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Gustave Le Bon (Nogent-le-Rotrou, 7 maggio 1841 –
Marnes-la-Coquette, 13 dicembre 1931) è stato un antropologo,
psicologo e sociologo francese.
Le opere
L'opera più nota di Le Bon è la Psicologia delle folle
(1895). Nel momento in cui egli la scrive, già il potere
delle folle ha segnato il mondo e sta iniziando un'età
dominata dal ruolo della massa. Pur dando importanza alla folla, Le
Bon ha di essa una visione negativa. Egli si schiera dalla parte
delle minoranze, esalta il ruolo della minoranza creatrice e
sostiene che se ci si affida alle folle si va verso una decadenza.
La folla ha grande potere distruttivo ma scarsa capacità
costruttiva, in quanto manca di disciplina, preveggenza, ecc…
La folla è importante nella fase distruttiva (come catarsi di
un assetto societario già malato) ma è incapace di
produrre una ponderata ricostruzione di quell'assetto che ha
contribuito a distruggere. All'interno della folla, l'individuo
acquisisce un sentimento di forza invincibile: nel diventare folla
vengono meno i freni inibitori e il senso di responsabilità
individuale. Esiste una sorta di inconscio collettivo tramite il
quale la folla è sempre condizionabile: l'individuo sacrifica
con facilità il proprio interesse personale a favore
dell'interesse collettivo. L'uomo, unendosi alla folla, perde la
propria razionalità: la folla è guidata, appunto,
dall'inconscio che, secondo Le Bon, non è proprio
dell'individuo, bensì del gruppo collettivo.
L'individuo all'interno della folla trasforma immediatamente in
azioni le idee suggerite; l'uomo all'interno della folla è un
istintivo e un barbaro. È vero che la folla distrugge, ma lo
fa per tornare indietro, per conservare più che per innovare:
"gli istinti della folla sono istinti conservatori"; quando entriamo
in una folla perdiamo l'apertura al dialogo, così in tutte le
tipologie di folla sono presenti l'autoritarismo e l'intolleranza.
In Le Bon la razza è identificabile con una comunità
geografica (pressappoco nazionale), ma ciò non implica
giudizi di superiorità di una razza rispetto ad un'altra. "Il
tipo dell'eroe caro alle folle avrà sempre l'aspetto di un
Cesare" il quale però, non appena caduto in disgrazia,
verrà linciato dalla folla stessa, che lo annovererà
già nella categoria dei deboli. La stessa istruzione sarebbe
dannosa, perché lo studente, a contatto con gli altri,
subirebbe un processo di massificazione che porterebbe alla perdita
di coscienza individuale. Per conquistare le folle per periodi di
lunga durata bisogna insistere su un concetto, anche semplice e
conciso; l'insistenza su questo concetto lo farà passare di
bocca in bocca e lo renderà connaturato alla massa, lo
farà penetrare nelle menti.
Le idee passano alla massa anche grazie al prestigio di chi le
propugna; "il prestigio è una sorta di fascino che un
individuo provoca su di noi". La caratteristica del prestigio
è quella di impedirci di vedere le cose come sono. Le folle
si caratterizzano per la loro mutevolezza: sotto alcuni aspetti sono
ingestibili, si dimostrano sempre più coscienti del loro
ruolo e sono perciò sempre più indomite. In Le Bon
torna l'immagine della piramide, tipica del pensiero reazionario; si
insiste sul valore delle minoranze: il progresso di una nazione
è portato avanti da pochi.
Bibliografia italiana
Psicologia delle folle, Edizioni TEA, 2004
Psicologia delle rivoluzioni, Edizioni M & B
Publishing,
Psicologia dei popoli, Edizioni M & B
Publishing, 1997
Psicologia della educazione, Edizioni M & B
Publishing, 1996
Psicologia del socialismo, Edizioni M & B
Publishing, 1996
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GUSTAV LE BON (1841-1931), Etnologo e psicologo (fu uno dei
fondatori della "Psicologia sociale") nato in Francia a Nogent-Le
Retrou, fu il primo psicologo a studiare scientificamente il
comportamento delle folle, cercando di identificarne i caratteri
peculiari e proponendo tecniche adatte per guidarle e controllarle.
Per questa ragione le sue opere vennero lette e attentamente
studiate dai dittatori totalitari del novecento, i quali basarono il
proprio potere sulla capacità di controllare e manipolare le
masse.
In effetti, gli scritti di Le Bon - in particolare Psicologia delle
Folle edita nel 1895 - erano una vera e propria miniera d'oro per
chi voleva comprendere il comportamento della massa, il nuovo
soggetto che si affacciava sulla scena politica negli ultimi decenni
dell'ottocento e che avrebbe dominato tale scena nel novecento. La
nascita della massa, intesa come "grande quantità indistinta
di persone che agisce in maniera uniforme" che iniziò a
prendere forma sul finire del XIX secolo.
Lenin, Stalin, Hitler lessero meticolosamente l'opera di Le Bon e
l'uso di determinate tecniche di persuasione nella loro dittatura
sembra ispirato direttamente dai suoi consigli; ma anche Mussolini
fu un fervido ammiratore dell'opera dello psicologo francese. "Ho
letto tutta l'opera di Le Bon - diceva Mussolini- e non so quante
volte abbia riletto la sua "Psicologia delle folle" E' un opera
capitale alla quale ancora oggi spesso ritorno".
La leggerezza di certi discorsi fatti da questi dittatori (alcuni li
leggeremo nel penultimo capitolo "Le folle elettorali") che hanno
esercitato un'influenza enorme sulle folle, talvolta stupisce alla
lettura; ma si dimentica che essi furono fatti per trascinare le
folle, e non per essere letti da filosofi. L'oratore si mette in
intima comunione con la folla e sa evocare le immagini che la
seducono. Le affermazioni sono fatte in modo così
autoritario, che vengono accettate a causa del tono che le
accompagna. E normalmente queste suggestioni non sono accompagnate
da argomenti o prove logiche, esse sono cacciate dentro quali
verità lampanti, e sono cristallizzate in epigrammi ed
assiomi, che vengono accettati per veri, in conseguenza della
apparente arguzia, senza che nessuno pensi ad analizzarli. I sofismi
politici e le spiegazioni usuali, appartengono a questa classe.
Il moderno dittatore, sostiene Le Bon, deve saper cogliere i
desideri e le aspirazioni segrete della folla e proporsi come
l'incarnazione di tali desideri e come colui che è capace di
realizzare tali aspirazioni. Anche in questo caso l'illusione
risulta essere più importante della realtà,
perché ciò che conta non è portare a compimento
tali improbabili sogni quanto far credere alla folla di essere
capace: "nella storia - aggiunge Le Bon - l'apparenza ha sempre
avuto un ruolo più importante della realtà". Le folle
non si lasciano influenzare dai ragionamenti. Le folle sono colpite
soprattutto da ciò che vi é di meraviglioso nelle
cose. Esse pensano per immagini, e queste immagini si succedono
senza alcun legame. L 'immaginazione popolare é sempre stata
la base della potenza degli uomini di Stato, dei trascinatori di
folle, che il più delle volte, non sono intellettuali, ma
uomini d'azione. Questi sono poco chiaroveggenti, ma non potrebbero
esserlo, poiché la chiaroveggenza porta generalmente al
dubbio e all'inazione. Essi appartengono specialmente a quei
nevrotici, a quegli eccitati, a quei semi-alienati che rasentano la
pazzia. Per quanto assurda sia l'idea che difendono o lo scopo che
vogliono raggiungere, tutti i ragionamenti si smussano contro la
loro ferma convinzione (nella neuro-psichiatria essa prende il nome
di "Pseudologia fantastica" - chi crede alle sue stesse bugie) . Il
disprezzo e le persecuzioni non fanno che eccitarli maggiormente.
Tutto é sacrificato, interesse personale e famiglia. Perfino
l'istinto di conservazione viene distrutto in essi, a tal punto che
spesso, la sola ricompensa che essi ambiscono - immedesimandosi in
un fervido apostolo delle fede - é la croce, il martirio,
l'alone di santità; e ciò che lasciano con i loro
scritti è il nuovo "vangelo", la nuova "dottrina".
Anche se - nelle piccole e grandi enciclopedie - Gustave Le Bon
è molto spesso assente, se andiamo invece ad analizzare
l'oratoria di molti demagoghi dell'intero XX secolo (e non mancano
nemmeno nell'attuale secolo) cogliamo l'influenza delle sue teorie
psicologiche sulle folle, l'esercizio del carisma demagogico che
influenza i giovani e i vecchi, i fedeli di una religione e le masse
popolari, i ceti medi vecchi e quelli nuovi: comunicando l'attivismo
e il vitalismo, il senso dell'avventura, il desiderio di successo,
la bramosia della ricchezza e la volontà di potenza. Questo
è ciò che dispensano certi tribuni, demagoghi,
capipopolo, fomentatori, sobillatori, sotto ogni latitudine ieri
come oggi. Per loro "La psicologia delle folle" è "vangelo";
il vangelo del "buon imbonitore"; le teorie di Le Bon le conoscevano
e le conoscono tutte a memoria e, infallibilmente, con successo, le
hanno applicate e le applicano; la folla (che ha quasi sempre
opinioni volubili) è il loro trastullo, perchè le
folle preferiscono le illusioni alle verità, anche se in
certe ore della storia in grazia sua (e ogni tanto accade anche
questo) l'ordine può uscire dal caos.
Infatti, se leggiamo Le Bon, scopriremo le cause segrete di alcuni
avvenimenti perfino inverosimili. Ecco perchè Le Bon non
compare in nessuna enciclopedia. E' pericoloso!!! Anche se l'opera
sua non manca mai nello scaffale delle biblioteche dei
pseudo-dittatori. Le folle hanno una ignoranza generale della
psicologia delle folle, che come moralità può essere
(anzi lo è) molto più bassa di quella che la
compongono i singoli individui.
Tuttavia se si dovessero mettere all'attivo dei popoli soltanto le
grandi azioni freddamente ragionate, gli annali del mondo - di
azioni eclatanti - ne registrerebbero ben poche.
Quanto all'ignoranza delle folle, proprio Le Bon scrive: "Per
comprendere le idee, le credenze che oggi germinano nelle folle, per
fiorire domani, bisogna sapere come è stato preparato il
terreno. L'insegnamento dato alla gioventù d'un paese,
permette di prevedere un po' il destino di quel paese. L'educazione
della generazione d'oggi giustifica le più tristi previsioni.
L'anima delle folle, in parte, si migliora o si altera con
l'istruzione. E' dunque necessario far vedere come l'ha foggiata
(l'"imbonitore di turno") e come la massa degli indifferenti e dei
neutrali é diventata progressivamente un immenso esercito di
malcontenti, ("pericolosamente") pronto a seguire tutte le
suggestioni degli utopisti e dei retori. La scuola, oggi, forma dei
malcontenti e degli anarchici e prepara, per i popoli latini, dei
periodi di decadenza".