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    di Giuseppe Sircana
    
    Nacque a Messina il 14 ag. 1865 da Francesco, originario dell'isola
    d'Elba, cospiratore risorgimentale e comandante del presidio di
    artiglieria di Messina, e da Giulia Lusoni, discendente da una
    nobile famiglia di Rosignano Marittimo. Compiuti gli studi classici
    a Livorno, il G. si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza
    dell'Università di Pisa, dove fu allievo prediletto del
    grande criminalista F. Ferrara.
    
    Da studente abbracciò le idee libertarie e nel 1887 diede
    alle stampe l'opuscolo Pensieri ribelli (poi in Opere complete, La
    Spezia 1911-12; nuova ed. Milano 1947-48, come gli altri titoli
    citati) che gli valse un processo, nel quale fu difeso da E. Ferri,
    uscendone assolto.
    
    Nel 1889 si laureò, con il massimo dei voti e la lode, con
    una tesi di sociologia criminale intitolata significativamente La
    miseria e il delitto. Nel 1890 il G. fu arrestato a Livorno e
    condannato a un anno di carcere come istigatore del grande sciopero
    scoppiato il 1° maggio; il verdetto venne poi annullato dalla
    Cassazione quando il G. aveva ormai scontato quasi per intero la
    pena. Sottoposto a uno stretto controllo di polizia, il G. decise di
    trasferirsi a Milano, dove F. Turati lo accolse nel suo studio e lo
    aiutò nell'attività professionale, instaurando con lui
    un rapporto di stima e amicizia al di là delle profonde
    divergenze politiche.
    
    Nel 1891, dal 4 al 6 gennaio, il G. prese parte al congresso di
    Capolago, promosso da E. Malatesta e Amilcare Cipriani per dar vita
    al Partito socialista anarchico rivoluzionario, di cui divenne uno
    dei principali esponenti e propagandisti. Nello stesso anno tradusse
    e curò la prima edizione integrale del Manifesto del partito
    comunista di K. Marx e F. Engels e fondò e diresse a Milano
    il periodico "socialista anarchico" L'Amico del popolo: tutti i
    ventisette numeri del giornale vennero sequestrati procurandogli
    denunce e arresti. Sempre nel 1891 partecipò al congresso
    operaio di Milano come rappresentante della Federazione cappellai
    del lago Maggiore.
    
    In quella sede il G. presentò un ordine del giorno in favore
    della linea libertaria, astensionista e antiparlamentare, che si
    contrapponeva a quello della maggioranza, guidata da Turati,
    favorevole al metodo legalitario e alla partecipazione socialista
    alle elezioni. Era il preannuncio di quel che avvenne l'anno
    successivo al congresso di Genova, allorché il G.
    rivendicò per gli anarchici la libertà di svolgere la
    loro propaganda tra i socialisti: "Perché - disse - ci
    mettete alla porta? Dove voi sarete, là vi seguiremo".
    Replicò Turati: "Voi non ci seguirete. Noi non vi metteremo
    alla porta. Soltanto noi siamo stanchi di voi e ci separiamo"
    (Zangheri, p. 477).
    
    L'esito del congresso del 1892, che sancì la nascita del
    Partito socialista dei lavoratori italiani (poi Partito socialista
    italiano) e la sconfitta degli anarchici, amareggiò
    particolarmente il G., il quale, contrario alle tendenze
    individualiste e al metodo violento, riteneva che il vero socialismo
    non potesse non essere anarchico. Nell'agosto 1893 partecipò
    al congresso internazionale socialista di Zurigo, al quale
    intervennero anche Turati, Anna Kuliscioff e Antonio Labriola e ne
    venne espulso, insieme con Cipriani. All'inizio del 1894 fu tra i
    fondatori della rivista La Lotta sociale, la cui pubblicazione venne
    sospesa dopo il sequestro del primo numero.
    
    In questo periodo il G. scrisse, oltre ad alcuni opuscoli
    propagandistici, opere poetiche (Alla conquista dell'avvenire,
    Prigioni e battaglie) e drammi teatrali (Senza patria e Proximus
    tuus) che ottennero vasti consensi di critica e di pubblico. Al
    tempo stesso il G. si affermava come grande penalista dall'oratoria
    trascinante, protagonista di quasi tutti i principali processi
    politici che vedevano gli anarchici sul banco degli imputati.
    
    Tra essi vi fu S.I. Caserio, difeso dal G. davanti al tribunale di
    Milano prima che, il 24 maggio 1894 a Lione, pugnalasse a morte il
    presidente della Repubblica francese S. Carnot. Per quella difesa
    giudiziaria il G., unico degli esponenti libertari più
    rappresentativi ancora in Italia, venne additato come ispiratore
    dell'attentato di Lione.
    
    Per sfuggire all'ondata repressiva che investì gli anarchici
    anche il G. fu costretto a riparare all'estero. Si stabilì a
    Lugano, dove continuò a svolgere attività politica
    facendo della sua casa un ritrovo di altri esuli, tra i quali A.
    Cabrini e G. Podrecca. Dopo aver subito un misterioso attentato
    senza conseguenze, nel gennaio 1895 venne arrestato insieme con
    altri fuorusciti, trattenuto in carcere per due settimane e quindi
    espulso dalla Svizzera. Questa amara esperienza gli ispirò
    Addio a Lugano, il più celebre tra gli inni da lui composti.
    Dopo brevi soggiorni in Germania e in Belgio raggiunse Malatesta a
    Londra e, al suo fianco, partecipò alle lotte dei lavoratori
    inglesi.
    
    A Londra il G. tenne conferenze e strinse amicizia con noti
    esponenti dell'anarchismo internazionale come P. Kropotkin, Louise
    Michel, S. Faure e C. Malato.
    
    Le persistenti difficoltà a procurarsi mezzi di sostentamento
    lo indussero ad accogliere l'invito dell'agitatore socialista
    olandese D. Niewenhuis a recarsi ad Amsterdam, ma poco dopo, avendo
    problemi con una lingua completamente sconosciuta, decise di
    rientrare a Londra. Da lì s'imbarcò come semplice
    marinaio sulla "Neuland", navigando per i mari del Nord prima di
    approdare a New York, dove amici e compagni lo convinsero ad
    abbandonare la nave.
    
    Iniziò allora un'intensissima attività di
    conferenziere e di propagandista politico attraverso le principali
    città degli Stati Uniti e del Canada. Tenne più di 400
    conferenze, trattando di politica, poesia, cultura, filosofia,
    morale, geografia, facilitato dalla padronanza delle lingue
    francese, inglese e spagnola. A Paterson, roccaforte anarchica del
    New Jersey, contribuì alla fondazione della rivista Questione
    sociale, pubblicò e fece rappresentare il bozzetto sociale in
    un atto Primo maggio.
    
    Nel luglio 1896 si recò a Londra per partecipare, quale
    rappresentante delle Trade Unions nordamericane, al congresso
    operaio internazionale che ripropose il duro scontro tra socialisti
    e anarchici e sancì la definitiva sconfitta di questi ultimi.
    Le amarezze politiche e il peso della frenetica attività
    concorsero al peggioramento della salute del G., minata dalla tisi.
    Subito dopo la conclusione del congresso venne colto da un grave
    esaurimento nervoso e ricoverato in un ospedale londinese. Grazie
    all'interessamento dei deputati G. Bovio e M.R. Imbriani poté
    rientrare in Italia per curarsi, ottenendo la commutazione della
    condanna al domicilio coatto, ancora pendente su di lui,
    nell'obbligo di risiedere all'isola d'Elba. Dopo una breve
    convalescenza, nel 1897 il G. si trasferì a Milano dove
    riaprì lo studio legale.
    
    Tornò nelle aule di giustizia a difendere i suoi compagni di
    fede, tra i quali Malatesta, e riprese a collaborare con i giornali
    anarchici.
    
    Nel 1898, all'inaugurazione del monumento ai martiri delle Cinque
    giornate di Milano, il G., acclamato dalla folla, improvvisò
    un discorso non autorizzato; tale intervento figurò fra i
    principali capi d'accusa nel processo che seguì i moti
    popolari scoppiati nel corso di quello stesso anno. Il G. venne
    condannato a 12 anni di carcere, in contumacia, dal momento che
    aveva già provveduto a espatriare. Raggiunta Marsiglia
    s'imbarcò per Madera e successivamente per il Sudamerica,
    soggiornando a Santos, a Rio de Janeiro e infine a Buenos Aires.
    
    Qui tenne corsi di sociologia criminale all'università,
    fondò e diresse la rivista Criminologia moderna, alla quale
    collaborarono tra gli altri C. Lombroso, G. Ferrero ed E. Ferri. Fu
    tra i promotori della Federacion obrera regional argentina e, grazie
    al suo impulso, l'anarchismo argentino uscì dalla fase
    individualistica e venne definendosi come socialismo anarchico per
    volgersi infine verso il comunismo anarchico. Dopo aver tenuto
    acclamate conferenze anche in Uruguay, Paraguay e Cile, il G., per
    incarico della Sociedad cientifica argentina, effettuò,
    insieme con il pittore A. Tommasi e il poeta C. Pascarella, una
    vasta esplorazione dell'Estremo australe, con esiti di grande
    interesse antropologico e geografico. Il G. continuava intanto a
    interessarsi alle vicende italiane e quando, dopo il regicidio
    compiuto da G. Bresci, montò una nuova ondata antianarchica
    scrisse l'opuscolo La nostra utopia, nel quale giustificava
    l'attentato.
    
    Nel 1903, grazie all'amnistia che cancellava la pena del 1898, fece
    ritorno in Italia. Nello stesso anno fondò con L. Fabbri la
    rivista Il Pensiero, sulla quale ebbe modo di esprimere in modo
    organico la sua concezione del socialismo, dell'anarchismo e della
    lotta sindacale. Dopo aver compiuto nuovi viaggi in Egitto e in
    Palestina, sui quali riferì in un nuovo giro di conferenze,
    il G., colpito anche da un malattia tropicale, si ritirò
    nuovamente all'isola d'Elba dove fu l'animatore dello sciopero dei
    minatori e tra i promotori della Camera del lavoro aderente
    all'Unione sindacale italiana.
    
    Il G. morì a Portoferraio l'8 genn. 1911.