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Ignazio di Loyola, in basco Íñigo López Loiola
(Loyola, 24 dicembre 1491 – Roma, 31 luglio 1556), fu il fondatore
della Compagnia di Gesù (Gesuiti): nel 1622 è stato
proclamato santo da papa Gregorio XV.
Biografia
Le origini
Ignazio nacque nel castello di Loyola, vicino Azpeitia. Era il
più giovane di 13 fratelli, e aveva solo sette anni quando
morì sua madre. Nel 1506 divenne paggio al servizio di un
parente, Juan Velázquez de Cuéllar, tesoriere
(contador mayor) del regno di Castiglia. Come cortigiano, Ignazio
ebbe in quel periodo uno stile di vita piuttosto dissoluto.
Nel 1517, Ignazio prese servizio nell'esercito di Antonio Manrique
de Lara, viceré di Navarra. Venne ferito gravemente durante
la Battaglia di Pamplona (20 maggio 1521) e per colpa della ferita
fu costretto per lungo tempo a letto nel castello di suo padre con
il medico che veniva a visitarlo tre volte al giorno per tre mesi.
Aspirazioni religiose
Durante la lunga degenza, ebbe l'occasione di leggere numerosi testi
religiosi dedicati, in particolare, alla vita di Gesù e dei
santi. Venne travolto dal desiderio di cambiare la sua vita e
trascorrere un'esistenza basata sul suo lavoro e ispirata a
Francesco d'Assisi e altre grandi figure spirituali. Decise quindi
di convertirsi e per farlo si recò in Terra santa. Sua
intenzione era rimanere come mendicante nella città dove
visse Cristo, ma fu costretto a rientrare in Spagna.
In quel periodo elaborò, sperimentandolo in prima persona, il
suo metodo di preghiera e contemplazione, basato sul
"discernimento". Queste esperienze sfociarono nei celebri Esercizi
spirituali (Ejercicios espirituales), e hanno in realtà
origine da un passaggio della Seconda lettera ai Corinzi di Paolo di
Tarso ("esaminate voi stessi, fate la prova su voi stessi", XIII,
5). Essi descrivono una serie di meditazioni a cui, poi, dovranno
attenersi i futuri gesuiti. Quest'opera ha influenzato profondamente
i successivi metodi di evangelizzazione della Chiesa cattolica.
Durante il suo ricovero, ebbe anche l'occasione di visitare il
Monastero benedettino di Montserrat (25 marzo 1522), dove appese i
suoi paramenti militari davanti a un'immagine della Vergine Maria,
in una vera e propria veglia militare dedicata alla Madonna.
Entrò immediatamente nel monastero di Manresa, in Catalogna,
dove praticò un severissimo ascetismo. Ebbe varie visioni,
come raccontò più tardi nella sua Autobiografia. La
Vergine divenne l'oggetto della sua devozione cavalleresca:
l'immaginario militare giocò sempre una parte importante
nella sua vita e nelle sue contemplazioni religiose.
Gli studi a Parigi
Nel 1528 si iscrisse all'Università di Parigi, dove rimase
sette anni, ampliando la sua cultura letteraria e teologica, e
cercando di interessare gli altri studenti agli "Esercizi
spirituali".
Entro il 1534 ebbe sei "seguaci" - Pierre Favre (francese),
Francesco Saverio, Diego Laínez, Alfonso Salmerón,
Nicolás Bobadilla (spagnoli), e Simão Rodrigues
(portoghese).
La fondazione della Compagnia di Gesù
Il 15 agosto del 1534, Ignazio e gli altri sei studenti si
incontrarono a Montmartre, vicino Parigi, legandosi reciprocamente
con un voto di povertà e castità e fondando la
Società di Gesù, allo scopo di eseguire lavoro
missionario e di ospitalità a Gerusalemme o andare
incondizionatamente in qualsiasi luogo il Papa avesse ordinato loro.
Nel 1537 essi si recarono in Italia in cerca dell'approvazione
papale per il loro ordine religioso. Papa Paolo III li lodò e
consentì loro di essere ordinati sacerdoti. Essi vennero
ordinati a Venezia dal vescovo di Arbe (ora Rab, in Croazia) il 24
giugno. Si dedicarono alla preghiera e ai lavori di carità in
Italia, anche perché il nuovo conflitto tra l'imperatore,
Venezia, il Papa e l'Impero Ottomano rendeva impossibile qualsiasi
viaggio a Gerusalemme.
Con Faber e Lainez, Ignazio si diresse a Roma nell'ottobre del 1538,
per far approvare dal Papa la costituzione del nuovo ordine. Una
congregazione di cardinali si dimostrò favorevole al testo
preparato da Ignazio e papa Paolo III confermò l'ordine con
la bolla papale Regimini militantis ecclesiae (27 settembre 1540),
ma limitò il numero dei suoi membri a sessanta. Questa
limitazione venne rimossa con una successiva bolla, la Iniunctum
nobis, del 14 marzo 1543. L'ultima e definitiva approvazione della
Compagnia di Gesù è stata data nel 1550 con la bolla
Exposcit debitum di Giulio III.
Superiore Generale dei Gesuiti
Ignazio venne scelto come primo preposito generale della Compagnia
di Gesù. Inviò i suoi compagni come missionari in giro
per tutto il mondo per creare scuole, istituti, collegi e seminari.
Nel 1548 vennero stampati per la prima volta gli Esercizi
spirituali, per i quali venne condotto davanti al tribunale
dell'Inquisizione, per poi essere rilasciato.
Sempre nel 1548, Ignazio fondò a Messina il primo Collegio
dei Gesuiti al mondo, il famoso Primum ac Prototypum Collegium
ovvero Messanense Collegium Prototypum Societatis, primo e, quindi,
prototipo di tutti gli altri collegi di insegnamento che i gesuiti
fonderanno con successo nel mondo facendo dell'insegnamento la marca
distintiva dell'ordine.
Ignazio scrisse le Costituzioni gesuite, adottate nel 1554, che
creavano un'organizzazione monarchica e spingevano per
un'abnegazione e un'obbedienza assoluta al Papa e ai superiori
(perinde ac cadaver, "[lasciati guidare] come un cadavere" scrisse
Ignazio). La regola di Ignazio diventò il motto non ufficiale
dei gesuiti: Ad Maiorem Dei Gloriam.
I gesuiti hanno dato un apporto determinante al successo della
Controriforma.
Tra il 1553 e il 1555, Ignazio dettò al suo segretario, padre
Gonçalves da Câmara, la storia della sua vita. Questa
autobiografia, essenziale per la comprensione dei suoi Esercizi
spirituali, rimase però segreta per oltre 150 anni negli
archivi dell'ordine, fino a che il testo non venne pubblicato negli
Acta Sanctorum.
Morì a Roma nel 1556 e venne canonizzato il 12 marzo 1622. Il
23 luglio 1637 il suo corpo fu collocato in un'urna di bronzo
dorato, nella Cappella di Sant'Ignazio della Chiesa del Gesù
in Roma. La statua del Santo, in argento, è opera di Pierre
Legros. La festa religiosa viene celebrata il 31 luglio, giorno
della sua morte.
La censura dei classici
In pieno Rinascimento letterario uno dei problemi che si pose ai
maestri della Compagnia fu quello relativo all’uso dei classici
greci e romani, considerati a volte come insidie per il
cristianesimo e dunque trattati con diffidenza. Poiché
Ignazio di Loyola ritenne opportuno nei collegi l'uso del latino
dell’età classica e non quello medioevale, occorreva
necessariamente avere dimestichezza con gli autori classici vissuti
fuori dal cristianesimo, tuttavia non era bene che certi riflessi di
quella che Ignazio considerava la corrotta società pagana,
contenuti in molte pagine di questi scrittori, finissero per essere
conosciuti dagli studenti. Ignazio decise perciò di
«Levare dai classici latini le cose disoneste e nocive e
metterne in luogo loro altre di edificazione, ovvero, senza nulla
aggiungere, lasciare soltanto le buone, levando le contrarie».
Inoltre Ignazio dettò nelle Costituzioni: «Anche se un
libro in particolare sia libero da sospetto di cattiva dottrina, se
ne è sospetto l’autore, non conviene si usi per testo.
Perché di solito il libro ottiene l’effetto che chi lo legge
si affezioni all’autore; e l’autorità che acquista presso di
lui in quel che dice bene potrebbe poi persuadere qualche cosa di
quel che dice male».
Ignazio affidò il compito al gesuita Andrea Frusio: la prima
censura fu operata sui quattordici libri degli Epigrammi di Marco
Valerio Marziale, dopo fu la volta di Orazio, ma Frusio fu costretto
a bloccarsi di fronte a Terenzio, uno degli autori più usati
nelle ultime classi del latino. Il Frusio propose di mondare le
opere teatrali di Terenzio sostituendo con casti affetti
matrimoniali gli illeciti amori dei protagonisti, ma Ignazio
respinse questo espediente temendo di suscitare i sospetti e lo
scherno degli alunni, preferendo bandire definitivamente Terenzio da
tutti i suoi collegi.
Gli esercizi spirituali di Ignazio di Loyola
Gli Esercizi spirituali non sono «un libro scritto per essere
letto» - scrive Federico Rossi di Marignano nella sua
biografia di Carlo Borromeo, ma appartengono a quel genere di cose
che si possono capire solo sperimentandole. Per questo non si
possono prendere gli Esercizi a casa propria. Non è infatti
possibile ritrovare se stessi senza allontanarsi da tutto e da tutti
per un adeguato periodo di tempo.
Nei primi giorni di distacco gli Esercizi invitano l’esercitante a
cercare di capire per quale fine abbia ricevuto esistenza e vita dal
Creatore, in altri termini che cosa Dio si aspetta ch’egli faccia di
buono nella vita. Una volta presa coscienza del perché della
sua nascita, all’esercitante verrà spontaneo mettersi
«avanti agli occhi stesa e spiegata la sua vita [...]
scorrendola tutta pensatamente». Scoprirà allora tutte
le deviazioni che, aderendo consapevolmente o inconsapevolmente ai
moti ingannevoli dell’anima, egli stesso avrà fatto subire
anno dopo anno al proprio destino.
A quel punto dovrà superare l’ostacolo più difficile
tra quelli che una persona è chiamata a superare durante la
vita: cambiare, mutare, rinnovarsi. Nessun uomo tuttavia può
riuscire a conquistare la pace interiore e affrontare il difficile
cammino della vita inventandosi ogni cosa da solo. Ogni uomo
solitamente progredisce o regredisce imitando l’esempio positivo o
negativo di altri uomini. In un solo uomo, tuttavia – secondo
Ignazio di Loyola – la natura umana ha trovato la sua espressione
più alta: nell’uomo-Dio, Gesù di Nazareth. È
quindi Gesù che, conclusivamente, Ignazio propone come
esempio da imitare fino a poter dire con san Paolo «non sono
più io che vivo, ma Cristo vive in me».