Freud, Sigmund e la Psicanalisi. 
     
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     Fondatore della psicanalisi (Freiberg, Moravia, 1856 - Londra
      1939). Le sue teorie hanno avuto un enorme impatto su tutti i
      settori della cultura (psicologia dell'arte, della religione ecc.)
      e hanno influito sulle ricerche antropologiche (B. Malinowski, A.
      Kardiner, M. Mead) e sugli indirizzi di medicina psicosomatica (F.
      Alexander).
      
      Vita e opere
    Primogenito di Jakob e della seconda (o terza, stando a documenti
      acquisiti di recente) moglie di questi, Amalie Nathanson, era
      stato preceduto da due figli di primo letto, e sarebbe stato
      seguito da sette tra fratelli e sorelle. Nel 1859, i Freud si
      trasferirono da Freiberg a Lipsia, dove restarono un anno, per
      stabilirsi poi a Vienna. Dotato di precoce intelligenza, con una
      particolare inclinazione per la storia e per le lingue, antiche e
      moderne; estraneo come i genitori alla pratica religiosa, ma
      "ebreo fino al midollo", secondo il biografo E. Jones, e attento
      lettore della Bibbia; partecipe di complesse relazioni affettive
      ed emotive nel quadro familiare; precocemente consapevole del
      proprio talento, conseguì il diploma al Leopoldstädter Gymnasium e
      (1873) s'iscrisse alla facoltà di medicina dell'università di
      Vienna. Frequentò il seminario filosofico e il corso di logica di
      F. Brentano, nel primo e secondo anno, accanto alle lezioni di
      anatomia, chimica, fisica, botanica e zoologia: lo zoologo C.
      Claus gli affidò una ricerca sulle gonadi delle anguille, da cui
      nacque una prima memoria, presentata nel 1877 all'Accademia delle
      scienze. 
    
    Ma il maestro nel quale s'imbatté, e che assunse per lui il
      valore di alto esempio intellettuale, fu il fisiologo E. W.
      Brücke, proveniente dalla scuola berlinese di J. Müller.
      Nell'Istituto Fisiologico Freud portò a termine alcune ricerche di
      anatomia microscopica del sistema nervoso, che rivelarono la sua
      attitudine all'osservazione più che alla sperimentazione. Ma
      quest'atteggiamento faceva parte, in lui, di un più generale
      interesse, d'impronta goethiana, per la natura, nonché per gli
      "enigmi" del mondo e la loro soluzione, come avrebbe notato nel
      poscritto del 1927 alla memoria Die Frage der Laienanalyse
      ("Il problema dell'analisi profana", 1926); e si ricollegava con
      la sua vocazione giovanile alla "conoscenza filosofica"
      (soddisfatta in seguito attraverso la psicologia), di cui si trova
      traccia nell'epistolario col medico berlinese W. Fliess, alla data
      del 2 aprile 1896. Anche le ricerche eseguite presso Brücke furono
      pubblicate dall'Accademia delle scienze (1877, 1878 e 1882). 
    Nel 1881, superati gli esami riepilogativi, detti rigorosi, si
      laureò in medicina e, su consiglio di Brücke, che lo aveva
      invitato a riflettere sulla sua modesta condizione economica,
      rinunciò al laboratorio e si avviò alla pratica professionale. Il
      tirocinio nell'Ospedale Generale di Vienna lo mise a contatto con
      il clinico medico e neurologo H. Nothnagel e con il
      neuropsichiatra T. H. Meynert; questi, insieme a Brücke,
      patrocinarono la richiesta della libera docenza, "Privatdozenz",
      in neuropatologia, che F. conseguì nel luglio 1885, per titoli e
      dopo un esame orale e una lezione sui fasci midollari del
      cervello. Nell'Ospedale, aveva intanto conseguito un posto di
      assistente, che gli assicurava un modesto introito: mentre con la
      sua generosità J. Breuer, medico e fisiologo di elevato prestigio,
      con il quale pubblicherà le Studien über Hysterie ("Studî
      sull'isteria", 1895), si era sostituito al padre, colpito dalla
      crisi borsistica del 1873, e non più in grado di aiutarlo. Ma lo
      sguardo andava ormai oltre la professione; a uscire dalla quale lo
      aiutò il conferimento di una borsa di studio, che gli consentì di
      trascorrere alcuni mesi a Parigi, presso J.-M. Charcot, massima
      autorità europea della neuropatologia. 
    
    Il periodo trascorso alla clinica parigina della Salpêtrière
      determinò una svolta, dalla medicina organicistica alla psicologia
      e psicopatologia: termini che costelleranno le lettere a Fliess,
      con il sapore della scoperta di una dimensione nuova dell'uomo e
      della vita. Charcot si affacciava in quegli anni su una patologia
      nervosa senza lesioni riconoscibili, al cui centro stavano
      l'isteria e l'ipnosi. Su quest'ultima, le vedute di Charcot e
      della sua scuola tentavano di sostenere un rapporto con un
      antefatto traumatico, mentre a Nancy A.-A. Liébeault e H. Bernheim
      ritenevano che l'ipnosi potesse essere praticata a qualsiasi
      soggetto, con l'impiego della "suggestione". 
    Freud restò presso Charcot dall'ottobre 1885 al febbraio
      dell'anno successivo; andò a Nancy nell'estate 1889, e di fronte
      alle esperienze di Bernheim intuì l'esistenza di "potenti processi
      mentali", esclusi dalla sfera cosciente. Tra i due viaggi, si
      collocano il matrimonio (1886) con Martha Bernays - conosciuta nel
      1882, futura madre dei suoi figli e compagna di tutta una vita - e
      la fine dell'amicizia con Meynert, segno di una frattura, anche
      intellettuale; mentre nella pratica professionale F. aveva
      reintrodotto il laboratorio, quello fisiologico, mai dimenticato,
      di Brücke. Le traduzioni in tedesco dei testi di Bernheim (De
        la suggestion e Hypnotisme) e di Charcot (Leçons du mardi),
      eseguite rispettivamente nel 1888-89, 1892 e 1892-93,
      contribuivano a fare di lui il portatore di idee nuove, con il
      corollario dell'isolamento e dell'ostracismo di ambienti
      ufficiali.
     Ma la nascita del F. psicopatologo avveniva simultaneamente alla
      maturazione del neurologo, quest'ultima attestata nei primi anni
      Novanta dai lavori sulle afasie (1891) e sulle monoplegie e
      diplegie infantili (1891 e 1893). Nel 1893, il nuovo corso si
      manifestò con l'Étude comparative des paralysies motrices
        organiques et hystériques, e con la "comunicazione
      preliminare" agli Studien über Hysterie. La paralisi
      isterica non è simulata, e deriva dall'isolamento d'una
      determinata rappresentazione rispetto al flusso psichico: quanto
      ai suoi rapporti con il sistema nervoso, è "come se l'anatomia non
      esistesse". La psiche contiene un "inconscio", fatto di ricordi
      traumatici a forte carica affettiva, di natura prevalentemente
      sessuale. Questa è la griglia teorica, nella quale sono inseriti i
      cinque casi clinici degli Studi: uno, il più famoso, Anna
      O. (Berta Pappenheim), di Breuer, gli altri di Freud. All'ipnosi
      subentrava la tecnica delle associazioni verbali libere da parte
      del paziente. L'opera usciva, ad amicizia finita tra i due autori:
      una fine legata, come nel caso di Meynert, a un dissidio
      sostanziale d'idee tra il neurologo Breuer e un F. ormai
      psicopatologo. Proprio sullo sfondo di psicologia, psicopatologia
      e "metapsicologia" - capace di condurre "dietro la coscienza" - si
      collocava l'amicizia con l'otorinolaringoiatra berlinese Fliess. A
      Fliess sottopose schematiche trattazioni dei concetti che venne
      elaborando, a fondamento della "psicanalisi".
     Il termine compare la prima volta nel 1896, in francese e in
      tedesco, quando la psicologia freudiana ha già chiarito a sé
      stessa il proprio carattere di teoria non descrittiva, ma causale,
      interessata alle motivazioni riposte dell'accadere psichico.
      Sessualità e libido, censura e difesa, rimozione, spostamento e
      proiezione, compromesso sintomatico e falso nesso, ricordo di
      copertura e abreazione si annodavano in un reticolo teorico di
      spiccata originalità, che si alimentava dei casi clinici e
      dell'autoanalisi: affrontata, quest'ultima, alla morte del padre
      (ottobre 1896), e presto seguita dalle scoperte della situazione
      edipica e della motivazione del sogno. 
    Finita e stampata nel 1899,
       Die Traumdeutung ("L'interpretazione dei sogni") uscì
      presso l'editore Franz Deuticke con la data dell'anno successivo,
      annunciatrice di un nuovo secolo. Si era aperta la "via regia"
      verso l'inconscio, indicato con un termine nuovo, Wunsch
      ("desiderio"). Il sogno ne rappresenta l'appagamento
      allucinatorio: ma in esso occorre distinguere un pensiero
      "latente" e uno "manifesto" ottenuto dal primo per deformazione,
      condensazione e spostamento. Desiderio e sessualità, o libido, non
      riuscivano peraltro a identificarsi: bastava un brano del vissuto
      onirico dello stesso F., i cosiddetti sogni romani, a mostrare il
      polimorfismo dell'istanza desiderante. Cosicché la "topica"
      dell'apparato psichico, presentata nel capitolo settimo dell'opera
      come successione di "Inconscio" "Preconscio" e "Conscio",
      attendeva ulteriori, essenziali precisazioni. 
    A ricavare le quali dall'esperienza, diretta e indiretta, possono
      considerarsi finalizzate le opere apparse nel quindicennio che va
      da Die Traumdeutung agli scritti metapsicologici del 1915: e cioè
      Zur Psychopathologie des Alltagslebens ("Psicopatologia
      della vita quotidiana", 1901), Der Witz und seine Beziehung
        zum Unbewussten ("Il motto di spirito e il suo rapporto con
      l'inconscio", 1905), Drei Abhandlungen zur Sexualtheorie
      ("Tre saggi sulla teoria sessuale", 1905), Der Wahn und die
        Träume in Wilhelm Jensens "Gradivaf" ("Delirî e sogni nella
      Gradiva di Jensen", 1907), Eine Kindheitserinnerung des
        Leonardo da Vinci ("Un ricordo d'infanzia di Leonardo da
      Vinci", 1910), Totem und Tabu ("Totem e tabù", 1913), Der
        Moses des Michelangelo ("Il Mosè di Michelangelo", 1914). 
    
    Ad esse vanno aggiunti i casi clinici di Dora (1901), del
      piccolo Hans (1908), dell'uomo dei topi (1909), del
      presidente Schreber (1910) e dell'uomo dei lupi
      (1914); e le memorie teoriche, una delle quali, Zur Einführung
        des Narzissmus ("Introduzione al narcisismo", 1914),
      destinata a sovvertire la prima suddivisione topica dell'apparato
      psichico. 
    Se nei Tre saggi si era delineato un significativo spostamento
      dalla sessualità all'eros, "l'eros del divino Platone", e
      dall'istinto alla "pulsione", parzialmente indeterminata nella
      finalità, nel Narcisismo infatti l'Io passava a occupare il centro
      della scena psichica, ponendosi come oggetto primario d'amore e
      serbatoio della libido. Anche il Motto di spirito e gli scritti
      estetici o biografici - la Gradiva, il Leonardo, il Mosè - avevano
      una virtuale carica innovativa rispetto al dato centrale
      dell'inconscio, di cui vietavano l'assimilazione a rimosso o a
      semplice pulsionalità. 
    Ma non si può ignorare l'importanza, anche a questo riguardo, del
      tormentato rapporto con C. G. Jung, cominciato nel 1907, impostato
      in maniera nobile e tuttavia unilaterale da F., e mescolatosi poi
      con le vicende internazionali del movimento psicanalitico, nelle
      quali Jung aveva incarnato l'esigenza dell'apertura, scientifica e
      culturale, dell'analisi. 
    La svolta del 1915 derivò dagli antefatti sommariamente
      ricordati, e si dette come insegna un termine emerso nel carteggio
      con Fliess, "metapsicologia", ma rinnovandone il significato. I
      cinque saggi sopravvissuti dei dodici che Freud scrisse tra marzo
      e agosto (sulle pulsioni e i loro destini, la rimozione,
      l'inconscio, la teoria del sogno, il lutto e la melanconia),
      rappresentarono tentativi di ridefinizione di nozioni basilari: in
      primo luogo l'Io, l'inconscio e la coscienza. L'Io era
      identificato con la parte organizzata dell'apparato psichico, e
      concepito come il portatore della coscienza, quest'ultima non più
      assimilata a un organo di senso - come nello scritto del 1895 Entwurf
        einer Psychologie ("Progetto di una psicologia", post.,
      1950), e nel capitolo quarto dell'Interpretazione - ma alla
      struttura di raccordo tra rappresentazioni e parole. E l'inconscio
      diventava lo stato iniziale, preverbale, della psiche, compreso,
      in parte più o meno larga, lo stesso Io. 
    Le opere degli anni successivi vanno viste come il
      soddisfacimento dell'esigenza di rigore definitorio, coerenza e
      compatibilità, sostituitasi a un'epistemologia diversa,
      osservativo-fenomenologica. Ciò vale per Jenseits des
        Lustprinzips ("Al di là del principio di piacere", 1920), Massenpsychologie
        und Ich-Analyse ("Psicologia delle masse e analisi
      dell'Io", 1921), Das Ich und das Es ("L'Io e l'Es", 1922),
      Hemmung, Symptom und Angst ("Inibizione, sintomo e
      angoscia", 1926), Die Zukunft einer Illusion ("Il futuro
      di un'illusione", 1927) e Das Unbehagen in der Kultur ("Il
      disagio della civiltà", 1930). 
    Il passaggio alla seconda topica di Io, Es e Super-Io avvenne
      propriamente in L'Io e l'Es, mentre con Inibizione, sintomo e
      angoscia le sindromi ossessive, minacciose per l'organizzazione
      dell'Io, si portavano al centro dell'osservazione analitica. Anche
      l'autoconsapevolezza del sistema usciva rafforzata dal nuovo
      corso, meno vincolato da premesse materialistiche ed empiristiche.
      La proprietà di essere o non essere cosciente d'uno stato psichico
      rappresenta l'unico faro nelle tenebre della psicologia del
      profondo, annotava F. in L'Io e l'Es. "No, la nostra scienza non è
      illusoria", ribadiva qualche anno più tardi, nell'Avvenire di
      un'illusione. E nel postumo, denso e problematico Abriss der
        Psychoanalyse ("Compendio di psicanalisi", 1940), si
      accennerà ancora al dato inspiegabile della coscienza e all'enigma
      dello psichico: quello che egli avrebbe certamente ambito di
      svelare.
     La teoria analitica dev'essere vista non solo nell'originale
      rappresentazione dell'apparato mentale che ha saputo impostare e
      nell'assetto interno che riuscì a darsi: l'esposizione migliore di
      ciò è offerta dall'ampia Introduzione alla psicanalisi, impostata
      su una duplice serie di lezioni: quelle effettivamente tenute
      all'università di Vienna, come professor extraordinarius, nel
      1915-17 (Vorlesungen zur Einführung in die Psychoanalyse,
      1924) e quelle scritte nella prima metà del 1932, e mai
      pronunciate (Neue Folge der Vorlesungen zur Einführung in die
        Psychoanalyse, 1933). È necessario aggiungere le chiusure
      pregiudiziali e le aperture problematiche, sovente simultanee,
      fino all'ultimo: come in Der Mann Moses und die
        monotheistische Religion ("L'uomo Mosè e la religione
      monoteistica", 1939), dove la religione è ricondotta a nevrosi
      dell'umanità, e fatta subito dopo confluire negli enigmi del
      mondo, al pari della coscienza e della psiche. 
    Nei mesi successivi all'annessione dell'Austria alla Germania
      hitleriana, F. dovette lasciare Vienna, dove lo studio e
      l'abitazione di Berggasse 19 (oggi sede del Sigmund Freud Museum)
      erano divenuti il punto di riferimento per allievi ed estimatori.
      Partì nel giugno 1938 alla volta di Londra, dove prese dimora in
      20 Maresfield Gardens (anche qui, attualmente, ha sede un museo
      intitolato a Freud). Morì il 23 settembre dell'anno successivo,
      per gli sviluppi di un carcinoma della mucosa orale, manifestatosi
      nel 1917, e per il quale era stato sottoposto dal 1923 a
      interventi chirurgici e protesi. 
    Alla ricorrenza degli ottant'anni, era stato eletto socio
      corrispondente della Royal Society. La serie completa delle opere
      psicologiche di F. (Gesammelte Werke, a c. di A. Freud e
      altri, 18 voll., 1940-68) è stata pubblicata dalla casa editrice
      Imago di Londra (voll. 1-17, 1940-52) e dall'editore Fischer di
      Francoforte sul Meno (vol. 18, 1968). Si ricordano, inoltre,
      l'edizione inglese The standard edition of the complete
        psychological works of Sigmund Freud (a c. di J. Strachey,
      24 voll., 1953-74) e quella italiana, diretta da C. L. Musatti,
      delle Opere (12 voll., 1967-80). Sono anche apparsi
      numerosi volumi di lettere e carteggi, quasi tutti tradotti in
      italiano (di particolare importanza l'edizione integrale, apparsa
      nel 1985 in Germania e negli USA delle Lettere a Wilhelm Fliess.
      1887-1904, a c. di J. M. Masson, 1986).
      
      Il movimento psicanalitico freudiano, dapprima isolato e
      osteggiato dal mondo accademico e dalla scienza ufficiale, ebbe
      successivamente universali riconoscimenti. Il 1908 è un anno
      cruciale: la Società psicologica del giovedì (così venne designato
      il gruppo che, a partire dal 1902, aveva preso a riunirsi in casa
      di Freud e del quale facevano parte, fra gli altri, A. Adler, M.
      Kahane, R. Reitler, W. Stekel e, in un secondo momento, P. Federn,
      M. Steiner e O. Rank) si trasforma (15 apr.) in Società
      psicanalitica di Vienna, presieduta dallo stesso Freud; K. Abraham
      dà vita alla Società psicanalitica di Berlino e, a Salisburgo, si
      tiene il primo congresso internazionale di psicanalisi, che vede
      anche, però, il sorgere dei primi dissapori all'interno del
      movimento, soprattutto tra la componente viennese e quella
      zurighese, di cui il rappresentante di maggior spicco era Jung.
     Nel 1909, accogliendo un invito dell'anno precedente esteso
      anche a Jung da parte di S. Hall, F., con Jung e G. S. Ferenczi,
      si recò negli USA per un corso di lezioni alla Clark University di
      Worcester (Massachusetts). L'affermazione della psicanalisi negli
      S.U.A. venne sancita dalla fondazione (1911) della Società
      psicanalitica americana da parte di E. Jones. Nel 1913 Ferenczi
      fondò la Società di Budapest. La creazione della Internationale
      Zeitschrift für Psychoanalyse (1920), che seguiva l'apparizione di
      varie altre riviste (tra cui Jahrbuch für psychoanalytische und
      psychopatologische Forschungen, 1908, e Imago, 1911), segnava la
      più ampia diffusione della psicanalisi. Il numero dei discepoli di
      F. aumentò progressivamente e le sue dottrine uscirono dalla
      ristretta cerchia degli iniziati, assumendo importanza via via
      crescente. 
    Ma il movimento fu, sin dai primi anni, contrassegnato da una
      serie di dissensi interni, che portarono al sorgere di indirizzi
      diversi, spesso in vivace polemica con le posizioni freudiane
      originarie. Nel 1911 si ebbe la secessione di Adler, nel 1914
      quella di Jung (le due più significative); nel 1912 si era avuta
      quella di Stekel, mentre successivamente si staccarono da F. anche
      due dei suoi discepoli più intimi, Rank e Ferenczi.
     Accanto a queste dissidenze, in tempi più recenti si formarono,
      specie in America, nuovi indirizzi, i cui principali esponenti
      furono la K. Horney, E. Fromm e H. S. Sullivan: l'accento venne
      posto principalmente sull'importanza dell'ambiente e sul
      condizionamento esercitato dai rapporti interpersonali e sociali
      sui fattori biologici dell'individuo. Notevole sviluppo, in senso
      ortodosso, ha poi assunto la psicanalisi infantile, soprattutto
      con l'opera di A. Freud e di M. Klein. Le teorie freudiane, a
      parte la loro profonda influenza su tutti i settori della cultura
      (psicologia dell'arte, della musica, della religione, ecc.), hanno
      permeato ricerche antropologiche (B. Malinowski, A. Kardiner, M.
      Mead, ecc.) e indirizzi di medicina psicosomatica (F. Alexander).
      
    
    Psicanalisi 
    
    Disciplina, fondata da S. Freud, che ha per oggetto lo studio e il
    trattamento terapeutico di disturbi di tipo psicologico nel quadro
    di una teoria dinamica della psiche il cui concetto centrale è
    quello di inconscio.
    
    1. Principi fondamentali
    
    La teoria psicologica elaborata da S. Freud tra la fine del 19° sec.
    e gli inizi del 20° è comunemente detta p. classica . Volta
    originariamente alla diagnosi e alla cura dei sintomi isterici e
    nevrotici, intesi come manifestazioni di conflitti psichici
    inconsci, si è sviluppata in seguito in una teoria generale fondata
    sull’ipotesi di un’attività psichica inconscia indipendente dai
    processi volitivi coscienti e tendente alla soddisfazione di
    esigenze istintuali dette pulsioni. Secondo la definizione datane da
    Freud, la p. è: a) un procedimento per l’indagine di processi
    psichici altrimenti inaccessibili; b) un metodo terapeutico per il
    trattamento dei disturbi nevrotici; c) una serie di conoscenze
    psicologiche ottenute nel modo indicato e convergenti in una nuova
    disciplina scientifica.
    
    1.1 L’ipnosi e le libere associazioniLa p. prende l’avvio
    dall’interesse di Freud per gli studi e gli esperimenti di J.-M.
    Charcot sui fenomeni ipnotici; in seguito, in collaborazione con J.
    Breuer, Freud stesso si dedicò agli esperimenti ipnotici come metodo
    terapeutico per l’isteria, avanzando l’ipotesi che i sintomi
    isterici (convulsioni, paralisi, difetti percettivi) avessero un
    significato; notò inoltre che tali sintomi cessavano non appena il
    paziente in stato ipnotico rievocava fatti psichici traumatici
    dimenticati che apparivano avere un nesso causale con i sintomi
    stessi.
    
    Questo procedimento (metodo catartico) fu successivamente
    abbandonato da Freud, che, conclusa la collaborazione con Breuer,
    sostituì all’ipnosi (che dava guarigioni poco sicure e non era
    applicabile a tutti i pazienti per via delle resistenze
    inconsapevoli che molti di essi opponevano a ricordare i fatti
    traumatici) il metodo da lui denominato delle libere associazioni:
    tale metodo consiste nell’indurre il paziente a dire tutto ciò che
    gli emerge alla coscienza, indipendentemente da connessioni logiche
    e causali e rinunciando, per quanto possibile, a ogni tipo di
    censura. Questa tecnica presupponeva già i due più importanti
    concetti su cui si fonderà la p.: quello di inconscio, inteso come
    la sfera psichica in cui risiedono sia le esperienze non più
    disponibili per l’attività mnemonica sia gli istinti primordiali, e
    quello di rimozione, operazione psichica per cui il soggetto
    dimentica, e respinge nell’inconscio, esperienze, per lo più legate
    alla sfera della sessualità e dell’aggressione, di carattere penoso,
    doloroso o vergognoso. Il processo di rimozione scaturisce da un
    conflitto inconscio e viene mantenuto mediante un continuo dispendio
    di energia psichica. Il sintomo isterico, forma di compromesso tra
    l’urgenza delle rappresentazioni rimosse e le difese con cui l’Io si
    oppone al loro ricordo, è pertanto un sostituto di ciò che è stato
    rimosso dalla coscienza.
    
    1.2 L’interpretazione dei sogni
    La p. raggiunse il suo stadio maturo affiancando alla eziologia del
    sintomo isterico l’interpretazione dei sogni. Contrariamente alle
    concezioni scientifiche prefreudiane, che vedevano nei sogni
    soltanto l’effetto di eccitamenti fortuiti e disordinati del sistema
    nervoso centrale, la p. li considera dei fenomeni psichici dotati di
    significato, i quali presentano caratteristiche tali da illuminare
    il complesso dei fattori conflittuali che presiedono all’insorgere
    delle nevrosi. La comprensione del significato del sogno, ‘via
    regia’ di accesso all’inconscio, esige un delicato lavoro
    d’interpretazione, poiché gli impulsi, i ricordi e i conflitti che
    in esso si manifestano sono in qualche modo mascherati da una
    censura onirica. Il sogno è regolato da un suo peculiare linguaggio,
    fatto di deformazioni, condensazioni (mediante cui elementi
    disparati vengono fusi in un’unica immagine) e spostamenti (mediante
    cui caratteristiche tipiche di cose e persone appaiono trasferite su
    altre), che tendono a celare quello che esso effettivamente è:
    l’appagamento di un desiderio rimosso. Analogamente al sintomo
    isterico, il sogno rinvia a un processo conflittuale inconscio e
    rappresenta una formazione di compromesso tra i desideri e gli
    impulsi rimossi nell’inconscio e le difese censorie e repressive
    dell’Io.
    
    Altri elementi che completano la descrizione dei conflitti psichici
    tra il rimosso e ciò che tende al suo ritorno sono gli atti mancati
    (lapsus, dimenticanze, sbadataggini) e i motti di spirito, che
    rivelano anch’essi quel carattere di compromesso e di appagamento
    del desiderio tipico del sintomo e del sogno.
    
    1.3 La metapsicologiaIn quanto teoria generale della psiche, la p.
    poggia su alcune nozioni fondamentali (inconscio, rimozione,
    conflitto, pulsione) articolate, nella sistemazione a cui Freud ha
    dato il nome di metapsicologia, secondo i tre punti di vista
    dinamico, topico (poi denominato strutturale) ed economico.
    
    Il punto di vista dinamico è quello secondo cui i fenomeni psichici
    sono considerati il risultato di un conflitto di forze contrastanti,
    conflitto che presuppone la rimozione come principale meccanismo di
    difesa.
    
    Il punto di vista topico studia le entità della psiche dove si
    collocano i fenomeni: l’inconscio, il luogo in cui risiedono le
    forze istintuali e i desideri più arcaici; il preconscio, il luogo
    dei contenuti psichici, come i ricordi, non attualmente presenti ma
    in grado di essere portati alla coscienza o, anche, di essere
    rimossi nell’inconscio; e la coscienza, il luogo della percezione
    esterna come dell’interna. Questa tripartizione dell’apparato
    psichico sarebbe stata poi integrata, se non proprio soppiantata,
    nella elaborazione freudiana, dal punto di vista strutturale (noto
    anche come seconda topica), con cui si distingue tra Es, Io e
    Super-Io. Il termine tedesco Es, pronome della terza persona
    singolare neutra, introdotto originariamente da G. Groddeck,
    rappresenta la parte più antica dell’apparato psichico, sede delle
    pulsioni, collocate a metà strada tra il biologico e lo psicologico.
    L’Es è dominato dal principio del piacere e tende esclusivamente
    alla soddisfazione delle pulsioni, indipendentemente dai limiti
    imposti dalla morale e dalle convenzioni sociali. L’Io, al cui
    consolidarsi contribuisce un principio di realtà, è la struttura che
    si trova alla base del pensiero logico-razionale, ma, soprattutto, è
    l’insieme dei tratti della personalità costituitisi come difese
    dagli impulsi istintuali in vista di un adattamento, attraverso la
    parziale repressione della sfera pulsionale, alle esigenze della
    realtà e della società. Il Super-Io è quella parte dell’apparato
    psichico in cui risiedono sia i valori morali sia le censure
    dell’Io. Funzionalmente, esso rappresenta la coscienza morale, dalla
    quale provengono le difese dell’Io e che si trova dinamicamente in
    conflitto con le esigenze pulsionali. Geneticamente, il Super-Io
    sorge per un processo di differenziazione dell’Io ed è l’erede della
    più tipica situazione psichica infantile, consistente nella rivalità
    verso il padre che il bambino avverte per l’amore esclusivo che
    rivolge alla madre (complesso di Edipo); il superamento di tale
    situazione si verifica con la rinuncia ai desideri incestuosi e
    l’interiorizzazione del divieto, a cui si associa l’identificazione
    di una parte inconscia dell’Io con la figura autoritaria del padre,
    identificazione che riguarda inoltre anche tratti di altre persone
    provviste di autorità e che è all’origine della coscienza morale e
    della tendenza a perseguirne i dettami.
    
    Il terzo punto di vista, quello economico, si basa sull’ipotesi
    dell’esistenza di certe energie psichiche, quali la libido
    (l’energia propria delle pulsioni sessuali), l’aggressività, gli
    istinti di conservazione dell’Io; in senso economico, l’apparato
    psichico è concepito come un dispositivo che tende a scaricare le
    tensioni determinate dall’energia insita nelle pulsioni (soprattutto
    sessuali) per mantenerle al livello più basso (principio di
    costanza). Data la difficoltà di conseguire il soddisfacimento delle
    esigenze pulsionali (ossia di scaricare le tensioni accumulate),
    l’apparato psichico è costretto a impiegare quantità di energie in
    grado sia di ridurre le tensioni sia di mantenerle in uno stato di
    rimozione, senza peraltro poterle sopprimere. La libido assume un
    ruolo centrale nei conflitti con le istanze dell’Io e del Super-Io,
    e da questi conflitti derivano i sintomi nevrotici. Estendendo in
    una prospettiva genetica lo studio dei fattori che presiedono
    all’insorgere delle nevrosi, Freud ha delineato le fasi di una vita
    sessuale infantile (orale, anale, fallica) scandite come fasi dello
    sviluppo individuale e rimosse nell’inconscio. Da questo punto di
    vista, l’arresto (fissazione) o la deviazione (regressione) delle
    pulsioni a certe fasi immature della loro evoluzione possono
    provocare l’insorgere di sintomi nevrotici, qualora intervengano i
    meccanismi della rimozione, o di vere e proprie perversioni
    sessuali, qualora l’Io riesca a opporsi a quei meccanismi. Accanto a
    questi fenomeni, può manifestarsi quello della sublimazione, se le
    pulsioni sessuali (o, anche, quelle aggressive) vengono indirizzate
    o spostate verso altri obiettivi, come la ricerca scientifica e la
    creazione artistica, nelle quali si appaga la libido
    desessualizzata.
    
    1.4 La p. da teoria della psiche a concezione del mondoLo sviluppo
    del pensiero freudiano ha individuato altri tipi di pulsioni, come
    quelle di autoconservazione, poi unificate con quelle sessuali sotto
    la denominazione di pulsioni di vita (o Eros), e le pulsioni di
    morte (o Thanatos), antagoniste delle prime, nelle quali si vede la
    tendenza stessa del vivente a ritornare a una forma di esistenza
    inorganica. Con quest’ultimo dualismo, che introduce elementi
    fortemente speculativi, si compie il passaggio della p. da teoria
    della psiche a vera e propria concezione del mondo. La diade amore e
    morte (Eros-Thanatos) sta alla base dei tentativi degli stadi più
    maturi della p. di pervenire a una visione unitaria della situazione
    umana all’interno non solo dei contesti familiari ed educativi, ma
    della stessa civiltà, che trarrebbe origine dal divieto ancestrale
    dell’incesto per poi evolvere come risultato di un compromesso fra
    Eros, l’insieme delle pulsioni che mirano alla propria soddisfazione
    in base al principio del piacere, Thanatos, quello delle pulsioni
    aggressive e autodistruttive, e i mezzi con cui la società oppone
    loro resistenza.
    
    2. Il metodo terapeutico psicanalitico
    
    La tecnica delle libere associazioni comporta, rispetto al metodo
    catartico da cui deriva, un’evoluzione che configura la strategia
    terapeutica come mezzo volto alla verbalizzazione del rimosso; il
    paziente è indotto a dire tutto quello che gli si presenta alla
    mente, rinunciando a ogni atteggiamento critico o censorio.
    Fondamentale, nella terapia, appare il transfert, cioè il
    trasferimento o spostamento alla persona stessa dell’analista di
    atteggiamenti, sentimenti, tendenze e comportamenti che un tempo il
    soggetto ha avuto nei confronti di persone importanti della sua
    infanzia, generalmente i genitori. I sintomi e i comportamenti
    nevrotici passano quindi, attraverso il transfert, da un grado di
    massima rimozione a un certo tipo di esteriorizzazione,
    l’acting-out, che può comportare anche manifestazioni di
    aggressività. Ciò permette all’analista di rendersi conto della
    struttura della nevrosi e permette al paziente di rendersi conto,
    mediante l’aiuto dell’interpretazione terapeutica, delle sue
    pulsioni censurate e, soprattutto, delle difese inconsciamente
    attuate.
    
    La caratteristica più tipica del lavoro dell’analista è quella
    dell’interpretazione, che egli è in grado di fornire ricostruendo le
    esperienze passate del paziente; l’interpretazione riguarda
    naturalmente anche i sogni, che vengono decifrati per far
    riaffiorare i contenuti psichici rimossi. Nella misura in cui il
    paziente è in grado di superare le resistenze all’analisi, di
    accettare e integrare in sé le interpretazioni terapeutiche, e di
    fare affiorare reminiscenze coperte dalle amnesie e dagli
    acting-outs, si organizza in lui il superamento della nevrosi.
    
    3. Primi sviluppi della psicanalisi
    
    Organizzatasi in istituzioni già quando Freud era ancora in vita, la
    p. si sviluppò articolandosi in ricerche volte all’approfondimento e
    alla diffusione delle teorie freudiane.
    
    Relativamente ai problemi dell’Io, si svilupparono due scuole di p.,
    l’una facente capo allo psicanalista austriaco P. Federn, l’altra a
    H. Hartmann. La prima non ebbe un grande sviluppo, e lo stesso
    Federn finì per allontanarsi dalle concezioni freudiane. L’altra
    scuola operò negli USA e fu la cosiddetta psicologia dell’Io,
    inaugurata da A. Freud (The ego and the mechanisms of defense, 1936)
    e poi sviluppata grazie agli studi di H. Hartmann, E. Kris, R.
    Loewenstein e, in seguito, di D. Rapaport e di G.S. Klein.
    Caratteristica centrale dell’indirizzo è lo studio psicologico degli
    apparati e delle funzioni dell’Io, sia in rapporto alle altre
    strutture psichiche sia in rapporto al mondo esterno. Nella forma
    più matura della teoria, la genesi dell’Io non è più concepita come
    trasformazione a partire dall’Es, secondo la classica teorizzazione
    di Freud, ma tanto l’Es quanto l’Io si fanno derivare da una comune
    matrice indifferenziata preesistente. L’individuo viene al mondo con
    un corredo di apparati che gli consentono l’adattamento
    all’ambiente; il funzionamento di tali apparati è autonomo,
    indipendente dall’individualità, cioè non derivabile immediatamente
    dalla sfera pulsionale e motivazionale. Su questa modalità
    adattativa primaria poggia quella che Hartmann chiama l’autonomia
    primaria dell’Io.
    
    In Italia la p. fu introdotta da E. Weiss, M. Levi-Bianchini, E.
    Servadio, C. Musatti, che furono tra i fondatori, nel 1932, della
    Società psicoanalitica italiana, anno in cui cominciarono anche le
    pubblicazioni della Rivista italiana di psicoanalisi
    
    4. La p. britannica
    
    Le due scuole britanniche più importanti sono quella di M. Klein e
    quella di D. Fairbairn. Accostatasi alla p. attraverso i discepoli
    di Freud, S. Ferenczi e K. Abraham, la Klein riconobbe sempre il suo
    debito verso Freud, ma sviluppò ben presto, a partire dagli anni
    1930, teorie e tecniche proprie. La sua attenzione è stata dedicata
    soprattutto allo sviluppo dell’Io nella prima epoca della vita: di
    qui la sua tecnica di dare giocattoli ai bambini e interpretare i
    loro giochi come se fossero libere associazioni. Il suo contributo
    principale consiste nell’ipotesi che l’Io non sorge come un’unità
    già integrata, ma si sviluppa attraverso una complessa attività
    intrapsichica. Il primo e più importante oggetto del bambino è il
    seno della madre, fonte di piacere (quando elargisce il nutrimento)
    o di dolore (quando lo nega). È l’interiorizzazione di questi
    aspetti materni, la difesa da essi e la loro progressiva
    integrazione che porta infine alla costituzione del Sé.
    
    Le ricerche della Klein sono alla base dell’altra scuola di p. sorta
    in Gran Bretagna, per impulso di Fairbairn, il quale elaborò
    soprattutto il concetto di relazione oggettuale, mediante cui si
    intende il rapporto che il soggetto, sin dai primi mesi di vita,
    intrattiene con il mondo che lo circonda. Lo sviluppo della
    personalità individuale avviene attraverso i rapporti oggettuali
    interpersonali; buone relazioni oggettuali promuovono uno sviluppo
    positivo dell’Io, mentre un non corretto rapporto con l’oggetto
    condurrebbe a fenomeni patologici. La nozione di relazione
    oggettuale è anche alla base delle teorie di D.W. Winnicott, l’altro
    importante rappresentante della scuola britannica.
    
    A W.R. Bion (1898-1979), anch’egli influenzato dalle teorie di Klein
    e i cui studi si collocano tra gli anni 1950 e 1970, si devono
    soprattutto ricerche sulla nascita e la formazione dei processi di
    pensiero in connessione con gli oggetti con cui il bambino è in
    rapporto.
    
    5. Gli scissionisti
    
    Nel 1910 A. Adler elaborò una teoria della nevrosi che divergeva da
    quella freudiana. In quella che egli stesso chiamò ‘psicologia
    individuale’ la nozione fondamentale non è quella di libido, ma
    quella del ‘sentimento d’inferiorità’, che provocherebbe una
    condizione nevrotica negli individui non in grado di superarlo.
    L’inferiorità può essere determinata da un difetto fisico od
    organico, ma anche da condizioni psicologiche: il bambino,
    soprattutto se non è sufficientemente amato, si sente inferiore,
    indifeso e alla mercé degli adulti. Così, dal momento che Adler vede
    in tutte le manifestazioni della vita una tensione e un orientamento
    verso uno scopo (la ricerca del potere, l’aumento dell’autostima
    ecc.), nella sua prospettiva vengono privilegiati gli aspetti
    teleologici rispetto a quelli deterministici freudiani.
    
    A C.G. Jung si deve la revisione della p. freudiana di maggior
    fortuna. Come Adler, anche Jung riteneva che Freud avesse conferito
    eccessiva importanza al sesso e alla sessualità infantile, a scapito
    degli aspetti spirituali dell’essere umano. Il concetto fondamentale
    della teoria junghiana (che lo stesso Jung chiamò psicologia
    analitica ) è quello di inconscio collettivo, consistente di
    immagini primordiali, quali miti e credenze religiose, comuni alla
    cultura a cui l’individuo appartiene, e i cui livelli più profondi
    formano l’inconscio universale, comune a tutta l’umanità. Le
    immagini primordiali dell’inconscio collettivo sono degli archetipi,
    cioè delle forme che si ritrovano nelle culture più disparate. Gli
    individui si possono classificare in base a una tipologia che
    ammette quattro funzioni fondamentali: pensiero, intuizione,
    sentimento e sensazione. Una sola energia regge la vita psichica: la
    libido, che coincide con l’energia vitale. La personalità si compone
    di vari fattori o livelli: i più superficiali sono la maschera e la
    persona, che ne rappresentano gli aspetti coscienti ed esteriori.
    Gli elementi respinti e rimossi dalla personalità costituiscono
    l’ombra, la totalità psichica è il Sé. Le rappresentazioni
    psicodinamiche del sesso opposto sono rispettivamente, nell’uomo e
    nella donna, l’anima e l’animus. La psiche è concepita come sistema
    di autoregolazione e la sua attività consiste in una continua
    dialettica di opposti, specie per quanto riguarda le esperienze
    interiori rispetto a quelle esterne, e quelle coscienti rispetto
    all’inconscio. Le nevrosi dipendono, di conseguenza, da un
    disequilibrio tra forze contrarie. Il processo di guarigione
    psichica è dunque d’integrazione del Sé, d’individuazione. La
    psicoterapia di Jung, che utilizza le libere associazioni come
    quella freudiana, mira a mettere il paziente in contatto con
    l’inconscio collettivo. Le teorie junghiane, per il loro insistere
    sulle forze primitive e più profonde a fondamento dell’agire umano,
    presentano aspetti filosofici e metafisici che hanno esercitato
    grande influenza sull’estetica, sulla filosofia e sulla cultura in
    genere.
    
    A O. Rank si deve la teoria secondo cui la nevrosi ha origine non
    dalla situazione edipica, ma dal trauma della nascita. Ogni tipo di
    separazione (per es., lo svezzamento, la separazione dalla persona
    amata) riprodurrebbe uno stato di angoscia da mettere in relazione
    al trauma della nascita. Successivamente, Rank elaborò una teoria
    della ‘volontà’, in base alla quale il soggetto nevrotico è colui
    che non riesce ad accettare le norme culturali e sociali, ma nemmeno
    riesce ad affermare la propria personalità come l’artista.
    
    W. Reich è stato il primo autore a cercare una integrazione tra
    marxismo e psicanalisi. Le inibizioni sessuali sarebbero dovute alla
    repressione sessuale che caratterizza le società contemporanee e la
    necessità di liberare l’energia ‘organica’ è alla base del progetto
    Reich di una ‘rivoluzione’ sessuale da affiancare a quella politica.
    
    6. Ulteriori sviluppi
    
    Durante e dopo la Seconda guerra mondiale si sono sviluppate negli
    USA diverse scuole di p. generalmente chiamate neofreudiane. Benché
    i seguaci di queste scuole non considerino le loro teorie prive di
    rapporti con la p. freudiana, come facevano i primi scissionisti,
    essi tuttavia minimizzano o rifiutano una parte delle teorie
    freudiane, rivolgendo la loro attenzione ad aspetti della psiche
    umana che ritengono siano stati sottovalutati o trascurati da Freud.
    In particolare, ciò che queste scuole rifiutano è la teoria della
    libido, mentre insistono sulla rilevanza dei fattori socioculturali
    sulla psiche individuale, da qui il nome culturalisti con cui sono a
    volte indicati i loro rappresentanti. H.S. Sullivan, E. Fromm e K.
    Horney sono tra i principali esponenti di quest’orientamento.
    
    J. Lacan promosse, a partire dagli anni 1930, un ‘ritorno a Freud’
    da contrapporre alle deviazioni rappresentate, secondo lui,
    soprattutto dagli sviluppi statunitensi. In questa prospettiva,
    Lacan elaborò in particolare il concetto di simbolo, avanzando una
    teoria in cui, sulla base delle suggestioni dello strutturalismo di
    F. de Saussure, mise in evidenza l’organizzazione linguistica e
    semantica dell’inconscio secondo criteri suoi propri.
    
    Le suggestioni della logica matematica anziché della linguistica
    sono alla base degli studi di I. Matte Blanco, tra i maggiori
    psicanalisti dell’America Latina, dove la p. ha trovato un fertile
    terreno di diffusione. Tra gli anni 1970 e 1980, la p. è stata
    ulteriormente caratterizzata da una disseminazione di interessi che
    ne rendono sempre più difficile l’inquadramento in quello che ai
    tempi dell’ultimo Freud veniva denominato movimento psicanalitico.
    
    7. P. postfreudiana
    
    L’espressione p. postfreudiana, con cui talvolta si indica la p. più
    recente, ben sintetizza la sua distanza dalle teorie freudiane
    originarie, ma anche l’ideale continuità con il suo fondatore. Lo
    spostamento d’interesse dalle pulsioni agli oggetti, lo studio delle
    fasi preedipiche, la riconsiderazione linguistica dell’inconscio,
    l’integrazione con prospettive interpersonali, la rinnovata
    attenzione al rapporto tra processi psicologici e processi
    biologici: sono queste le principali linee di ricerca che hanno
    impegnato la p. della seconda metà del 20° secolo. Gli indirizzi più
    recenti si sono impegnati ad affrontare due questioni in
    particolare: l’esistenza di molte p. (e, contestualmente,
    l’impossibilità, da parte delle singole scuole, di stabilire la
    propria egemonia teorica e clinica sulle altre) e la necessità di
    identificare un terreno comune di indagine, di metodologia e di
    riflessione che favorisca il progresso teorico-clinico sulla base di
    ipotesi fondamentalmente condivise.
    
    Nella prospettiva della reazione al pluralismo, si sono delineate
    due importanti linee guida: la ricerca di una verifica empirica e
    l’emergere di una posizione ermeneutica. Nata soprattutto in
    risposta alle critiche di non scientificità rivolte alla p.,
    l’esigenza di verifiche empiriche risale agli anni 1930, ma è
    proprio negli anni 1980 che l’International psychoanalytical
    association ha promosso ufficialmente un gruppo di ricerca su questo
    punto. Mentre in passato l’oggetto di studio era costituito dai
    risultati della terapia, ci si è a questo punto prevalentemente
    interessati al modo in cui gli eventi del processo terapeutico
    influenzano la diversa qualità e modalità del contesto
    psicanalitico. A un approccio volto a sottolineare la complessità
    del processo psicanalitico si rifà invece la posizione ermeneutica,
    oggetto di un rinnovato interesse anche per l’impossibilità di
    giungere a una teoria psicanalitica unitaria. Secondo questa
    posizione, la p. genera una molteplicità di teorie proprio perché i
    suoi dati sono costituiti da significati e autointerpretazioni
    prodotti dal paziente; nella situazione analitica, questi dati
    vengono ricontestualizzati dall’analista sulla base di un proprio
    modello di lettura: non solo differenti analisti costruiranno storie
    diverse, ma all’interno di una singola analisi sarà possibile
    costruire storie multiple, narrazioni che mutano con il procedere
    del lavoro.
    
    Un’ulteriore risposta al pluralismo e alla molteplicità dei modelli
    psicanalitici dello sviluppo infantile è costituita dalla ricerca di
    un’interfaccia tra p. e infant research (che studia l’interazione
    madre-bambino, la regolazione degli affetti, lo sviluppo del Sé, e
    sostiene una visione dello sviluppo in cui il neonato è un organismo
    attivo e competente, con stati emotivi differenziati e abilità
    complesse che gli consentono di entrare in relazione con la madre).
    Particolarmente sensibile alle tematiche della ricerca infantile, P.
    Fonagy ha tentato, all’interno della psicologia dell’Io britannica,
    un’integrazione teorica e clinica della p. con il paradigma della
    teoria dell’attaccamento e con l’approccio evolutivo-cognitivista
    alla teoria della mente. Lo sviluppo nel bambino di tale ‘teoria
    della mente’, che permetterebbe una buona regolazione affettiva e il
    passaggio a meccanismi di difesa meno primitivi, è reso possibile da
    un certo grado di coerenza e sicurezza nelle relazioni oggettuali
    precoci. C. Bollas, ha analizzato il mondo infantile a partire dalla
    riflessione di D. W. Winnicott, tendendo a evidenziare, con il
    concetto di ‘idioma’, l’importanza del progetto individuale, che
    consiste nel radicare lo sviluppo nell’espressione spontanea delle
    potenzialità del ‘vero Sé’ winnicottiano. Anche alcuni autori
    statunitensi, come T. Ogden e J.S. Grotstein, hanno proficuamente
    utilizzato il pensiero di Winnicott; in particolare, A.H. Modell ha
    esplorato, negli anni 1990, il carattere privato e paradossale
    dell’esperienza del Sé e ha elaborato una teoria del trattamento
    psicanalitico fondata sull’esistenza di livelli diversi di realtà,
    sul ruolo dell’illusione e sul carattere interattivo
    dell’interpretazione. Ma il contributo principale proviene da H.
    Rosenfeld, che ha studiato con grande acume e sensibilità le forme
    più gravi e impegnative della psicopatologia e ha sottolineato la
    necessità, nell’interpretazione dell’aggressività, di una
    valutazione attenta della vulnerabilità e delle difese del paziente,
    nonché del suo bisogno di idealizzazione come reazione al timore di
    subire un rifiuto.
    
    La psicologia del Sé, che ha avuto, grazie al lavoro degli allievi
    di H. Kohut, ampia diffusione negli Stati Uniti, ha elaborato una
    nuova concettualizzazione del Sé, visto da alcuni autori come
    organizzatore dell’esperienza, e da altri come un sistema funzionale
    che integra le informazioni cognitive e affettive, o come centro
    dell’esperienza correlato a una organizzazione gerarchica di
    motivazioni e valori. In questa corrente di pensiero, l’attaccamento
    viene individuato come un principio motivazionale che è fonte del
    mantenimento della coesione del Sé; J. Lichtenberg, in particolare,
    ha riformulato il concetto di motivazione, tentando una sintesi tra
    psicologia del Sé e infant research e distinguendo cinque sistemi
    motivazionali: di regolazione psichica della tensione fisiologica;
    di attaccamento-affiliazione; esplorativo-assertivo; avversivo;
    sensuale-sessuale.
    
    Va ricordato anche il lavoro svolto da S. Mitchell, che promuove a
    oggetto dell’analisi il campo di interazione, la matrice relazionale
    in cui l’individuo nasce e si sviluppa; il conflitto avviene tra
    diverse configurazioni relazionali e la mente viene considerata come
    tendenzialmente diadica e interattiva. Alla concezione interattiva
    si contrappone invece in modo netto A. Green, che ha esplorato nelle
    sue ricerche le problematiche del narcisismo (attraverso le figure
    della ‘madre morta’, dell’‘angoscia bianca’ e dell’allucinazione
    negativa) e, ancora, quelle della follia originaria, della
    triangolazione primitiva, dei casi-limite (evidenziando il conflitto
    tra angoscia di separazione e angoscia di intrusione). Per Green, la
    situazione analitica, combinazione di ciò che è intrapsichico con
    ciò che è intersoggettivo, va pensata nei termini di un modello di
    relazioni tra oggetti esterni e oggetti interni e tra superficie e
    profondità.
    
    8. Lo psicanalista
    
    Secondo gli statuti dell’International psychoanalytical association,
    la qualifica di psicanalista spetta a chi abbia superato un lungo
    addestramento individuale.
    
    In Italia, l’accesso all’addestramento per la qualifica, dapprima
    limitato ai soli laureati in medicina, è stato successivamente
    esteso anche a laureati di altra formazione (filosofica,
    psicologica, sociologica ecc.). L’addestramento si basa
    sull’insegnamento delle teorie psicanalitiche ed è integrato
    dall’analisi didattica, ritenuta in grado di sviluppare una
    sufficiente capacità di auto-osservazione nel discente, e
    dall’analisi di controllo, in cui il lavoro clinico compiuto
    dall’allievo viene supervisionato da un analista esperto.