Gracchi, i fratelli

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di Tommaso Gnoli

Due nobili a favore del popolo

Negli ultimi decenni del 2° secolo a.C. nell'antica Roma era divenuta centrale la questione agraria. In conseguenza della sua rapida espansione mediterranea, infatti, lo Stato romano soffriva di una profonda crisi economico-sociale, cui i fratelli Gracchi cercarono di porre rimedio. I risultati furono però drammatici

L'impoverimento del ceto medio

Rampolli di una delle più nobili e importanti famiglie romane, la Sempronia, i fratelli Tiberio e Gaio Gracco ricevettero un'eccellente educazione a opera dei migliori insegnanti provenienti dalla Grecia.

Il maggiore, Tiberio, giunse a ricoprire l'incarico di tribuno della plebe nel 133 a.C., dopo essersi distinto nel corso di campagne militari in Africa e in Spagna e aver ricoperto l'incarico di questore del console Ostilio Mancino. Tali esperienze politiche e militari resero Tiberio consapevole del problema rappresentato dall'evidente impoverimento della classe dei medi e piccoli proprietari terrieri a Roma (Roma antica). L'esercito romano, infatti, era costituito essenzialmente da questa classe sociale, poiché i nullatenenti non potevano essere arruolati. Le risorse provenienti dalle grandi guerre di conquista, però, non venivano equamente ripartite tra i cittadini, bensì andavano ad arricchire in particolare coloro che erano già ricchi: i nuovi territori conquistati diventavano terreno pubblico (ager publicus) ma, di fatto, venivano illegalmente occupati dai grandi proprietari terrieri i quali reperivano la manodopera necessaria per occupare più terreno possibile nel grande mercato degli schiavi (schiavitù), continuamente alimentato dalle guerre. Col passare del tempo, quindi, si vennero a creare grandi possessi fondiari lavorati da schiavi accanto a piccole e medie proprietà gestite da contadini liberi. Ma le spese di gestione che i contadini liberi dovevano affrontare diventavano insostenibili rispetto a quelle, bassissime, dei grandi proprietari che utilizzavano gli schiavi. Per effetto di tale concorrenza i contadini liberi finivano per vendere le loro terre che non davano più reddito; ma, a sua volta, la mancanza di contadini liberi comportava una crescente difficoltà, da parte di Roma, di costituire l'esercito.

Il progetto di Tiberio

Il progetto di riforma di Tiberio Gracco era tutto incentrato su una legge agraria che cercava di limitare gli abusi compiuti dai potenti sull'ager publicus. Da allora in avanti non si sarebbe più potuto occupare che una certa quantità di terra per nucleo familiare. Il terreno recuperato sarebbe servito a distribuzioni di piccoli lotti di terra tra gli ex contadini, cui sarebbero toccati in affitto.

Tale riforma era tutt'altro che rivoluzionaria, poiché non limitava in alcun modo la proprietà privata (era infatti possibile possedere legalmente quantità infinite di terra), ma solamente l'illecita occupazione di suolo pubblico. Essa venne tuttavia recepita dall'aristocrazia romana come un vero sopruso e il suo promotore come un pericoloso sovversivo. Nonostante la resistenza del Senato, la legge fu però approvata, anche se i fondi per la sua attuazione dovevano ancora essere reperiti. Ciò indusse Tiberio, che era al termine del suo anno di carica, a candidarsi di nuovo al tribunato per l'anno seguente. L'opposizione senatoria ne approfittò per accusarlo di aspirare alla tirannide, e nel corso dei disordini che seguirono Tiberio venne ucciso. La sua opera però gli sopravvisse.

Le riforme di Gaio

Passarono esattamente dieci anni quando Gaio, il fratello di Tiberio, riuscì a farsi eleggere a sua volta tribuno. Le sue riforme furono molto più radicali: i lotti, frutto delle ridistribuzioni dell'ager publicus, sarebbero diventati inalienabili. Inoltre, Gaio propose anche una riforma giudiziaria, la quale prevedeva che i tribunali venissero tolti al controllo esclusivo dei senatori e in parte dati ai cavalieri, e una riforma che prevedeva la vendita del grano alla plebe romana a bassissimo costo (legge frumentaria).

Queste leggi erano inaccettabili per i conservatori: scoppiarono gravi tumulti, alla fine dei quali Gaio scelse di farsi uccidere da un servo (121 a. C.). Le riforme dei due fratelli furono abolite e nel giro di un decennio non ne rimase alcuna traccia. Tuttavia la loro opera finì per aprire un lunghissimo periodo di scontri interni ‒ noto col nome di guerre civili ‒ che durò esattamente un secolo.