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Ana Maria de Jesus Ribeiro da Silva, meglio conosciuta come Anita
Garibaldi (Morrinhos, 30 agosto 1821 – Mandriole di Ravenna, 4
agosto 1849), fu una rivoluzionaria italiana di origine brasiliana;
moglie di Giuseppe Garibaldi, è conosciuta universalmente
come l'Eroina dei Due Mondi.
La vita in breve
Nacque il 30 agosto 1821 in Brasile a Morrinhos, presso Laguna nello
stato di Santa Catarina, figlia del mandriano Bento Ribeiro da
Silva, detto "Bentòn", e di Maria Antonia de Jesus Antunes.
La coppia ebbe tre figlie femmine e tre figli maschi. La bambina fu
battezzata Ana e chiamata in famiglia Aninha, che è il
diminutivo di Ana in lingua portoghese. Fu Garibaldi ad attribuirle
il diminutivo spagnolo Anita, con il quale è universalmente
nota. Dopo che la famiglia si fu trasferita a Laguna, nel 1834, in
pochi mesi morirono il padre e i tre figli maschi. Pare che il
trasloco a Laguna si fosse reso necessario per allontanarsi dai
propositi di vendetta di un carrettiere di Morrinhos il quale,
attratto da Anita e avendolo dimostrato con "modi poco rispettosi",
si era visto sfilare il sigaro di bocca dalla ragazzina che, per
sottolineare il proprio diniego, pensò di spegnerlo sul viso
del pretendente. Il 30 agosto 1835, all'età di 14 anni, Anita
va in moglie ad un calzolaio, Manuel Duarte de Aguiar, nella
cittadina di Laguna. La veridicità storica di questa unione -
talvolta contestata, ma senza successo, anche da Menotti Garibaldi,
figlio di Anita e del Generale - sembra essere dimostrata da un atto
di matrimonio ancora esistente e da quanto scritto dallo stesso
Garibaldi nelle sue "Memorie".
Nel luglio del 1839, all'età di 18 anni, Anita incontra
Garibaldi a Laguna. Da quel momento, dopo aver verosimilmente
abbandonato il marito, Anita sarà la compagna di Garibaldi,
la madre dei suoi figli e la compagna di tutte le sue battaglie.
Combatterà sempre con gli uomini, e pare che venga spesso
assegnata alla difesa delle munizioni, sia negli attacchi navali sia
nelle battaglie terrestri.
All'inizio del 1840, nella battaglia di Curitibanos, Anita cade
prigioniera delle truppe imperiali brasiliane. Ma il comandante,
colpito dal temperamento della giovane, le concede di cercare il
cadavere del marito sul campo di battaglia. Anita, approfittando
della distrazione delle guardie, afferra un cavallo e fugge. Si
ricongiunge con Garibaldi a Vacaria, nel Rio Grande Do Sul.
Il 16 settembre 1840 nasce il loro primo figlio al quale danno il
nome di Domenico, ma che verrà sempre chiamato Menotti in
onore del patriota modenese Ciro Menotti. Dodici giorni dopo il
parto, Anita sfugge a una nuova cattura. I soldati imperiali
circondano la sua casa, uccidono gli uomini lasciati da Garibaldi a
difesa e cercano di catturarla. Ma Anita, con il neonato in braccio,
esce da una finestra (o da una porta secondaria), inforca il cavallo
e fugge nel bosco. La sua abilità di cavallerizza e la sua
vitalità la salvano ancora una volta. Rimane nascosta nel
bosco per quattro giorni, senza viveri e con il neonato al petto,
finché Garibaldi e i suoi la trovano. È questo
l'episodio al quale lo scultore Rutelli s'ispirò per il
monumento equestre ad Anita inaugurato sul Gianicolo a Roma nel
1932. A tre mesi Menotti è portato dal padre in un fazzoletto
a tracolla e riscaldato dal calore del corpo durante la ritirata
nella sierra.
Nel 1841, essendo divenuta ormai insostenibile la situazione
militare della rivoluzione brasiliana, Garibaldi e Anita prendono
congedo da quella guerra e si trasferiscono a Montevideo, in
Uruguay, dove rimarranno sette anni, durante i quali Garibaldi
manterrà la famiglia impartendo lezioni di francese e di
matematica. Il 26 marzo 1842 Anita e Garibaldi si sposano nella
parrocchia di San Bernardino. Stando alle "Memorie" del generale,
Garibaldi dovette dichiarare formalmente di avere notizia certa
della morte del precedente marito di Anita. Negli anni successivi
nascono: Rosita (1843) che morirà a soli 2 anni, Teresita
(1845) e Ricciotti (1847), quarto e ultimo figlio.
Nel 1848, alla notizia delle prime rivoluzioni europee, Anita con
Teresita e Ricciotti s'imbarcano per Nizza dove viene ospitata dalla
madre di Garibaldi. Il marito la raggiunge con un altro bastimento
qualche mese più tardi.
Anita a Roma
Il 9 febbraio 1849 a Roma avviene la proclamazione della Repubblica
Romana. Garibaldi raggiunge la città con un corpo di
volontari raccolti tra le città dell'Italia centrale, poco
dopo Anita lascia Nizza e lo raggiunge. Quando il 30 aprile arrivano
davanti a Roma i soldati del corpo di spedizione francese guidato
dal generale Oudinot, inviato dalla Francia per rimettere Pio IX sul
trono, esso subisce una sonora sconfitta da parte dei volontari
romani davanti alle mura di Roma, tra Porta Cavalleggeri e Porta San
Pancrazio, lasciando sul terreno centinaia di morti e decine di
prigionieri. Viene stabilita una tregua che scadrà il 3
giugno durante la quale Ferdinand de Lesseps (lo stesso che anni
dopo dirigerà i lavori per il canale di Suez) viene
incaricato di trovare un accordo con la Repubblica. Ma si tratta
solo di un inganno dei francesi per guadagnare tempo e fare arrivare
altri rinforzi dalla Francia. Quando riprendono i combattimenti la
preponderanza francese è netta e nonostante la strenua
resistenza sul Gianicolo a poco a poco le forze della Repubblica
Romana perdono terreno finché, il 4 luglio 1849, viene decisa
la resa.
Garibaldi però non si arrende e decide di recarsi con tutti
coloro che vorranno seguirlo a Venezia che ancora resiste agli
austriaci. Sebbene inseguito dai corpi di spedizione di quattro
eserciti inviati dalla Francia, dalla Spagna, dall'Austria e dal
regno delle due Sicilie, Garibaldi riesce a condurre in salvo i suoi
uomini nel territorio "straniero" di San Marino dove scioglie la sua
brigata di volontari. Anita è febbricitante, ma sebbene
incinta ha seguito il marito a cavallo. Lo segue anche nella
cavalcata verso Cesenatico. Quando vi giunge è divorata dalla
febbre. Garibaldi con duecento seguaci cerca di raggiungere con 13
bragozzi Venezia che ancora resiste. All'altezza della Punta di Goro
le navi austriache impediscono di proseguire. Alcune barche si
arrendono, altre si avvicinano a terra. Tra queste quella di
Garibaldi ed Anita, che cercano di sfuggire agli austriaci che li
cercano.
I garibaldini si sparpagliano su strade diverse per sfuggire alla
caccia dei soldati austriaci e della polizia papalina. Garibaldi
rimane solo con Anita e con il fedelissimo Capitano Leggero. Nelle
valli di Comacchio i fatti precipitano. La donna perde conoscenza.
Pur braccati dai nemici, Garibaldi e Leggero con l'aiuto di amici
fidati caricano Anita su una piccola barca e poi, su un vecchio
materasso, la trasportano nella fattoria Guiccioli in
località Mandriole di Ravenna, dove cercano disperatamete di
rintracciare un medico, il quale accorre immediatamente ma
può solo constatare che Anita è spirata: è il 4
agosto 1849 e Anita non ha ancora ventotto anni. La sua avventura
umana, storica e sentimentale accanto a Giuseppe Garibaldi è
durata appena undici anni.
L'incontro con Garibaldi
La futura moglie di Giuseppe Garibaldi, che diventò quasi
leggendaria nel Risorgimento italiano e incarnò l'ideale di
amazzone difenditrice dei diritti dei popoli e dell'eguaglianza dei
cittadini, proveniva da una famiglia molto modesta, discendente da
portoghesi delle Azzorre che nel Settecento erano emigrati in
Brasile, prendendo sistemazione nella provincia di Santa Catarina.
Una descrizione certamente attendibile di Anita è quella
lasciata dallo stesso Garibaldi nelle sue "Memorie": “Era una donna
alta, col volto ovale, i grandi occhi neri e i seni prosperosi”
scriverà il generale. Nulla di più sull'aspetto
fisico, che tuttavia doveva aver colpito il giovane Garibaldi in
modo straordinariamente intenso, dato che dopo averla vista per la
prima volta col cannocchiale scrutando un villaggio della Laguna da
bordo della sua nave, volle immediatamente sbarcare per mettersi
alla ricerca di quella ragazza. La cercò inutilmente per
un'ora o giù di lì, finché fu invitato da un
abitante del villaggio nella sua casa a prendere una tazza di
caffè. Aperta la porta, Garibaldi si trovò davanti
quella ragazza alta, fiera e dai "grandi occhi neri" che stava
cercando. E, secondo il suo stesso racconto, le disse spavaldamente
in italiano (perché a quel tempo non conosceva bene il
portoghese): «Tu devi essere mia».
La morte di Anita
Alla morte di Anita, si racconta che Garibaldi piangesse stringendo
nelle mani il polso di lei e non volesse abbandonarla. A fatica il
fedelissimo Leggero lo convinse a riprendere la fuga e a mettersi in
salvo prima dell'arrivo della polizia papalina e dei soldati
austriaci. «Generale, dovete farlo. Per i vostri figli, per
l'Italia...» avrebbe detto Leggero.
Il corpo senza vita di Anita fu frettolosamente sepolto nella
sabbia, dal fattore e da alcuni amici, nella vicina "motta della
Pastorara", allo scopo di nascondere il corpo alle perquisizioni
delle pattuglie.
Sei giorni più tardi, il 10 agosto 1849, la salma venne
casualmente scoperta (un braccio affiorava dalla sabbia ed era
già stato mordicchiato dai cani) da un gruppo di ragazzini.
Fu trasportata al cimitero di Mandriole. Il 12 agosto il Delegato
Pontificio di Polizia in Ravenna, conte Lovatelli (in sostanza il
locale comandante della polizia papalina), consegnò a
monsignor Bedini, Commissario Pontificio Straordinario di Bologna,
un rapporto nel quale si sostiene che "tutto conduce a credere che
fosse il cadavere della moglie o donna che seguiva il Garibaldi, sia
per le prevenzioni che si avevano del di lui sbarco da quelle parti,
sia per lo stato di gravidanza".
Non basta. Il poliziotto aggiunge che il cadavere mostra "segni non
equivoci" di strangolamento (tra l'altro anche lacerazioni alla
trachea). Come dire che Garibaldi, per non essere impacciato nella
fuga, avrebbe strangolato la moglie incinta. È evidente che
si tratta di un rapporto fabbricato ad arte dalla polizia papalina
per discreditare presso il popolo l'Eroe dei due Mondi, il generale
anticlericale che aveva osato sloggiare il Papato da Roma
sostituendolo con la seppur effimera Repubblica. Il referto della
polizia fu poi smentito dallo stesso medico che aveva esaminato il
cadavere di Anita: nessuno strangolamento.
Infatti, in seguito ad un'accurata indagine giudiziaria delle
autorità pontificie (le stesse che davano la caccia a
Garibaldi per ucciderlo), esse finirono col prosciogliere
completamente i Ravaglia (la famiglia presso cui Anita, moribonda,
aveva trovato riparo) da ogni accusa sia d'assassinio, sia di furto.
I medici legali stessi (pontifici) dichiararono dopo esame del corpo
che Anita era morta per cause naturali. Intorno alla morte di Anita,
il rapporto dice: «Fu allora mandato a chiamare dalla boaria
Giuseppe Ravaglia, ed essendo stato deciso di dare ricovero a quella
donna, fu intrapreso il di lei trasporto per adagiarla in un letto
esistente sul piano superiore, sul quale però non poté
essere posata viva, perché su per le scale fu investita da
una specie di convulsione che la tolse dai viventi” Intorno ai segni
che parvero di strangolamento, il rapporto recita: « E quei
guasti nel suddetto cadavere riscontrati l'11 agosto, non derivano
che dall'effetto della inoltrata putrefazione, la quale avendo agito
meno nella parte anteriore del collo, perché il mento lo
aveva maggiormente difeso dal calore tramandato dalla sabbia, le
aveva lasciato un cerchio come di depressione, nel che convenne
poscia lo stesso fisico in successivo esame sostenuto”
Fu necessario il permesso del vescovo di Ravenna perché il
parroco di Mandriole potesse ospitare il corpo nel locale cimitero
e, un tempo ottenuto, Anita venne lì sepolta, avvolta in una
stuoia di canne palustri. Nel 1859 alcuni patrioti della zona
riesumarono i resti per dare all'Eroina più degna sepoltura,
poche settimane prima dell'arrivo di Garibaldi, accompagnato dai
figli Menotti e Teresita, da Nino Bixio e da alcuni fedelissimi,
venuto a riprendere i resti della moglie per seppellirli a Nizza,
non nascondendo la valenza affettiva e l'intento polemico della
scelta:
«Al santuario
Venduto de' miei padri avranno stanza
Le tue reliquie e d'altra donna amata
Madre ad entrambi, adornerai l'avello! »
(da Anita di Giuseppe Garibaldi)
Il compito venne affidato all'amico d'infanzia Giuseppe Deideri che
lo portò a termine l'11 novembre 1859 con la positura dei
resti di Anita nella cappella del castello di Nizza, dove rimasero
fino al 1931. Nel dicembre di quell'anno le spoglie di Anita furono
nuovamente riesumate, alla presenza del nipote Ezio e trasferite
provvisoriamente nel Pantheon del cimitero di Staglieno, accanto
alle tombe di Nino Bixio e Stefano Canzio. Il 2 dicembre 1932, con
un treno speciale, i resti vennero traslati a Roma, dove furono
definitivamente deposti nel basamento del monumento equestre eretto
in onore di Anita Garibaldi sul Gianicolo. La cerimonia vide la
partecipazione di decine di migliaia di persone, e delle delegazioni
ufficiali di molti Paesi, tra i quali Brasile, Uruguay, Polonia,
Ungheria, Francia, Grecia, Cuba e Giappone. La tomba venne chiusa
alle ore 10 e 45.