Gigli, Lorenzo

 

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Scrittore e giornalista italiano (Brescia 1889 - Torino 1971). Già direttore dell'Illustrazione del popolo di Torino, per molti anni critico letterario della Gazzetta del popolo. Ha pubblicato saggi, liriche, romanzi, una storia del Romanzo italiano da Manzoni a D'Annunzio (1914), e alcune biografie, fra cui quella di Edmondo De Amicis (1962), inquadrata nella vita sociale della nuova Italia. È anche autore di un fortunato dramma, La pellegrina appassionata (1928).

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DBI

di Giuseppe Izzi

Nacque a Brescia il 23 ott. 1889 da Carlo e Stella Lola.

Il padre, di antica famiglia comitale originaria di Rovato, era operosamente inserito nelle molteplici attività economiche ed educative del mondo cattolico bresciano.

Il giovane G. dopo aver frequentato l'istituto tecnico Nicolò Tartaglia, alla cui presidenza era G.C. Abba, si iscrisse nel 1909 all'Università di Bologna, dove ebbe maestri G. Albini, F. Acri, V. Puntoni e G. Pascoli.

A quegli anni, e in particolare alla figura del Pascoli, il G. dedicò, sotto il modesto titolo di Note e ricordi (in Studi per il centenario della nascita di G. Pascoli pubblicatinelcinquantenario della morte, Bologna 1962, I, pp. 19-30), uno dei suoi scritti più felici e compatti, illuminante anche per l'interpretazione dell'opera poetica pascoliana, specialmente quella latina. Ancora vivo nella memoria del G. (che già aveva parlato del magistero pascoliano nell'articolo A scuola dal Pascoli, in Quadrivio, 8 ott. 1933) il ricordo del Pascoli professore, con il suo "altissimo concetto della scuola", delle sue lezioni dantesche del biennio 1909-11 e dei suoi solenni e commossi funerali.

Il G. si laureò nel 1913 e la tesi di laurea divenne l'anno successivo un volume, Il romanzo italiano daManzoni a D'Annunzio (Bologna 1914), libro, come scrive l'autore, non "di pura critica" ma "di odi e di amori" (Prefaz., p. V), non soltanto letterari ma anche politici.

Ciò spiega lo spazio dato a E. Corradini, "spirito di apostolo e di poeta" (ibid., p. VII), il cui romanzo La guerra lontana, dedicato agli intrighi romani sottesi alla sconfitta di Adua, simboleggia bene la passione nazionalista del G., passione che ne determinò in seguito le scelte umane e professionali. Il volume si aggiunse al libretto di versi In solitudine (Bologna 1911) e agli articoli pubblicati su La Sentinella di Brescia, di cui il G. era redattore dal 1912.

Sposato nel 1914 con Giulia Almici, il G., menomato a una gamba dalla poliomielite, non poté partire per la guerra come, interventista e nazionalista qual era, avrebbe desiderato. Alla guerra dedicò, invece, una serie di corrispondenze dal fronte destinate non soltanto a La Sentinella ma anche a L'Ideanazionale e alla Gazzetta del popolo (ora in La guerra in Valsabbia nei resoconti di un inviato speciale, maggio-luglio 1915, a cura di A. Mazza, Brescia 1982).

Proprio dalla Gazzetta del popolo di Torino, allora diretta da D. Orsi, giunse nel 1918 al G. l'offerta di un posto in redazione, che egli preferì alla cattedra di materie letterarie vinta a Melfi. Fu questo l'avvenimento centrale della vita del G., che intorno alla Gazzettadel popolo costruì un mondo di relazioni culturali e umane, calandosi pian piano nella vita della città, oramai sua patria d'adozione. L'esperienza giornalistica divenne, dunque, sempre più importante, ma rimase in lui l'aspirazione a scrivere con un respiro più ampio di quello concesso dalla pagina di giornale. Passione e curiosità intellettuali lo portarono, così, ad applicare il suo ingegno alla cura di opere, a traduzioni, a biografie, non trascurando una propria vena originale di drammaturgo e di narratore.

Nel 1922, per la Collezione dei classici italiani, con note, della UTET (Torino), fu curatore di un volume di commedie di C. Goldoni (Commedie. La moglie saggia, La vedova scaltra) e, due anni dopo, traduttore e prefatore di Molière (Il malato immaginario). Seguì la traduzione, con prefazione, di un romanzo di J. Conrad (La follia di Almayer, Milano 1925).

In questi anni iniziò anche la collaborazione alla rivista genovese Le Opere e i giorni (1922-38), diretta da M. Martini, dove apparvero numerosi suoi contributi, tra cui ricordiamo Joseph Conrad (1924, n. 9); Le esperienze di Tonio Kröger (1925, n. 3); Massimo Gorki (1928, n. 8); Note per Kipling (1936, n. 2). Nel 1924, a Torino, il G., insieme con M. Bernardi e G. Gorgerino, dette vita al mensile Il Contemporaneo, sopravvissuto per un solo anno, su cui ebbe a scrivere anche P. Gobetti.

Sulla Rivoluzione liberale di quest'ultimo, nel n. 10 del 19 febbr. 1924, comparve una lunga lettera del G. su La libertà, in cui egli sostiene la tesi secondo la quale non si può parlare di mancanza di libertà in un paese dove è consentita la pubblicazione di un violento scritto antimussoliniano come quello che all'epoca era recentemente apparso sulla rivista per la penna di G. Ansaldo. La Postilla gobettiana di risposta, imperniata sulla sottolineatura dell'istinto corruttore e diseducativo di Mussolini, non poteva incidere più di tanto sull'animo del G., le cui scelte di fondo si appoggiavano a quelle della cultura nazionalistica e, in particolare - come appare anche dall'ultima parte della lettera citata - al bisogno di partecipare al comune lavoro per la costruzione di una nuova patria, a fronte del quale le posizioni del pur stimato Gobetti finivano per apparire al G. astratte ed elitarie.

Il G. dimostrò sempre una vera passione per il giornalismo, anche per la cosiddetta cucina - il lavoro redazionale non firmato - che ne fece un congeniale direttore de L'Illustrazione del popolo, supplemento settimanale della Gazzetta, a lui affidato dal 1928 al 1943.

Questo supplemento si reggeva, infatti, più che su una sfilata di firme su una serie di rubriche imperniate su due differenti filoni, l'istruzione e lo svago, dando, inoltre, grande spazio alle illustrazioni, che si aggiungevano alle due tavole di prima e quarta di copertina. Da segnalare, in particolare, nel 1930, e proprio per merito del G., l'apparizione sull'Illustrazione, sia pure per breve tempo, delle prime strisce di Mickey Mouse, ribattezzato, sempre dal G., Topolino (Decleva, p. 235).

Diverso è naturalmente il discorso per il Diorama letterario, pagina culturale della Gazzetta del popolo, anch'essa diretta dal G., inaugurata il 10 giugno 1931 e uscita ogni mercoledì fino al 22 maggio 1935, poi più irregolarmente fino al 4 nov. 1939. Questo supplemento culturale fu il primo, in Italia e in un quotidiano, a porsi quale integrazione, e in certo modo in concorrenza, con la terza pagina, anche con quella della stessa Gazzetta, che era diretta da E. Bertuetti, dal 1931 vicedirettore del giornale. Tra Diorama e terza pagina la Gazzetta si assicurò di fatto la collaborazione di alcune delle firme più prestigiose della cultura italiana (F.T. Marinetti, M. Bontempelli, A. Campanile, B. Tecchi, G. Comisso, A. Moravia, L. Repaci, E. Patti, E. Montale, P. Monelli, A. Soffici e altri ancora), mentre lo stesso G., nei periodi in cui questo supplemento non usciva, poté trovare nella terza pagina ampio spazio per i suoi articoli.

In particolare il Diorama letterario, per lo specifico taglio informativo, per il numero e la qualità dei collaboratori, per le inchieste promosse e i problemi affrontati (tra gli altri, i rapporti autori-editori e il prezzo dei libri), fu, per alcuni anni, un importante punto di riferimento della cultura letteraria italiana. È stato anche osservato che le sezioni culturali della Gazzetta del popolo, in particolare il Diorama del G., procedevano di fatto lungo un doppio binario: informazione, a tratti anche molto aperta e innovativa, e contemporaneamente ossequio ai miti del regime e loro celebrazione. Su quest'ultima strada, in verità, il G., in alcuni momenti, sembrò essersi spinto ben oltre, e non tanto per l'articolo del 29 marzo 1933, Contro le torri d'avorio per una letteratura in linea, quanto per una serie di articoli sulla questione razziale, apparsi il 30 agosto, il 10 e il 16 sett. 1938, in cui si appellava all'autorità dei teorici del razzismo, fra cui J.-A. de Gobineau. Soprattutto nell'articolo del 30 agosto, un fondo di prima pagina dal titolo Razzismo imperiale, egli giunse a sostenere gli "effetti vivificatori della separazione delle razze" proponendo un "razzismo costruttivo", premessa "necessaria della nostra politica imperiale". Proprio del Gobineau - fra i maggiori sostenitori della pericolosità degli incroci fra le razze - il G., precedentemente, aveva pubblicato una biografia, Vita di Gobineau (Milano 1933), che aveva attirato l'attenzione di Mussolini cui era dedicata e al quale, probabilmente, ammiccava la chiusa del volume; di fatto, al di là dell'intervento infelice dello stesso G. nel suo articolo, il volume biografico rimane una ricostruzione nel complesso equilibrata della personalità di Gobineau, attenta agli avventurosi casi della sua vita, alle sue amicizie, ai suoi risultati letterari. Sembra infine di poter aggiungere che, in qualche modo, il G. fu ripagato del suo impegno sulla questione razziale con la ripresa delle uscite del Diorama letterario, pressoché interrotte dalla metà del 1935 e di nuovo regolari dal novembre 1938 all'aprile 1939, sia pure con minor spazio rispetto agli anni precedenti.

Ma l'operosità del G. non era rimasta confinata, in quegli anni, nelle pagine del giornale. Alla Vita di s. Vincenzo de' Paoli (Torino 1931) vanno aggiunti, infatti, l'intenso ritratto di donna del dramma La pellegrina appassionata (Milano 1928) scritto insieme con la moglie, che aveva assunto lo pseudonimo di G. Lirios, e la raccolta Il pinguino innamorato e altri racconti (ibid. 1934), in cui il G. mise a frutto sul piano narrativo le sue esperienze di giornalista e di lettore onnivoro.

All'attività del G. come scrittore di teatro vanno ricondotte anche le storie edificanti ed esemplari apprestate per spettacoli giovanili e raccolte in Teatrino senza fili. Diciotto fiabe sceneggiate (Torino 1940), mentre il narratore ricompare nella distesa ricostruzione, tra storia e psicologia, della vita del figlio di Napoleone e di Maria Luigia in Fulmine nascosto. Il romanzo del re di Roma (Milano 1942). Più tardi il G. scrisse un volume di Racconti di Lombardia (Torino 1953), in cui la narrazione dei fatti e il ritratto dei personaggi presenta un carattere di edificazione storica, simile a quello di edificazione morale e psicologica dei testi del Teatrino senza fili.

Ma gli anni Trenta furono per il G. intensissimi anche per la sua produzione come traduttore, attivo in particolare per la Medusa della Mondadori, collana in cui apparvero a sua cura (tutti editi a Milano): A. Huxley, Il mondo nuovo (1933); S. Lewis, Il dottor Arrowsmith (1934); Id., Avventura al Canadà (1936); W. Faulkner, Oggi si vola (1937); J.B. Priestley, Essi camminano per la città (1939); Id., Gli uomini del giudizio universale (1940).

Nel 1942 e nel 1943 la firma del G. apparve anche sul Primato, la rivista di G. Bottai, con pochi interventi, quasi tutti come recensore, mentre il 1° ag. 1943 comparve sulla Gazzetta del popolo lo scritto L'ultima lezione poi rifluito in Racconti di Lombardia, storia di un maestro che raggiunge i garibaldini dopo la seconda guerra d'indipendenza e il cui profetico messaggio agli allievi è "Siamo liberi, ragazzi! siamo liberi".

Il 14 sett. 1943 il G. presentò le sue dimissioni dal giornale, essendosi rifiutato di celebrare l'entrata dei Tedeschi a Torino con un disegno sulla prima pagina di copertina dell'Illustrazione del popolo. Dopo quasi due anni passati seminascosto, presso famiglie amiche e poi nella sua casa di Prandaglio, venne chiamato a riassumere la direzione dell'Illustrazione con una lettera del 12 maggio 1945 di R. Pezzani, commissario straordinario della Società editrice torinese (SET), la casa editrice della Gazzetta. Il G. riprese anche l'attività di critico letterario sulla Gazzetta, e coordinò per la SET una collana di testi teatrali che, tra il 1945 e il 1950, pubblicò opere di W. Shakespeare, Molière, O. Wilde, H. Ibsen, tutte corredate di una sua introduzione; inoltre curò una precorritrice antologia di autori della scapigliatura (La scapigliatura: "un mondo perduto", Torino 1957).

Gli anni del secondo dopoguerra, senza che egli giungesse mai a rinnegare la sua vita precedente, furono, tuttavia, per il G. anni di ripensamento, a partire dal 1943, quando era apparso il volume Anime e frontiere (ibid.).

Qui egli riordinò in gran parte lavori già pubblicati altrove cui, però, la collocazione in volume dà un diverso spessore e nelle cui pagine risaltano il gusto e la capacità del G. di concentrare in pochi tratti l'immagine compiuta di un artista, di uno scrittore, di un politico. Centro ideale del libro è il capitolo Storia di una generazione, dedicato a C. Péguy, dove bene si spiega la radice generosa di tante scelte e contraddizioni che appartennero anche alla figura e all'opera del Gigli.

All'attività di critico e di scrittore il G. aggiunse un altro impegno, entrando a far parte del comitato direttivo del Centro nazionale di studi alfieriani, di cui fu anche presidente dal 1963 fino alla morte.

Così, nel 1949, nell'ambito delle celebrazioni alfieriane per il secondo centenario della nascita del poeta, presiedette il congresso su "Il teatro alfieriano"; mentre C. Calcaterra, allora presidente del Centro, ci informa che al G. si deve un volumetto divulgativo sull'Alfieri pubblicato in quell'occasione (in Convivium, Raccolta nuova, XVIII [1949], 3-4, Scritti sull'Alfieri, alle pp. 645 s., 652). E sicuramente il G. ebbe ben presente la trilogia piemontese del Calcaterra (Il nostro imminente Risorgimento; I Filopatridi; Le adunanze della "Patria società letteraria", Torino, rispettivamente 1935, 1941 e 1943) nello scrivere il suo Santorre Santarosa (Milano 1946), garbata quasi-agiografia, basata su diari, opere, lettere e testimonianze, in cui largo spazio hanno, appunto, i temi e i personaggi studiati dal Calcaterra. A questi, d'altra parte, lo avvicinava un itinerario politico quasi simile, segnato in entrambi da una presa di distanza verso le compromissioni con il passato regime, presa di distanza che in G. si manifestò in più occasioni, anche nel volume su De Amicis (Torino 1962), dove si incontrano pagine che suonano come efficace palinodia delle molte, forse troppe, scritte dal G. durante il ventennio. Il volume su De Amicis, tuttavia, non è soltanto questo; ché, anzi, per unanime riconoscimento, è forse il frutto più maturo dell'attività critica del G., in particolare della sua attitudine a ricostruire personalità e ambienti. Né mancano acquisizioni preziose che la critica sviluppò in seguito, come quelle relative ai rapporti di De Amicis con il socialismo e al romanzo Primo maggio.

Con il De Amicis si può, insomma, dire conclusa la parabola critica del G., anche se per quasi un decennio egli continuò a scrivere e a lavorare, in particolare per la sua Gazzetta.

Il G. morì a Torino il 29 nov. 1971.

Fonti e Bibl.: Necr. in La Stampa, 30 nov. 1971; Il Giorno, 1° dic. 1971; Giornale di Brescia, 1° dic. 1971; D.C. Eula, La "Gazzetta del popolo" nel suo novantesimo anno: 16 giugno 1848 - 16 giugno 1938, Torino 1938, passim; E. Falqui, Novecento letterario, III, Firenze 1961, passim (in particolare p. 244 per l'appartenenza del G. a un "filone saggistico piemontese"); A. Del Boca, Quarant'anni, in Gazzetta del popolo, 18 ott. 1962; E. Bertuetti, L. G. uomo, in Il Bruttanome, 1962, n. 3-4, pp. 418-423; L. Goffi, L. G. critico, ibid., pp. 425-439; W. Rossani, Ricordo di L. G., in L'Osservatore romano, 26 febbr. 1972; P. Bianucci, L. G. critico e scrittore, in L'Osservatore politico-letterario, XVIII (1972), 3, pp. 64-69; A. Gramsci, Quaderni dal carcere, Torino 1975, pp. 1943 s., 2976 s.; M. Grandinetti, Giornali e giornalisti, in Torino città viva. Da capitale a metropoli 1880-1980. Cento anni di vita cittadina. Politica, economia, società, cultura, I, Torino 1980, pp. 127 s.; M.R. Masoero - V. Jacomuzzi - C. Casalegno, Le terze pagine ("La Stampa" e la "Gazzetta del popolo"), in Letteratura e Piemonte nel '900, San Salvatore Monferrato 1980, pp. 335-350; A. Mazza, Casa Gigli a Prandaglio, in Giornale di Brescia, 5 marzo 1981; Id., L. G. giornalista, critico letterario e scrittore, in L. Gigli, La guerra in Valsabbia…, 1982, cit., pp. 9-33; G. Bergami, "Il Contemporaneo": scheda di un giornale letterario e d'arte uscito a Torino nel 1924, in Studi piemontesi, XII (1983), 1, pp. 144-153; D. Actis, Giornalismo letterario a Torino: il "Diorama" (1931-1939) di L. G., ibid., XIII (1984), 2, pp. 314-326; A. Del Boca, Gli Italiani in Africa Orientale. La conquista dell'Impero, Roma-Bari 1986, p. 346; P. Murialdi, La stampa del regime fascista, Roma-Bari 1986, p. 119; A. D'Orsi, La vita culturale e i gruppi intellettuali, in Storia di Torino, VIII, Dalla Grande Guerra alla Liberazione (1915-1945), a cura di N. Tranfaglia, Torino 1988, pp. 545, 547, 577, 579, 615, 620; M. Guglielminetti, La cultura letteraria, ibid., pp. 663 s.; R. De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Torino 1993, p. 255; Id., Mussolini il duce. Lo Stato totalitario. 1936-1940, ibid. 1996, p. 287; E. Decleva, Arnoldo Mondadori, Torino 1993, p. 235; Diz. universale della letteratura contemporanea (Mondadori), II, Milano 1959, pp. 455 s.; Diz.generale degli autori italiani contemporanei (Vallecchi), I, Firenze 1974, pp. 599 s.