Idea Nazionale

 

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Idea Nazionale, L’ Organo del Partito nazionalista italiano, fondato a Roma nel 1911 da F. Coppola, E. Corradini, L. Federzoni e altri.

Dapprima settimanale, si trasformò in quotidiano nell’ott. 1914 (direttore R. Forges Davanzati) per propugnare l’intervento in guerra dell’Italia. Suoi redattori o collaboratori furono alcuni fra i letterati e critici più in vista della nuova generazione (A. Baldini, U. Fracchia, S. D’Amico, C.E. Oppo ecc.).

Nel 1926 si fuse con La Tribuna.

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L’età liberale
 
Se si guarda alla storia dei media nel Lazio si deve necessariamente fare i conti con l’“ingombrante” presenza di Roma. È infatti qui che, sin dagli ultimi decenni dell’Ottocento, con il passaggio della Roma pontificia alla capitale del regno d’Italia, si assiste a un incremento esponenziale della presenza della stampa. Fino al 1870 i soli giornali disponibili erano l’“Armonia” di Torino e la “Gazzetta di Genova”, mentre nella città si pubblicava soltanto l’“Osservatore Romano”; negli anni successivi sorgono o si trasferiscono nella nuova capitale numerosi quotidiani. “La Capitale”, “La Libertà”, “Il Diritto”, “La Riforma”, “La Concordia”, “Nuova Roma”, “Opinione”, “Il Popolo Romano”, “Il Bersagliere”, ecc. Si tratta per lo più di giornali di diretta emanazione degli ambienti politici della Sinistra o della Destra storiche, talvolta veri e propri “portavoce” di un singolo esponente politico, che vendono complessivamente 50-60.000 copie e che sono accomunati dal difficile tentativo di modificare un’opinione pubblica cittadina ancora fortemente ancorata alle vecchie posizioni di ispirazione clericale e che si arrocca nella difesa delle tradizioni municipalistiche e papaline contro l’“invasione piemontese” e il nuovo insediamento della politica e della burocrazia nazionali. Posizioni maggioritarie di cui si fa portavoce in primo luogo il giornale della Santa sede l’“Osservatore Romano”, che riprende le pubblicazioni il 17 ottobre 1870, e poi una serie di nuovi giornali come “La Voce della Verità”, “La Fedeltà”, il “Romano di Roma”, il “Roma”, la “Stella” che si affiancano ai numerosi bollettini e periodici di carattere devozionale rivolti a un pubblico più popolare.

A cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta dell’Ottocento, avviano le pubblicazioni altri giornali destinati presto ad assumere l’egemonia nella diffusione a Roma e in tutto il Lazio: fra tutti, “Il Messaggero” (gennaio 1879), e “La Tribuna” (novembre 1883). Nel 1885 Roma può vantare, tra le città italiane, il maggior numero di periodici in assoluto (199 contro i 139 di Milano, i 97 di Torino, gli 83 di Firenze, i 51 di Palermo e i 49 di Napoli).

Fuori della capitale, nel resto dell’area territoriale laziale, la presenza della stampa è allora limitata ai pochi fogli di stampo municipalistico nati su iniziativa di singole personalità, ispirati dalle locali prefetture o da piccoli gruppi notabilari. Di un certo respiro è l’“Avvenire del Lazio”, settimanale democratico fondato ad Albano nel 1875. Nell’ultimo quindicennio dell’Ottocento, però, la scena regionale si anima di varie iniziative editoriali che traggono spunto dalla nuova articolazione della vita pubblica della provincia: periodici come “Il Corriere di Viterbo”, “L’Amico Fritz”, “Il Corriere di Civitavecchia”, “Alla Riscossa”, il “Corriere Umbro-Sabino”, la “Vita Sabina”, ecc., per lo più settimanali, di attualità e di politica.

L’esordio del nuovo secolo vede dunque una presenza abbastanza ricca di esperienze editoriali a stampa, non limitate alla sola capitale. Tuttavia è sempre a Roma che, ovviamente, nascono le iniziative più importanti: è il caso de “Il Giornale d’Italia”, fondato nel novembre 1901 per iniziativa del leader politico conservatore Sidney Sonnino, appoggiato finanziariamente dall’ambiente immobiliare e dall’aristocrazia terriera romani e laziali. Diretto da Alberto Bergamini, “Il Giornale d’Italia” è il primo quotidiano di concezione moderna che si mostra attento ai problemi della proprietà fondiaria centro-meridionale, area per cui assume un ruolo speculare a quello che il “Corriere della Sera” di Luigi Albertini svolge nel settentrione: favorevole cioè a una politica conservatrice di segno antigiolittiano. Il nuovo giornale è ricco di illustrazioni, dà maggiore spazio alle cronache mondane e ai fenomeni di divismo allora incipienti, ed è qui che appare nel 1902, per la prima volta nella stampa italiana, la “terza pagina”.
Segni di una vitalità che conferma Roma al primo posto nel numero dei giornali stampati per tutto il primo quindicennio del Novecento, con un periodico ogni 1.177 abitanti.

A guidare la classifica dei giornali più venduti è “La Tribuna” con 60.000 copie, seguono “Il Messaggero” con 45.000 e “Il Popolo Romano” con 35.000.

Nel 1906 si rafforza anche l’ormai indebolita presenza cattolica nella capitale con la nascita del “Corriere d’Italia” che, nel 1908, entra a far parte del gruppo finanziario-editoriale della Società editrice romana, capofila di un vero e proprio trust della stampa cattolica nazionale creato da Giovanni Grosoli. Nel marzo 1911 è la volta invece dell’“Idea nazionale”, prima settimanale e poi (dal 1914) quotidiano, promosso dal fronte più oltranzista del nazionalismo. Il giornale di Enrico Corradini nasce a pochi mesi dalla guerra di Libia, che segna un generale aumento della diffusione della stampa a Roma e nel Lazio. Exploit che si ripete alla vigilia della Grande guerra, quando l’opinione pubblica è divisa tra interventisti e neutralisti e si diffondo decine di nuovi fogli a stampa, per lo più di vita breve o brevissima. Con lo scoppio del conflitto, nonostante prosegua la proliferazione dei fogli, inizia però un consistente calo della diffusione - alimentato dalla decisione governativa del 1917 di imporre con decreto l’aumento del costo dei quotidiani a 10 centesimi - e proseguito negli anni dell’immediato dopoguerra.