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Riforma protestante: Movimento religioso, politico, culturale che
produsse nel 16° sec. la frattura della cristianità in
diverse comunità, gruppi o sette.
Da lutero alla pace di augusta
La R. scaturì principalmente da motivazioni religiose dettate
dalla riscoperta del Vangelo come annuncio della libera grazia di
Dio, donata al peccatore indipendentemente dai suoi meriti, e dalla
critica della degenerazione morale e spirituale della Chiesa. Data
convenzionale di inizio della R.p. è il 31 ott. 1517, giorno
in cui M. Lutero avrebbe affisso alla porta della chiesa del
castello di Wittenberg le sue 95 tesi contro lo scandalo delle
indulgenze, affrontando i problemi della penitenza, del peccato e
della grazia. La dottrina luterana divenne arma di lotta politica
dei principi tedeschi, che videro in essa la possibilità di
sottrarsi all'autorità imperiale e di incamerare i beni
ecclesiastici. Dopo le diete di Spira (1529) e di Augusta (1530),
essi si unirono nella Lega di Smalcalda (1530) e lottarono contro
l'imperatore Carlo V fino alla Pace di Augusta (1555), con la quale
si sancì la divisione tra cattolici e protestanti in base al
principio cuius regio, eius religio che imponeva ai sudditi di
seguire la religione del loro principe, cattolico o luterano che
fosse. La dottrina luterana si affermò soprattutto in
Germania, nei paesi scandinavi e baltici.
Calvinisti e anglicani
Contemporaneamente, a Zurigo, H. Zwingli, con l'appoggio delle
autorità locali, aveva attuato un piano di riforme antipapali
e anticuriali (diffuse in Svizzera e in Germania merid.), ma alla
sua morte (1531) il centro della Riforma divenne Ginevra, dove G.
Calvino attuò una rigida organizzazione teocratica e
codificò le tesi riformate, accentuando il tema della
predestinazione. La dottrina calvinista (o riformata) si diffuse in
Europa e nelle colonie inglesi in America. In Inghilterra, a seguito
della politica antipapale di Enrico VIII (Atto di supremazia, 1534),
si affermò la Chiesa anglicana, che conservò
l'episcopato e forme di culto tradizionali, pur facendo propria la
teologia riformata. Nell'ambito della crisi religiosa del
Cinquecento si diffusero anche sette e movimenti di riforma
radicale, duramente contrastati sia dai cattolici sia dai
riformatori. Tra questi gli anabattisti, gli antitrinitari e i
sociniani.
La teologia della riforma
Sulla base del principio basilare della R.p., ossia la
giustificazione per sola fede, la parola biblica (suggellata dai
sacramenti di battesimo ed eucaristia) divenne l'elemento centrale
della fede e il fondamento della Chiesa. Il principio
d'autorità venne sostituito dal libero esame e dal principio
della responsabilità personale del credente davanti a Dio e
al prossimo. Venne inoltre eliminata la differenza tra clero e
laicato nella Chiesa e affermato il sacerdozio universale dei
credenti. Fu infine introdotta la distinzione tra potere civile ed
ecclesiastico che avviò il processo di secolarizzazione della
società.
*
Lutèro, Martino (ted. Martin Luther).
Teologo e iniziatore della Riforma in Germania (Eisleben 1483 - ivi
1546).
Figlio di un minatore divenuto agiato imprenditore, studiò a
Magdeburgo, Eisenach e nell'univ. di Erfurt (1501-05), laureandosi
magister artium; s'iscrisse poi alla facoltà giuridica, ma
con decisione inattesa e per un voto fatto quando fu quasi colpito
da un fulmine, entrò (1505) nel convento degli agostiniani di
Erfurt; lesse soprattutto la Bibbia e Agostino, proseguì gli
studî filosofici e, ordinato sacerdote (1507), iniziò
quelli teologici sotto il segno dell'occamismo tardoscolastico.
Fu chiamato (1508) a insegnare l'etica di Aristotele nella nuova
univ. di Wittenberg fondata dal principe elettore di Sassonia
Federico il Savio; tornato a Erfurt (1509) per leggervi le Sentenze
di Pietro Lombardo e inviato a Roma (inverno 1510-11), venne poi
richiamato a Wittenberg dove, divenuto sottopriore (nel 1515 sarebbe
divenuto vicario provinciale dell'ordine) e dottore in teologia,
assunse (1512) la cattedra di esegesi biblica, che avrebbe tenuto
fino alla morte.
La teologia di L., elaborata nei commentarî biblici
(fondamentali i Dictata super Psalterium, 1513-16, e le lezioni
sull'Epistola ai Romani, 1515-16) e in dispute accademiche, scritti
di edificazione, prediche, epistole, fu caratterizzata sin
dall'inizio dalla polemica contro la teologia scolastica e
occamistica, che L. accusava di pensare Dio e l'uomo in modo
filosofico e cioè nella loro essenza metafisica; ciò
implicava da una parte un'esaltazione pelagianizzante della
bontà dell'uomo anche dopo il peccato d'origine, e dunque
della sua libertà nel cooperare con la grazia alla propria
salvezza, e dall'altra un'egoistica tendenza a vedere in Dio il
termine degli sforzi intellettuali dell'uomo e il premio dei suoi
meriti morali. L. invece seguiva Agostino nell'affermare che il
libero arbitrio è radicalmente corrotto nell'uomo decaduto,
tanto più dominato dall'amore di sé quanto più
crede di poter avanzare meriti davanti a Dio, e che dunque la
salvezza è soltanto opera della grazia, ma ripensò
tale dottrina dando rilievo esclusivo a una visione di Dio e
dell'uomo diversa da quella filosofica e anzi specificamente
cristiana; la Scrittura infatti, e soprattutto Paolo, considerano
Dio e l'uomo non in sé stessi ma nella loro relazione,
nell'essere di Dio per l'uomo e dell'uomo per Dio: l'uomo è
peccatore e bisognoso di giustificazione coram Deo ("davanti a Dio")
e Dio è, in Cristo, giustificatore e redentore pro nobis
("per noi").
Mentre dunque la teologia tradizionale considerava giustizia e
peccato come attributi di sostanze, Dio e l'uomo, comunque esistenti
e buone in sé stesse, L. vide che nella Scrittura giustizia e
peccato indicano i due modi del riconoscimento fra Dio e l'uomo in
cui consiste il loro essere e non essere per l'altro: il peccato
è infatti l'incredulità dell'uomo che, non
riconoscendosi bisognoso di giustificazione, non riconosce Dio come
suo giustificatore né Dio lo riconosce giusto; la giustizia
è invece la fede con cui Dio porta l'uomo a confessare il
peccato e a confidare nel perdono, facendosi così riconoscere
come giustificatore e riconoscendolo giusto. Se la Scrittura parla
di Dio e dell'uomo non nel loro essere in sé ma nel loro
esistere per l'altro nel reciproco riconoscimento, il centro della
teologia cristiana è allora la giustificazione per fede,
cioè l'opera con cui Dio diviene Dio pro nobis e l'uomo passa
dal non essere coram Deo, il peccato, all'essere della iustitia
fidei; nella fede si decide dunque dell'essere e del non essere di
Dio e dell'uomo, ed è questo il senso dei noti paradossi
luterani secondo cui la fede crea l'uomo in Dio e Dio nell'uomo.
Tale concetto di fede, come discrimine fra la teologia fondata sulla
Scrittura e quella viziata dalla filosofia, avrebbe condotto L.,
anche per le esigenze della polemica anticattolica, a ricollegarsi
alla tradizione mistico-teologica tedesca e a contrapporre la
teologia germanica a quella latina; d'altra parte esso implicava un
concetto di essere che proprio attraverso L., che pur ne trasse solo
le implicazioni teologiche, era destinato a segnare il pensiero
moderno e gli sviluppi della filosofia tedesca. La fede come essere
di Dio per l'uomo e dell'uomo per Dio è per L. fides Christi,
nel senso che è l'opera di Cristo nell'uomo: mentre infatti
la Legge rivela all'uomo il suo peccato e il castigo di Dio e lo
conduce alla superbia di volersi giustificare adempiendo la Legge o
di accusare Dio perché non può adempierla, l'Evangelo
della croce di Cristo rivela invece la misericordia di Dio per il
peccatore che confida in Lui.
Nella Disputatio Heidelbergae habita (1518) L. rifiutò la
teologia scolastica come theologia gloriae, quella cioè che
vuole comprendere la gloria di Dio a partire dalla creazione,
perché essa è possibile anche senza la grazia e
conduce l'uomo a insuperbire; a essa contrappose la theologia crucis
che riconosce per fede l'amore di Dio per noi nascosto sotto
l'apparenza contraria e rivelato paradossalmente, negative, nella
croce: le croci che c'infligge nascondendo la sua misericordia sotto
il castigo, ma soprattutto la croce di Cristo che nasconde la sua
gloria sotto l'impotenza. La rivelazione negativa della Croce, ove
Dio muore alla sua gloria perché l'uomo muoia alla sua
superbia e viva nell'amore, è perciò anche effettiva,
nel senso che opera essa stessa la fede con cui la si accoglie e
realizza effettivamente ciò che rivela, la giustificazione;
la Croce e l'Evangelo, nell'operare in noi la fede, realizzano
l'esistenza di Dio per l'uomo e dell'uomo per Dio nell'amore
reciproco, e per mezzo loro Cristo diviene Dio pro nobis, nel senso
che in Cristo l'uomo riconosce Dio come suo giustificatore, e l'uomo
diviene Cristo coram Deo, nel senso che Dio non riconosce né
imputa all'uomo il peccato che confessa ma la giustizia di Cristo in
cui crede; così la giustificazione avviene sola fide o, come
L. non si stancherà di ripetere, sola gratia, solo Christo,
sola Scriptura, e in essa si realizza il "grazioso scambio" fra il
peccato dell'uomo e la giustizia di Dio, secondo la parola di Paolo
"il giusto vivrà per fede" (Rom. 1,17).
Tale nucleo della teologia di L. si definì già negli
anni precedenti la disputa sulle indulgenze; la certezza della sua
conformità alla Scrittura consolò sempre L. nelle
tentazioni spirituali, acute in specie negli anni cruciali della
Riforma, circa la sua salvezza e le sue responsabilità verso
il popolo cristiano. Fin dal 1516 L. predicò contro le
indulgenze poiché insegnano a fuggire non il peccato ma la
sua pena, cioè l'umiliazione del pentimento e la croce della
penitenza, e a confidare non nel perdono di Dio ma in un atto
esteriore; e mentre il domenicano J. Tetzel promuoveva in modo assai
spregiudicato una vendita straordinaria di indulgenze, frutto di un
accordo fra Leone X, il primate di Germania Alberto di Magonza e la
banca Fugger, L. intervenne: il 31 ott. 1517 rese pubbliche le 95
tesi, considerate l'atto di nascita della Riforma, rivolte contro la
prassi delle indulgenze, la dottrina del tesoro dei meriti della
Chiesa su cui essa si fonda, il preteso potere del papa sulle anime
del purgatorio e la venalità della curia romana.
Redatte in forma provocatoria e in latino per suscitare una
discussione fra dotti su una materia ancora aperta, le tesi vennero
invece subito tradotte in tedesco e diffuse in tutta la Germania e
nell'Europa colta destando grande scalpore; e mentre L. pubblicava
un'esposizione popolare della questione priva di spunti polemici, e
nella Disputatio Heidelbergae habita esponeva in forma purissima ai
confratelli la teologia della croce che ne era il fondamento, i
domenicani sassoni lo denunciarono per eresia e attacco
all'autorità papale.
Convocato a Roma per discolparsi, L. si appellò a Federico il
Savio, che sarebbe sempre stato suo prudente protettore, chiedendo
un processo imparziale in Germania, e ottenne un incontro ad Augusta
col legato papale Cardinal Gaetano; il colloquio fallì,
poiché L. chiedeva di essere confutato sulla base della
Scrittura, mentre il Gaetano esigeva la semplice ritrattazione e
affermò comunque che il papa è superiore alla
Scrittura; L. allora si appellò ad un concilio universale,
mentre il Gaetano chiese a Federico, che rifiutò, di
consegnarlo a Roma come eretico; il papa d'altra parte aveva bisogno
dell'elettore per condizionare l'elezione imperiale, e si
tentò una conciliazione, ma nella disputa di Lipsia (1519)
con J. Eck L. negò che il primato della Chiesa di Roma fosse
di diritto divino e, accusato di tendenze hussite, affermò
che il concilio di Costanza aveva errato nel condannare Hus, che il
papa e i concilî potevano errare e che infallibile era solo la
Scrittura; ormai la questione delle indulgenze era superata da altre
ben più gravi che investivano i fondamenti stessi della
Chiesa occidentale.
In alcuni sermoni sui sacramenti (1519-20) L. ribadì che
l'efficacia del sacramento dipende non dall'atto in sé, ma
dalla fede che Dio opera in chi lo riceve, e in Von den guten Werken
(1520) imputò alla Chiesa di rinnovare, con
l'esteriorità della sua prassi liturgica e devozionale, il
legalismo giudaico, e respinse l'accusa di rifiutare le opere in
nome di una fede morta e inefficace: le opere buone non sono infatti
quelle che l'uomo compie nella pretesa di giustificarsi, ma quelle
che Dio compie attraverso di lui mentre lo giustifica, e in tal
senso l'unica vera buona opera è la fede in Cristo, da cui
procedono tutte le opere dell'amore.
In Von dem Papsttum zu Rom (1520) affermò poi che la vera
Chiesa è quella invisibile fondata sulla fede, attaccando la
Chiesa papale esteriore e fondata su dottrine umane: se infatti ogni
autorità viene da Dio, e se la theologia crucis insegna a non
ribellarsi ai tiranni, croci imposte da Dio ai peccatori per
condurli all'umiltà, ciò non poteva valere per la
tirannia spirituale, e il papato sarebbe stato l'Anticristo se si
fosse considerato superiore alla Scrittura e avesse voluto stabilire
nuovi articoli di fede.
Gli eventi precipitavano: il processo romano si concluse il 15
giugno con la bolla Exsurge Domine di Leone X che impose a L., sotto
pena di scomunica, di ritrattare 41 proposizioni, e mentre la bolla
era in viaggio L. pubblicò due dei suoi cosiddetti tre
scritti riformatori, An den christlichen Adel deutscher Nation e De
captivitate babylonica ecclesiae praeludium, cui sarebbe seguito il
trattatello De libertate christiana. Nel primo invitava
l'imperatore, i principi, i cavalieri (che da tempo gli offrivano
protezione e appoggio militare) e tutti i laici con
responsabilità politiche a convocare un concilio di riforma
della Chiesa, affermando che ogni credente è sacerdote,
contro il presunto primato dei chierici sui laici, e che la
Scrittura gli è aperta, contro la pretesa papale
all'infallibilità e al diritto esclusivo d'interpretare la
Scrittura e di convocare i concilî; L. proponeva fra l'altro
il ritorno del papato a funzioni solo spirituali, una maggiore
autonomia delle chiese nazionali, l'abolizione del celibato per i
parroci e la loro elettività da parte delle comunità.
Assai più audace era il secondo scritto, che attaccava i
sacramenti come canale privilegiato della grazia e dunque le
prerogative della Chiesa che li amministra; L. rifiutò i
sacramenti non istituiti da Cristo, cioè ordine, cresima,
matrimonio ed estrema unzione, e mantenne solo battesimo ed
eucarestia (anche la confessione rimase, ma solo come rinnovamento
della promessa di perdono), ammettendo la presenza reale di Cristo
nel pane e nel vino ma rifiutando la dottrina della
transustanziazione e della messa come sacrificio; in particolare
l'abolizione dell'ordine sacro confermava la dottrina del sacerdozio
universale e abbatteva le pretese teocratiche della Chiesa.
Erasmo da Rotterdam, che aveva fino allora guardato a L. con
prudente simpatia, osservò che la rottura era ormai
irreparabile, e con lui molti umanisti presero le distanze da L.;
d'altra parte, malgrado le iniziali convergenze nella critica alla
corruzione della Chiesa e nell'appello ad un rinnovamento della vita
cristiana, L. aveva sempre sentito Erasmo troppo tiepido sulla
centralità di Cristo e della grazia.
Lo scritto sulla libertà del cristiano sviluppava poi la tesi
secondo cui il cristiano in virtù della fede è
interiormente libero da tutti in tutto, e in virtù dell'amore
che da essa procede si fa esteriormente servo di tutti in tutto; e
appunto in nome della libertà cristiana, e di una coscienza
inquieta ma vieppiù chiara del compito a cui si sentiva
chiamato dalla Scrittura, L. insorgeva contro quello che, nella
durissima Responsio ad Ambrogio Catarino (1521), additava ormai come
l'Anticristo. Il 10 dic. 1520, alla scadenza del termine concessogli
dalla Exsurge Domine, L. bruciò la bolla papale, e il 3 genn.
1521 la bolla Decet Romanum Pontificem lo scomunicò; L. venne
invitato comunque alla dieta imperiale di Worms, ma il 18 apr.
davanti a Carlo V rifiutò ancora una volta di ritrattare a
meno di essere convinto "mediante la Scrittura e la chiara ragione".
La frattura della Chiesa era ormai definitivamente consumata: il 26
aprile l'editto di Worms mise L. al bando dall'Impero, e mentre
rientrava a Wittenberg Federico il Savio fece simulare il suo
rapimento e lo fece mettere al sicuro nel castello della Wartburg.
La Riforma protestante nasceva dunque su questioni teologiche, ma
soprattutto dopo Worms essa divenne anche una grande questione
politica, in cui la convinzione sincera e l'opportunismo si
intrecciavano: Carlo V e alcuni principi tedeschi l'avversarono
duramente, ma altri principi e alcune città l'accolsero, e i
sentimenti antiromani conquistarono comunque vasti strati della
popolazione; L. stesso appariva ormai come un eroe nazionale
tedesco, grazie anche alla formidabile vena di polemista cui spesso
indulgeva, e alla rapidissima diffusione a stampa dei suoi scritti e
della libellistica e iconografia popolare su di lui. Ma sebbene il
movimento da lui suscitato stesse avendo sviluppi imprevedibili,
l'interesse di L. era e restava religioso: la sua opera sarebbe
stata rivolta d'allora in poi all'edificazione della Chiesa
"evangelica" (L. non volle mai che si parlasse di Chiesa luterana) e
alla precisazione della sua dottrina sulla base dell'articolo
fondamentale, la giustificazione per fede, e dei suoi segni
efficaci, l'annuncio della Parola, il battesimo e la Cena del
Signore. Ciò gli appariva ormai necessario non soltanto in
funzione antiromana, ma anche di fronte agli sviluppi del movimento
riformatore di cui egli, scomunicato e bandito, non aveva potuto
assumere personalmente la guida; a partire dal 1519 la Riforma si
diffuse infatti in Svizzera, in Germania e nella stessa Wittenberg
in forme diverse e spesso distorte rispetto alle intenzioni di L.; e
l'esigenza di chiarire e ordinare la sua dottrina si espresse anche
nei Loci communes rerum theologicarum (1521) di F. Melantone,
umanista e grecista divenuto il suo più devoto amico e
stretto collaboratore.
Nei dieci mesi trascorsi alla Wartburg L. fra l'altro tradusse in
tedesco il Nuovo Testamento (1522), e nel De votis monasticis prese
posizione contro il monachesimo enunciando la tipica concezione
luterana della vocazione cristiana, da realizzarsi nella vita
familiare, lavorativa, civile ed ecclesiale; egli stesso, che ancora
non pensava al matrimonio, si sarebbe sposato nel 1525 con una ex
monaca, Caterina von Bora, da cui avrebbe avuto sei figli, e la sua
famiglia avrebbe costituito per secoli il modello della famiglia
patriarcale protestante.
L. tornò nel marzo 1522 a Wittenberg dove nel frattempo i
conventi si svuotavano, i preti si sposavano e dove i riformatori,
sotto la guida di A. Carlostadio, già collega di L.
all'università, avevano introdotto ardite innovazioni nel
culto e provocato tumulti iconoclastici; L. placò gli animi e
allontanò Carlostadio, ma dovette presto affrontare la
questione assai più grave rappresentata da Th. Müntzer.
Questi subordinava il valore della Scrittura all'ispirazione diretta
da parte dello Spirito Santo, e come fondatore di una Chiesa di
eletti chiamati a instaurare il regno di Dio sulla terra e a
sterminare gli empî si mise a capo di un moto di contadini
costituendo un esercito dedito all'incendio e al saccheggio, L.,
inizialmente favorevole alle rivendicazioni dei contadini, si
irrigidì però davanti alla violenze e alla pretesa di
giustificarle con il Vangelo; già nel 1523 (Von weltlicher
Obrigkeit, wieweit man ihr Gehorsam schuldig sei) aveva ribadito che
la ribellione all'autorità politica si giustifica solo quando
essa minacci la coscienza cristiana facendosi tirannia spirituale;
ora, dopo vani appelli alla pace, nel violentissimo libretto Wider
die räuberischen und mörderischen Rotten der Bauern
(1525), invocò il soffocamento della rivolta nel sangue, e
poco dopo i principi cattolici e luterani sconfissero i contadini,
giustiziarono Müntzer e repressero il moto con spaventosa
durezza.
L., accusato dai cattolici di aver gettato il germe della sedizione,
cominciava paradossalmente a sentirsi e ad apparire come un
conservatore non soltanto sul piano politico, ma anche su quello
religioso; da una parte infatti egli insistette sempre nella
polemica antiromana, e in risposta ad un attacco di Erasmo
pubblicò il celebre trattato De servo arbitrio (1525), in cui
ribadiva in termini definitivi, e con accenti assai vicini a quelli
dell'ultimo Agostino, la schiavitù della volontà
umana, l'insondabilità della volontà assoluta di Dio e
la doppia predestinazione; ma dall'altra egli si trovava ormai in
una posizione dottrinale intermedia fra il cattolicesimo e le altre
correnti della Riforma. Emblematica a questo proposito fu la
controversia sulla Santa Cena con gli svizzeri, protrattasi fra il
1527 e il 1544 e già anticipata da scritti contro Carlostadio
e gli altri "ispirati" che disprezzavano i segni sacramentali
visibili; contro Zwingli che affermava la presenza solo spirituale
di Cristo nella Cena, L. difese invece con profonde ragioni
teologiche e speculative (Vom Abendmahl Christi, Bekenntnis, 1528)
la lettera dell'evangelico "questo è il mio corpo" e la
presenza reale di Cristo. Anche nella ricostruzione della Chiesa
evangelica in Sassonia L. si distaccava sia dalle tendenze
teocratiche di Zwingli sia dal settarismo degli anabattisti, finendo
però con l'attenuare la distinzione fra Chiesa e Stato e con
l'attribuire di fatto al principe cristiano un ruolo che avrebbe
mantenuto ben oltre l'emergenza dei primi anni e fin nella Chiesa di
stato luterana: egli avrebbe dovuto non solo amministrare i beni
della Chiesa, ma sorvegliarne la dottrina, la liturgia e i costumi,
formarne e autorizzarne i ministri e imporre l'uniformità del
culto pubblico.
D'altra parte fin dal 1522 la difesa della Riforma era nelle mani
dei principi e delle città luterani e le sue vicende si
intrecciavano con le guerre fra Carlo V, la Francia e i Turchi; nel
1529 la Germania era divisa in due campi avversi e il partito
protestante, così chiamato dalla "protesta" presentata alla
seconda dieta di Spira (1529), si stava organizzando, malgrado il
fallimento del colloquio di Marburgo fra L. e Zwingli e dunque di
un'ipotesi di alleanza fra riformati tedeschi e svizzeri; dopo il
fallimento di un nuovo tentativo di conciliazione con i cattolici
alla dieta di Augusta (1530) i protestanti, uniti religiosamente
nell'adesione alla Confessio augustana redatta da Melantone, e
militarmente, malgrado la riluttanza di L. ad approvare la difesa
armata del Vangelo, nella Lega di Smalcalda (1531) sotto la guida di
Filippo d'Assia, combatterono contro le forze cattoliche fino al
1555, quando la pace di Augusta sancirà la definitiva
divisione religiosa della Germania.
L. intanto si dedicava a dotare la nuova Chiesa degli strumenti
pastorali necessarî perché la Parola di Dio vi potesse
agire: in Deutsche Messe und Ordnung Gottesdiensts (1526)
definì i caratteri della liturgia luterana, in lingua
volgare; del 1529 sono Deutsch Katechismus e Der kleine Katechismus,
limpide esposizioni della fede basate sui dieci comandamenti, il
Credo, il Pater noster e i due sacramenti; raccolse inoltre nella
Kirchenpostille le sue prediche per l'intero anno liturgico, compose
inni e riformò radicalmente l'uso liturgico della musica e
del canto; le più grandi cure, tuttavia, furono rivolte da L.
alla traduzione della Bibbia (Biblia, das ist die gantze Heilige
Schrifft Deudsch) che, apparsa nel 1534 e continuamente rielaborata
fino al 1545, costituisce un documento altissimo per
profondità teologica e sensibilità pastorale,
nonché uno dei capolavori della letteratura tedesca.
L'avallo dato alla bigamia di Filippo d'Assia (1540), unito a dure
prese di posizione contro gli anabattisti e gli ebrei, gettano
certamente un'ombra sugli ultimi anni del Riformatore; fino alla
morte L. continuò comunque a insegnare e a predicare, a
condurre polemiche dottrinali e dispute accademiche, a scrivere
commentarî biblici (da ricordare le Operationes in Psalmos,
1519-21, il grande commentario ai Galati, 1531, e quello alla
Genesi, 1535-45), lettere pastorali, istruzioni spirituali,
trattatelli su varie questioni, senza contare le vivacissime e a
volte grossolane Tischreden, raccolte da ospiti e allievi fra il
1529 e il 1546.
Le sue opere (la cui edizione completa, iniziata a Weimar nel 1883 e
tuttora in corso, consta di oltre 100 volumi e 80.000 pagine)
costituiscono un corpus teologico fra i più ricchi della
tradizione cristiana e hanno avuto un influsso incalcolabile sullo
spirito e sulla cultura tedesca dei secoli successivi; e l'enorme
portata storica del movimento da lui iniziato gli assegna un posto
decisivo nella storia dell'età moderna.
*
Luteranesimo
Il corpo delle dottrine predicate da M. Lutero e la teologia
dei suoi seguaci; fuori dei Paesi di lingua tedesca, l’insieme delle
Chiese professanti quelle dottrine. I loro aderenti, detti in Italia
e altrove luterani, si designano tuttavia ufficialmente come
evangelici in opposizione ai riformati (calvinisti), agli anglicani
ecc. A essi, o almeno a gran parte di essi, spetterebbe propriamente
anche il termine di protestanti ( protestantesimo) dato in origine
ai principi luterani che nella seconda Dieta di Spira (1529)
presentarono la loro protesta contro le limitazioni imposte da Carlo
V alle innovazioni religiose. Ma la tutela esercitata dai principi
sul movimento iniziato da Lutero, se fu un fattore indispensabile di
successo politico, determinò anche il carattere della
società religiosa da lui fondata e, insieme, il sorgere di
altre tendenze riformatrici. Ciascun principe, ciascun signore
territoriale rimase libero di comportarsi come credeva nel suo
dominio; e nella lotta politico-religiosa si affermò,
attraverso i vari compromessi, nella tregua religiosa di Augusta
(1552) e successivamente nella Pace di Vestfalia (1648), il concetto
che la religione del principe dovesse determinare quella dei sudditi
(cuius regio, eius religio), liberi soltanto di emigrare. Tuttavia,
la tregua di Augusta riguardava ancora soltanto due confessioni, la
cattolica e la luterana, che per quell’epoca aveva già
raggiunto la propria massima espansione e, anzi, stava già
perdendo terreno di fronte all’altra grande corrente della
Riforma, il calvinismo. Un primo periodo di rapida espansione,
in Germania, ha come momenti essenziali: la formazione del ducato
secolare di Prussia e l’adozione del l. da parte di Alberto di
Hohenzollern; il passaggio al l. del Württemberg (1534), della
Sassonia albertina (1539) e del Brandeburgo elettorale (1539);
l’introduzione delle dottrine luterane nell’arcivescovato di Colonia
(1543). Dalla Prussia e dal Brandeburgo il l. si diffuse a N-E,
verso i Paesi baltici, mentre in Finlandia le nuove dottrine erano
state predicate da M. Agricola fin dal 1524. In Danimarca il l.
divenne religione di Stato sotto Cristiano III nel 1536 e di
lì passò in Norvegia. In Svezia la vittoria del l. tra
il 1527 e il 1540 fu opera di Gustavo Vasa, ma rimase
l’organizzazione episcopale. In Austria, nel Tirolo, in Boemia (ove
raccolse l’eredità dell’hussitismo) il l. si diffuse
rapidamente, penetrando fino nell’Ungheria. A ovest della Germania,
trovò presto seguaci nelle Fiandre e nei Paesi Bassi. In
Inghilterra, in Francia, in Italia, in Spagna la penetrazione delle
idee luterane costituisce piuttosto un capitolo, d’importanza varia
secondo i Paesi, nella storia della Riforma o dei tentativi di
riforma religiosa. Raggiunta la sua massima espansione, il l. si
trovò di fronte al calvinismo e ad altre correnti riformate,
giungendo talvolta a compromessi (Consensus sandomirensis, Polonia,
1570; Confessio bohemica, 1575), nonché alla Controriforma
cattolica, tesa ovunque alla riconquista dei territori perduti.
Cosicché, dopo la guerra dei Trent’anni, il l. si
trovò ridotto a essere dominante, in Europa, soltanto nella
Germania settentrionale e orientale e nei Paesi scandinavi, donde,
nei secc. 18° e 19°, iniziò una nuova espansione con
le missioni e soprattutto con l’emigrazione di tedeschi, svedesi e
norvegesi nell’America Settentrionale.
Storia dottrinale.
Già vivo Lutero erano cominciate le dispute intorno al non
valore delle opere per la salvezza e alla schiavitù
dell’arbitrio umano, la cd. disputa antinomiana. Nella seconda
metà del sec. 16° cominciarono quelle provocate dallo
spostamento compiuto da Melantone nella teologia luterana (intorno
all’importanza reciproca della grazia divina e del libero arbitrio
umano, e delle opere buone). Si aprì così la polemica
fra i melantoniani e i seguaci di Flacio Illirico e N. Amsdorf,
fedeli alla lettera della dottrina luterana. Fu il periodo delle
formule di concordia (dal 1577) e dell’incipiente arretrare del l.
di fronte al calvinismo (Catechismo di Heidelberg, 1563, che
respingeva la dottrina della presenza reale). I melantoniani
inclinanti al calvinismo furono a Wittenberg e a Lipsia, gli
ortodossi a Jena. Con G. Calixtus cominciò la critica di tali
controversie e il loro superamento sincretistico, mentre le
conferenze di Lipsia (1631), Thorn (1645), Cassel (1661) non diedero
risultato, e J. Gerhard sviluppò una dottrina della
ispirazione letterale irrigidendo scolasticamente il pensiero di
Lutero. Il protestantesimo tedesco si trovò così
diviso in due gruppi, seguenti l’uno la formula del 1577, e l’altro
il Catechismo di Heidelberg. Ma all’irrigidimento teologico, alla
mondanizzazione burocratica e al formalismo del l. tedesco nel sec.
17° reagì – con l’esigenza di una vita religiosa
più intima e attiva, richiamandosi alle tendenze
mistico-spiritualistiche rappresentate, agli inizi della Riforma, da
S. Frank, V. Weigel e già presenti in Lutero giovane – il
movimento iniziato da P.J. Spener, il pietismo, che tanta importanza
esercitò su tutta la vita culturale della Germania. Nel corso
del sec. 18° penetrarono poi anche in Germania le nuove dottrine
filosofico-politiche affermantesi in Inghilterra e in Francia: il
razionalismo da un lato, l’erudizione storico-filologica dall’altro
furono applicati anche alla Bibbia, mentre l’intera vita spirituale
germanica era percorsa dal nuovo soffio vivificatore dello Sturm und
Drang, e poi da una forte ondata di nazionalismo e statalismo. Nella
Prussia, Federico Guglielmo III impose (1815) l’unione di luterani e
calvinisti e la costituzione di una Chiesa evangelica di Prussia, in
accordo su questo punto con l’indirizzo neoluterano che, pur
opponendosi a ogni compromesso di carattere dottrinale, sottolineava
l’importanza di una organizzazione ecclesiastica centralizzata; ma
ciò provocò la separazione dei «vecchi
luterani» o «Chiesa evangelica luterana in
Prussia»; l’unione del resto fu più disciplinare che
teologica e la libertà lasciata all’insegnamento portò
al divario tra l’ortodossia della massa e l’alta cultura, sempre
più influenzata dalle dottrine del criticismo kantiano e
dell’idealismo postkantiano nelle sue varie tendenze, fino al
formarsi della cd. teologia liberale o protestantesimo liberale (A.
Ritschl, A. Harnack ecc.). Ma a una nuova crisi diedero origine
svolgimenti ulteriori. La Chiesa luterana era in Germania Chiesa
territoriale (Landeskirche); l’autorità suprema risiedeva nel
principe assistito dal Concistoro (Konsistorium, Direktorium,
Oberkirchenrat «Consiglio superiore ecclesiastico»); i
consigli delle parrocchie (conservate e sottoposte ai
«superintendenti» elettivi) nominavano i delegati ai
sinodi territoriali (Landessynode). La Costituzione di Weimar, alla
quale collaborò A. Harnack, modificò l’ordinamento in
senso separatista. Appoggiandosi a vari gruppi religiosi, di diversa
impostazione teologica, sorti negli anni 1927-34 (Deutsche
Christen), il nazionalsocialismo istituì un «vescovo
del Reich» e cercò di imporre le sue dottrine. Una
minoranza tuttavia resistette, formando la cd. Chiesa confessante
(Bekenntniskirche) che fu perseguitata, mentre si delineava con la
«teologia della crisi» e con K. Barth una reazione
contro il protestantesimo liberale e un ritorno al misticismo di
Lutero giovane. D’altra parte, il l. tedesco, che da tempo si
è mostrato sensibile alle moderne istanze sociali (come anche
quello scandinavo) e favorevole al movimento ecumenico, è
stato tra i protagonisti del ritorno della libertà e della
democrazia nei territori della Germania orientale, in prevalenza
luterani. Con la ricomposizione dell’unità territoriale dello
Stato tedesco (1990), la Chiesa luterana ha recuperato in Germania
quella forza anche numerica perduta con la formazione, nel 1949, di
due Stati indipendenti.