Gramsci e Freud

Livio Boni

Per introdurre il rapporto di Gramsci con l'iniziatore della psicoanalisi occorre partire da una prima costatazione storico-filologica : non solo Gramsci non ebbe mai occasione di incontrare Freud, ma è probabile ch'egli non lo abbia neppure mai letto, almeno direttamente, come lascia intendere una lettera a Tania del 20 aprile 1931, in cui si dichiara interessante a ricevere copia della traduzione francese dell'Introduzione alla psicoanalisi, consigliatagli da Sraffa, per poi aggiungere immediatamente : Ho letto qualcosa sulla psicoanalisi, articoli di rivista specialmente ; a Roma mi aveva prestato qualcosa da leggere Rambelinsky sull'argomento 

Dichiarazione laconica, ma precisa quanto basta per confermare l'impressione costante che suscita la lettura della dozzina di appunti dei Quaderni in cui è questione di Freud, del «freudismo» o della «psicanalisi»: il giudizio forgiatosi da Gramsci «sulla» psicoanalisi deriva da un'apprezzamento dei suoi effetti ideologici indiretti, o della sua portata culturale, più che da un giudizio di merito sulla disciplina e la razionalità freudiana in quanto tali. Eppure Gramsci avrebbe potuto accedere più direttamente alla fonte freudiana, non solo in quanto poliglotta (quasi tutta l'opera di Freud fu tradotta in italiano solo trardivamente), ma anche in ragione del suo soggiorno a Vienna, dove rimane tra il dicembre del '23 e l'aprile del '24 , in qualità di delegato del Comintern, o in Russia a metà degli anni '20, quando la psicoanalisi è ancora discussa tra i bolschevichi o nell'Internazionale.

Ebbene, malgrado l'assenza di un rapporto diretto, organico e approfondito di Gramsci con Freud o con la psicoanalisi, la lettura delle note ' freudiane' disseminate nei Quaderni costituisce molto di più di una mera curiosità erudita, rivelando i rudimenti e le premesse di una riflessione d'assoluta originalità, tanto rispetto al panorama filosofico-ideologico dell'Italia tra la Prima e la Seconda guerra mondiale, quanto nel contesto del pensiero marxista in generale, e non manca di suscitare una certa inflessione ad alcuni motivi maggiori della riflessione gramsciana. La sua disamina richiderà dunque una ricostruzione paziente di passaggi dei Quaderni, alquanto sporadici ma gravidi di tensione teorica, attraverso la quale rendere conto, ma anche mettere in prospettiva, la singolarità della riflessione di Gramsci tanto rispetto alla cultura marxista della Terza Internazionale, che rispetto alla cultura italiana, dominata, nel periodo tra le due guerre mondiali, dall'idealismo in filosofia, dal positivismo in campo scientifico, e dal pedagogismo cattolico in materia di morale.

A questo primo volet, condotto sopratutto sui Quaderni, se ne dove poi aggiungere, o vi si deve sovrapporre, un secondo, riguardante la posizione di Gramsci nei confronti della psicoanalisi nelle Lettere del carcere. In queste ultime, infatti, il rapporto con Freud si stabilisce, sempre indirettamente, attraverso la mediazione della moglie Giulia, la quale si avvale di un «trattamento psicanalitico» in URSS all'inizio degli anni Trenta, per curare un grave esaurimento accompagnato da sporadiche crisi di epilessia. Purtroppo non esistono documenti sulla terapia di Giulia Schucht, e neppure testimonianze dirette (almeno a nostra conoscenza), in un'epoca in cui la psicoanalisi, dal punto di vista ideologico non è già più la benaccetta in Unione Sovietica.

Resta il fatto che una tale circostanza sarà occasione di un vero e proprio dialogo tra Gramsci e Giulia sulla portata della scienza freudiana, o quantomeno di un monologo dialogante nelle Lettere, dialogo la cui consistenza ed importanza sembra essere in gran parte sfuggita agli interpreti di Gramsci, e che occorrerà presentare qui nella sua testualità, alfine di render conto di questo secondo versante del rapporto obliquo e assolutamente mediato di Gramsci con Freud.

Solo nel corso di questa disamina, e a partire da snodi precisi, sarà possibile stabilire i punti di convergenza, e quelli di scarto, tra l'elaborazione più astratta dei Quaderni e quella, più vissuta e soggettiva, ma non per questo irriflessa, delle Lettere.

I. La psicoanalisi come proseguimento dei Lumi

Volendosi affidare al filo conduttore della cronologia, sempre fragile ed incerto a proposito dei Quaderni, una delle prime note sull'argomento la si ritrova già nel primo Quaderno :

Le diffusione della psicologia freudiana pare che dia come risultato la nascita di una letteratura tipo 700 ; al « selvaggio», in una forma moderna, si sostituisce il tipo freudiano. La lotta contro l'ordine giuridico viene fatta attraverso l'analisi psicologica freudiana. Questo è un aspetto della questione, a quanto pare. Non ho potuto studiare le teorie di Freud e non conosco l'altro tipo di letteratura così detta « freudiana» : Proust-Svevo-Joyce ?.

Dietro l'apparenza di un appunto estemporaneo questa prima occorrenza di Freud tra le note carcerarie contiene già diverse stratificazioni destinate a riproporsi e a perdurare :

-l'analogia tra la psicoanalisi ed un revival del roussauvismo ;

-la   collocazione   della   rottura   introdotta   da   Freud   su   un   piano   più antropologico-giuridico che epistemologico o psicologico

-la conferma di un'assenza di approccio diretto all'opera di Freud

-la sensibilità nei confronti degli effetti estetico-letterari della sovversione freudiana.

Per quanto riguarda il primo punto, l'analogia tra l’homo psicoanaliticus e il bon sauvage si ritrova in un passaggio di una lettera a Giulia all'incirca contemporanea della nota citata :

E' strano ed interessante - scrive Gramsci il 30 dicembre 1930 - come la psico-analisi di Freud stia creando, specialmente in Germania (a quanto mi appare dalle riviste che leggo) tendenze simili a quelle esistenti in Francia nel Settecento, e vada formando un nuovo tipo di 'buon selvaggio' corrotto dalla società, cioè dalla storia. Ne nasce una nuova forma di disordine intellettuale molto interessante.

E' indubbio che il parallelo tra il buon selvaggio e la concezione della sessualità infantile freudiana possa apparire alquanto ingenuo a chi conosca la concezione freudiana del « perverso polimorfo», e sembri persino, di primo acchito, avvallare la vulgata freudo-marxista secondo la quale la pulsionalità in sé non è che energia positiva corrotta e pervertita dall'ordine sociale e familiare.

Ma, a ben guardare, le cose non stanno proprio in questi termini : quello che interessa Gramsci, nello stabilire il parallelo Freud-Rousseau, non è tanto un'identificazione teorica quanto un'analogia tra gli effetti ideologici suscettibili di scaturire dalla psicoanalisi, attraverso la creazione di « tendenze», o di un «tipo», in netta contraddizione con la morale di origine gesuitica . La «spontaneità» roussauviana è per Gramsci un mito pedagogico la cui portata è da valutarsi dialetticamente, rispetto all'imperio dell'educalo gesuitica . E qualcosa di simile sembra ai suoi occhi riprodursi nel freudismo, soprattutto nella misura in cui esso dà adito ad una rimessa in discussione della morale paternalistica dominante e della sua espressione giuridica, attraverso un'esaltazione del conflitto padri-figli :

La teoria di Freud, il complesso di Edipo, l'odio per il padre-padrone, modello, rivale, espressione prima del principio di autorità - posto nell'ordine delle cose naturali. L'influenza di Freud sulla letteratura tedesca è incalcolabile : essa è alla base di una nuova etica rivoluzionaria (!). Freud ha dato un aspetto nuovo all'eterno conflitto tra padri e figli. L'emancipazione dei figli dalla tutela paterna è la tesi in voga presso i romanzieri attuali. I padri abdicano al loro « patriarcato» e fanno ammenda onorevole dinanzi ai figli il cui senso morale ingenuo è solo capace di spezzare il contratto sociale tirannico e perverso, di abolire le costrizioni di un dovere menzognero.

Se dunque analogia tra Rousseau e Freud sussiste, essa si fonda sulla loro comune funzione dialettica, di rottura con una morale dominante, e non sulla base di un'affinità filosofica tout court. L'istaurazione di un tal raffronto non impedirà del resto a Gramsci di mostrarsi assai critico verso il recupero di tesi neo-roussauviane in Unione Sovietica, in una lettera importante a Giulia su cui avremo occasione di rivenire.

Da queste prime connessioni, basate sull'apprezzamento indiretto dell'apporto freudiano nei Quaderni (l'influenza «incalcolabile» di Freud sulla letteratura tedesca) si può già evincere un primo postulato gramsciano relativo alla psicoanalisi ed al freudismo, valido per la stragrande maggioranza delle sue riflessioni in proposito : la psicoanalisi costituisce una forma di razionalismo moderno e di prolungamento dell'impresa illuministica, e nient'affatto una forma di indulgenza irrazionalistica, come sostenuto invece dalla vulgatata marxista di matrice terzointernazionalistica .

IL L'ideologia versus l'Ideologia ?

Assai importante, rispetto ad un certo ribaltamento, implicito ma sostanziale in Gramsci, dell'approccio marxistico con la psicoanalisi risulta la nota sul «Concetto di ideologia» che figura nel Quaderno 4, e ripresa poi, quasi letteralmente, nel Quaderno 11.

Abbozzando una vera e propria archeologia sommaria del concetto, Gramsci ricorda come :

L' «ideologia» è stata un aspetto del «sensismo», ossia del materialismo francese del XVIII secolo. Il suo significato originario era quello di «scienza delle idee» e poiché l'analisi era il solo metodo riconosciuto ed applicato della scienza, significava «analisi delle idee», cioè «ricerca dell'origine delle idee». Le idee dovevano essere scomposte nei loro «elementi» originari e questi non potevano essere altro che le «sensazioni» : le idee derivano dalle sensazioni.

Nel proseguio della nota Gramsci accenna ai limiti di un tale approccio, troppo facilmente conciliabile con la fede nella «potenza dello Spirito», come avviene in Manzoni, almeno fino alla scoperta del pensiero di Rosmini. Un ruolo privilegiato viene riconosciuto a Destutt de Tracy, in quanto «efficace propagatore letterario dell'ideologia», insieme a Cabanis (Rapports du Physique et du Moral), Bourget, Taine e Stendhal.

E' a questo punto che interviene la menzione di Freud come «ultimo degli Ideologi» (nel senso degli Idéologues). :

Come il concetto di Ideologia da «scienza delle idee », da «analisi sull'origine delle idee», sia passato a significare un determinato «sistema di idee» è da esaminare storicamente, poiché logicamente il processo è facile da cogliere e comprendere.

Si può affermare che il Freud sia l'ultimo degli Ideologi e che un «ideologo» sia il De Man, per cui appare tanto più strano 1' «entusiasmo» per il De Man del Croce e dei crociani, se non ci fosse una giustificazione «pratica» di tale entusiasmo.

E' da esaminare come l'autore del Saggio popolare sia rimasto impigliato nell'Ideologia, mentre la filosofia della prassi rappresenta un netto superamento e storicamente si contrapponga appunto all'Ideologia. Lo stesso significato che il termine di «ideologia» ha assunto nella filosofia della prassi contiene implicitamente un giudizio di disvalore ed esclude che per i suoi fondatori l'origine delle idee fosse da ricercare nelle sensazioni e quindi, in ultima analisi, nella fisiologia : questa stessa «ideologia» deve essere analizzata storicamente, secondo la filosofia della prassi, come una superstruttura.

Senza soffermarci in quest'occasione sui riferimenti congiunturali alla figura di Henri De Man, di cui è spesso questione nei Quaderni1^, si possono estrarre da questo passo una serie di prese di posizione fondamentali rispetto al pensiero di Freud, destinate a fare da sfondo al confronto teorico di Gramsci con l'iniziatore della psicoanalisi :

-la psicoanalisi è un'ideologia nel senso illuministico di una scomposizione materialistica degli elementi che costituiscono il pensiero.

-Freud va dunque considerato e criticato in quanto ultimo rappresentante di una ideo-logia il cui significato è stato superato dalla concezione dialettico-materialista (marxiana) dell'ideologia stessa, ma la cui traslazione di senso resta ancora «da esaminare» pienamente, «storicamente»

-l'approccio della filosofia della prassi riconosce dunque il valore dialettico dell'ideologia illuministicamente intesa, ed al contempo permette di pensarne il «disvalore», in quanto riduzione fisiologista e meccanicistica in fondo ancora compatibile con la propria supplementazione spiritualista (Manzoni, Cabanis, Bourget, Taine, Maurras, Stendhal).

Se ne potrebbe trarre la conclusione che la psicoanalisi resti assegnata, agli occhi di Gramsci, ad un fisicalismo ingenuo e del tutto superato dal materialismo storico. Ma sarebbe una conclusione affrettata quanto parziale. Meglio applicare alla lettura di Gramsci la logica stessa ch'egli impiega nell'apprezzamento della funzione ideologica della psicoanalisi : il fatto stesso che Freud possa apparire come «l'ultimo degli Ideologi» negli anni '30 del XX secolo tradisce una funzione storico-pratica (nel senso della filosofia della prassi) della psicoanalisi che eccede la sua genealogia ideale astratta. Detto in altri termini, si tratta per Gramsci di apprezzare la portata (in)attuale del freudismo, gli effetti ch'essa è in grado di produrre, pur tenendo fermo il fatto che la sua « ricerca dell'origine delle idee» sembra altrettanto astratta (destoricizzata) che il materialismo sensista, e come tale resta esposta al rischio di prestarsi a supplementi d'anima spiritualisti.

Vedremo nel proseguio di questa presentazione del confronto indiretto, frammentario quanto singolarmente pertinente, di Gramsci con Freud, come questa tensione tra l'efficacia critica della psicoanalisi e la sua pretesa ingenuità epistemologica (dal punto di vista della filosofia della prassi) si riveli fertile in Gramsci.

Quel che si può presupporre come assodato, e destinato a non smentirsi in seguito, consiste nella tendenza generale di Gramsci a non liquidare la psicoanalisi come ideologica, nel senso di pura costruzione soprastrutturale della cattiva coscienza della morale borghese, per vedervi piuttosto il recupero della «scienza delle idee» illuministica, recupero apparentemente anacronistico ma in effetti «alla base di una nuova etica rivoluzionaria» in ragione dell'ampiamento del suo campo di applicazione : non più infatti solo critica della metafisica, della teologia, dell'autorità e della morale religiosa, ma critica estesa alle forme fondamentali della società borghese, quali il paternalismo, che la psicoanalisi attacca «su base sessuale» :

Anche la letteratura «psicanalitica» - scrive Gramsci in un'importante nota di Americanismo e fordismo - è un modo di criticare la regolamentazione degli istinti sessuali in forma talvolta «illuministica», con la creazione di un nuovo mito del «selvaggio» sulla base sessuale (inclusi i rapporti tra genitori e figli).

Ecco quindi finalmente chiarirsi i termini della contraddizione apparente del giudizio gramsciano sulla natura illuministica della psicoanalisi : sebbena essa sembri riprendere sic et simpliciter alcuni temi filosofici fondamentali dell'illuminismo (elogio degli istinti + analisi materilistica delle idee morali), un tale recupero di accompagna ad uno spostamento e allargamento di prospettiva concernente ormai l'ordine familiare borghese post-illuministico, in cui la « regolamentazione degli istinti sessuali» coincide con un certo ordine simbolico e politico. Occorre dunque poter valutare i giudizi gramsciani dialetticamente, senza ridurli a giudizi gnoseologici o epistemologici, nella misura in cui la filosofia della prassi tenta di conciliare l'analisi filosofica con l'analisi della funzione storico-pratica delle costruzioni ideologiche, rifuggendo il piano puramente speculativo.

La complessità di un tale approccio rinuncia una volta per tutte ad ogni teoria del riflesso,   dell'emanazione  delle  sovrastrutture  dalle  strutture,  per  restituire  al problema delle ideologie la propria autonomia dialettica.

Questo varrà a maggior ragione nel caso di Freud e della psicoanalisi, il cui interesse deriva per Gramsci giustamente da una serie di contraddizioni interne tra la sovversione   etica   ch'essa   suscita   e   la   sua   sovradeterminazione   filosofica materialistico-spiritualista.

III. Centralità e autonomia della «quistione sessuale»

In questo confronto a distanza, indiretto e frammentario, ingaggiato con Freud, un posto di importanza primordiale e di particolare densità critica è occupato dalla nota su «Alcuni aspetti della quistione sessuale» del Quaderno 22 e, più in generale, dal Quaderno Americanismo e fordismo. Quaderno sui generis, come è stato spesso notato, in virtù del fatto che Gramsci sembra, in qualche misura, sospendervi l'approccio storicistico della filosofia della prassi, per adottare una prospettiva più strutturale e sociologica.

Fin dal primo paragrafo colpisce l'inserimento della «quistione sessuale» tra i nove argomenti di riflessione indicati nel programma di lavoro provvisorio, incentrati appunto sull'analisi del fordismo come nuova forma di razionalizzazione non solo produttiva, ma totalizzante (ideologica, demografica, giuridica e «sessuale»). L'interesse della psicoanalisi viene allora presentato sotto una luce alquanto diversa rispetto alle note precedenti, nell'ottavo punto del piano di lavoro redatto nel '34 :

La psicoanalisi (sua enorme diffusione nel dopoguerra) come espressione dell'aumentata coercizione morale esercitata dall'apparato statale e sociale sui singoli individui e delle crisi morbose che tale coercizione determina.

L'apprezzamento della funzione della psicoanalisi sembra ormai collocarsi in un orizzonte preciso : il problema più generale imposto dalla «regolamentazione degli istinti» nelle società taylorizzate e nella formazione di una nuova etica compatibile con la massificazione del lavoro produttivo. E' questo un aspetto fondamentale e ricco di spunti abbozzato da Gramsci in Americanismo e fordismo, partendo dalla questione della regolazione economica degli «istinti sessuali», per poi individuare l'apporto principale della psicoanalisi nell'edificazione di una nuova etica del rapporto tra i sessi. Ricostruiamo dunque qui di seguito il passaggio dalla questione sessuale alla questione femminile, attraverso la mediazione discreta ma essenziale del riferimento della psicoanalisi, senza perdere di vista che a un siffatto passaggio teorico corrisponde anche un certo bilancio tratto da Gramsci a partire dalle «crisi morbose» della moglie Giulia e da una diagnosi sull'«aumentata coercizione morale esercitata dall'apparato statale e sociale sui singoli individui» in Unione Sovietica, come vedremo nel seguito del capitolo, in particolare attraverso le Lettere. Torniamo dunque alla lunga nota sulla «quistione sessuale», che domanderebbe un'analisi minuziosa e completa, e che costituisce un «testo C», sostanzialmente omogeneo ad una nota del primo Quaderno, sebbene essa assuma una portata diversa nell'economia generale del Quaderno 22.

La psicoanalisi vi viene evocata fin dal primo capoverso. Gramsci parte dall'ipotesi secondo la quale il naturalismo degli utopisti in materia sessuale corrisponde ad una sorta di sublimazione del malessere sessuale reale imposto da ogni costruzione sociale :

Ossessione della quistione sessuale e pericoli di una tale ossessione. Tutti i «progettisti» pongono in prima linea la questione sessuale e la risolvono «candidamente». E' da rilevare come nelle utopie la quistione sessuale abbia larghissima parte, spesso prevalente (l'osservazione del Croce che le soluzioni del Campanella nella Città del Sole non possono spiegarsi con i bisogni sessuali dei contadini calabresi è inetta). Gli istinti sessuali sono quelli che hanno subito la maggiore repressione da parte della società in isviluppo ; il loro «regolamento», per le contraddizioni cui dà luogo e per le «perversioni» che gli si attribuiscono, sembra il più «innaturale», quindi più frequenti in questo campo i richiami alla «natura». Anche la letteratura « psicanalitica» è un modo di criticare la regolamentazione degli istinti sessuali in forma talvolta «illuministica», con la creazione di un nuovo mito del «selvaggio» sulla base sessuale (inclusi i rapporti tra genitori e figli).

La nota prosegue articolando diversi risvolti sociologici della «questione» : le differenze tra campagna e città (Gramsci ricusa l'idea, di ascendente lombrosiano, secondo la quale le popolazioni «degenerate» sarebbero i sottoproletari di recente urbanizzazione, facendo invece notare come «l'incesto » e altre «perversioni» siano attestate nelle campagne e nelle organizzazioni familiari patriarcali) ; le mutazioni della struttura della famiglia , anche grazie ai «progressi dell'igiene » e all'allungamento della vita media ; il problema dell'urbanizzazione massiccia come mutazione socio-politica delle città pone «continuamente su nuove basi il problema dell'egemonia ».

Solo alla fine di questa rapida ma ricca disamina, viene annunciato quello che, agli occhi di Gramsci, costituisce il problema fondamentale posto dalla questione sessuale :

La questione etico-civile più importante legata alla quistione sessuale è quella della formazione di una nuova personalità femminile : finché la donna non avrà raggiunto non solo una reale indipendenza rispetto all'uomo, ma anche un nuovo modo di concepire se stessa e la sua parte nei rapporti sessuali, la quistione sessuale rimarrà ricca di caratteri morbosi e occorrerà essere cauti in ogni innovazione legislativa.

Per poi proseguire :

Ogni crisi di coercizione unilaterale nel campo sessuale porta con sé a uno sfrenamento «romantico» che può essere aggravato dall'abolizione della prostituzione legale e organizzata. Tutti questi elementi complicano e rendono difficilissima ogni regolamentazione del fatto sessuale e ogni tentativo di creare una nuova etica sessuale che sia conforme ai nuovi metodi di produzione e di lavoro. D'altronde è necessario procedere ad una tale regolamentazione e alla creazione di una nuova etica. E' da rivelare come gli industriali (spacialmente Ford) si siano interessati dei rapporti sessuali dei loro dipendenti e in generale della sistemazione generale delle loro famiglie ; la apparenza di «puritanesimo» che ha assunto questo interesse (come nel caso del proibizionismo) non deve trarre in errore ; la verità è che non può svilupparsi il nuovo tipo di uomo domandato dalla razionalizzazione della produzione e del lavoro, finché l'istinto sessuale non sia stato conformemente regolato, non sia stato anch'esso razionalizzato.

Non esiste dunque, per Gramsci, nessuna adaequatìo tra struttura economica e «etica sessuale» - come pure sostiene una gran parte del marxismo ortodosso a seguito di Engels  -, sebbene i due piani vadano pensati nella loro articolazione fondamentale, come esplicita il caso del fordismo. L'alternativa sembra piuttosto collocarsi tra l'eterocoercizione di tipo fordista, imposta dal modello produttivo e supplementata dal « puritanesimo», e lo «sfrenamento 'romantico'» che vi si oppone (Gramsci menziona a più riprese il fallimento del proibizionismo, e parla sovente di «crisi di libertinaggio»).

A questa finta alternativa tra soluzioni infondo solidali, Gramsci contrapporrà l'ideale di una certa autoregolamentazione degli istinti sessuali :

una coercizione di tipo nuovo, in quanto esercitata da una élite di una classe sulla propria classe, non può essere che un'autocoercizione, cioè un'autodisciplina (Alfieri che si fa legare alla sedia) .

La soluzione gramsciana sembra apparentemente lontana dalla prospettiva psicoanalitica, nella misura in cui adotta una morale umanistica 'classica' dell'autolimitazione e del superamento degli istinti. Ma, ancora una volta, una tale presa di posizione va compresa dialetticamente, e non assiologicamente. L'ideale dell' «autodisciplina» non costituisce un modello in sé, ma il tentativo di superare l'alternativa disciplinamento/libertinaggio. Senza contare il fatto che non solo Gramsci condivide la tesi 'antropologica' di Freud secondo la quale «gli istinti sessuali sono quelli che hanno subito la maggiore repressione da parte della società in isviluppo»  - riassunta esemplarmente in II disagio della civiltà (1930), un testo preaappoco contemporaneo ad Americanismo e fordismo e cui Gramsci non ha certamente potuto avere accesso - ma riconosce alla questione sessuale un'autonomia sostanziale rispetto alla questione economica :

I progressi dell'igiene - si legge ancora nella nota «Sulla questione sessuale» - che hanno elevato le medie della vita umana, pongono sempre più la questione sessuale come un aspetto fondamentale e a sé stante della questione economica, aspetto tale da porre a sua volta problemi complessi del tipo di «superstruttura».

Un tale riconoscimento della centralità e dell'autonomia al contempo della questione sessuale rispetto alla questione economica distingue Gramsci tanto dall'economicismo del marxismo ortodosso che dall'approccio freudo-marxista, infondo concordi nel considerare coincidenti l'alienazione sessuale e l'alienazione economico-sociale.

Ma allora, una volta riconosciuta la singolarità dell'approccio gramsciano, il problema sarà il seguente : in che modo la psicoanalisi può contribuire al compito storico che consiste nel concepire una nuova e superiore forma di autoregolamentazione degli istinti ?

Prima ancora di proseguire la lettura dei frammenti teorici dei Quaderni alla ricerca di ulteriori spunti per una risposta a questo quesito, sarà indispensabile passare per un lungo détour attraverso le Lettere, in cui il problema si presenta sotto una forma diversa, meno riflessiva e più soggettiva, quasi performativa, attraverso il confronto con Giulia.

Solo in seguito a questo détour sarà possibile tornare ai Quaderni per apprezzare in tutta la loro portata le conclusioni cui perviene la riflessione gramsciana.

IV. L'incontro indiretto con la psicoanalisi : la cura di Giulia (1929-1932).

L'elaborazione della questione del «malessere» di Giulia costituisce uno dei temi portanti della scrittura epistolare gramsciana, non solo nelle lettere indirizzate  direttamente alla moglie, ma nell'economia generale dell'epistolario. E' quindi alquanto sorprendente constatare la poca attenzione di cui il dialogo di Gramsci con Giulia, circa le ragioni della «malattia» di ques'ultima, abbia goduto nell'insieme dell'abbondante letteratura critica sulle Lettere, assurte in Italia al rango di classico letterario fin dall'immediato dopoguerra.

Il tema biografico, o le letture improntate alla riconduzione delle Lettere al genere della «scrittura carceraria» e della psicologia che vi corrisponde, sembrano aver schiacciato la peculiarità e la singolarità del confronto di Gramsci con la psicoanalisi, attraverso il caso di Giulia, motivo sotterraneo ma costante nelle Lettere, in particolare nella seconda parte. Un altro 'ostacolo epistemologico' all'apprezzamento di questo tema è senza dubbio la tendenza a suturare il contenuto delle Lettere al suo senso politico, facendo dell'evoluzione del rapporto tra Giulia Schucht e Gramsci una sorta di metonimia dell'evolvere del rapporto tra il fondatore del partito comunista italiano e l'URSS.

Per quanto ci riguarda tenteremo dunque di restituire la pertinenza e la complessità della convocazione della psicoanalisi nella corrispondenza carceraria di Gramsci rispetto all'analisi della questione femminile, la cui centralità etica è individuata nei Quaderni, ma che espone nelle Lettere la sua trascrizione soggettiva. Non si tratta dunque di psicologizzare la lettura delle Lettere, ma al contrario di riconoscervi una modalità propria, complementare ma altra rispetto a quella dei Quaderni, di trascrizione del pensiero e dell'esperienza di Gramsci.

A tal fine si deve probabilmente partire dalla lettera a Giulia del 4 novembre 1930, prima occorrenza in cui il malessere di quest'ultima viene esplicitamente tematizzato :

Intanto ti avverto - le scrive Gramsci - che «tutto è scoperto», che non esistono più misteri per me, che cioè sono stato minutamente informato delle tue vere condizioni di salute. Era, a dire il vero, ciò che in Italia si chiama «il mistero delle cose palesi», nel senso che io avevo compreso che tu stavi abbastanza male o per lo meno attraversavi una crisi psichica che doveva avere una base fisiologica ; sarei stato un ben meschino « letterato» se non avessi compreso questo leggendo le tue lettere, che, dopo la prima lettura, che dirò disinteressata, in cui solo l'affetto per te miguida - sono rilette, dirò così, da «critico» letterario e psicanalitico. Per me l'espressione letteraria (linguistica) è un rapporto di forma e contenuto : l'analisi mi dimostra o mi aiuta a capire se tra forma e contenuto c'è adesione completa o se esistono screpolature, mascherature ecc. Si può anche sbagliare, se specialmente si vuol troppo dedurre, ma se si ha del criterio si può capire parecchio, per lo meno lo stato d'animo generale. Ti scrivo tutto ciò per avvertirti che ormai mi puoi e mi devi scrivere con estrema franchezza. 

In effetti Gramsci era stato informato della natura psichica della malattia della moglie, per la prima volta esplicitamente, in una lettera di Tatiana di qualche giorno prima :

Quanto alla sua malattia - scrive Tania Schucht il 22 ottobre - ecco ciò che ne disse essa stessa : i sintomi principali sono delle amnesie per le quali, in certi attimi, non ricorda il significato delle parole. In alcuni casi ha perduto la conoscenza ; ma questo è successo solo 607 volte negli ultimi anni. I medici non sono d'accordo sulla diagnosi : uno dice trattarsi di psicastenia, un altro di isterismo. Il medico che la cura attualmente pensa che non sia nessuna di queste due malattie : ritiene però che queste amnesie siano connesse con la sua abituale incertezza, specialmente nel trovare le parole, acuita dalle prove attraverso cui è passata in questi anni.

Non che la notizia del disagio psichico di Giulia sia una novità. Fin dal '27 Gramsci è informato della «grande depressione psichica» che l'ha afflitta, dell' «angoscia» che la pervade, e che giustifica le difficoltà a scrivergli. Senza contare il fatto che Gramsci conosceva già da prima della prigionia la debolezza nervosa delle sorelle Schucht, in particolare di Eugenia, «Genia», convinta ad esempio di essere la madre di Delio, il primogenito di Gramsci, verso il quale farà prova di un attaccamento morboso, al momento della sua nascita, a Mosca, in assenza del padre.

Ma l'estate del '30 rappresenta una svolta, per due ragioni essenziali : Sraffa visita l'Unione Sovietica e, tra le altre cose, incontra Giulia in sanatorio a Sochi, sur Mar Nero, rendendosi conto che la «crisi» da lei attraversata da ormai quattro anni non è provvisoria e congiunturale, ma profondamente radicata, ed invitando Tania ad informarne Gramsci ; l'altra novità è costituita dal fatto che Giulia comincia, proprio in questo periodo, un trattamento psicoanalitico .

Purtroppo non sappiamo nulla, o quasi, sulle circostanze di quest'esperienza : né il nome dell'analista di Giulia, né la scuola cui appartenesse, né alcun dettaglio sul decorso della cura 3°. Ciò si giustifica probabilmente, almeno in parte, con il fatto che la psicoanalisi si trova già messa all'indice, in URSS, nella seconda metà degli anni '20, e che dunque la sua pratica si faccia discreta, quasi clandestina e sotto copertura medica negli anni '30.

Non è impossibile che future ricerche d'archivio possano apportare qualche lume al riguardo, ma al momento ci si deve accontentare di quel che emerge dai testi. Unica certezza : è al sanatorio di Sochi che Giulia, in seguito a cure psichiatriche più tradizionali, tenta la cura analitica. La sovracitata lettera di Tania del 22 ottobre fa riferimento a sporadiche crisi epilettiche, e sopratutto alle diagnosi precedenti, «psicastenia » e «isterismo», cioè a categorie della psichiatria e non della psicoanalisi, alle quali si contrappone la diagnosi del «medico che la cura attualmente [ che ] pensa che non sia nessuna di queste due malattie : ritiene però che queste amnesie siano connesse con la sua abituale incertezza, specialmente nel trovare le parole, acuita dalle prove attraverso cui è passata in questi anni». Ora, è proprio una siffatta debolezza dell' «espressione letteraria (linguistica)», le «mascheratile» e «screpolature» tra «forma e contenuto» nella corrispondenza di Giulia, che Gramsci si propone di analizzare in quanto «'critico' letterario e psicanalitico». Aldilà della punta d'ironia riconoscibile nella formula, la lettera del 4 novembre 1930 testimonia della volontà di partecipare all'esperienza di Giulia, di jouer le jeu, e al tempo stesso di entrare in concorrenza con l'autorità dell'analista, fondata sull'ascolto e l'analisi della parola.

Il seguito del «tranfert» di Gramsci con Giulia e con la cura da lei sperimentata confermerà l'oscillazione tra queste due attitudini gramsciane : la concorrenza e la complicità con il referente psicoanalitico.

V. La diagnosi gramsciana : il «complesso d'inferiorità» di Giulia

Una tappa fondamentale è rappresentata dalla lettera a Giulia del 31 agosto 1931. Gramsci dispera ormai di poter intavolare un dialogo retto da un'«estrema franchezza», ma non rinuncia ad intervenire nel percorso della moglie, spingendosi fino a formulare un abbozzo di diagnosi :

Ciò che mi scrivi sulla tua salute mi interessa molto, ma non so se continui ancora la cura psicanalitica. Poiché Freud osserva che i familiari sono uno degli ostacoli più gravi alla cura col trattamento della psicoanalisi, io non ho mai voluto insistere sull'argomento e non ci insisterò neanche ora. Del resto tu stessa hai ricordato come spesso io mi riferissi ad alcuni principi della psicanalisi perché tu ti sforzassi di «sgomitolare » la tua vera personalità. Io ero convinto che tu soffrissi di ciò che gli psicanalisti credo chiamino «complesso di inferiorità» che porta alla sistematica repressione dei propri impulsi volitivi, cioè della propria personalità, e all'accettazione supina di una funzione subalterna nel decidere anche quando si ha la certezza di avere ragione, salvo di tanto intanto ad avere degli scoppi di irritazione furiosa anche per cose trascurabili.

Il passo è interessante da più punti di vista. Gramsci sembra tra l'altro evocare una sua certa familiarità con la psicoanalisi. La menzione del «complesso di inferiorità» come concetto attribuito alla psicoanalisi, e chiave di volta dei sintomi di Giulia, tradisce tuttavia più una prossimità con la « psicologia individuale» di Alfred Adler che non una frequentazione freudiana. E' infatti a Alfred Adler - il solo psicoanalista citato nei Quaderni, sebbene Gramsci lo confonda con il leader socialdemocratico

Max Adler  - che si deve l'introduzione del concetto operatorio di «complesso di inferiorità», introduzione che gli costerà la scomunica freudiana e l'esclusione dal Movimento psicoanalitico nel 1911 . Militante socialdemocratico, vicino alla corrente cosidetta «austromarxista», Alfred Adler aveva elaborato una concezione socio-fisiologica della nevrosi, spiegandola appunto con un «complesso di inferiorità» tra il biologico ed il sociologico, che finiva, agli occhi di Freud e dei freudiani, per desessualizzare il problema della nevrosi, e che incontrerà una certa fortuna sul freudo-marxismo austriaco, attirando l'interesse dello stesso Trotski. L'estratto sovracitato sembra testimoniare del fatto che Gramsci sia stato in qualche misura permeato da un tale approccio, diffuso negli ambienti viennesi marxisteggianti degli anni '20.

Quanto all'applicazione di una diagnosi di matrice adleriana al caso di Giulia, essa sarà ribadita, alcuni mesi più tardi, in un'importante lettera a Tania :

La mia impressione - scrive Gramsci il 15 febbraio 1932 - è questa : che il sintomo più grave delle condizioni di squilibrio psichico di Giulia non sono i fatti, molto vaghi, ai quali ella si riferisce e che sarebbero la ragione per la cura psicanalitica, quanto il fatto che ella sia ricorsa a questa cura e abbia tanta fiducia in essa. Non ho certo vaste e precise conoscenze sulla psicoanalisi, ma da quel poco che ho studiato mi pare di poter concludere almeno su alcuni punti che possono essere ritenuti saldamente acquisiti dalla teoria psicanalitica, dopo averla sfrondata di tutti gli elementi fantasmagorici e stregoneschi. Il punto più importante mi pare questo : che la cura psicanalitica possa essere giovevole solo per quella parte di elementi sociali che la letteratura romantica chiamava «umiliati e offesi» e che sono molto più numerosi e vari di quanto non appaiano tradizionalmente. Cioè di quelle persone che prese nei ferrei contrasti della vita moderna (per parlare solo di attualità, ma ogni tempo ha avuto una modernità in opposizione a un passato) non riescono con mezzi propri a farsi una ragione dei contrasti stessi e quindi a superarli raggiungendo una nuova serenità e tranquillità morale, cioè un equilibrio tra gli impulsi della volontà e le mete da raggiungere.

L'assegnazione della pertinenza della psicoanalisi ad alcuni «elementi sociali», che Gramsci definisce, dostoievskianamente, «gli umiliati e offesi», sembra infatti avvallare la tendenza sociologizzante adleriana della sua lettura, non solo del caso di Giulia, ma dell'interesse stesso della psicoanalisi in quanto tale. Tuttavia Gramsci stesso, anche in seguito alle critiche mossegli da Tania (23 febbraio 1932), sarà indotto a precisare e complicare significativamente la propria posizione :

Voglio precisare meglio - scrive a Tania il 7 marzo 1932 -una mia affermazione a proposito della psicanalisi. [...] Io non ho detto che sia accertato che la cura psicanalitica non si adatti che ai casi di elementi così detti «umiliati e offesi» ; non so nulla in proposito e non so se qualcuno abbia finora posto la questione in questi termini. Si tratta di alcune mie riflessioni personali, non controllate sulla critica più attendibile e scientificamente concepita della psicoanalisi ; che io ho presentato per spiegarti il mio atteggiamento verso la malattia di Giulia : questo atteggiamento non è poi così pessimistico come ti è sembrato e specialmente non è basato su fenomeni di ordine così primitivo e così basso come ti ha indotto a credere l'espressione «umiliati e offesi» che ho adoperato per brevità e solo come riferimento generico. Ecco il mio punto di vista : - Io credo che tutto ciò che di reale e di concreto si possa salvare dall' «échaffuadage» psicanalitico si possa e debba restringere a questo, alle osservazioni delle devastazioni che determina in molte coscienze la contraddizione tra ciò che appare doveroso in modo categorico e le tendenze reali fondate sulla sedimentazione di vecchie abitudini e vecchi modi di pensare. Questa contraddizione si presenta in una molteplicità di manifestazioni, fino ad assumere un carattere strettamente singolare in ogni individuo dato. In ogni momento della storia, non solo l'ideale morale, ma il «tipo» di cittadino fissato dal diritto pubblico è superiore alla media delgli uomini viventi in un determinato Stato. Questo distaccodiviene molto più pronunziato nei momenti di crisi, come è questo del dopoguerra, sia perché il livello di moralità si abbassi, sia perché più in alto si ponga la meta da raggiungere e che viene espressa in una nuova legge e in una nuova moralità. Nell'uri caso e nell'altro la coercizione sugli individui aumenta, aumenta la pressione e il controllo di una parte sul tutto e del tutto su ogni componente molecolare. Molti risolvono la quistione facilmente : superano la contraddizione con lo scetticismo volgare. Altri si attengono esteriormente alla lettera delle leggi. Ma per molti la quistione non si risolve che in modo catastrofico, perché determina scatenamenti morbosi di passionalità repressa, che la necessaria « ipocrisia» sociale (cioè l'attenersi alla fredda lettera della legge) non fa che approfondire e intorbidare. Questo è il nucleo essenziale delle mie riflessioni, che intendo io stesso quanto sia astratto ed impreciso se preso così alla lettera : si tratta però solo di uno schema, di un indirizzo generale, e se capito così mi pare abbastanza chiaro e perspicuo.

La messa a punto di Gramsci permette di sfumare quanto avanzato in precedenza :

-malgrado il riferimento al « complesso di inferiorità» di Giulia, che riccorre più volte nelle Lettere ? Gramsci non lo associa esplicitamente ad una lettura sociologizzante della psicoanalisi, sebbene questo non escluda un certo approccio adleriano della sua lettura «personale» ;

-più che una psicodinamica fondata sul complesso di inferiorità sociale, Gramsci sembra sostenere l'idea di una «contraddizione» strutturale tra «ciò che appare doveroso in senso categorico e le tendenze reali fondate sulla sedimentazione delle vecchie abitudini e modi di pensare» :

una siffatta contraddizione tra dovere sociale e abitudini non corrisponde tuttavia alla contraddizione freudiana tra Super-io e pulsioni, approssimandosi piuttosto alla prospettiva durkheimiana sul «tipo» sociale come necessariamente «superiore alla media», e agli effetti di «coercizione» che ne derivano, acuiti in momenti di «crisi»

Bisogna dunque riconoscere ed al tempo stesso non esagerare il ricorso alla nozione di «complesso di inferiorità» nell'analisi gramsciana del sintomo di Giulia. Il concetto compare invero, sia pur sporadicamente, anche nei Quaderni, a proposito della letteratura popolare, e ancora una volta associato al nome proprio di Freud :

Il romanzo d'appendice sostituisce (e favorisce nel tempo stesso) il fantasticare dell'uomo del popolo, è un vero sognare ad occhi aperti. Si può vedere ciò che sostengono Freud e i psicanalisti sul sognare ad occhi aperti. In questo caso si può dire che nel popolo il fantasticare è dipendente dal «compelsso di inferiorità» (sociale) che determina lunghe fantasticherie sull'idea di vendetta, di punizione dei colpevoli dei mali mal sopportati,ecc.

Vedremo tuttavia, che il complesso d'inferiorità non costituisce iiyì'n mot di Gramsci né circa la malattia di Giulia né per quanto riguarda l'applicazione fondamentale della psicoanalisi alla teoria sociale.

VI.     Catarsi

Esiste infatti una stratificazione ulteriore del confronto gramsciano con la psicoanalisi, stratificazione invisibile nei Quaderni, ma intellegibile nelle Lettere, sopratutto quando si segua il filo del rapporto con Giulia e con il suo disagio come un filo rosso per la lettura dell'epistolario. Questa stratificazione ulteriore è costituita dall'evocazione da parte di Gramsci, a partire dalla fine dell'estate del '32 - anno in cui Giulia mette fine, verosimilmente, alla cura analitica - di una «catarsi» del loro rapporto. Già in una lettera del 18 luglio Gramsci si dichiara :

contento che [tu] non abbia più la fissazione della cura psicanalitica, che, per quel poco che posso giudicare allo stato delle mie conoscenze, mi pare troppo imbevuta di ciarlataneria e tale, se il medico curante non riesce in poco tempo a vincere la resistenza del soggetto e a strapparlo con la suaautorità alla depressione - da aggravare le malattie invece di guarirle, suggerendo all'ammalato motivi di nuove inquietudini e di raddoppiato marasma psichico . 

Tra l'estate e l'autunno del '32 la corrispondenza tra Gramsci e Giulia conosce il momento di più grande intensità, in coincidenza con la fine dell'analisi di Giulia. Un passo di una lettera del 28 novembre sembra testimonaire di una certa evoluzione nella concezione del malessere della moglie da parte di Gramsci. Non si tratta più di constatare l'efficienza di un complesso d'inferiorità, ma una vera e propria «lacerazione» tra Super-io ed Io :

C'è sempre un fondo «ginevrino» nel tuo animo e questo fondo è la causa di una parte cospicua del tuo disagio psichico, e quindi anche dei tuoi dolori fisici. C'è qualcosa di contraddittorio nel tuo intimo, una lacerazione, che non riesci a rimarginare, tra teoria e pratica, tra cosciente ed istintivo.

E' questa l'ultima diagnosi gramsciana sulla nevrosi di Giulia, diagnosi che ripropone l'accostamento tra Rousseau e Freud già incontrato nei Quaderni. Nella corrispondenza con Giulia, anche del periodo precarcerario, si ritrovano d'altronde diversi spunti polemici nei confronti della pedagogia sovietica, nella quale si andavano affermando, fin dall'inizio degli anni '20, diverse tendenze basate sull'educazione spontanea ed il rifiuto della coercizione, tendenze alle quali non era affatto estranea una certa ricezione della psicoanalisi 43. Gramsci rifiuta una siffatta prospettiva, considerando che « l'uomo è tutto una formazione storica» e che «ciò che si crede una forza latente non è per lo più che il complesso informe ed indistinto delle immagini e delle sensazioni dei primi giorni, dei primi mesi, dei primi anni di vita, immagini e sensazioni che non sono sempre le migliori che si possono immaginare»44.

Ancora una volta la prospettiva gramsciana va in senso contrario alla tendenza freudo-marxista, per la quale si tratta di liberare l'infanzia dall'alienazione educativa e dalla repressione dei corpi e della libido, assecondando la pretesa neutralità degli istinti. Gramsci si mostra in quest'occasione al tempo stesso più marxiano (non esiste un'essenza astorica della natura umana) e più freudiano (la formazione della personalità infantile non è esente da elementi morbosi, fin dai suoi primi passi).

Ma torniamo all'esito del dialogo tra Gramsci e Giulia sull'analisi di quest'ultima, dialogo di cui abbiamo considerato ovviamente solo il versante della scrittura gramsciana.

Se ne può rintracciare un'ultima traccia, se non addirittura l'extrema ratio,   in conclusione di una breve lettera a Giulia dell'8 agosto 1933, in cui si legge :

A me pare che debba avvenire in noi una catarsi ; come dicevano i greci, per cui i sentimenti si rivivono « artisticamente» come bellezza, e non più come passione condivisa ancora operante. 45

Facendo astrazione delle circostanze biografiche e letterali precise in cui interviene questo riferimento alla « catarsi» nella corrispondenza con Giulia, esso tradisce probabilmente un'ultima disputatio con la psicoanalisi. E' noto infatti che Gramsci si serve della nozione di «catarsi» nel primo paragrafo dell'importante nota 6, «Introduzione allo studio della filosofia» del Quaderno 10 :

Si può impiegare il termine di «catarsi» per indicare il passaggio dal momento meramente economico (o egoisitico-passionale) al momento etico-politico, cioè l'elaborazione superiore della struttura in superstruttura nella coscienza degli uomini. Ciò significa anche il passaggio dall' « oggettivo al soggettivo» e dalla «necessità alla libertà». La struttura da forza esteriore che schiaccia l'uomo, lo assimila a sé, lo rende passivo, si trasforma in mezzo di libertà, in strumento per creare una nuova forma etico-politica, in origine di nuove iniziative. La fissazione del momento «catartico» diventa così, mi pare, il punto di partenza per tutta la filosofia della prassi, il processo catartico coincide con la catena di sintesi che sono risultato dello svolgimento dialettico 46.

La nozione di catarsi, istituita in filosofìa a partire dalla Poetica di Aristotele, viene dunque rivisitata da Gramsci per indicare la traslazione, il transfert, dal piano della determinazione oggettiva a quello dell'effetto di soggettivazione che deriva dalla coscienza stessa di una tale determinazione, producendo uno scarto, uno spostamento in cui risiede la «libertà» stessa dell'azione etico politica. Non siamo molto lontani dalla logica freudiana della sublimazione (la catarsi e la sublimazione designano del resto due processi analoghi in chimica). E' importante ricordare come la psicoanalisi stessa abbia fatto ricorso alla nozione di «catarsi» allorché Freud e Breuer mettono in pratica il primo abbozzo del metodo analitico, fondato sulla libera rememorazione del paziente, sia pure ancora associata all'ipnosi, sorta di mimesis di un ricordo traumatico rimosso il cui effetto è in sé terapeutico, catartico per l'appunto. Freud e Josef Breuer chiameranno «metodo catartico» questo antisegnano della tecnica analitica nei loro Studi sull'isteria pubblicati nel 1895. E' probabile che più di un'eco di questa rivisitazione freudiana della catarsi risuoni allora nella concezione gramsciana , sopratutto nel momento in cui essa viene convocata nel dialogo con Giulia. Ma resta difficile giustificare oggettivamente l'ipotesi che abbiamo appena avanzato, visto la rarità delle occorrenze testuali. E' possibile che, come nel caso del «complesso d'inferiorità», si tratti di idiosincrasie teoriche non pienamente coscienti da parte di Gramsci, più che di referenze esplicite. Comunque sia, la convocazione della «catarsi» quale orizzonte ultimo del rapporto con Giulia conferma il lavorìo sotterraneo suscitato dal confronto con Freud e con la psicoanalisi nell'impianto etico-poetico delle Lettere, anche in quello che apparentemente vi è di più « classico» 49, lavorìo complementare ed inseparabile da quello, più constativo e razionalizzato dei Quaderni, su cui occorre tornare un'ultima volta, per concludere questa presentazione del rapporto Gramsci/Freud quale si dà dall'interno del testo palinsesto gramsciano.

VII.    La nevrosi futura : Freud e la costruzione dell'uomo collettivo

La rassegna che precede dovrebbe essere sufficiente a fornire un'idea dell'originalità della ricezione gramsciana di Freud, tanto rispetto alla situazione italiana a lui contemporanea - polarizzata dall'opposizione tra l'idealismo in campo umanistico e un positivismo residuale in campo medico-psichiatrico - quanto nel pensiero marxista nel suo complesso. Tale singolarità consiste essenzialmente, come si è visto, in un apprezzamento del freudismo come fattore di destabilizzazione rispetto a tutta una serie di equilibri ideologici della cultura europea 'moderna', e come tale si fonda essenzialmente su un giudizio circa gli effetti del freudismo in diversi campi della cultura di massa (filosofìa materialistica, questione femminile, letteratura, pedagogia, ecc.), cui si accompagna un confronto più intimo, nelle Lettere, in cui si può riconoscere l'abbozzo di una presa di posizione sulla psicoanalisi in quanto psicologia applicata e concreta.

In questo confronto bicefalo con Freud, Gramsci si sottrae tanto alla riduzione della psicoanalisi ad irrazionalismo biologizzante - adottata a partire dalla fine degli anni '20 dal marxismo ufficiale - che alla vague freudo-marxista (Wilhelm e Annie Reich, Vera Schmidt), per la quale si tratta d'« innestare sulla psicoanalisi il materialismo storico, eretto dunque, per mezzo di una tale operazione, al rango di visione del mondo» .

Tuttavia non si può chiudere questa presentazione critica del confronto gramsciano con Freud senza fare menzione di un passo fondamentale dei Quaderni in cui Gramsci sembra spingersi oltre il proprio approccio critico, pronunciandosi sull'interesse della psicoanalisi rispetto all'avvenire dell'ipotesi comunista :

Il nucleo più sano ed immediatamente accettabile del freudismo- scrive Gramsci in una nota intitolata, nell'edizione di Gerratana, «Freud e l'uomo collettivo» - è l'esigenza dello studio dei contraccolpi morbosi che ha ogni costruzione di «uomo collettivo», di ogni «conformismo sociale», di ogni livello di civiltà, specialmente in quelle classi che «fanaticamente» fanno del nuovo tipo umano da raggiungere una religione, una mistica, ecc. E' da vedere se il freudismo necessariamente non dovesse conchiudere il periodo liberale, che appunto è caratterizzato da una maggiore responsabilità (e senso di tale responsabilità) di gruppi selezionati nella costruzione di «religioni» non autoritarie, spontanee, libertarie, ecc. [...] Si pone il problema se sia possibile creare un «conformismo», un uomo collettivo senza scatenare una certa misura di fanatismo, senza creare dei « tabù», criticamente, insomma, come coscienza di necessità liberamente accettata perché «praticamente» riconosciuta tale, per un calcolo di mezzi e fini da adeguare, ecc si.

Si può senz'altro riconoscere in questa nota, redatta intorno al '33, più di un'eco del dialogo con Giulia intorno alla natura della suo 'caso', ma quel che va messo sopratutto in rilievo è l'enunciazione del senso generale dell'interesse della psicoanalisi agli occhi di Gramsci : lungi dall'essere quest'ultima nient'altro che un grimaldello utile a forzare le resistenze ideologiche della cultura borghese, il suo «nucleo più sano ed immediatamente accettabile» è individuato nella possibilità, che essa inaugura, di analizzare i «contraccolpi morbosi» propri alla formazione di ogni nuovo ideale e di ogni una nuova forma di organizzazione collettiva. Come il Freud de II disagio della civiltà (1930), Gramsci pensa infatti che ogni acquisizione di un nuovo «livello di civiltà» implichi nuovi sacrifici pulsionali, esponendo a rischi di nuove forme di «contraccolpi», alla formazione di nuovi «tabù». Il comunismo non fa dunque eccezione : in quanto edificazione di un «nuovo tipo umano», di un «nuovo conformismo», esso, lungi dal fare piazza pulita da ogni forma di alienazione (come pretende l'ideale freudo-marxista) darà luogo a forme inedite ed accresciute di disagio individuale e collettivo. Ed è nell'analisi della produzione di questo nuovo disagio, inseparabile dal superamento della civiltà liberale, che Gramsci individua infine la funzione fondamentale dell'apporto freudiano.


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