www.treccani.it
Nacque a Torino il 20 ott. 1885 da Alessandro e da Clone Rossi.
Laureatosi in lettere e filosofia a soli vent'anni, iniziò
l'insegnamento nel 1907. Dal '12 al '14 fu a Istambul, al liceo
italiano, iniziando quella serie di esperienze che lo avrebbero
reso così competente sul tema della scuola italiana e degli
istituti culturali all'estero. Richiamato come ufficiale durante
la guerra, fu poi destinato al segretariato generale per gli
affari civili presso il comando supremo dove rimase fino al '22.
Il suo compito era di organizzare ex novo l'istruzione nelle
"terre liberate". Frutto dell'impegno di quel periodo (dal giugno
1919 al novembre 1921) fu il suo libro-relazione, pubblicato poi a
Firenze nel '23 col titolo La scuolanelle terre redente. Intanto
dedicava ogni momento libero agli studi, che riguardarono dapprima
la letteratura medievale e il Settecento, e si orientarono, in
seguito, sulla storia del Risorgimento, sulla biografia e
l'epistolografia.
Nel '22, nominato provveditore a Como, vi incontrava i primi
contrasti con i fascisti locali, contrasti che si verificarono
successivamente anche all'Aquila, dove era stato trasferito. Il
soggiorno a Caserta, dove venne delegato dal ministero
dell'Educazione nazionale alle Opere pubbliche, fu relativamente
più lungo ('25-'30) e per un quinquennio il F.
visitò la Campania, constatando dal vivo la penosa
realtà della "scuola senza casa". Delle condizioni
scolastiche della regione scriveva una relazione esauriente che
mantenne per vario tempo elementi di attualità. Anche a
Rodi, dove nel '32 era inviato quale sovrintendente scolastico,
aveva vita difficile con il governatore, ostile al suo programma;
una volta ancora veniva allontanato, retrocesso preside ad Ancona,
finché approdava, ormai soltanto bibliotecario, alla
Biblioteca Laurenziana di Firenze.
Infine ottenne di trasferirsi a Losanna, chargé de cours di
letteratura italiana all'università e in Svizzera
poté vivere, in armonia con le autorità, un periodo
relativamente tranquillo e fecondo di studi, che durò dal
'34 al '42. Nel '35 pubblicava a Bari I due tempi della
composizione della Divina Commedia.
Il F. vi propone la tesi, suffragata da una testimonianza del
Boccaccio, che i primi sette canti del poema fossero composti da
Dante prima dell'esilio, ritrovati in un quadernetto e inviati a
lui alla corte dei Malaspina. A una prima parte più
specificatamente storica segue una seconda dove si sottolineano
differenze e sviluppi tra il "primo tempo" e il "secondo" del
poema; una terza parte riguarda le modificazioni nel giudizio
politico di Dante sull'età sua e sulla città prima e
dopo l'esilio. Questa tesi, che ebbe netti oppositori in M. Barbi,
in V. Rossi, in L. Pietrobono e in M. Porena, fu vista con
simpatia da A. Momigliano e da N. Sapegno e comunque
contribuì, insieme con i Saggi danteschi che ne riprendono
i temi, ad arricchire di significati e risvolti umani e storici
molte situazioni della Commedia.
In brevi saggi, pubblicati su riviste storiche anche svizzere, il
F. si era occupato dei problemi dei rifugiati nel Cantone di Vaud,
di Mazzini e l'Europa centrale, di S. Bonamici tipografo,
dell'esilio di T. Mamiani, della cultura italiana a Ginevra. Della
storia del nostro Risorgimento amava far conoscere le vicende
più minute, con particolare attenzione agli epistolari e
alla stampa dell'epoca. Anche F. De Sanctis, che aveva lasciato
ricordo di sé in Svizzera (era stato chiamato nel 1857 al
politecnico di Zurigo), fu autore caro al F., che ne curò
l'edizione de La giovinezza (Bologna 1935), con prefazione e
commento, ed in seguito l'epistolario.
Il progetto di liberare la gioventù italiana dalla vuota
retorica che, se realizzato, sarebbe stato per il De Sanctis
già di per se stesso un contributo importante alla causa
del Risorgimento, la "probità e il pudore" nell'educare
quale condizione indispensabile all'insegnamento, si conciliano
con l'atteggiamento di un altro autore al F. carissimo, Pietro
Giordani, che ebbe la vocazione nobilissima di guidare i giovani e
che già sognava un rinnovamento radicale della prosa
italiana.
Nel '37 il F. pubblicò a Bari le Lettere di Pietro
Giordani, in due volumi, fonte inesauribile di notizie per
ricostruire un'immagine psicologica assai complessa. La
pubblicazione dell'epistolario del Giordani precedeva di poco la
Vita di Leopardi (Roma 1940), dove il Giordani ricompare come
personaggio fondamentale.
Nella vita di Leopardi il F. vede due costanti: da un lato la
smania di lasciar Recanati per trovare ambienti più vivi e
più liberi, dall'altro la scontentezza di ogni stato
possibile, in ogni luogo, salvo alcune intermittenze più
serene. Con grande finezza il F. racconta il graduale e
sorprendente distaccarsi del Leopardi dall'eloquenza poetica per
approdare alla poesia pura, la miracolosa trasformazione
dell'erudito nel poeta. La protezione del Giordani, che ebbe
l'intuizione immediata del suo valore, e il particolare rapporto
che si instaurò fra i due, di complicità contro
l'autoritarismo familiare, il coscienzioso adempimento, da parte
del Leopardi, anche del lavoro più noioso, le amicizie
ammirative che egli suscitò, le figure, protettive nel suoi
riguardi, di P. Colletta, di G. P. Vieusseux, di B. G. Niebuhr, di
C. K. Bunsen e molte altre, il sodalizio con A. Ranieri, tutto cio
e approfondito, ma anche avvicinato al lettore non specialista,
che riesce a leggere, nel procedere di quest'opera storica, non
solo le tracce della poesia leopardiana ma anche il ritratto vivo
e vario di un milieu intellettuale assai ricco di cui il Leopardi
era partecipe, quando non ne era nobilmente distaccato, preso
com'era dalla ricerca quasi spietata del "vero".
Il frutto degli studi più particolarmente storici del F. in
quegli anni sono L. Amedeo Melegari a Losanna (Roma 1941) ed in
seguito Esuli del Risorgimento in Svizzera (Bologna 1948).
Dopo la caduta del fascismo sembrava potesse presentarsi per il F.
la possibilità di prender parte alla ricostruzione della
scuola. Nell'agosto '45 il ministro V. Arangio Ruiz lo nominava
direttore generale per l'istruzione elementare, ma triste fu anche
questo ritorno al lavoro che più sentiva suo: le sue
relazioni scritte e i suoi progetti non avevano alcun seguito, la
sua scrupolosa integrità morale non era molto apprezzata.
Veniva spostato alla direzione (senza impiegati) degli scambi
culturali e, infine, estromesso dall'amministrazione della
Pubblica Istruzione e nominato consigliere alla Corte dei conti,
dove trovò un ambiente sereno e amichevole che gli rese
anche possibile continuare gli studi.
Nel 1950 vedevano la luce, a Firenze, i Saggi danteschi, che
raccolgono studi di anni diversi, noti ed inediti. Il F. ritorna
sulla sua tesi dei due tempi della Divina Commedia, respingendo
l'accusa che essa comprometta l'unità del poema.
Negli ultimi anni il F., mentre continuava ad occuparsi del
Leopardi per l'edizione completa delle opere della UTET,
ritornò alla figura di Giordani, seguendola nell'evoluzione
dall'inquieta giovinezza alla maturità, nel volume Pietro
Giordani sino ai quarant'anni (Roma 1952).
Il F. morì a Roma il 27 dic. 1952.