Fordismo e postfordismo


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Dizionario di Economia e Finanza (2012)

Paradigma di organizzazione della produzione di massa sviluppato nei primi anni del 20° sec. in applicazione pratica dei principi di organizzazione scientifica del lavoro elaborati da F.W. Taylor (taylorismo). Introdotto da H. Ford nella propria impresa a partire dal 1913, rappresenta una risposta ai limiti della tecnologia e delle prassi organizzative dei primi decenni del capitalismo. All’introduzione di criteri scientifici nell’organizzazione del lavoro di fabbrica doveva altresì corrispondere, secondo Ford, la ricerca di una qualità sempre più elevata della produzione, orientata verso una ristretta gamma di modelli concepiti per una lunga durata. Il f. si diffuse ben presto nei comparti più moderni del sistema industriale statunitense per estendersi poi in altri Paesi.

La filosofia fordista. Alla sua base c’è l’idea che i nuovi modelli di organizzazione della produzione possono attivare un circolo virtuoso capace di alimentare una crescita pressoché illimitata. Nella filosofia fordista, la fabbrica è luogo centrale di tutte le decisioni strategiche: è la produzione che crea il mercato, tanto che Ford diceva che «tutto ciò che si produce si vende». Dal punto di vista pratico, l’addestramento scientifico dei lavoratori, la standardizzazione e la semplificazione dei processi e l’introduzione della catena di montaggio rendono possibili produzioni su larga scala. Nello stesso tempo, la concentrazione delle attività in grandi impianti industriali permette di sfruttare economie di scala e di ridurre progressivamente il costo unitario dei prodotti e quindi il loro prezzo di vendita. Un altro fattore critico per comprendere il f. è il ‘cottimo differenziale’, il nuovo meccanismo retributivo in base al quale il salario è determinato dalle quantità prodotte in un certo arco di tempo, ma in modo differenziato in base al volume o al numero complessivo di pezzi prodotti (per es., una unità di salario per ogni pezzo fino a 100, ma se i pezzi realizzati sono 120 il salario unitario aumenta a 1,5). Questo modello, pur se ampiamente criticato per i possibili impatti sulla qualità del lavoro (ambiente estremamente competitivo, accelerazione eccessiva dei ritmi), contribuì a un deciso incremento dei salari dei lavoratori delle fabbriche e quindi ad alimentare il circolo virtuoso.

Grazie al mutamento nell’organizzazione del lavoro di fabbrica si possono accrescere i redditi dei lavoratori, senza una diminuzione ma anzi con un aumento dei profitti. Traducendosi in incrementi nella quantità dei beni di consumo domandati, i più alti salari consentono la realizzazione della produzione di massa, che si accompagna alla maggiore produttività del lavoro.

Dizionario di Economia e Finanza (2012)

Postfordismo 

Fase di sviluppo industriale che caratterizza gran parte delle economie più avanzate sin dagli ultimi decenni del 20° sec. e che si contraddistingue per un radicale cambiamento dei metodi di produzione, dei modelli di organizzazione del lavoro e dei contenuti del lavoro stesso.
Tratti generali. Se il fordismo era connotato da gigantismo delle fabbriche, produzione standardizzata, mansioni semplici e ripetitive, nel p. l’industria abbandona la tradizionale produzione di massa e acquista maggiore flessibilità produttiva e organizzativa. Grazie allo sviluppo delle nuove tecnologie e dell’automazione, si ottengono una generale riduzione dei costi e un abbattimento dei tempi di attrezzaggio di macchine e impianti. Ciò permette alle imprese di essere efficienti anche con piccoli lotti di produzione, potendo così adeguare l’offerta a una domanda sempre più diversificata e soggetta a cambiamenti repentini. La fabbrica postfordista riceve gli impulsi dalle esigenze del mercato, che riesce a soddisfare attraverso la riprogettazione dei processi, finalizzata a ottenere miglioramenti nelle prestazioni di costo, servizio e velocità, e modificando il rapporto con la rete dei fornitori con l’adozione di orientamenti fondati sulla fiducia reciproca, sulla collaborazione e su piani di medio-lungo termine.
Nuovi modelli organizzativi. Dal punto di vista della gestione del processo lavorativo, con il p. si passa a mansioni più ricche di contenuto, che permettono ai lavoratori di sviluppare capacità professionali polivalenti, coerenti con produzioni che si modificano con frequenza. In secondo luogo viene superata la tradizionale e rigida divisione del lavoro taylorista-fordista, centrata sulla catena di montaggio, organizzando le attività in squadre o gruppi, all’interno dei quali i confini dei ruoli sono più sfumati, c’è una maggiore propensione all’aiuto reciproco in caso di necessità e una più diffusa assunzione di responsabilità, tanto che il lavoratore ha l’autonomia per interrompere il flusso produttivo nel caso in cui noti anomalie o difetti. Questi cambiamenti si traducono nel definitivo superamento della contrapposizione, tipica del fordismo, tra efficienza e qualità, che nelle organizzazioni postfordiste diventano due facce della stessa medaglia: la qualità si ottiene direttamente lungo il processo produttivo e l’efficienza perde una parte del suo valore se non è accompagnata da un adeguato livello di qualità. Tale approccio ha trovato nel ‘modello di produzione giapponese’ una delle sue espressioni più compiute. Alcune tecniche di gestione, come il Total Quality Management (TQM), il Just in Time* e la produzione snella (lean production), sono state introdotte in molti altri Paesi industrializzati sia pure dopo essere state adattate alle differenti condizioni istituzionali, sociali e culturali.

* JIT Sigla di just in time, sistema di gestione delle scorte di prodotti in lavorazione nelle produzioni manifatturiere, tendente a ridurre le scorte complessive e il tempo di attraversamento del sistema produttivo da parte dei prodotti. Tale metodologia fu messa a punto negli anni 1950 presso la casa automobilistica giapponese Toyota motor company.

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Wikipedia

Con la parola fordismo si usa indicare una peculiare forma di produzione basata principalmente sull'utilizzo della tecnologia della catena di montaggio (assembly-line in inglese) al fine di incrementare la produttività. Il significato è variabile nei diversi Paesi.

Spesso connotato negativamente, il concetto fu teorizzato da Antonio Gramsci e dal socialista belga Henri de Man.

Il termine fu coniato attorno agli anni trenta per descrivere il successo ottenuto nell'industria automobilistica a partire dal 1913 dall'industriale statunitense Henry Ford (1863 - 1947); ispiratosi alle teorie proposte dal connazionale Frederick Taylor (1856 - 1915), ebbe poi un considerevole seguito nel settore dell'industria manifatturiera, tanto da rivoluzionare notevolmente l'organizzazione della produzione a livello globale e diventare uno dei pilastri fondamentali dell'economia del XX secolo, con notevoli influenze sulla società.
Con l'aggettivo fordista si usa indicare un regime di produzione ispirato al paradigma adottato da Ford, o una sua stretta evoluzione.


Caratteristiche

I princìpi del taylorismo

   1. analizzare le caratteristiche della mansione da svolgere,
   2. creare il prototipo del lavoratore adatto a quel tipo di mansione,
   3. selezionare il lavoratore ideale, al fine di formarlo e introdurlo nell'azienda.

I due capisaldi del fordismo erano il paradigma industriale tayloristico, accompagnato da una spinta automazione (riflesso della meccanizzazione) e la concessione di retribuzioni più elevate di quelle mediamente riconosciute dalla prassi delle relazioni industriali dell'epoca.

Questo secondo aspetto non era però conseguenza di una qualche forma di filantropia, ma semmai era l'espressione di una lungimiranza socio-economica, poiché era la premessa della produzione di massa, ossia il volano dell'economia di consumo (una classe operaia povera non si può permettere neppure la più spartana utilitaria).

Ma i due capisaldi erano connessi anche sul piano funzionale: la potente razionalizzazione del ciclo produttivo aveva come prerequisito un'intensa sottomissione delle maestranze alla disciplina organizzativa (quasi maniacale) del fordismo, che arrivava a calcolare con esattezza i minimi movimenti corporei del dipendente: questo regime alienante doveva trovare almeno una forma di riparazione nel salario più generoso, che saggiamente infatti veniva assegnato all'operaio Ford.

Fordismo negli Stati Uniti

Negli Stati Uniti è una filosofia sociale che sostiene che ricchezze e profitto possono essere raggiunti con alti salari che permettono ai lavoratori di acquistare i beni che hanno prodotto.

La parola fordismo fu coniata attorno agli anni trenta, ma già quindici anni prima il successo ottenuto nell'industria automobilistica da Ford era obiettivamente un fenomeno rimarchevole. Fordismo indica una serie di pratiche industriali associate alle innovazioni introdotte nella fabbricazione di automobili americane da Ford durate dall'ultimo decennio dell'800 fino al secondo del Novecento. Questo processo consiste nel ridurre operazioni complesse a compiti più piccoli e semplici da svolgere, eseguibili anche da lavoratori inesperti. Ma l'innovazione più importante fu l'introduzione della catena di montaggio nel 1913, che ha fatto scendere il tempo per completare una macchina da venti ore a un'ora e mezza, ottenendo così una produzione di massa di oggetti omogenei (ad esempio, ogni Ford T era nera, ed originariamente le personalizzazioni del modello base erano pressoché inesistenti). Questo comportò un aumento di produzione, con il calo dei costi di produzione media, per rendere il prodotto più accessibile al pubblico. Esso fu anche un grande investimento di capitali; la meccanizzazione permise l'efficienza, e fu un grande affare. Con 10 milioni di prodotti venduti, Ford fece una fortuna e i suoi operai diventarono i più pagati nel mondo. Dai promotori del fordismo Detroit fu assunta come modello di impianto urbanistico ottimizzato per la produzione industriale. Il sistema di produzione fordista ha quattro elementi chiave:

    * È caratterizzato da una particolare divisione del lavoro (la separazione dei diversi compiti tra diversi gruppi di lavoratori) in cui lavoratori non specializzati eseguono semplici operazioni ripetitive mentre tecnici qualificati e personale di direzione ricoprono incarichi relativi alla ricerca, al design, al controllo della qualità, finanza, coordinamento e marketing.
    * È un sistema dove la fabbricazione è altamente standardizzata.
    * La produzione non è organizzata con il criterio di dislocare nello stessa zona macchine simili, ma le macchine sono disposte funzionalmente, ovvero nel corretto ordine di sequenza richiesto per la fabbricazione del prodotto.
    * Le varie parti della catena di montaggio sono collegate insieme da un nastro trasportatore (la linea di assemblaggio) per facilitare un veloce ed efficiente svolgimento dei compiti.

I prezzi calano, portando un incremento delle vendite a e dello sviluppo potenziale del mercato di massa. Molti commentatori ritengono che il fordismo sia stato caratteristico dell'industria occidentale dal 1945 fino agli anni settanta, e che sia stato collegato al sorgere dei maggiori paesi produttori d'auto. Il fordismo è associato, sul piano della dottrina logistica industriale, al particolare modello territoriale dell'attività economica, detto divisione spaziale del lavoro, in cui vi è una separazione spaziale tra il luogo di sviluppo del prodotto (centro di ricerca e sviluppo) e gli effettivi centri di montaggio standard di un prodotto. Il modello rimase dominante del mondo industrializzato fino agli anni sessanta e settanta, quando il conformismo dei consumatori fu intaccato dal crescente numero di disegnatori, pensatori, e consumatori stessi. E così si sono venuti a creare termini come postindustriale, postfordismo e mercato di nicchia. Il fordismo è stato parte, come componente tecnologica, del momento di efficienza che ha caratterizzato l'età del progresso americano. Dopo l'inizio della Grande depressione, la politica americana fu quella di tenere alti i salari nella speranza che il fordismo avrebbe risolto la crisi.

Fordismo nell'Europa occidentale

Secondo lo storico Charles S. Maier, il fordismo in Europa è stato preceduto dal taylorismo - una teoria sociologico-industriale del lavoro disciplinato e organizzato, basato su studi (almeno formalmente ispirati al rigore scientifico) dell'efficienza umana - e dal sistema di incentivi. Il taylorismo attrasse gli intellettuali europei fino alla Grande Guerra.

Dal 1918, tuttavia, l'attenzione si spostò sul fordismo, che prevedeva la riorganizzazione dell'intero processo produttivo su concetti come linea di assemblaggio, standardizzazione e mercato di massa. Ma con la grande depressione si compromise la visione utopistica della tecnocrazia americana; tuttavia il predominio con cui gli Stati Uniti uscirono dalla seconda guerra mondiale ravvivò l'ideale. Sotto l'ispirazione di Antonio Gramsci (secondo cui il fordismo significa intensificare il lavoro, dopo averlo reso meccanicamente ripetitivo, per promuovere la produzione), i marxisti fondarono il concetto di fordismo negli anni trenta, e negli anni settanta elaborarono il post fordismo. Antonio e Bonanni (2000) tracciano lo sviluppo del fordismo e delle successive fasi economiche, dalla globalizzazione alla globalizzazione neoliberale, durante il ventesimo secolo, enfatizzando il ruolo ricoperto dall'America nella globalizzazione. Tali autori sostengono che il fordismo raggiunse nei decenni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale il culmine, nel dominio americano e nell'affermarsi del consumismo di massa, ma collassò con le crisi politiche e culturali degli anni settanta. Con il progresso tecnologico e la fine della guerra fredda si entrò nella fase di neo liberale della globalizzazione negli anni novanta. Loro accusano gli elementi negativi del fordismo, come l'inegualità economica perdurata comunque, e i relativi problemi culturali di sviluppo sorti che inibiscono gli scopi della democrazia americana.

Fordismo in Unione Sovietica

Lo storico Thomas Hughes (Hughes 2004)[8] ha dettagliatamente spiegato in che modo l'Unione Sovietica abbracciò con entusiasmo negli anni venti e trenta il fordismo e il taylorismo, importando esperti americani di entrambe le scuole e affidando ad aziende americane la costruzione di parte delle proprie strutture industriali. I concetti di piani quinquennali e di controllo centralizzato dell'economia possono essere direttamente rintracciati nell'influenza del taylorismo sul pensiero sovietico. Hughes cita Stalin: l'efficienza americana è quella forza che non conosce né riconosce ostacoli; che una volta iniziata una missione, anche se di poco conto, la continua fino al compimento; senza l'efficienza USA è impossibile un lavoro serio e costruttivo... la combinazione di rivoluzione russa con l'efficienza americana è l'essenza del leninismo. Hughes descrive come entrambe le parti, sovietici ed americani, scelsero di ignorare o negare il contributo delle idee dell'esperienza americana nello sviluppo e nella crescita di potere dell'Unione Sovietica. I sovietici lo fecero perché desideravano porsi al mondo come gli artefici del proprio destino, che nulla dovevano ai rivali. Gli americani lo fecero perché non desideravano ammettere il proprio apporto alla creazione del più potente avversario: l'URSS.

Altre varianti marxiste

Il fordismo è anche un termine usato nel marxismo occidentale, pensato come "regime di accumulazione" o modello macroeconomico del crescente sviluppo degli Stati Uniti e diffusosi in varie forme nell'Europa occidentale dopo il 1945. Esso consiste nella produzione domestica di massa con determinate istituzioni e politiche a sostegno del consumo di massa, tra cui politiche di stabilizzazione economica e di organizzazione keynesiana della domanda che generano la domanda nazionale la stabilità sociale; il fordismo postula dal canto suo anche una sorta di compromesso fra classi o di contratto sociale che implichi, in un rapporto quasi sinallagmatico (a prestazioni corrispettive), assegni di supporto alle famiglie, lavoro stabile e un mercato del lavoro interno che porti una prosperità ampiamente diffusa (l'aumento delle entrate è legato alla produttività nazionale tra gli anni '40 e '70). A livello di processi di lavoro, il fordismo è taylorismo, mentre come modello di regolazione nazionale il fordismo è keynesianesimo.

Il concetto scientifico di fordismo è stato introdotto nella French Regulation School, noto anche come teoria della regolazione, che è un filone di influenza marxista di economia politica. Secondo la Regulation School (un gruppo di scrittori di storia economica), i paradigmi della produzione capitalista sono nati dalla crisi del paradigma precedente; un nuovo paradigma è sempre destinato a cadere in crisi, prima o poi. La crisi del fordismo è diventata evidente per i marxisti verso la fine del 1960. La teoria di regolazione marxista parla di regimi di accumulazione capitale (ROA) e di modalità di regolazione (MOR). ROAs sono periodi di crescita economica pressoché costante e di profitto su tutta una nazione o regione del globo. Tali regimi si esauriscono entrando in crisi, e crollano quando il capitalismo cerca di ripristinarsi e tornare a una situazione di profitto. In questi periodi intervengono i MOR per stabilizzare questi periodi, con una serie di provvedimenti di vario genere finalizzati ad assicurare un profitto capitalista a lungo termine. Il fordismo è anche una parola usata per indicare il boom economico conosciuto in Occidente dal 1945. Esso viene indicato da un ciclo di produzione e consumo di massa; dalla produzione di oggetti standard da essere venduti mercati nazionali protetti; dall'applicazione di politiche economiche Keynesiane. Mentre il modello standard è l'America post-guerra, le variazioni nazionali di questo standard di norma sono ben note. La teoria di regolazione parla di modalità nazionali di crescita per denotare diverse varietà di fordismo presenti nelle economie occidentali. Il fordismo come regime di accumulazione crollò, a causa delle esperienze nazionali, da qualche parte tra la fine degli anni '60 e la metà dei '70. Le economie occidentali vivevano una lenta o assente crescita economica, con espansione della disoccupazione. Il periodo dopo il fordismo è chiamato post fordismo o neofordismo. Il primo implica che il capitalismo globale ha messo da parte il fordismo senza superare le sue incoerenze; mentre il secondo indica che gli elementi dei regimi di accumulazione fordisti continuano a esistere. La Regulation School preferisce il termine dopo-fordismo, a indicare che non è ancora chiaro cosa c'è dopo il fordismo.

Postfordismo

Il fordismo come return on assets (ROA) andò in crisi, con varie scansioni temporali a seconda delle realtà nazionali, in un intervallo compreso tra la fine degli anni sessanta e la metà degli anni settanta. Le economie occidentali attraversarono una fase di crescita economica rallentata o nulla, inflazione crescente e disoccupazione dilagante. Tali sistemi economici avevano virato da un orientamento manifatturiero-industriale al terziario avanzato ed all'economia della conoscenza. Al contempo, l'industria si era delocalizzata dall'occidente ai paesi del secondo e terzo mondo, dove la produzione è meno costosa. Abbiamo visto che il fordismo si fondava anche sulla supposizione che i dipendenti fossero in grado di acquistare ciò che producevano (almeno in una qualche misura), e si era creduto che potesse prosperare anche in virtù dell'interconnessione mondiale. Il movimento di capitale è divenuto più fluido, e gli stati nazionali si sono significativamente estraniati dalla sfera economica. Il postfordismo si è affermato in parte anche in virtù della globalizzazione. Ai tempi di Henry Ford, i lavoratori erano relativamente poco professionalizzati, ma potevano organizzarsi sindacalmente, e tali sindacati divennero assai forti proprio perché il capitale non era fluido come sarebbe diventato nell'epoca postfordista.

Il posfordismo può essere definito da questi aspetti:

    * Nuove tecnologie d'informazione.
    * Enfasi sui tipi di consumatori (al posto dell'enfasi sulle classi sociali, precedentemente imperante).
    * Avvento del lavoratore di servizi e del "colletto bianco".
    * Femminilizzazione della forza lavoro.
    * Globalizzazione dei mercati finanziari.

Invece di produrre beni generici, le imprese trovarono allora più profittevole specializzarsi in diverse linee di prodotti rivolti a differenti gruppi di consumatori, facendo leva sul loro senso del buongusto e della moda. In luogo di investire enormi cifre sulla produzione di massa di una singola merce, le imprese ebbero quindi la necessità di costruire sistemi intelligenti di impiego di mano d'opera e macchine che fossero flessibili e potessero rapidamente reagire ai capricci del mercato. La moderna produzione just in time è un buon esempio di approccio produttivo flessibile.

Il postfordismo trae linfa vitale dall'information technology. La fabbricazione just in time già ricordata è strettamente dipendente dal progresso informatico. Non c'è più bisogno di creare scorte di magazzino di un qualche prodotto. Appena creato, il prodotto è già fuori dalla porta. La chiave della flessibilità produttiva è nell'uso di tecnologie informatiche nelle macchine e nelle operazioni. Tutto ciò permette un controllo più raffinato nel processo produttivo. Con l'aumentata sofisticazione dei processi e, segnatamente, la nuova flessibilità della tecnologia a controllo elettronico, i cambiamenti più radicali nei processi di produzione non sono più necessariamente connessi ad una vasta scala di produzione. In effetti, uno dei più spettacolari riflessi della tecnologia produttiva di ultima generazione, dominata dall'elettronica ed assistita dal computer, è la possibilità di saltare da un processo ad un altro, consentendo — almeno potenzialmente — la "confezione su misura" di una produzione che segue da vicino le esigenze dei singoli consumatori. L'automazione tradizionale è vincolata ad una produzione standardizzata di grandi volumi ("milioni di pezzi"); i nuovi "sistemi flessibili di fabbricazione" sono parecchio diversi, perché rendono possibile la realizzazione di piccole tirature senza penalizzazioni di costo. La minor richiesta di spazio (il magazzino è virtualmente abolito) taglia, ovviamente, le spese necessarie ad acquisire in qualunque forma (proprietà, affitto, leasing, comodato…) immobili strumentali. Si può ricorrere a processi modulari per soddisfare le esigenze di mercati di nicchia. L'attenzione è ormai completamente volta allo scopo finale della fabbricazione. Le società sono più piccole e subappaltano molte attività definite "non strategiche". Analogamente, la struttura di produzione iniziò a cambiare a livello di settore. Invece di una singola ditta che impiega mano d'opera su tutta la catena di montaggio, dal materiale grezzo al prodotto finito, il processo di produzione si frammentò, con singole ditte specializzate per aree di competenza tecnica. La prova del carattere vincente di questa apologia della specializzazione andrebbe rinvenuta nei cosiddetti distretti produttivi, nuclei di imprese integrate che sono sorti in luoghi come Silicon Valley, Jutland, Småland, ed alcune parti della stessa Italia.

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da www.appuntidiscienzesociali.it/Sociologia/Fordismo.pdf

Tavlorismo. fordismo. post-fordismo


    1.    Il taylorismo

L'organizzazione di fabbrica, come organizzazione della produzione per il mercato, nasce nel XVIII secolo. L'ampliamento e il controllo della produzione da parte di un imprenditore aveva già conosciuto una forma che non richiedeva la concentrazione di mezzi di produzione e persone; si tratta del putting- out system, vale a dire del coordinamento di artigiani che lavorano a domicilio (tessitori, per esempio), ai quali un imprenditore-mercante ricorre a seconda delle richieste del mercato.

Le prime concentrazioni di manodopera in uno stesso luogo, sotto la direzione e il controllo di un imprenditore (l'organizzazione di fabbrica, ovvero il factory system opposto al putting-out system), non cambiano radicalmente il modo di lavorare, gli strumenti, le gerarchie. Comincia tuttavia una trasformazione che, attraverso maggiori investimenti in macchinari, l'evoluzione di questi, la crescente concentrazione di mezzi e persone conduce anche a rivoluzionare l'organizzazione del lavoro.

In fabbrica si introducono le prime macchine utensili anch'esse flessibili come i vecchi utensili, e perciò chiamate «macchine universali». Le macchine universali possono essere adoperate per diverse operazioni, adattate a queste dall'operatore; una volta azionate, esse eseguono la lavorazione senza altro intervento diretto. L'operatore deve conoscere le diverse possibilità della macchina, predisporla per l'esecuzione e intervenire con altri attrezzi per completare o rifinire il pezzo. Un esempio di macchina utensile universale è la fresatrice, che lavora il metallo con l'uso di attrezzi rotanti diversi, da angolature variabili.
L'uso di macchine utensili universali caratterizza una prima fase dell'organizzazione del lavoro di fabbrica. L'imprenditore sceglie cosa produrre e assicura le condizioni generali della produzione, ma l'esecuzione del prodotto è in larga parte lasciata all'autonomia e all'abilità professionale degli operai nell'uso delle macchine, organizzati in squadre. Queste sono composte da operai più esperti e anziani, da apprendisti più giovani che stanno imparando, e da molti manovali non qualificati che eseguono i lavori più semplici. Gli operai dotati di professionalità di questa fase (pochi rispetto ai manovali) sono chiamati operai di mestiere.

Di tale genere era l'organizzazione del lavoro di fabbrica all'inizio del secolo. Osservata con gli occhi abituati  al  tipo  di  fabbrica  che  si  è  poi  imposto  nei  decenni  successivi,  essa  appare  alquanto
«disorganizzata». Uno stesso lavoro poteva richiedere tempi di attuazione differenti a seconda delle squadre, essere fatto in modi diversi, essere diversamente remunerato a seconda degli accordi del caposquadra con gli operai che lui stesso assumeva, e così via. Da considerazioni come queste nacque l'idea di introdurre un metodo nell'organizzazione del lavoro. La proposta più compiuta fu la cosiddetta organizzazione scientifica del lavoro (Scientific Management), ideata in America da Frederick W. Taylor [1911]. I metodi a lui ispirati costituiscono il taylorismo.

Taylor partì dall'idea che per acquistare efficienza era necessario progettare un'organizzazione centralizzata, nella quale fossero rigidamente divisi i compiti di decisione e pianificazione del lavoro (spostati alla direzione) da quelli di esecuzione. Il processo complessivo di lavorazione doveva essere smontato in una serie di operazioni, ognuna (o una serie limitata) delle quali definisse un posto di lavoro. Le singole operazioni potevano poi essere standardizzate, fissandone tempi e metodi, tenuto conto dello sforzo necessario e di un corretto modo di esecuzione; in tal modo, esse diventavano esattamente prevedibili. Opportune tecniche di selezione e valutazione avrebbero trovato l'«uomo giusto al posto giusto», diversamente remunerato secondo quello che veniva valutato il suo apporto alla produzione. Il sistema organizzativo complessivo era la ricomposizione di tali attività standardizzate, adattate le une alle altre e controllabili.

Faceva parte della proposta di Taylor che i lavoratori fossero spinti ad accettare le nuove condizioni da un salario maggiore che derivava da una produzione più efficiente: uno stesso numero di operai avrebbe infatti realizzato nello stesso tempo una quantità maggiore di prodotto. Questo non bastò però a evitare vivaci reazioni, perché il nuovo metodo sottraeva ai lavoratori potere e autonomia. In certi casi il taylorismo eliminò anche professionalità artigiana e di mestiere, ma questo punto non va enfatizzato: molti degli operai che venivano immessi nell'industria americana in espansione erano stati in precedenza agricoltori, e non possedevano alcuna professionalità industriale. Nell'industria di allora la quota di operai di mestiere era nettamente inferiore a quella degli operai non qualificati.

Taylor era poi ingenuo nel credere che si potesse «scientificamente» stabilire il modo migliore (one best way) di fare una cosa, e a volte il taylorismo finì per diventare semplicemente sinonimo di compressione dei tempi di lavoro. Merito di Taylor fu in ogni caso quello di porre per la prima volta il problema dell'organizzazione del lavoro in azienda; l'organizzazione industriale successiva può essere considerata uno sviluppo a partire dai suoi schemi.

    2.    Il fordismo: la produzione di massa che usa la tecnologia della catena di montaggio

Una nuova fase si apre con l'avvio della grande produzione di serie, basata sull'introduzione estesa di un nuovo tipo di macchine: le macchine speciali. Queste compiono poche o una sola operazione, non
richiedono importanti e diversi interventi di regolazione e funzionano con continuità: sono dunque veloci e non flessibili. La conseguenza è che gran parte del lavoro richiesto è più semplice di quello dell'operaio di mestiere. In questa nuova fase aumentano infatti gli operai non o poco qualificati: un breve tirocinio li rende capaci di svolgere la loro mansione. Nel suo caso più spinto, la nuova divisione tecnica del lavoro è organizzata come lavorazione a catena: «un tipo di organizzazione del lavoro per cui le diverse operazioni, ridotte alla medesima durata o ad un multiplo o sottomultiplo semplice di tale durata, vengono eseguite senza interruzione tra loro e in un ordine costante nel tempo e nello spazio» [A. Touraine, L'evoluzione di lavoro operaio alla Renault (1955), trad. it. 1974, p. 62].

La catena di montaggio fu applicata da Ford alla produzione di auto in grande scala, a partire dal 1913. Da qui anche l'uso dell'espressione fordismo per questa nuova fase dell'organizzazione industriale, dove la fabbrica è interamente progettata a partire dal sistema delle macchine.
I
l fordismo accentuò la segmentazione del lavoro e finì per cancellare il «mestiere». Ford introdusse varie innovazioni nelle sue fabbriche:
    -    forme di compartecipazione agli utili;
    -    ridusse la settimana lavorativa;
    -    adottò i salari giornalieri più alti del suo tempo.

Nella sua strategia, basata sulla riduzione del prezzo dell'automobile per la conquista di un mercato di massa, introdusse il concetto di pagamento a rate. Il vanto d'orgoglio di Ford era che «Si può avere l'auto di qualsiasi colore, purché nero». Questo sintetizza piuttosto bene che cosa sia la tecnologia della catena di montaggio fordista: un prodotto standardizzato, ma costruito a un prezzo basso per renderlo accessibile alle masse. Gli industriali come Ford erano inoltre consapevoli della perdita di soddisfazione nel lavoro, così pagavano dei salari più elevati della media e offrivano dei bonus come "compensazione". Ford impiegava anche degli studiosi del comportamento e dei sociologi per studiare il modo di migliorare la produttività quando il lavoro era ripetitivo e non specializzato. Forse non sorprende sapere che Ford era contro i sindacati: egli vedeva il suo lavoratore ideale in un uomo sposato, con famiglia e con dei mutui da pagare, che voleva guadagnare denaro per avere un buon tenore di vita e che non doveva essere critico a proposito delle condizioni di lavoro. L'idea che il denaro è la ragione chiave per cui la gente lavora era allora assai diffusa: sociologi come J.H. Goldthorpe e D. Lockwood, nella loro ricerca sull'industria automobilistica britannica, avevano descritto questo atteggiamento come un «orientamento strumentale al lavoro».

    3.    Il post-fordismo: il sistema Toyota

Possiamo aggiornare la storia senza fine dell'organizzazione del lavoro industriale con la sfida maggiore portata al fordismo in anni più recenti. Con post-fordismo ci si riferisce alla crescita della diversità di prodotti e alla produzione flessibile che non può essere ottenuta con la catena di montaggio. La produzione di massa ha portato al consumo di massa, con la crescita delle esigenze dei consumatori, così ora il concetto "qualsiasi colore, purché nero" non è più appropriato in un mondo altamente competitivo. Con l'aumento dell'individualismo e del senso di identità attraverso il consumo, le aziende hanno dovuto venire incontro ai nuovi bisogni fornendo varietà e diversità in moltissimi tipi di prodotti. Le automobili sono un buon esempio di questo fenomeno. Si tratta del sistema Toyota che ha rivoltato come un vestito vecchio l'organizzazione che ai suoi tempi aveva pensato Henry Ford. La produzione di massa, standardizzata, era basata sull'idea che si sarebbero trovati clienti per tutto ciò che si produceva; nella nuova situazione si tratta di avvicinarsi alla condizione di produrre soltanto quello che è già richiesto da un cliente. Ciò rende necessaria una rivoluzione organizzativa.

Nel fordismo le decisioni su cosa e quanto produrre sono fissate dalla direzione «a monte»: i componenti, prodotti in fabbrica o da fornitori esterni (ingranaggi, sedili, e così via), affluiscono a magazzini, e da qui passano all'assemblaggio lungo la catena. Se le auto non si vendono subito, vengono parcheggiate in piazzali in attesa di esserlo, mentre i componenti prodotti in eccesso si accumulano: nelle nuove condizioni di mercato questo può avvenire con frequenza. Rovesciando lo schema organizzativo, è l'ordinazione di un certo numero di auto pervenuta agli uffici commerciali che mette in moto lungo la linea produttiva la richiesta dei diversi componenti, i quali vengono allora prodotti solo nella quantità necessaria. In fabbrica non circola nessun componente che già non si sappia a che auto è destinato: è la cosiddetta produzione just in time, espressione di solito non tradotta con la quale si intende che nel corso dell'assemblaggio dell'automobile ciascun componente arriva alla linea di montaggio nel preciso momento in cui ce n'è bisogno e solo nella quantità necessaria.

Il cambiamento di ottica si accompagna a molte altre innovazioni organizzative. Ricordiamo ancora il principio della «autoattivazione», applicato alle macchine, agli operai e alle linee produttive: in caso di errore la macchina che sta operando si ferma automaticamente; allo stesso modo, in caso di anomalie riscontrate in una fase di lavorazione manuale il lavoratore interrompe la linea. I controlli di qualità non sono dunque solo alla fine di una linea produttiva, che funziona sempre senza interrompersi. L'autoattivazione permette di intervenire senza che gli errori si ripetano e accumulino, con tempestività e alla radice.

Il sistema Toyota, meno sprecone e più capace di adattarsi al mercato, richiede un attento gioco di
squadra da parte di tutti. Macchine automatiche, robot e macchine a controllo numerico sono utilizzate perché permettono elasticità, ma fattori di elasticità sono anche uomini addestrati a più compiti, in grado di percepire e realizzare direttamente i continui aggiustamenti necessari ai processi di produzione, e le squadre che gestiscono autonomamente singole aree di produzione, coordinandosi fra loro secondo i principi del just in time. Il sistema Toyota richiede molta responsabilizzazione e partecipazione da parte di tutti. La garanzia del posto di lavoro «a vita» e differenziali fra paghe di operai e di dirigenti più bassi che in Occidente sono due esempi delle motivazioni a partecipare che lo rendono possibile.

Dopo aver seguito l'evoluzione del lavoro industriale dal taylorismo alla fabbrica integrata, possiamo
ancora chiederci: queste evoluzioni hanno in sostanza migliorato le condizioni di lavoro o le hanno peggiorate, lo hanno mediamente arricchito o impoverito, quanto a contenuti, partecipazione, professionalità? Su questo interrogativo ci sono state forti discussioni e diverse ricerche che hanno cercato di verificare ipotesi con dati. In conclusione, la tesi di una continua dequalificazione del lavoro è stata smentita. Sembra infatti che, con il passaggio alle nuove forme di organizzazione, in media si possono riscontrare un miglioramento della qualificazione professionale e maggiori ambiti di autonomia nello svolgimento delle attività lavorative.

I successi ottenuti hanno sollecitato altrove imitazioni e adattamenti. Espressioni come «fabbrica integrata», «qualità totale», «produzione snella» sono entrate nell'uso per indicare l'organizzazione «alla giapponese». In realtà, sia l'organizzazione che il sistema di motivazioni escogitati in Occidente sono piuttosto degli ibridi, nati dall'innesto su esperienze e condizioni precedenti. Del resto, anche il sistema Toyota è in continua evoluzione: per esempio, i controlli in linea secondo il principio della autoattivazione sono stati alleggeriti ed è stato reintrodotto il controllo di qualità finale. Con l'aggravarsi della crisi anche il principio del lavoro «a vita» è stato accantonato per certe categorie di dipendenti, pur rimanendo una cura particolare del rapporto di lavoro.
 
4. La "mcdonaldizzazione"

Se è certamente vero che l'industria è diventata più flessibile e che c'è maggiore diversità e una più vasta gamma di prodotti, l'idea che ci sia una situazione di lavoro totalmente diversa per tutti i lavoratori è una questione aperta. Ci sono ancora migliala di lavoratori che svolgono lavori ripetitivi nelle fabbriche. In alcuni casi, la scelta del consumatore e la diversità hanno avuto come conseguenza nuove forme di lavoro ripetitivo in luoghi differenti del pianeta. L'alimentazione e la ristorazione ne sono un ottimo esempio, con imprese multinazionali di hamburger e fast-food che si fanno concorrenza in ogni città e paese per soddisfare i consumatori. Queste imprese hanno introdotto nella ristorazione di massa metodi di produzione sul modello della fabbrica e sono diventati imperi globali da miliardi di dollari di fatturato, con filiali nelle maggiori città di tutto il mondo, da Mosca a Melbourne, da New Delhi a New York.

Che cosa vuol dire lavorare per una impresa globale di fast-food? Per il tipo di lavoro offerto - part time con orari flessibili - la paga e le condizioni possono essere ragionevoli, perciò rappresenta un'attrazione per lavoratori giovani, studenti e donne con figli piccoli. Il turnover della manodopera è piuttosto elevato, ma i nuovi assunti ricevono una formazione immediata. Tutti i prodotti vengono preparati e parzialmente cotti in fabbriche centralizzate, quindi distribuiti ai punti vendita al dettaglio per il semplice stadio finale che consiste nel riscaldarli e prepararli per il consumo. Si usa la tecnologia
per semplificare al massimo le mansioni, così la richiesta di specializzazione da parte del lavoratore è bassa.

I dipendenti ricevono una formazione «American-style», con tecniche di attenzione al cliente che impongono per esempio il sorriso e le frasi di benvenuto e di commiato: «Buona giornata!» e «Buon appetito!» si possono sentire in una grande varietà di lingue e di accenti nei vari paesi del mondo, anche se  il  sorriso  può  essere  fatto  a  denti  stretti!  La  divisione  del  lavoro,  legata  alla  divisione  della produzione, viene applicata alle mansioni più semplici e a precise quantità di produzione: i Big Mac hanno esattamente lo stesso identico gusto in qualsiasi posto vengano acquistati.

George Ritzer (1993) indica che c'è stata una "mcdonaldizzazione" della società in quanto questi
metodi di produzione, stile manageriale e comportamento dei dipendenti hanno contagiato tutti i tipi di situazioni lavorative, dai bar al trasporto ferroviario, dall'insegnamento all'assistenza sociale. Praticamente in tutte le maggiori industrie nel mondo viene fornita una precisa documentazione in manuali ufficiali che riportano le mansioni e le procedure da seguire. Inoltre è prevalente l'enfasi sul comportamento di benvenuto e l'attenzione al cliente.

La logica della "McDonaldizzazione" consiste nella crescente espropriazione di attività, capacità e
relazioni umane al posto delle quali si introducono strumenti tecnologici sofisticati. Il senso della razionalizzazione contenuta nel modello McDonald's è quello di garantire efficienza, calcolabilità, prevedibilità e controllo del servizio.

L'efficienza del servizio viene garantita mediante "lo sforzo per scoprire i mezzi migliori per conseguire qualsiasi fine desiderato. Così, i lavoratori nei ristoranti di fast-food chiaramente debbono lavorare in modo efficiente; per esempio, gli hamburgers sono assemblati, e talvolta cotti, come nella linea di montaggio". I clienti da parte loro desiderano - questo ci si aspetta da loro - acquistare e consumare i loro pasti in modo efficiente. La consegna attraverso uno sportello è il modo migliore di ottenere il cibo da parte dei clienti; di distribuirlo da parte degli addetti.

La calcolabilità implica l'attenzione alla quantità. Il tempo di lavoro è predeterminato per aumentare
la velocità del servizio. Gli addetti non gradiscono questi aspetti dell'organizzazione del lavoro e si verifica un notevole turn-over. Resistono lavoratori part-time, teen-agers e, generalmente, lavoratori non sindacalizzati. Solo la forza lavoro di basso costo dura per un anno e più. La velocità del servizio va a scapito della qualità del cibo. Per preparare un buon pasto occorre tempo, infatti.

La prevedibilità è assicurata mediante una doppia ma convergente procedura: una per gli addetti e
l'altra per i clienti. Perciò, quando il cliente entra, gli addetti domandano cosa vuole ordinare. Da parte sua il cliente deve sapere cosa vuole o deve essere rapidamente in grado di saperlo leggendo la lista. Infine, ci si aspetta da lui che ordini, mangi, paghi e se ne vada velocemente.

Il controllo è affidato alle tecnologie non umane. Nello stesso tempo tali tecnologie controllano gli
impiegati e li sostituiscono. Ritzer fa l'esempio della friggitrice automatica. Quando le patatine sono fritte la friggitrice emette un suono e le tira automaticamente fuori dall'olio bollente. I clienti da parte loro sono controllati dagli addetti e dalle macchine. Il risultato è che la friggitrice rende impossibile avere le patatine "ben fritte".

Infine, l'irrazionalità della razionalità. Il processo di razionalizzazione incorporato nei servizi
McDonald's e nei loro simili comporta una serie di irrazionalità sostanziali. Ad es., il servizio del cibo da un chiosco è rapido ed efficiente per McDonald's; esso crea però una lunga fila di persone o di macchine in attesa. Il servizio inoltre comporta una riduzione della varietà e delle possibilità di selezione, con notevoli effetti di omogeneizzazione del gusto e della dieta.

La "Mcdonaldizzazione della società" comporta effetti più ampi sulla qualità delle relazioni sociali. Per questa ragione McDonald's diventa un simbolo di un processo di disumanizzazione delle relazioni sociali. Il "modello McDonald's" si estende infatti alla cura della persona, alla salute (i McDoctors!), all'alta educazione, all'intrattenimento, alle vacanze, alla costruzione delle abitazioni. Il senso di questa applicazione del modello McDonald's alla gestione della vita quotidiana degli individui è quello della creazione di una weberiana "gabbia d'acciaio", nella quale alla fine restano rinchiusi pure coloro che per profitto e convenienza l'hanno promossa.

La sempre più crescente diffusione del modello McDonald's crea effetti di omogeneità non solo nella vita delle persone, ma anche nel mondo vegetale. La riduzione delle varietà, infatti, colpisce anche le materie prime (soprattutto le patate nel caso di McDonald's) che devono essere di qualità e grandezza prefissata per poter entrare nel circuito produttivo. Gli agricoltori (quando la produzione agricola non è parte della catena di un grande marchio) sono costretti a selezionare certe varietà a scapito di altre, se vogliono accedere al mercato e realizzare un reddito.