www.treccani.it
Scrittore francese (Besançon 1802 - Parigi 1885), figlio di
Joseph-Léopold-Sigisbert (v.), che egli seguì da
bambino nei suoi spostamenti (Corsica, Calabria, Spagna). Già
nel 1818 e nel 1819 fu premiato nei "giochi floreali" di Tolosa:
alla poesia si dedicò fin dalla prima adolescenza, durante
gli studî al liceo Louis-le-Grand, imitando i classici, ma
dichiarandosi soprattutto discepolo di Chateaubriand, poi di
Lamartine, e fervente difensore del trono e dell'altare. Nel 1819-21
diresse con il fratello Abel il giornale Le conservateur
littéraire; quindi si affermò come poeta con le Odes
et poésies diverses nel 1822 (l'anno in cui sposò una
sua amica d'infanzia, Adèle Foucher), cui seguirono:
Nouvelles odes (1824) e Odes et ballades (1826; raccolta
complessiva, con lo stesso titolo, 1828). Frattanto si era accostato
al cenacolo romantico e aveva collaborato alla nuova rivista La Muse
française (1823-24); ma la lunga prefazione al suo dramma
Cromwell (1827), poi considerato il vero "manifesto" del
romanticismo francese, fece di lui addirittura il capo acclamato e
riconosciuto della nuova scuola, specie dopo il successo delle
Orientales, un'altra raccolta di poesie (1829), che si distinguono
per la vivacità del ritmo e della fantasia, e per un esotismo
un po' convenzionale, oltre che per il culto della libertà e
di Napoleone.
Nel clima che precedeva la rivoluzione di luglio, e
dopo la censura del suo nuovo dramma Marion Delorme (1829), la prima
rappresentazione del dramma Hernani (25 febbraio 1830), che rompe
apertamente con la tradizione delle regole classiche, suscitò
la violenta reazione dei classicisti e il delirante entusiasmo dei
romantici. Fu per questi ultimi una "battaglia" vinta: l'avvenimento
fece epoca e per molti storici successivi segnò l'inizio del
vero e proprio movimento romantico in Francia. In seguito
l'attività di H. non conobbe soste; continuò la serie
delle sue raccolte poetiche: Les feuilles d'automne (1831), Les
chants du crépuscule (1837), Les voix intérieures
(1838), Les rayons et les ombres (1840), in cui l'ispirazione
intimistica, religiosa e filosofica si alterna con quella politica e
sociale, di poeta "vate", interprete del suo tempo e profeta
dell'avvenire. Una vera tribuna, del resto, egli fece spesso dei
suoi drammi: nel 1831 fece rappresentare Marion Delorme, poi Le Roi
s'amuse (1832), Lucrèce Borgia (1833), Marie Tudor (1833),
Angelo tyran de Padoue (1835), questi ultimi tre in prosa, e quindi
ancora Ruy Blas (1840), forse la sua migliore opera di teatro, e
infine Les Burgraves, che invece cadde clamorosamente (1843).
Intanto anche il romanzo lo aveva attirato: dopo i primi tentativi
giovanili nel gusto del romanzo "nero" allora di moda, Han d'Islande
(1823) e Bug Jargal (1825), pubblicò una delle sue opere
più celebri, Notre-Dame de Paris (1831), colorita, grottesca
evocazione della Parigi medievale e tipico romanzo "romantico",
interessandosi di problemi sociali e morali in Le dernier jour d'un
condamné (1829) e in Claude Gueux (1834). In questo primo
periodo della sua attività, H. svolse pienamente il programma
del romanticismo francese: nella poesia, prevalenza e libertà
dell'ispirazione lirica rispetto a tutte le regole codificate dal
classicismo; concezione di una drammatica sciolta dai vincoli delle
unità pseudo-aristoteliche; sia nel teatro, sia nel romanzo,
una visione fantastica e passionale della vita, in un alternarsi e
confondersi di elementi ora tragici, ora grotteschi. Questo
rovesciamento della poetica classica tradizionale fu, in lui, troppo
spesso programmatico: il che nocque non di rado alla sua opera,
specie al teatro, in cui oggi è agevole riconoscere una
struttura artificiosa, a spese della consistenza dei personaggi.
Ma
già prima dei Burgraves, la sua attività letteraria
cominciava a cedere all'interesse per la vita politica, in un
susseguirsi di passioni travolgenti, di onori, di lutti (amori per
Juliette Drouet, per Mme Biard; elezione all'Académie
française, 1841; tragica morte della figlia
Léopoldine, 1843; nomina alla Camera dei Pari, 1845). La
rivoluzione del 1848 lo orientò verso la democrazia: eletto
deputato, partecipò con passione ai lavori dell'Assemblea
legislativa, finché il colpo di stato del 2 dicembre 1851 non
lo costrinse all'esilio, prima in Belgio, poi nelle Isole Normanne
(Jersey e Guernesey), dove rimase per tutta la durata del Secondo
Impero, riprendendo la sua attività letteraria.
Pubblicò altre quattro raccolte poetiche: Les
châtiments (1853), violenta satira contro Napoleone III e la
sua corte; Les contemplations (1856), che segna un ritorno, con
accenti più puri e drammatici, alla poesia intimistica, ed
è, forse, fra le sue opere poetiche migliori con La
légende des siècles (1859), grandiosa visione epica,
per episodî, della storia dell'umanità; Les chansons
des rues et des bois, infine (1865), poesie leggere e agili, d'un
gusto quasi parnassiano. E dopo altre opere di satira politica in
prosa, (Napoléon le petit, 1852 e l'Histoire d'un crime,
1877), tornò al romanzo con l'ampia epopea dei
Misérables (1862), in cui gli intenti umanitarî si
fondono con le rievocazioni storiche e i ricordi autobiografici, e
poi con Les travailleurs de la mer (1866) e L'homme qui rit (1869).
Tornato in patria dopo il 1870, fu di nuovo eletto all'Assemblea
nazionale, da cui si dimise per protesta contro l'accoglienza ostile
riservata dalla destra a Garibaldi, eletto deputato in quattro
dipartimenti. Nel 1876 fu nominato senatore, ma ormai si dedicava
quasi esclusivamente alla sua infaticabile attività
letteraria. La produzione di questi ultimi anni è
abbondantissima: il romanzo storico Quatre-vingt-treize (1873),
altre due serie de La légende des siècles (1877 e
1883), Torquemada (1882), suo ultimo dramma, e numerose raccolte di
poesie: L'année terrible (1872); L'art d'être
grand-père (1877); Le Pape (1878); La pitié
suprême (1879); L'âne (1880); Religions et religion
(1880); Les quatre vents de l'esprit (1881); infine una serie di
scritti politici, Actes et paroles (4 voll., 1875-85). Fra le
numerose opere postume si ricordano il Théâtre en
liberté (1886), la Fin de Satan (1886), Toute la lyre (1888)
e Choses vues (1887 e 1900; ultima ed. accresciuta, 1913), notazioni
e ricordi personali d'una grande efficacia e di vivo interesse. Se
le opere scritte dopo l'esilio sono viziate dall'enfasi verbale cui
il poeta indulgeva ormai senza freno, lo stesso carattere, seppure
in misura minore, è diffuso in tutta la sua opera che
peraltro rivela vena copiosa e ricca fantasia. Rimase perciò,
salvo rari momenti, lontano da quella perfezione che divenne
l'ideale dei parnassiani. Ma la vastità molteplice della sua
opera, la grandiosità di talune sue concezioni, l'impeto del
sentimento da cui è spesso animato fanno di lui una delle
figure maggiori dell'Ottocento letterario europeo.