internazionale. Anche la
Luxemburg, più tardi, nel novembre del 1918, sarebbe stata contraria,
nel bel mezzo della rivoluzione tedesca, alla convocazione
dell'Assemblea costituente, non però in vista di una dittatura di
partito, bensì in nome del potere dei consigli degli operai e dei
soldati, nella prospettiva della democrazia socialista.
Il fallimento dell'insurrezione operaia di Berlino nel gennaio del
1919, decisa, contro il parere della Luxemburg, dalla Lega di Spartaco
frattanto trasformatasi nel Partito comunista tedesco, culmina con
l'assassinio della rivoluzionaria. Arrestata da un reparto del vecchio
esercito imperiale, ingaggiato dal governo socialdemocratico per
organizzare la "caccia" ai comunisti, viene uccisa insieme al compagno
Karl Liebknecht, prima ancora di essere condotta in carcere. Con il
cranio fracassato da un colpo di calcio di fucile, il suo corpo viene
gettato nelle acque di un canale, dalle quali riaffiora solo dopo
alcuni mesi.
Wikipedia
Rosa Luxemburg, pseudonimo di Rozalia Luksenburg (Zamość, 5 marzo 1870
o 1871 – Berlino, 15 gennaio 1919), è stata una politica, teorica
socialista e rivoluzionaria tedesca di origini polacche ed ebraiche.
Rosa Luxemburg nacque a Zamość nel Voivodato di Lublino all'epoca
nell'Impero Russo e ora in Polonia, da una famiglia ebraica. Dopo
essere fuggita in Svizzera per evitare la detenzione, frequentò
l'Università di Zurigo assieme ad altre figure di spicco del
socialismo, come Anatolij Lunačarskij e Leo Jogiches. Contro il
nazionalismo del Partito Socialista Polacco (PPS) creò, nel 1893,
assieme a Leo Jogiches e Julian Marchlewski, la rivista Sprawa
Robotnicza (La causa dei lavoratori). Riteneva che l'indipendenza della
Polonia sarebbe stata possibile solo tramite una rivoluzione in
Germania, Austria e Russia, e che la lotta contro il capitalismo fosse
più importante dell'indipendenza. Negava il diritto di
autodeterminazione delle nazioni, in disaccordo con Lenin. Questo
disaccordo non impedì però a Lenin di inviare alla Luxemburg una copia
del suo libro Materialismo ed Empiriocriticismo che la Luxemburg
recensirà l'8 ottobre 1909 su Die Neue Zeit.
Nel 1897 ottenne la cittadinanza tedesca e l'anno successivo si
iscrisse al Partito Socialdemocratico Tedesco (SPD). Questo era allora,
e fu fino al 1914, il più forte partito socialista d'Europa ed il suo
segretario Karl Kautsky era considerato l'erede ed il continuatore di
Marx ed Engels, il detentore ed il custode della autentica dottrina
marxista, del marxismo più "puro" ed ortodosso.
A fianco di Kautsky, Rosa Luxemburg condusse la polemica contro i
riformisti, quando nel suo scritto intitolato Riforma sociale o
rivoluzione? (1899) prese risolutamente posizione per il secondo
termine dell'alternativa.
Merita segnalare una curiosità relativa a Rosa Luxemburg: l'univa a
Kautsky sia la comune militanza politica (anche se, come detto, non
sempre in sintonia) sia una vera e propria amicizia anche con la moglie
Luise Kautsky. Di questa amicizia ci è rimasta una sua lettera del 13
giugno 1909 a Luise in cui fa un quadretto bellissimo di Levanto ove si
trovava per una breve villeggiatura.
Nella sua difesa del marxismo "classico" contro il revisionismo
riformista, Rosa Luxemburg introdusse alcune importanti note personali:
interamente suo è l'accento sulla creatività delle masse, sulla loro
spontaneità rivoluzionaria che i dirigenti del partito operaio non
devono né forzare, né reprimere o bloccare in una "camicia di forza
burocratica". Per Rosa Luxemburg, il compito del partito è quello di
indicare la via, ma l'iniziativa storica non spetta ad esso, bensì alle
masse: anche i passi falsi di un reale movimento operaio sono
storicamente più utili dell'infallibilità del miglior comitato centrale.
Fece parte del fronte pacifista all'inizio della prima guerra mondiale
e assieme a Karl Liebknecht, nel 1915, creò il Gruppo Internazionale,
che sarebbe diventato in seguito la Lega Spartachista. Questa fece
parte in un primo tempo del Partito Socialdemocratico e poi del Partito
Socialdemocratico Indipendente, prima di divenire il nucleo del Partito
Comunista di Germania.
Il 28 giugno 1916 la Luxemburg, assieme a Karl Liebknecht, venne
arrestata dopo il fallimento di uno sciopero internazionale e
condannata a due anni di reclusione (dopo essere già stata in carcere
per un intero anno a partire dal febbraio 1915). Durante questo lungo
periodo scrisse diversi articoli, fra questi: la cosiddetta
Juniusbroschüre (1915), che contiene la nota espressione socialismo o
barbarie, indicante che nel futuro gli unici sbocchi possibili per
l'umanità sarebbero stati l'instaurazione della società socialista o la
barbarie; e La Rivoluzione Russa (1918), in cui per prima critica "da
sinistra" alcune scelte prese nei primi mesi dal potere bolscevico
(limitazione delle libertà democratiche, scioglimento dell'Assemblea
costituente, Terrore ecc.), vedendovi già il pericolo di una
burocratizzazione precoce del processo rivoluzionario.
Partecipò alla Rivoluzione Tedesca del novembre 1918 e contribuì a
fondare il Partito Comunista di Germania, tra il dicembre 1918 e il
gennaio 1919. Nel corso della "Rivolta di Gennaio", iniziata il 6 di
gennaio 1919, il 15 gennaio 1919, venne rapita ed in seguito
assassinata, insieme con Liebknecht, dai soldati dei cosiddetti
Freikorps, agli ordini del governo del socialdemocratico Friedrich
Ebert e del ministro degli Interni, Noske. Nel 1926, a lei e a
Liebknecht venne dedicato un monumento di Ludwig Mies van der Rohe,
monumento che in seguito fu distrutto dal regime nazista.
Nel maggio 2009 il settimanale tedesco "Der Spiegel" ha pubblicato
notizia del ritrovamento del cadavere di Rosa Luxemburg. Secondo il
settimanale, le spoglie attualmente sepolte in un cimitero di Berlino,
non sarebbero i reali resti della Luxemburg, che invece si troverebbero
presso l'Istituto di medicina legale dell'ospedale Charité di Berlino.
Prova ne sarebbe la presenza di una malformazione femorale di cui la
Luxemburg soffriva, del tutto assente invece nei resti finora ritenuti
autentici. Rosa Luxemburg fu infatti assassinata durante il suo
trasporto in carcere. Il suo corpo fu gettato in un canale e in seguito
recuperato, ma subito sorsero molti dubbi circa l'autenticità del
riconoscimento a causa delle discordanze anatomiche.
Opere
L'accumulazione del capitale
Da molti considerata l'opera più importante di Rosa Luxemburg,
L'accumulazione del capitale (1913) è dedicata all'analisi economica
dell'imperialismo. Partendo dalla critica degli "schemi della
riproduzione allargata" che si trovano nel II libro de Il Capitale di
Karl Marx, Rosa Luxemburg intende dimostrare che, in un ambiente
puramente capitalistico (cioè in una società composta esclusivamente da
capitalisti e da proletari), l'accumulazione del capitale sarebbe
impossibile, in quanto in tale ipotesi non potrebbe mai verificarsi la
realizzazione del plusvalore, cioè mancherebbe la domanda per la
porzione delle merci prodotte il cui valore corrisponde al plusvalore
accumulato. Da qui, secondo Rosa Luxemburg, deriva la necessità per
l'economia capitalista di cercare al di fuori di se stessa sempre nuovi
acquirenti per le proprie merci.
Il capitalismo si procura questi nuovi sbocchi commerciali dapprima
all'interno delle stesse nazioni capitalistiche, attraverso lo scambio
con la piccola produzione contadina e artigiana. In seguito la
crescente necessità di nuovi mercati conduce l'economia capitalistica
alla fase dell'imperialismo, caratterizzata dalla lotta degli Stati
capitalistici per la conquista delle colonie e delle sfere d'influenza
che permettono l'investimento dei capitali, dal sistema dei prestiti
internazionali, dal protezionismo economico, dalla preponderanza del
capitale finanziario e dei grandi trust industriali nella politica
internazionale. L'ultimo capitolo de L'accumulazione del capitale è
dedicato, significativamente, al militarismo, il quale, secondo Rosa
Luxemburg, non ha solo una rilevanza politica ma ha anche un
significato economico ben preciso, in quanto costituisce "un mezzo di
prim'ordine per la realizzazione del plusvalore, cioè come campo di
accumulazione".
L'imperialismo nel suo insieme è dunque, secondo Rosa Luxemburg, "un
metodo specifico di accumulazione" e in quanto tale è inseparabile
dallo stesso capitalismo, costituendo l'ultima sua fase di sviluppo.
Infatti, per Rosa Luxemburg, il capitalismo ha una necessità vitale di
esercitare l'interscambio con le economie precapitalistiche, in
particolare quelle dei paesi più arretrati; nello stesso tempo, il
capitalismo tende a distruggere queste formazioni economiche ed a
sostituirsi sempre più ad esse. Ma così facendo, il capitalismo prepara
il momento in cui ogni sua ulteriore espansione diventerà impossibile:
quando infatti non sussisteranno più economie e strati sociali non
capitalistici, l'accumulazione del capitale non potrà più avere luogo.
Tuttavia, Rosa Luxemburg ritiene che questo momento storico, in realtà,
non sarà mai raggiunto, perché il capitalismo nella sua ultima fase
esaspererà a tal punto l'antagonismo fra le classi sociali ed il
disordine economico e politico, da rendere inevitabili la rivoluzione
proletaria su scala mondiale ed il passaggio all'economia socialista.
L'analisi economica di Rosa Luxemburg è stata molto criticata fin dal
suo apparire, anche (e forse soprattutto) da parte di altri economisti
di orientamento marxista. Nel suo testo noto come l'Anticritica
(scritto nel 1913 ma pubblicato postumo nel 1921) Rosa Luxemburg fece
in tempo a rispondere ad alcune delle prime obiezioni a lei rivolte.
Altre e più sostanziali critiche sarebbero state formulate negli anni
successivi, spesso contrapponendo l'analisi dell'imperialismo fornita
da Lenin a quella proposta dalla Luxemburg. Tuttavia molti sottolineano
l'importanza storica del contributo della Luxemburg alla teoria
economica, in quanto ella fu tra i primi economisti a porre l'accento
sul problema della domanda, che divenne di cruciale importanza dopo la
grande crisi del 1929; inoltre, si ritiene che Rosa Luxemburg abbia
aperto la strada agli economisti che dopo di lei studiarono i rapporti
economici fra le nazioni capitalistiche avanzate ed i paesi ex
coloniali; si ritiene infine che la Luxemburg abbia avviato un nuovo
campo d'indagine nella valutazione dell'importanza economica del
militarismo.
La rivoluzione russa. Un esame critico
La rivoluzione russa. Un esame critico è una breve opera scritta da
Rosa Luxemburg durante la sua carcerazione nel 1918 e pubblicata
postuma nel 1922 (recentemente ripubblicata in traduzione italiana,
vedi infra).
In questo scritto la Luxemburg esalta il coraggio dei bolscevichi che
in condizioni difficilissime, quasi disperate, hanno osato lanciare la
parola d'ordine dell'insurrezione, e contrappone questo coraggio alla
pusillanimità dei socialdemocratici tedeschi che si sono resi complici
del militarismo del loro governo.
Per Rosa Luxemburg, l'unica possibilità di salvezza per la rivoluzione
russa è che il proletariato europeo, stimolato dall'esempio dei russi,
si sollevi a sua volta: non solo non è possibile realizzare una società
socialista in un solo paese, per di più arretrato come la Russia, ma la
situazione di isolamento e di difficoltà oggettiva in cui si trovano i
bolscevichi li costringe, secondo la Luxemburg, a commettere degli
errori, e ad attuare delle misure che non vanno in direzione del
socialismo.
Rosa Luxemburg critica, in particolare, l'abolizione delle libertà
democratiche: senza libertà di stampa, senza diritto d'associazione e
di riunione, la rivoluzione non può andare avanti, perché questi
diritti sono uno strumento indispensabile per l'auto-educazione
politica delle masse popolari. I bolscevichi hanno istituito i Soviet
come organismo rappresentativo delle masse lavoratrici: "ma col
soffocamento della vita politica in tutto il paese - scrive la
Luxemburg - anche la vita dei soviet non potrà sfuggire a una paralisi
sempre più estesa. Senza elezioni generali, libertà di stampa e di
riunione illimitata, libera lotta d'opinione in ogni pubblica
istituzione, la vita si spegne, diventa apparente e in essa l'unico
elemento attivo rimane la burocrazia". Rosa Luxemburg condivide il
principio della dittatura del proletariato, ma per lei "questa
dittatura deve essere opera della classe, e non di una piccola
minoranza di dirigenti in nome della classe".