L'Italia che scrive

 

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Rassegna bibliografica mensile delle pubblicazioni italiane, fondata a Roma nel 1918 da A.F. Formiggini: dopo il suicidio di questo (1938), fu diretta, sotto controllo ministeriale, da P. Cremonese, fino al 1943. Ne fu ripresa la pubblicazione oltre due anni dopo, direttore M. Vinciguerra.

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Gianfranco Tortorelli


L'Italia che scrive 1918-1938


Nello scarno panorama delle riviste bibliografiche italiane del Novecento «L'Italia che scrive» occupa un posto di rilievo non solo per la funzione di ampio e continuo osservatorio della produzione editoriale del tempo, ma anche per l'originale e innovativa impostazione che il suo direttore Angelo Fortunato Formiggini seppe dare a quella che considerò come il frutto migliore della sua esperienza di editore.
Edita nel 1918, quando con la fine della guerra divenne più urgente il bisogno di riannodare i fili della cultura italiana con quella europea, «L'Italia che scrive» terminò di fatto la sua esistenza con la tragica fine di Formiggini nel 1938. Attraversò quindi tutto il periodo fascista riuscendo a mantenere vivo il dibattito e il contatto con intellettuali in parte emarginati per l'opposizione al regime e per la contrapposizione all'idealismo gentiliano e alle polemiche di padre Gemelli.
L'ampio spazio dato nel volume al confronto tra Ernesto Buonaiuti, assiduo collaboratore della rivista, Gemelli, Papini e il più giovane Alberto Pincherle ci dicono quanto vive fossero le ferite e quanto complesso il dibattito intorno agli ultimi tempi del modernismo. Né a questo proposito va dimenticata la complessa posizione di Formiggini ebreo integrato nella realtà italiana.
Una palestra quindi, «L'Italia che scrive», in cui poterono cimentarsi generazioni diverse di intellettuali.
La storia de «L'Italia che scrive» molto può dire sullo sviluppo dell'editoria italiana negli anni Venti e Trenta. Sfruttando l'archivio Formiggini si è potuto ricostruire il confronto dell'editore con le diverse ipotesi di sviluppo e di rinnovamento dell'editoria nazionale. Ne scaturisce una figura di editore sfaccettata e attenta al confronto anche con altre nazioni europee. Le rubriche sugli istituti di cultura, sulla storia delle case editrici e soprattutto sulle biblioteche ci indicano come Formiggini volesse inserirsi con originalità nel dibattito di quegli anni.