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Movimento teologico, religioso e politico il cui nome deriva da
quello del teologo olandese Giansenio, il cui trattato Augustinus,
pubblicato postumo a Lovanio nel 1640, fu condannato con un decreto
dell’Inquisizione nel 1641, quindi da Urbano VIII (con la bolla In
eminenti del 1642) e da Innocenzo X, la cui bolla Cum occasione (31
maggio 1653) condannava come eretiche cinque proposizioni nelle
quali la facoltà di teologia di Parigi individuava il nucleo
della dottrina di Giansenio. Esse riguardavano la grazia e il libero
arbitrio, il peccato e la redenzione: i problemi più discussi
dalla Riforma protestante in poi e oggetto di nuove e accese
controversie anche nella Chiesa cattolica dopo Baio e Luis de
Molina. La moderna storiografia riconosce nel g. un fenomeno
complesso che è insieme movimento di riforma del dogma, della
teologia morale, della spiritualità – intesa sullo sfondo di
una riforma, anche cattolica, sub specie interioris – della
disciplina ecclesiastica (con un forte richiamo alla prassi della
Chiesa antica), nonché di reazione a un certo tipo di
«umanesimo» ravvisato soprattutto nelle dottrine sulla
grazia dei gesuiti.
La dottrina. Al di là della presenza o meno nell’Augustinus
delle tesi condannate nella bolla Cum occasione – presenza negata
risolutamente dai cosiddetti solitari di Port-Royal, da Arnauld in
due scritti del 1655, e ribadita nella bolla Ad Sanctam di
Alessandro VII del 1656 – la dottrina di Giansenio radicalizzava,
sulla scia di Baio, la posizione di Agostino secondo cui l’uomo,
dopo il peccato originale, non sarebbe più in grado di volere
o compiere il bene con le sole sue forze. L’intervento della grazia
come dono gratuito di Dio, concesso da questi – nella sua
volontà imperscrutabile – ai soli predestinati, rappresenta
per l’uomo l’unica possibilità di salvarsi, indipendentemente
e prima di ogni previsione dei meriti. Tale dottrina della grazia
aveva alcuni punti di contatto con quella protestante, dalla quale
si distingueva però in virtù di una forte insistenza
sul valore delle opere; l’uomo infatti sarebbe capace di opere buone
solo in virtù della fede, mentre le virtù umane – per
es. quelle pagane – senza la fede si rivelerebbero necessariamente
peccaminose. Questo è uno degli aspetti che maggiormente
distanziano il g. da un certo umanesimo sostenuto e rivendicato
anche dai gesuiti, di cui i giansenisti condannavano la morale
eccessivamente lassista, sostenuta dalla tesi che la salvezza
sarebbe sempre alla portata dell’uomo che vive nel seno della Chiesa
e che in virtù di ciò possiede una «grazia
sufficiente» alla salvezza, se solo supportata da una buona
volontà. Questa era sostanzialmente la posizione di Molina,
che i gesuiti avevano posto alla base della loro opera di
evangelizzazione e proselitismo, volta a mantenere all’interno della
Chiesa il più alto numero di fedeli. Altri aspetti centrali
del g. sono il rigorismo morale, l’episcopalismo e l’importanza
fondamentale attribuita alla Bibbia e agli scritti dei padri della
Chiesa.
La diffusione. Il g., sviluppatosi inizialmente in Belgio e in
Olanda, ebbe il suo centro nell’abbazia francese di Port-Royal, dove
operarono Arnauld e Pascal (che intervenì nel dibattito sulle
dottrine gianseniste con le Les provinciales del 1656) e di
lì si diffuse in Francia, entrando in contrasto, oltre che
con il papato, anche con la monarchia francese. Tuttavia il g.
rimase vitale per tutto il 18° sec. come movimento politico e
culturale, oltre che religioso, contestando il primato papale in
favore dell’autorità dei vescovi e contrastando l’assolutismo
monarchico, in accordo con un certo gallicanesimo parlamentare. In
Italia influenzò alcune correnti religiose, soprattutto in
Toscana e in Lombardia, promuovendo una riforma che assume talvolta
sfumature anticuriali e rivela simpatie giusnaturalistiche in
diversi suoi esponenti.