da http://www.loccidentale.it/node/103879
Gilbert Keith Chesterton
La Nuova Gerusalemme
È il resoconto del viaggio in Terrasanta compiuto nel 1919,
ma non solo; una ottima occasione per riflettere su questioni
religiose e politiche. Sempre con il suo tipico stile serio ma
umoristico, pieno di buon senso provocatorio. GKC partì da
Londra nel periodo natalizio per intraprendere un viaggio che non fu
solamente nello spazio. Percorse “a ritroso la storia fino a
giungere nel luogo di origine del Natale. Spesso, infatti, è
necessario ritornare sui propri passi, come chi, dopo aver smarrito
la strada, ripercorre a ritroso il proprio cammino fino a un
cartello che gli indica la via”.
Ben consapevole della confusione spirituale novecentesca, si fece
pellegrino per i contemporanei: “L’uomo moderno è simile a un
viandante che non ricorda più il nome della sua meta e deve
ritornare nel punto da cui proviene per scoprire dove è
diretto”.
Dalla Gran Bretagna, allora principale potenza mondiale, si
recò nella Parigi capitale del giacobinismo che ha plasmato
il mondo moderno, scese nella Roma papale, imperiale e repubblicana,
attraversò l’ombra delle piramidi Egiziane, fino a giungere
nella Terra Promessa dei Patriarchi biblici. È un viaggio
nella storia che pone una domanda fondamentale sull’evoluzione della
libertà umana: “Che cosa era accaduto tra l’ascesa della
Repubblica romana e l’ascesa della Repubblica francese?
Perché i cittadini con pari diritti della prima diedero per
scontato la presenza degli schiavi?”. Ovviamente la risposta va
cercata in Palestina: è stata la buona novella predicata da
Gesù, l’incarnazione di Dio in un uomo, che ha dato
dignità a tutti e reso intollerabile la schiavitù
dell’epoca pagana.
Riflessioni interessanti contenute nel diario di viaggio anche
sulle Crociate. Chesterton si scaglia contro l’idea, già
allora pesantemente radicata, che quelle spedizioni medioevali
fossero state vergognose imprese coloniali: “Quando si sostiene che
le Crociate non sono state null’altro che una violenta scorribanda
contro l’Islam, forse si dimentica curiosamente che lo stesso Islam
fu soltanto una violenta scorribanda contro l’antica e ordinata
civiltà”. Anzi il cavaliere crociato aveva “buoni motivi per
nutrire dei sospetti nei confronti del musulmano”. È la
storia stessa ad insegnare che “era già un vecchio nemico”.
Inoltre la Prima crociata ebbe la particolarità di essere
democratica: “la massa non vi aderì, ma lo capeggiò”.
A differenza di come accadde prima della la Rivoluzione Francese “fu
l’ignorante che istruì il colto. La Crociata non fu
evidentemente concepita da alcuni filosofi che suggerirono per primi
alcune idee poi perorate dai demagoghi della democrazia”.
Un tale elogio delle Crociate non può essere disgiunto da una
visione del Medioevo opposta a quella fanatica degli Illuministi.
Tutt’altro che secoli bui, la situazione è più
complessa: “La società medievale non era il luogo giusto, era
soltanto la direzione giusta. Era la strada giusta, o forse solo il
suo inizio. Il Medioevo fu ben lungi dall’essere un periodo in cui
tutto andò per il verso giusto. Sarebbe più
corrispondente al vero, per come la penso io, ammettere che in quel
periodo tutto andò per il verso sbagliato. Fu l’epoca in cui
le cose avrebbero potuto evolversi bene, ma invece si svilupparono
male. O anzi, per essere più precisi, fu l’epoca in cui
stavano procedendo bene, ma poi mutarono in peggio”.
L’età di mezzo non fu perfetta, dunque, ma fu “un’età
di progresso. Forse fu l’unica vera età di progresso in tutta
la storia. Gli uomini sono passati di rado con tale rapidità
e unità dalla barbarie alla civiltà così come
fecero dalla fine dei Secoli Bui all’epoca delle università e
dei parlamenti, delle cattedrali e delle gilde”.
Chesterton non è troppo tenero con i musulmani. Trova un
“elemento abbastanza logico e coerente, nel credo molto logico e
coerente chiamato maomettanesimo”: il “vandalismo”, ovvero lo scarso
senso artistico tipico di una religione che considera un peccato
rappresentare Dio e blasfema la sua incarnazione. Respinge le accuse
di antisemitismo invocando la nascita di uno stato ebraico: “Se
questo è antisemitismo, allora sono un antisemita.
Sembrerebbe più razionale chiamarlo semitismo”. Giunto in
Terrasanta sentì comunque di essere “in quella patria al di
là della patria per cui tutti proviamo nostalgia. Il suo
ricordo perduto fa nascere al tempo stesso la fede e la fiaba”.