Le Figaro

 

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Le Figaro è un quotidiano francese, il più longevo fra quelli ancora in pubblicazione. Fu fondato nel 1826 sotto Carlo X; prese il nome dal personaggio della trilogia di Beaumarchais (Le nozze di Figaro, Il barbiere di Siviglia, La madre colpevole).

Storia

    1826: Il cantante Maurice Alhoy ed il romanziere Etienne Arago creano il 15 gennaio un settimanale satirico a Parigi. Si presenta con un formato di quattro pagine, ed è pubblicato con numerose interruzioni proprio a causa del suo carattere satirico.
    1833: la pubblicazione si interrompe, viene rilanciata più volte ma è sempre un insuccesso.
    aprile 1854: Hippolyte de Villemessant rilancia l'impresa: il giornale è soprattutto parigino e letterario. Riesce a circondarsi di giornalisti di talento e innovatori: crea rubriche permanenti, in cui i lettori scrivono e si incontrano. La rubrica Échos ("Echi"), che con aneddoti e indiscrezioni regala al pubblico l'impressione di appartenere ad un insieme di privilegiati messi in confidenza, è un vero successo.
    1856: il successo del Figaro è tale che Hippolyte de Villemessant decide di raddoppiare la sua frequenza: il giornale esce mercoledi e domenica.
    1863: esce un quotidiano concorrente, le Petit Journal. Di conseguenza Villemessant crea l'Événement, un altro quotidiano, lasciando uscire le Figaro due volte a settimana. Le Petit Journal esce vincitore di questo confronto e scompare l'Événement poco tempo dopo, a causa di un articolo sul diritto dei poveri che non sarebbe stato apprezzato dal governo di Napoleone III.
    16 novembre 1866: Le Figaro diventa un quotidiano ma evita immediatamente argomenti scottanti e quindi la censura. La tiratura raggiunge le 56 000 copie, di cui 15 000 abbonati.
    1867: esce il Figaro Littéraire et Politique, dove Henri Rochefort riversa il suo talento satirico. L'uscita di un giornale simile si spiega con la liberalizzazione dell'Impero: Henri Rochefort va comunque vicino alla censura. Hippolyte de Villemessant crea quindi un giornale per lui: La Lanterne.
    1871: il giornale prende posizione contraria alla Comune di Parigi, che lo fa sopprimere. Il giornale riprende le sue pubblicazioni solo quando questa è sconfitta. Le Figaro si crea quindi un pubblico di aristrocratici e borghesi.
    1875: Hippolyte de Villemessant lascia la guida a Francis Magnard, che diventa il nuovo direttore.
    17 aprile 1879: Le Figaro compare con una cornice nera: Hippolyte de Villemessant è morto a Monte Carlo. Alphonse Daudet e Gustave Flaubert lasciano una testimonianza della perdita sentita in quel momento dal mondo letterario e politico.
    18 settembre 1886: Jean Moréas pubblica su Le Figaro il Manifesto del Simbolismo seguito dalla Risposta dei simbolisti pubblicata da Gustave Kahn, su l'Événement il 30 settembre 1886.
    1897: l'Affare Dreyfus porta sulle colonne del Figaro le prime reazioni di Émile Zola, che vi scrive tre articoli prima della comparsa del celebre J'accuse tra le colonne del giornale l'Aurore.
    20 febbraio 1909: Filippo Tommaso Marinetti pubblica su Le Figaro il primo Manifesto del futurismo.
    16 marzo 1914: Gaston Calmette, direttore del giornale, è assassinato da Henriette Caillaux, moglie del ministro delle Finanze, precedentemente attaccato dal giornale.
    1922: il giornale è comprato da François Coty, che lo rinomina Figaro e lo lascia nel 1928 per L'Ami du peuple. François Coty è legato all'estrema destra francese, in particolare alla milizia fascista Solidarité française. Tra le due guerre mondiali il giornale conserva uno spirito mondano; la rubrica Carnet du jour esiste ancora adesso.
    1929: Figaro ritorna Le Figaro. Compaiono le prime parole crociate.
    1934: Lucien Romier diventa direttore e Pierre Brisson direttore letterario. Organizza una squadra brillante di giornalisti, tra cui François Mauriac, Georges Duhamel, Jean Giraudoux, Tristan Bernard e André Maurois. Compaiono le prime fotografie.
    1939: il giornale segue con ampi servizi le guerre di Etiopia, la Seconda guerra sino-giapponese e la Guerra civile spagnola. Il giornale subisce la censura ma continua a comparire a Tours.
    1940: Le Figaro si installa a Bordeaux, Clermont-Ferrand e quindi Lione prima di subire gli effetti della censura a causa di un editoriale di Pierre Brisson.
    durante la seconda guerra mondiale, Le Figaro è pubblicato a Lione nella zona libera fino all'occupazione tedesca del 1942.
    11 novembre 1942: Pierre Brisson decide di chiudere il giornale e pubblica un editoriale che riesce ad arrivare solo agli abbonati:

        Les consignes impératives qui viennent de nous parvenir ne nous permettent plus de poursuivre notre tâche sans offenser nos sentiments les plus intimes et sans trahir la confiance du public. Il s'agit de mentir ou de se démettre. Notre choix est fait. Je remercie les lecteurs de leur attachement, de leur compréhension, de l'estime qu'ils marquent à ce journal fait par des hommes de cœur dans des situations difficiles. Je leur donne l'assurance qu'ils retrouveront au premier jour le Figaro, fidèle à ses dévoirs et conforme à ses vœux
        (Gli obblighi imperativi che ci arrivano non ci permettono più di proseguire il nostro lavoro senza offendere i nostri sentimenti più intimi e senza tradire la fiducia del pubblico. Si tratta di mentire o dimettersi. La nostra scelta è fatta. Ringrazio i lettori del loro attaccamento, della loro comprensione, della stima che mostrano a questo giornale fatto da uomini di cuore in situazioni difficili. Do loro la certezza che ritroveranno appena possibile le Figaro, fedele ai suoi doveri e conforme ai suoi desideri)

    25 agosto 1944: Le Figaro ricompare a Parigi con un editoriale di François Mauriac su Charles De Gaulle, diventa il giornale dell' MRP, opposto ai comunisti e ai socialisti.
    1945: la tiratura raggiunge le 213 000 copie.
    1946: uscita del Littéraire, settimanale gratuito e pubblicato in aggiunta al quotidiano. Riunisce Pierre Brisson, Paul Claudel, Léon-Paul Fargue, Colette, Julien Green.
    1947: le Littéraire diventa le Figaro Littéraire.
    1950: la moglie di François Coty cede la metà delle sue azioni ad un gruppo formato da Jean Prouvost, che decide che non ci saranno più azionisti maggioritari.
    1964: alla morte di Pierre Brisson, la moglie di François Coty vende tutte le azioni.
    1970: Jean Prouvost recupera il resto delle azioni Coty e diventa azionario di maggioranza.
    Nel 1975, il giornale è comprato da Robert Hersant, direttore di un gruppo di periodici che aveva cominciato la sua scalata dieci anni prima con la fusione di due giornali regionali di Brive-la-Gaillarde, ed era stato nominato da quel momento da Presse-Actualité come un "nuovo Axel Springer".
    Il supplemento domenicale Le Figaro Magazine è percepito come molto politico dal giornale satirico Le Canard enchaîné che ne farà un anagramma crudele: Le gai FroMage nazi (con un doppio significato: "il gaio formaggio nazista" oppure: "il gaio Fro - probabilmente abbreviazione derivata da Figaro - Mago Nazista").
    Il 10 maggio 1981, con l'elezione di François Mitterrand alla presidenza della repubblica, Le Figaro diventa per la prima volta da anni un organo di opposizione, con direttore Jean d'Ormesson. Louis Pauwels ha pubblicato successivamente una raccolta di suoi articoli di quest'epoca con il titolo La liberté guide mes pas (la libertà guida i miei passi).
    Intorno al 1982 avviene la fusione di Le Figaro e l'Aurore, giornale socialista noto per la pubblicazione del J'accuse di Émile Zola nel 1898 e quotidiano importante negli anni 1950-1970. Il nome di questo giornale compare ancora associato a quello del Figaro.
    Ottobre 2004: i sindacati si inquietano per l'indipendenza del giornale, diretto ora da Nicolas Beytout e Francis Morel.
    2005: le Figaro cambia formato e lascia la rue du Louvre per spostarsi in boulevard Haussmann.

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Le Figaro est un journal français fondé en 1826 sous le règne de Charles X. Il est à ce titre le plus ancien quotidien français encore publié. Il a été nommé d'après Figaro, le personnage de Beaumarchais, dont il met en exergue la réplique :

    «Sans la liberté de blâmer, il n'est point d'éloge flatteur.»

Le Figaro est la propriété de l'industriel et sénateur de l'Essonne, Serge Dassault via la Société du Figaro, filiale de la Socpresse, dont celui-ci est le président et unique actionnaire.

Sa ligne éditoriale est de droite ou de centre-droit, selon le spectre politique français habituellement utilisé.


Présentation

Devise figurant à la une

    « Sans la liberté de blâmer, il n'est point d'éloge flatteur. »
          — Beaumarchais, Le Mariage de Figaro

Figaro est un des personnages de Beaumarchais, héros du Barbier de Séville, du Mariage de Figaro et de la Mère coupable.

Le Figaro comporte d'autres références au personnage dont il tire son nom, comme « Figaro-ci, Figaro-là », Le Barbier de Séville.

À une époque, cette devise fut remplacée par: « Loué par ceux-ci, blâmé par ceux-là, me moquant des sots, bravant les méchants, je me presse de rire de tout… de peur d'être obligé d'en pleurer... », puis la devise initiale fut restaurée, un temps discrètement, puis de nouveau en première page depuis la dernière maquette.

Ligne éditoriale

Le Figaro, d'après son directeur, se considère comme un journal de droite et de centre-droit. Depuis 1986, le journal se rapproche d’une formule plus proche de celle d’un « Washington Post à la française », ce qui implique une politique d'ouverture plus large.[réf. nécessaire] Le journal est le point de jonction de plusieurs grands courants d'idées ancrés à droite ou au centre-droit. Il s'agit principalement du libéralisme classique ou l'éclectisme libéral jumelé avec un conservatisme social. Il est aussi souvent classé comme gardien de l’éclectisme culturel de la droite française par ses oppositions à la Commune de Paris, au communisme, ou par ses sympathies gaullistes, ou encore par son attachement au système républicain. L'un des slogans de sa campagne publicitaire de 2005 était «en matière d'économie nous sommes pour le libre-échange. En matière d'idées aussi.»

En février 2012, un texte de la Société des journalistes du Figaro dénonce la ligne éditoriale de son journal, qu'elle considère comme étant un soutien important aux différents gouvernements de droite qui se sont succédé dans les années 2000. La rédaction du Figaro est très attachée au principe de protection des sources d'information des journalistes.

Historique du journal

Aîné de la presse française avec la Revue des deux Mondes, Le Figaro fait partie des plus vieux journaux du monde. Il naît en 1826 sous la forme d’un petit journal satirique, devenu quotidien en 1866 sous l’impulsion d’Hippolyte de Villemessant, il connaît son âge d'or à la Belle Époque ; des chroniques littéraires aux petites annonces, la bourgeoisie française et l'aristocratie étrangère se reconnaît dans Le Figaro comme les milieux populaires se retrouvent dans les colonnes des «quatre grands» de l’époque. Le Figaro est ramené vers le libéralisme modéré de la droite classique par la reprise en main de Pierre Brisson qui fait du Figaro un journal triomphant de la Libération. La prospérité de la « maison Figaro » accompagne celle des trente glorieuses : le Figaro reste le journal qui a choyé de « grandes plumes ».

Le premier Figaro: un journal satirique atypique (1826-1854)

Le 15 janvier 1826 parait Le Figaro, un quotidien satirique à Paris, sous l'impulsion d'un chansonnier, Maurice Alhoy, et d'un écrivain et homme politique, Étienne Arago. Le «journal satirique, spirituel et batailleur», est baptisé du nom d'un personnage de Beaumarchais pour faire un pied-de-nez à la censure monarchique. Il se présente sous un format de quatre pages, petit-folio et est publié avec de nombreuses interruptions. Parmi ses premiers rédacteurs, on trouve Félix Davin, Léon Gozlan, Auguste Jal, Jules Janin, Alphonse Karr, Nestor Roqueplan, George Sand, Jules Sandeau. Le journal aux discours satiriques met le rire et l’allusion politique afin de « faire la barbe » aux royalistes. Comme l’épigraphe «La vérité, quand même !...», mentionné en bas à droite chaque fois dans les premiers numéros, qui est particulièrement provocant car elle détourne le «Vive le roi, quand même» des royalistes. De cette façon, Le Figaro se pose subtilement en adversaire des royalistes qui appuient Charles X et ses sympathies libérales se confirment promptement.

Après la chute de Charles X, il accueille favorablement la révolution de Juillet parce que le vieux titre a contribué au renversement du régime. Son directeur Victor Bohain y gagne alors une place de préfet. Le journal garde cependant son indépendance d'esprit et, sous la direction de Henri de Latouche, se montre ensuite très critique envers la Monarchie de Juillet.

En 1832, les éléments républicains du vieux titre étant neutralisés et écartés, Le Figaro est racheté par les monarchistes pour contrer un front satirique mené par La Caricature. Il perd son inventivité satirique à cette occasion. Fin 1833, jusqu'en 1854, l'«ancien Figaro» essuie neuf échecs lors des différentes tentatives de relance.

Émile Gaboriau, auteur d'un ouvrage sur les premiers «Figaro» en 1861, rappelle les raisons de ses succès ou de ses échecs:

    «Malheureusement pour le petit journal, les causes de sa vogue sont aussi celles de sa décadence. Un jour il ne donne plus juste la note de l’opinion, de ce moment il est perdu. Lui, si fort pour démolir, il est impuissant à édifier. L’essaie-t-il, il devient grotesque, ridicule même. Il brille dans l’opposition ; mais qu’il passe au pouvoir, il s’éteint et meurt»

Peut-être l'épilogue est-il pour ce quotidien de devenir un journal respecté et de restaurer sa position d’électron sur l’échiquier politique.

Résurrection du journal: Le Figaro de Villemessant (1854-1879)

    «Il avait fait deux fois faillite. Cela peut arriver aux plus honnêtes. Il n’avait plus à choisir qu’entre le suicide et la police correctionnelle. Il en était à cette minute de suprême angoisse où l’homme, qui se sent perdu, risque tout, même un crime. Il risqua plus qu’un crime, il risqua Le Figaro.»
              — Octave Mirbeau, Les Grimaces

En avril 1854, sous l'impulsion d'Hippolyte de Villemessant, Le Figaro est repris. Le journal est surtout parisien et littéraire. Hippolyte de Villemessant sait d'emblée s'entourer de rédacteurs talentueux (Balzac, Charles Baudelaire, Alexandre Dumas et les frères Goncourt) et innove : il crée des rubriques permanentes, dans lesquelles les lecteurs se retrouvent, et insère des brèves, une rubrique nécrologique et un courrier des lecteurs. Il est aussi l'instigateur de la rubrique «Échos», qui fait le succès du journal, avec force calembours, anecdotes, indiscrétions et potins, qui donnent aux lecteurs l'impression d'appartenir à un public de privilégiés mis dans la confidence. Le succès du Figaro est tel qu'Hippolyte de Villemessant décide de doubler sa fréquence de parution en 1856. Le journal paraît alors le mercredi et le dimanche.

Des chroniques littéraires aux petites annonces, la bourgeoisie française se reconnaît dans Le Figaro comme les milieux populaires se retrouvent dans les colonnes des «quatre grands» de l’époque. Le Figaro se positionne aussi comme l’un des principaux journaux du monde parisien. Ainsi Alphonse Daudet a écrit dans ses célèbres Mémoires, en 1891, que le Figaro avait «comme clients, le Tout-Paris, c’est-à-dire cet infiniment petit morceau de Paris qui mène son train entre le Gymnase et l’Opéra, Notre-Dame-de-Lorette et la Bourse, et s’imagine exister seul : des coulissiers, des comédiens, des journalistes ; sans compter la légion agitée, affairée, des bons boulevardiers qui ne font rien».

Dans les années 1863, un concurrent quotidien apparaît : Le Petit Journal. En réaction, Hippolyte de Villemessant crée L'Événement, quotidien lui aussi, refusant d'engager Le Figaro dans la bataille. Le Petit Journal sort vainqueur de cette confrontation et L'Événement disparaît peu de temps après, à la suite d'un article sur le droit des pauvres, qui aurait déplu au gouvernement de Napoléon III.

Le 16 novembre 1866, Le Figaro devient un quotidien. Il connaît aussitôt du succès grâce à des contenus variés et de qualité. À cette époque, Le Figaro est l'un des premiers journaux à publier des grands reportages réalisés sur place, en France ou à l'étranger, par ses propres journalistes. En effet, en imposant une complicité malicieuse entre journaliste et lecteur, et une critique en matière de vie culturelle, de la littérature (poésie, roman naturaliste, théâtre), de la chronique mondaine à la vie musicale (il organise même des concerts de musique et au début des années 1920, Stravinsky compose pour Le Figaro), le journal assume un véritable magistère, pas seulement critique, mais également créateur. Son style alerte et animé se démarque aussi du style terne de la presse de l'époque. Le tirage atteint alors les 56 000 exemplaires, dont 15 000 abonnés. Le Figaro politique paraît en 1867. Il participe aux grandes affaires politiques du XIXe siècle, dans lequel Henri Rochefort laisse libre cours à son talent de satiriste. L'appariton d'un tel journal s'explique par la libéralisation de l'Empire. Cependant, Henri Rochefort frise la censure. Hippolyte de Villemessant crée alors un journal pour lui : La Lanterne.

Lors de la Commune de Paris, le journal prend position contre celle-ci. Il est le premier journal supprimé par la Commune, mais reprend ses publications lorsque celle-ci est finalement vaincue. Le Figaro se crée ainsi un public d'aristocrates et de bourgeois.

Hippolyte de Villemessant se fait vieux et songe à l'avenir du Figaro ; il passe le relais à Francis Magnard, qui devient le directeur du journal.

Le 17 avril 1879, Le Figaro paraît encadré de noir : Hippolyte de Villemessant est mort la veille à Monte-Carlo. De nombreuses personnes se rendent à ses funérailles. Des auteurs comme Alphonse Daudet ou Gustave Flaubert laissent un témoignage de la perte alors ressentie par le monde littéraire et politique.

Le Figaro et la Belle Époque: un journal entre deux France (1879-1914)

La Belle Époque est l'âge d'or de la presse en France. Après la loi sur la liberté de la presse du 29 juillet 1881, le journal bénéficie du développement technique des machines de presse et de l'alphabétisation de la population française. Les écrivains deviennent des journalistes courtisés. Cette période marque également l’introduction des suppléments, en commençant en 1882 par le supplément littéraire. En même temps, Le Figaro organise des soirées littéraires. Cette initiative durera plus d’un quart de siècle et réunit les premiers jeudis de chaque mois un cercle étroit de privilégiés qui prennent connaissance des nouveautés de la littérature. Parallèlement, Le Figaro s’investit vivement dans l’affaire de Panama. Le succès du Figaro se confirme et ses tirages dépassent 80 000 exemplaires entre 1879 et 1895, ce qui en fait un titre majeur de la presse de la période.

Le directeur du titre, Fernand de Rodays, est persuadé de l'innocence de Dreyfus et laisse publier nombre d'articles en faveur du capitaine Dreyfus. Le 14 novembre 1897 est publié le dossier de Scheurer-Kestner qui présente le capitaine comme une victime d’une erreur judiciaire. C'est aussi dans Le Figaro que Mathieu Dreyfus, le frère d'Alfred Dreyfus, désigne Ferdinand Walsin Esterhazy comme le vrai coupable. Le 11 novembre 1897, les deux pistes se rejoignent, à l'occasion d'une rencontre entre Scheurer-Kestner et Mathieu Dreyfus. Ce dernier obtient enfin la confirmation du fait qu'Esterházy est bien l'auteur du bordereau. Le 15 novembre, sur ces bases, Mathieu Dreyfus porte plainte auprès du ministère de la Guerre contre Walsin-Esterházy.

Le mouvement dit dreyfusard, animé par Bernard Lazare, Mathieu Dreyfus, Joseph Reinach et Auguste Scheurer-Kestner, est né au sein de la rédaction du Figaro. Émile Zola, informé mi-novembre 1897 par Scheurer-Kestner du dossier, est convaincu de l'innocence de Dreyfus et s'engage officiellement. Dans les colonnes du Figaro, Émile Zola écrit trois articles avant la parution du célèbre «J'accuse…!» dans les colonnes de L'Aurore. Un des dessins les plus célèbres de l'affaire est le raccourci que Caran d'Ache fit, le 14 février 1898, dans les colonnes du Figaro, d'une querelle familiale concernant l'affaire Dreyfus pour illustrer la profonde division de la société française à ce sujet au tournant des XIXe siècle et XXe siècle siècles. Par ailleurs, Anatole France et Zola sont les principaux journalistes aux rubriques de critique littéraire et artistique de cette époque pour le titre.

Gaston Calmette est nommé directeur du journal en 1902. Il réorganise très vite Le Figaro: il rachète le contrat d’impression et les machines de l’imprimerie, modernise l’immeuble, amortit les dettes et réussit à faire remonter les tirages par le retour à l’ancien programme du journal «non politique» visant surtout des milieux aristocratiques, «de la bourgeoisie la plus riche, du grand commerce, de la haute industrie, de l’armée, de la société étrangère la plus élégante.»

En 1904, Le Figaro relaye les «fiches» des services militaires (voir affaire des fiches). Cette opération de fichage politique et religieux dans l'armée française visait les officiers, généralement issus de familles catholiques, qui ont été souvent écartés des postes importants de l'armée quelquefois au profit de carriéristes médiocres issus des loges ou de la clientèle des partis de gauche.

À partir de 1908, Marcel Proust écrit un certain nombre d'articles de presse dans Le Figaro (Pastiches et mélanges) et il reprend même certains de ses articles dans À la recherche du temps perdu. D'un autre côté, plusieurs articles de politique étrangère et sportives publiés en une du Figaro par Pierre de Coubertin entre juillet 1902 et juillet 1906 (puis réunis en 1909 chez Plon-Nourrit sous le titre Pages d’histoire contemporaine), participent à convertir les Français aux sports collectifs, selon le Daily Telegraph, le Times, et le New York Herald Tribune.

Entre les lignes de front: les Années Folles et Le Figaro en guerre (1914-1942)

Pour plaire à son lectorat mondain, Calmette va jusqu’à publier les vices privés des personnages politiques et le paie cher. En lançant la campagne de presse contre Caillaux, celui-ci est sous la menace de publication de lettres privées. Gaston Calmette, directeur du journal, est alors assassiné le 16 mars 1914 par Henriette Caillaux, femme du ministre des Finances, que le journal avait mis en cause dans une campagne de presse, en autre d'avoir cumulé ses fonctions politiques avec la présidence du conseil d'administration d'une banque étrangère.

Cette période coïncide avec la censure durant la Première Guerre mondiale. La censure est partout réhabilitée au nom de l'intérêt national. En France, elle prend la forme d’une loi du 4 août 1914, votée dans l'urgence, interdisant tout article apte à révéler des informations à l'ennemi, ou à décourager les Français (notamment en révélant la réalité des conditions de vie au sein des tranchées). La Grande Guerre prive temporairement Le Figaro de son identité mondaine et littéraire. La direction suivante d’Alfred Capus et de Robert de Flers n'apporte pratiquement pas de changements et en 1920, à la suite d’un conflit interne, ils quittent Le Figaro. Louis Latzarus pour la courte période en prend la rédaction en chef.

Pendant l'entre-deux-guerres, le journal renoue avec son esprit mondain, surtout dans ses chroniques, où la conversation s'adresse à un public encore très féminin ; seul en a subsisté de nos jours le Carnet mondain.

En 1922, le journal est racheté par le parfumeur François Coty, qui le renomme Figaro et le délaisse en 1928 pour L'Ami du peuple. Figaro redevient Le Figaro en 1929, date à laquelle les premiers mots croisés apparaissent. La politique devient le sujet principal. Le parfumeur fait mener dans son journal des campagnes contre les impôts et contre le communisme international. Le ton populiste et antiparlementaire des années Coty font perdre au journal les trois quarts de ses lecteurs selon Patrick Eveno.

Coty est chassé du Figaro en 1933. Pierre Brisson reprend Le Figaro en 1934 compromis par les sympathies fascistes de François Coty, et devient directeur littéraire. Il confie la direction du journal à Lucien Romier. Ils constituent une brillante équipe de rédacteurs dont François Mauriac, Georges Duhamel, Jean Giraudoux, Tristan Bernard et André Maurois. Politiquement, Le Figaro retrouve un ton modéré, le journal, qui se replie sur le libéralisme et les journalistes «munichois sans enthousiasme», s'oppose constamment dans les années 1930 au nazisme.

Les textes rédactionnels sont souvent accompagnés de pages entières d’illustrations et les premières photographies font en outre leur apparition dans le Figaro, qui les utilise à ce moment-là abondamment. Grâce aux efforts de la nouvelle équipe les tirages remontent : ils atteignent 50.000 exemplaires en janvier 1936 et 80.000 en 193929. Le quotidien couvre par de grands reportages les conflits de l'époque, comme la guerre d'Éthiopie, la guerre sino-japonaise ou la guerre d'Espagne.

À la veille de la guerre, le journal subit la censure. Sous la plume de Maurice Noël apparaît pour la première fois l’expression de la «drôle de guerre». Le Figaro s'installe à Bordeaux en 1940 puis à Clermont-Ferrand. Le Figaro est publié après coup à Lyon en zone libre jusqu'à l'occupation allemande de 1942. À la suite des éditoriaux de Pierre Brisson, la censure du Vichy, notamment de la part du ministère de l’information, se fait plus pressante.

Pierre Brisson décide dans ces conditions d’arrêter le journal le 11 novembre 1942 et publie un éditorial dont la parution est empêchée sauf pour les abonnés :

    «Les consignes impératives qui viennent de nous parvenir ne nous permettent plus de poursuivre notre tâche sans offenser nos sentiments les plus intimes et sans trahir la confiance du public. Il s'agit de mentir ou de se démettre. Notre choix est fait. Je remercie les lecteurs de leur attachement, de leur compréhension, de l'estime qu'ils marquent à ce journal fait par des hommes de cœur dans des situations difficiles. Je leur donne l'assurance qu'ils retrouveront au premier jour Le Figaro, fidèle à ses devoirs et conforme à ses vœux.»

Le Figaro libéré et triomphant après la Libération (1944-1975)

Développement du quotidien

À la Libération, Le Figaro reparaît à Paris avec un éditorial de François Mauriac sur Charles de Gaulle (le 25 août 1944). Il est confronté aux débats sur les modalités de l’épuration. Il devient ainsi le journal du MRP face aux communistes et aux socialistes.

Aidé par Maurice Noël, Pierre Brisson relance en avril 1946 un hebdomadaire littéraire. Publié en dehors du quotidien, Le Littéraire (Le Littéraire devient Le Figaro Littéraire en 1947) est créé en réponse à la mainmise du parti communiste français sur de nombreux journaux culturels et pour défendre la théorie de l’art pour l’art face à l’engagement idéologique et politique des intellectuels. L’hebdomadaire a alors défendu des écrivains critiques du communisme ou transfuges du bloc de l'Est (Arthur Koestler, Victor Kravtchenko). Le Littéraire ou Le Figaro Littéraire a réuni différents écrivains ou intellectuels, tels que Paul Claudel, Léon-Paul Fargue, Colette, Julien Green, Rousset, Rougemont, etc. Le Figaro littéraire se présente comme défenseur des valeurs culturelles de la droite française.

Pierre Brisson ramène Le Figaro vers le libéralisme modéré de la droite classique. C'est lui qui attire Raymond Aron (2 300 articles fournis).

À l'avènement de la Ve République, l'hostilité de Pierre Brisson contre le RPF cesse et il se rallie à De Gaulle. Pierre Brisson décède en 1964. La femme de François Coty vend toutes ses actions la même année. Jean Prouvost récupère le reste des actions Coty et devient ainsi l'actionnaire majoritaire du journal.

C'est durant cette période (1948-1975) que se développent les «concours de plage du Figaro» qui, à leur apogée, prennent une dimension internationale. Le concours était organisé dans un grand nombre de stations balnéaires, en trois catégories, selon l'âge des concurrents. Dans chaque catégorie, concouraient les enfants nés durant une période de trois années consécutives. Par exemple, en 1962, année des XVe jeux32, les catégories correspondaient aux enfants nés en 1948 à 1950 (3e), 1951 à 1953 (2e) et 1954 à 1956 (1e catégorie). Outre ces trois catégories, il existait une catégorie «adultes». Il y avait au départ cinq concours de châteaux de sable par an. Ce nombre s’est ensuite réduit et un concours de peinture a été ajouté. On ne pouvait gagner le 1er prix qu’une fois par saison. Une fois gagné ce 1er prix, on était «Hors-concours» pour le 1er prix. Pour chacun des cinq concours, les vainqueurs concouraient ensuite, sur photo, à un classement au niveau national, généreusement doté de cadeaux.

Le fleuron de l'empire Hersant : un journal dans la tourmente (1975-2004)

En 1975, le journal est racheté par Robert Hersant, directeur d'un groupe de publications périodiques qui avait commencé son ascension dix ans plus tôt en fusionnant deux journaux régionaux de Brive-la-Gaillarde, et avait dès ce moment été remarqué par le magazine Presse-Actualité comme un éventuel «nouvel Axel Springer». Le journal est acheté, pour la somme de 7,3 millions de francs qu’il a payé en plusieurs fractions, dont la dernière n'a été réglée qu'en décembre 1976.

Robert Hersant est alors le directeur politique du journal et impose pour les positions-clefs ses proches et amis : son fils Jacques Hersant devient le codirecteur de la publication, son autre fils Michel Hersant est membre du conseil de surveillance, dont le président est André Audinot, proche collaborateur de Robert Hersant. N’étant pas «un homme à transiger sur l’exercice du pouvoir», Robert Hersant se sépare d’un groupe des journalistes. Parmi eux, le vice-président du directoire Jean Griot, le président de la Société des rédacteurs Denis Perier Daville, un membre du conseil de surveillance Maurice Tillier, plusieurs rédacteurs en chef, chefs des services, chefs de rubrique, rédacteurs. De même, Jean d’Ormesson quitte son poste du directeur général, mais accepte une chronique régulière dans le nouveau supplément, le Figaro-Magazine.

Le supplément du week-end Le Figaro Magazine, lancé en 1978, est violemment attaqué par la gauche (Le Canard enchaîné l'appelle Le gai FroMage nazi, anagramme très polémique), en raison selon eux de la présence de nombreuses plumes proches de l'extrême droite intellectuelle, bien que l’influence de la Nouvelle Droite sur la ligne du magazine ne soit pas démontrée.

Robert Hersant rachète dans ce début des années 1980 ce qui subsiste du groupe Boussac : le quotidien L'Aurore. Le nom de ce journal, puissant dans les années 1950-1970, figure toujours associé à celui du Figaro. En 1985, L'Aurore est en effet complètement intégré dans Le Figaro. Ce titre survit aujourd'hui dans celui de l'édition sans supplément du samedi Le Figaro - L'Aurore.

À l’approche des élections de 1986, Le Figaro appelle à l’élection de Jacques Chirac, puis pendant la cohabitation et les deux campagnes présidentielles suivantes, Le Figaro, tirant la conclusion des critiques de la partie la plus libérale et centriste et la plus jeune de son public, souhaite se rapprocher d’une formule plus proche de celle d’un «Washington Post à la française» ou celle de l'époque de Pierre Brisson, ce qui implique une ouverture politique plus large. Le pluralisme est le bienvenu au sein de la rédaction. La place allouée aux vues libérales devient peu à peu supérieure à celle réservée aux idées conservatrices.

Si l’équipe de Max Clos continue toujours la ligne politique d’un quotidien libéral, soutenue surtout par Franz-Olivier Giesbert qui «fait la chasse aux idées à l’emporte-pièces», son but est de créer un journal «avec des bonnes idées de tous les jours», bourré d’informations et où les faits seront séparés des opinions. Giesbert veut contourner de cette façon l’impasse qui sépare aujourd’hui le journaliste de l’information. Celui qui se rend sur les lieux pour y faire lui-même les enquêtes nécessaires. Pour Giesbert «le journalisme consiste à sortir des informations… Et non pas à attendre que la dépêche de l’agence tombe, pour préparer son petit commentaire».

Le 13 juillet 1998, Le Figaro publie pour la première fois une Une en couleurs à l'occasion de la victoire française en finale lors du Coupe du monde de football 1998.

Le 29 novembre 1999, Jean de Belot succède à Franz-Olivier Giesbert à la direction de la rédaction. Avec les Grands Débats, le journal entame une des phases d'ouverture idéologique et fait venir dans ses colonnes des signatures nouvelles. La diffusion progresse alors même que le journal est offert gratuitement sur le net.

Le Figaro aujourd'hui: l'arrivée du groupe Dassault (2004-)

En juin 2004, le groupe Dassault (GIMD) est autorisé à prendre le contrôle de la Socpresse, maison mère du Figaro. En octobre, l'inquiétude des syndicats sur l'indépendance du journal est vive alors que Serge Dassault remanie la direction du journal, en licenciant Jean de Belot. Le Figaro est désormais dirigé par Nicolas Beytout et Francis Morel.

Le Figaro quitte le 37 rue du Louvre pour s'installer au 14 boulevard Haussmann le 19-21 août 2005.

Le 3 octobre 2005, Le Figaro change de format pour la première fois depuis plus de trente ans. Le titre apparaît désormais dans un cartouche bleu. En outre, au cahier économie créé en 1985, vient s'ajouter un cahier loisirs intitulé Et nous. Cette nouvelle formule est officiellement censée permettre à l'entreprise de proposer à la vente davantage d'espaces publicitaires en une et en quatrième de couverture.

Nicolas Beytout quitte la direction du Figaro et rejoint le pôle médias de LVMH. Certains journalistes y voient la raison des tensions qui ont opposé la rédaction à son directeur depuis son arrivée. Le grand reporter Patrick de Saint-Exupéry, parle de «blocages permanents» de la part de Nicolas Beytout.

Étienne Mougeotte devient alors directeur des rédactions du groupe Figaro en novembre 2007. Il est secondé par Jean-Michel Salvator à la direction du quotidien. En février 2008, un plan d'économies de 12 millions d'euros est annoncé. Le quotidien doit supprimer entre 10 et 13 % de ses effectifs. Le déficit du journal s'élève officiellement à 10,5 millions d'euros pour l'année 2007.

Le Figaro augmente le prix de son journal le 22 décembre 2008, passant de 1,20 € à 1,30 €. Le quotidien augmente fin décembre 2010 une nouvelle fois et passe ainsi à 1,40 euro. Selon le directeur général du journal et le président du syndicat de la Presse quotidienne nationale, Francis Morel, le prix de vente du Figaro, qui n'avait pas évolué depuis décembre 2008, augmente en raison des augmentations qu'imposent les producteurs de matières premières aux journaux.

Le Figaro lance une nouvelle formule (21 septembre 2009) avec une nouvelle maquette (systématisation de la couleur notamment) et un nouveau format (format berlinois). Cette nouvelle formule est produite dans une nouvelle imprimerie à Tremblay-en-France.

À partir du 4 décembre 2009, l'édition du vendredi est accompagnée d'un cahier de 8 pages qui propose une sélection d'articles du New York Times.

Le Figaro s'installe sur les tablettes tels l'IPad ou la Samsung Galaxy Tab. L'application «Le Figaro» permet ainsi de suivre toute l'actualité en continu et de profiter de tous les contenus du journal (moyennant un abonnement) et de son site Internet.

En juillet 2012, Alexis Brézet devient directeur de la rédaction du journal en remplacement d'Étienne Mougeotte.