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Federico I Hohenstaufen anche Federico I del Sacro Romano Impero ,
detto Barbarossa (Waiblingen, 1122 – Saleph, 10 giugno 1190) fu
imperatore del Sacro Romano Impero. Salì al trono di Germania
il 4 marzo 1152 succedendo allo zio Corrado III, e fu incoronato
Imperatore il 18 giugno 1155.
Biografia
Infanzia
Nacque nel 1122 da Federico, secondo duca di Svevia, e da Giuditta
di Baviera, figlia del duca di Baviera, Enrico il Nero.
« La sua infanzia non fu felice. Quando aveva tre anni suo
padre perse un occhio in battaglia e, con l'integrità fisica,
perse anche il ruolo di pretendente al trono di Germania, che
passò al fratello minore Corrado III. A otto anni patì
il gran dolore di veder morire la madre e a dodici anni, dopo che
suo padre si unì in seconde nozze con Agnese di
Saarbrück che diede al marito un altro figlio maschio, Federico
dovette dividere con un fratellastro l'affetto paterno. Non fu
felice nemmeno la sua giovinezza. A venticinque anni, infatti, perse
anche il padre e, divenuto terzo duca di Svevia, sposò una
giovane di diciannove anni, Adele di Vohburg, che lo tradì
con un ministeriale di corte, mentre Federico combatteva la seconda
Crociata. Molto più felice fu la sua vita adulta. Eletto re
di Germania, Federico ottenne infatti lo scioglimento del suo
matrimonio e poté sposare a trentaquattro anni la
giovanissima Beatrice di Borgogna, di dodici anni, che si unì
a lui tre anni dopo, quando lo raggiunse all'assedio di Crema. Da
allora la giovane donna donò al marito un tenero affetto e
nove figli, sei maschi e tre femmine. »
(Federico Rossi di Marignano, Federico Barbarossa e Beatrice di
Borgogna : re e regina d'Italia , Mondadori, Milano 2009, p. 11)
La salita al trono
Non sono noti con certezza il luogo e la data di nascita di Federico
Barbarossa. È tuttavia quasi certo che sia nato nel castello
di Waiblingen, nella prima metà degli anni venti del XII
secolo, le ipotesi spaziano tra il 1118 e il 1125. Il padre, che
portava il suo stesso nome, era Federico II duca di Svevia. La madre
di Federico era Giuditta di Baviera, sorella del duca di Baviera di
Sassonia e marchese di Toscana, Enrico il Superbo, appartenente alla
dinastia rivale dei Welfen, dal cui nome derivò quello del
partito dei guelfi in Italia. Federico rappresentava agli occhi dei
principali elettori dell'Impero una scelta accettabile per la
corona, poiché appunto per linea materna aveva legami anche
con la casata dei Welfen.
Federico, nel 1147, come Federico III, successe al padre nel titolo
di duca di Svevia, e nello stesso anno si aggregò allo zio,
Corrado III, imperatore del Sacro Romano Impero, che guidò la
seconda crociata, assieme al re di Francia, Luigi VII. La crociata
si concluse con l'abbandono, da parte dei crociati, dell'assedio di
Damasco, il 28 luglio 1148.
Dalla crisi di potere seguita alla morte di Enrico V, incapace di
assicurare in modo definitivo alla propria dinastia la successione
al trono di Germania, si passò invece ad una elezione, alla
morte di Corrado III, condivisa, con un consenso quasi totale.
Non si ebbe contesa, come altre volte in precedenza, per l'elezione
del re di Germania fra le due principali casate del regno; si
risolse il 4 marzo 1152 a Francoforte pare grazie ad un compromesso:
il cugino di Federico, il duca di Sassonia, Enrico il Leone, dei
Welfen, uno dei principali pretendenti al trono, rinunciò ad
esso in cambio della promessa della sovranità sulla
Baviera. Re di Germania fu eletto Federico III di Svevia che
prese il nome di re Federico I. Fu incoronato ad Aquisgrana il 9
marzo 1152 all'età di circa trent'anni.
Federico I mostrò subito di voler rafforzare
l'autorità imperiale, per cui, nel marzo del 1153, indisse
una dieta a Costanza a cui parteciparono anche gli ambasciatori di
papa Eugenio III (1145-53); ad essi Federico espresse la
convinzione che potere politico e spirituale potessero collaborare
su un piano di parità, per cui ribadì i suoi diritti
in materia di elezione dei vescovi tedeschi ma allo stesso tempo
assicurò di voler rispettare prestigio e potenza della Chiesa
in cambio della promessa di essere incoronato imperatore; inoltre fu
anche stabilito che nessun territorio della penisola (italiana)
doveva essere ceduto a Manuele I Comneno, imperatore bizantino,
anzi si presero misure per scacciarlo dalla penisola.
Il regno di Germania
Il primo problema che Federico dovette risolvere fu l'assegnazione
della Baviera al cugino Enrico il Leone. Il duca di Baviera, Enrico
Jasomirgott, che aveva ricevuto il ducato da Corrado III, non voleva
consegnarlo a Enrico il Leone. Federico convocò diverse diete
per discutere del problema, ma Jasomirgott non si presentò,
né a Würzburg, nel 1152, né a Worms, né a
Spira, nel 1153; infine a Goslar, il 3 giugno del 1154, dove, con
Jasomirgott sempre assente, il ducato fu assegnato a Enrico il Leone
e l'investitura ufficiale avvenne a Ratisbona, nell'ottobre del
1155, dopo il rientro di Enrico il Leone dalla campagna d'Italia. Ma
il problema fu risolto solo l'anno dopo (1156), sempre a Ratisbona,
dopo che a Enrico Jasomirgott fu assegnato il ducato d'Austria,
completamente indipendente dalla Baviera.
In quell'anno era morto il conte palatino del Reno e Federico
elevò a quella carica il proprio fratellastro, Corrado
Hohenstaufen, che aveva ereditato i possedimenti paterni in
Franconia. E sempre in quell'anno Federico nominò
l'ecclesiastico, Rainaldo di Dassel, futuro arcivescovo di Colonia,
cancelliere imperiale.
Dopo che Enrico il Leone duca di Baviera e Sassonia, nel 1159, aveva
rifondato la città di Lubecca, concedendole un'ampia
autonomia locale e esonerando i mercanti dal pagamento di tasse e
pedaggi, l'imperatore Federico, intervenendo prima a confermare, poi
ad ampliare e quindi a prorogare le concessioni di Enrico il Leone,
mise le basi affinché Lubecca divenisse una città
imperiale, libera dalle influenze paralizzanti dei feudatari, e che,
in seguito, avesse un ruolo determinante nella Lega Anseatica, e
diventasse una delle città principali della Lega.
Enrico il Leone, mentre Federico combatteva in Italia, si
prodigò a costruire uno stato efficiente e forte nella
Germania nord-orientale. Dopo aver preso sotto la sua protezione il
re di Danimarca, Valdemaro, Enrico intraprese con
sistematicità la conquista delle terre slave dei Vendi, sulla
sponda orientale dell'Elba. Oltre a conquistare il territorio dei
Vendi Enrico ridusse le libertà dei nobili sia in Sassonia
che in Baviera.
Verso il 1170, cominciarono gli screzi tra Federico ed il cugino
Enrico il Leone, sia per le proprietà dello zio di entrambi,
Guelfo VI, in Italia, comprati da Federico che pur sapeva che li
stava trattando Enrico, che al momento era in Terra Santa, sia per
le buone relazioni tra Enrico e Manuele I di Bisanzio, che
però aiutava i Lombardi, ed Enrico II d'Inghilterra, che
però parteggiava per papa Alessandro III. Comunque l'ultimo
incontro amichevole tra i due avvenne a Ratisbona, nel 1174.
L'incontro successivo, a Chiavenna, nella primavera del 1176, a
detta dei cronisti fu tumultuoso (Enrico aveva rifiutato di mandare
truppe in aiuto a Federico che si trovava in difficoltà in
Lombardia) e i due si lasciarono da nemici.
Dopo la pace tra Federico e Alessandro III, del 1177, il vescovo di
Halberstadt, Ulrico, spodestato, nel 1160, perché fedele ad
Alessandro, riebbe la sua sede e pretese di annullare tutte le
decisioni a favore di Enrico, prese negli anni precedenti.
Ciò portò ad un scontro che, per ordine
dell'imperatore, fu interrotto sino al suo rientro in Germania, che
avvenne nell'ottobre del 1178. In novembre, alla dieta di Spira, le
due parti sottoposero a Federico le loro lamentele.
Enrico venne convocato a Worms, il 13 gennaio 1179, ma non si
presentò, come a Magdeburgo, in giugno, a Käina, in
agosto e a Würzburg, il 13 gennaio 1180, dove Enrico fu
condannato alla perdita dei suoi feudi. In Sassonia furono
restituiti ai vescovi tutti i territori loro sottratti da Enrico, la
Vestfalia, con poteri ducali fu data all'arcivescovo di Colonia,
Filippo di Heinsberg, mentre il ducato di Sassonia fu dato al figlio
di Alberto l'Orso, il principe degli Ascani, Bernardo di Anhalt
(1140-1212). In Baviera, la Stiria divenne un ducato autonomo e fu
concessa al duca di Boemia, Ottocaro I, mentre il ducato di Baviera
fu dato a Ottone I di Wittelsbach (1117 – 1183).
Enrico continuò a combattere, anche dopo la sentenza
definitiva e sino al luglio 1180, ebbe la meglio sugli avversari, ma
in quel mese l'imperatore, Federico, scese in campo di persona. Il
re di Danimarca Valdemaro lo abbandonò e passò con
l'imperatore e in pochi mesi la situazione si ribaltò. Dopo
la perdita di Lubecca Enrico si arrese, fece atto di sottomissione a
Erfurt nel 1181, riottenendo solo i suoi possedimenti personali:
(l'allodio) intorno a Braunschweig e Luneburg, ma condannato
all'esilio. Enrico partì nell'estate del 1182 recandosi alla
corte del suocero, Enrico II, in Inghilterra e Normandia,
rientrò in Germania nel 1185, ma anche se fortemente
appoggiato non riottenne i ducati persi e visse in pace.
La caduta di Enrico portò la pace nel nord del paese ma
significò anche l'indipendenza del regno di Danimarca il cui
re non riconobbe più l'autorità imperiale, il nuovo re
Canuto VI, nel 1182, rifiutò di fare atto di omaggio a
Federico.
Filippo di Heinsberg, arcivescovo di Colonia e duca di Vestfalia,
con l'appoggio di papa Urbano III divenne il capo dell'opposizione
all'imperatore, ed in un primo tempo era riuscito a raccogliere
intorno a sé parecchi nobili e la maggioranza del clero, ma,
nel dicembre 1186, in una dieta a Gelnhausen, l'imperatore Federico,
con un lungo discorso riuscì a riportare i vescovi dalla sua
parte e le minacce del papa furono inutili. Urbano III però
morì all'improvviso, nell'ottobre del 1187, e Filippo, che
già aveva perso l'appoggio dei vescovi fu lasciato
praticamente solo e si presentò all'imperatore, a Magonza,
nel marzo del 1188, e fu perdonato.
Quando Federico stava preparandosi a partire per la crociata,
lasciando il governo dell'impero nelle mani del figlio, Enrico VI,
che era già stato incoronato re di Germania, Enrico il Leone
cominciò a dare segni di irrequietezza; allora Federico,
nell'agosto del 1188, lo convocò alla dieta di Goslar,
dove condannò Enrico ed il figlio maggiore, anche lui di nome
Enrico (1173- † 1227), futuro duca di Brunswick e conte palatino del
Reno, all'esilio per tre anni. Nella pasqua del 1189, Enrico ed il
figlio, lasciarono la Germania per recarsi nuovamente in Inghilterra
e Normandia.
Rapporti con il ducato poi regno e nuovamente ducato di Boemia
Al momento dell'elezione di Federico, il duca di Boemia, Vladislao
II, si dimostrò subito fedele alleato di Federico,
sostenendolo nelle sue campagne militari, dove l'esercito boemo ed
il suo condottiero dimostrarono notevoli doti di capacità e
di coraggio.
Nel gennaio del 1158, in una dieta a Ratisbona, Federico Barbarossa
incoronò Vladislao II, re di Boemia, concedendogli
l'importante privilegio di portare la corona reale e poterla
trasmettere ai propri discendenti. E Vladislao, con le insegne
regali continuò a servire fedelmente Federico anche nelle
campagne d'Italia. Forse anche per questo Federico concesse la
Lusazia, che per alcuni secoli fu legata al regno di Boemia, in
feudo a Vladislao II.
Comunque alla morte di Vladislao, nel 1172, il titolo reale non fu
assegnato perché divampò la lotta per la successione
principalmente tra tre membri della famiglia dei Přemyslidi,
Federico, Sobeslao II e Corrado II che si protrasse per vari anni
sinché Federico intervenne, e, nel 1182, convocò a
Ratisbona i due ancora in vita e separando la Moravia dalla Boemia,
assegnò il titolo di duca di Boemia a Federico e quello di
marchese di Moravia a Corrado. Infine intervenne ancora, nel 1187,
dichiarando il vescovo di Praga principe diretto dell'impero,
sottraendo Praga all'autorità del duca di Boemia.
Le pretese sull'Italia
Alla dieta di Costanza, del marzo del 1153, avevano partecipato
anche gli ambasciatori dei Comuni di Lodi, Pavia e Como, venuti ad
implorare aiuto contro la prepotenza di Milano, che dopo aver
distrutto Lodi e dopo aver vinto una guerra decennale contro Como
(1127) ne limitava l'indipendenza e impediva lo sviluppo delle altre
città.
Federico approfittò di queste richieste di aiuto per
intervenire nella politica italiana: egli seguiva un ideale di
impero universale; il controllo sia sui Comuni a nord sia sul Regno
di Sicilia a sud era essenziale a questo scopo. L'Italia era per
l'imperatore tedesco il contesto ideale per ottenere alcune
prerogative essenziali per realizzare la costruzione dell'impero
universale: la supremazia nella contesa col papato per la
potestà civile universale, il legame con la tradizione
dell'impero romano, cui Federico si ispirava, e la sovranità
su Comuni e feudatari. A tal scopo dispose un saldo controllo su
tutti i territori della Corona, utilizzando funzionari di umili
origini e provata fedeltà, i ministeriales, e si pose
l'obiettivo di recuperare gli iura regalia, le regalie, ossia gli
inalienabili diritti del potere regio (amministrazione della
giustizia, difesa del territorio, riscossione delle imposte),
poiché il potere comunale in Italia si stava arrogando poteri
propri del sovrano sia all'interno sia all'esterno del territorio
urbano, come dimostrava l'esempio di Milano, che aveva apertamente
aggredito altri sudditi dell'imperatore.
Dopo la dieta di Costanza le condizioni per scendere in Italia
c'erano tutte: lo chiedevano le famiglie feudali per limitare il
potere comunale, lo chiedevano i piccoli Comuni alleatisi contro
Milano, lo chiedeva il papa stesso, Anastasio IV, che auspicava
l'intervento di Federico contro il Comune di Roma, in cui a partire
dal 1143 si era formato un regime capeggiato da Arnaldo da Brescia,
un riformatore patarino contestatore del potere temporale dei papi,
che aveva costretto papa Eugenio a ritirarsi ad Orvieto.
Le guerre in Italia
Nell'ottobre 1154 Federico partì dal Tirolo e scese in Italia
alla testa di un piccolo esercito e, a novembre, convocò una
dieta a Roncaglia (Piacenza) in cui revocò tutte le regalie
usurpate dai Comuni sin dal tempo di Enrico IV.
Il 3 dicembre morì Anastasio IV e il 4 dicembre fu eletto il
nuovo papa, Adriano IV.
Federico nel frattempo era passato all'azione di forza: distrusse
alcune località minori come Galliate e alcuni Comuni maggiori
come Asti e Chieri (consegnate poi al marchese di Monferrato, suo
fedele vassallo, a cui si erano ribellate), poi fu messo l'assedio a
Tortona, alleata di Milano (quest'ultima aveva rifiutato le
decisioni dell'imperatore e non aveva agevolato il passaggio delle
truppe imperiali sul suo territorio). Tortona, che si era arresa per
sete dopo due mesi, nell'aprile del 1155, era stata rasa al suolo ed
i suoi abitanti dispersi.
Dato che le mire di Federico erano riposte anche sul regno di
Sicilia, in quello stesso anno, intavolò trattative anche
con l'imperatore bizantino Manuele I Comneno (1143-1180), che
però non approdarono a nulla, in quanto Federico non poteva
riconoscere i diritti che Manuele accampava sull'Italia meridionale,
mentre portò avanti anche trattative con le repubbliche
marinare di Venezia, Genova e Pisa, in vista di una spedizione
contro il re di Sicilia.
Passata la Pasqua del 1155 a Pavia, Federico si mise in marcia verso
Roma per cingere la corona di imperatore. Presso Siena Federico
incontrò i cardinali inviati da Adriano IV, che gli
chiesero di catturare Arnaldo da Brescia; cosa che l'imperatore fece
e Arnaldo fu condannato a morte, dal prefetto di Roma, e mandato al
rogo, molto probabilmente a Civita Castellana. Federico
incontrò il papa nelle vicinanze di Sutri, dove il papa ebbe
da ridire sull'accoglienza ricevuta, allora l'incontro fu
ripetuto, due giorni dopo sulle sponde di un lago vicino a Nepi. Poi
proseguirono per Roma, alle cui porte erano attesi dagli
ambasciatori del senato e del popolo romano, che chiesero a Federico
un giuramento e un tributo che Federico rifiutò di fare. Il
18 giugno 1155, papa Adriano IV incoronò Federico in San
Pietro, nella città leonina, contro la volontà del
senato romano, che, per quest'ultimo sgarbo, scatenò una
serie di violenti tumulti contro le truppe tedesche e la curia.
Federico ed il cugino Enrico il Leone, accampato fuori le mura,
rientrarono in città e, dopo un'intera giornata di lotta,
ricacciarono i Romani al di là del Tevere. Dopo il bagno di
sangue il papa e l'imperatore lasciarono la città ed ai primi
di luglio erano a Tuscolo, dove Adriano chiese a Federico di
marciare contro il re di Sicilia. Federico avrebbe voluto
acconsentire, ma i suoi baroni laici furono contrari e lo convinsero
a tornare verso l'Italia settentrionale. Federico lasciò il
papa con la promessa di tornare per sottomettere Roma e la Sicilia.
Sulla strada del ritorno saccheggiò Spoleto che gli si era
opposta. Ad Ancona incontrò gli ambasciatori di Manuele
Comneno, non aderendo alle loro richieste di attaccare subito il
regno di Sicilia. Dovette ancora combattere a Verona e alle Gole
dell'Adige e finalmente rientrò in Germania.
Papa Adriano, nel frattempo, per garantirsi comunque una protezione,
venne a patti con i Normanni, la cui potenza un tempo era stata in
realtà giudicata pericolosa dal pontefice, concedendo al re
di Sicilia Guglielmo I il Malo l'investitura di tutto il regno,
comprese Capua e Napoli. Questo accordo però veniva meno ai
patti tra papa e imperatore e d'altra parte non mancavano altri
motivi di contrasto tra i due, a causa dell'eccessiva ingerenza di
Federico nell'elezione dei vescovi in Germania.
Un conflitto vero e proprio scoppiò nella dieta di
Besançon (1157), dove si scontrarono le due opposte
concezioni del cesaropapismo imperiale e della teocrazia
papale: la prima concezione vede il potere temporale
dell'imperatore dotato di un'autorità e una libertà
decisionale assolutamente superiori in ogni campo a qualsiasi altra
autorità, anche quella sacra, mentre la seconda è la
concezione del potere riassunta nel Dictatus Papae di Gregorio VII
che vede l'indiscussa supremazia del potere spirituale del papa su
quello dell'imperatore, anche in materia di concessione di
autorità politiche, per cui il papa può perfino
svincolare i sudditi dalla sovranità imperiale.
Comunque per il momento la questione fu ricomposta, anche
perché il clero tedesco si espresse a favore dell'imperatore.
L'anno dopo (giugno 1158), alla luce di questi contrasti di natura
ideologica col pontefice e dato che Milano aveva ripreso ad agire
con una certa autonomia, provvedendo, per esempio, alla
ricostruzione di Tortona, Federico decise per una seconda discesa in
Italia, e, inviati Rainaldo di Dassel e Ottone I di Wittelsbach in
avanscoperta, in luglio, accompagnato dal re di Boemia,
Vladislao II, alla testa di truppe più numerose, entrò
in Italia (è documentato il suo pernottamento alla torre di
Maggiana, nel comune alleato di Mandello del Lario sul Lago di
Como). Sottomessa Brescia, dato inizio alla ricostruzione di Lodi,
assediò Milano, obbligandola dopo un mese a sottoporre
all'approvazione imperiale la nomina dei suoi consoli. A novembre
dello stesso anno venne convocata la seconda, e più
importante, dieta di Roncaglia, cui parteciparono importanti esperti
di diritto dell'Università di Bologna che fornirono a
Federico, su sua esplicita richiesta, l'elenco dei diritti regi, poi
inserito nella Constitutio de regalibus: elezione di duchi, conti e
marchesi, nomina dei consoli comunali e dei magistrati cittadini,
riscossione delle tasse, conio delle monete, imposizione di lavori
di carattere pubblico. Tutti questi diritti Federico era anche
disposto a lasciarli ai Comuni, in cambio però di un tributo
annuo e del riconoscimento che l'impero fosse la fonte di ogni
potere.
In base a quest'ultimo principio Federico emanò anche la
Constitutio de pacis con cui proibì le leghe fra città
e le guerre private. Per quanto riguarda infine i beni fondiari,
rivendicò per quelli pubblici (contee, ducati, ecc.) la
dipendenza regia e per quelli allodiali il diritto dell'imperatore
di dare o meno il proprio consenso a che un proprietario potesse
esercitare diritti signorili: gli allodi diventarono quasi dei feudi
a tutti gli effetti. Inviò ovunque propri funzionari che
ricevessero l'omaggio vassallatico dai signori e controllassero in
modo diretto, in qualità di podestà, i Comuni
più riottosi.
Tutti questi diritti rivendicati dall'imperatore però
cominciarono a scontentare anche le città filo-imperiali e
Milano si ribellò apertamente e conquistò il comune di
Trezzo, seguita dalle ribellioni di Brescia e di Crema. Vista la
mala parata, Federico, che dopo Roncaglia aveva liberato parte delle
sue truppe, chiese urgenti rinforzi, che arrivarono guidati da
Enrico il Leone e dallo zio di entrambi Guelfo VI, che veniva a
prendere possesso dei suoi domini in Italia. Erano accompagnati
dall'imperatrice Beatrice di Borgogna. Nel marzo del 1159 Barbarossa
entrò a Como accolto ancora trionfalmente dalla popolazione e
dal vescovo Ardizzone che gli consegnò simbolicamente le
chiavi della città, mentre in luglio mise l'assedio a Crema,
che si arrese dopo sette mesi e fu rasa al suolo.
Intanto era ripresa la controversia col pontefice sulla questione
del primato del papa, che aveva portato all'esasperazione Adriano
IV, che pensava di scomunicare l'imperatore, quando il papa
improvvisamente, il 1º settembre morì. Il 7 settembre,
la maggioranza dei cardinali elesse papa Rolando Bandinelli che
prese il nome di Alessandro III, e che rappresentava la
continuità della politica di Adriano in appoggio ai Comuni,
mentre un'esigua minoranza votò per il cardinale Ottaviano
dei Crescenzi Ottaviani, buon amico di Federico, che prese il
nome di Vittore IV e che cercava una politica di intesa
coll'imperatore.
Federico convocò un concilio a Pavia, nel febbraio 1160, a
cui Alessandro rifiutò di comparirvi e, dato che risposero
solo i vescovi tedeschi e del nord Italia, il sinodo riconobbe papa
Vittore IV, che scomunicò Alessandro III che, a sua volta,
scomunicò sia Vittore IV che l'imperatore.
Milano intanto continuava a rifiutare le direttive imperiali, la
lotta infuriò, con alterne fortune, su tutta la pianura
lombarda, che fu devastata. Nella primavera del 1161, ricevuti
rinforzi da Germania e Ungheria, Federico poté porre
l'assedio alla città. Gli assediati resistettero con
ostinazione per circa un anno: il 10 marzo 1162 Milano fu costretta
alla resa e subito dopo iniziò la sua distruzione ed i
milanesi furono dispersi in quattro diverse località.
Distrutte le mura di Brescia e Piacenza, che dovettero accettare i
funzionari imperiali. Federico Barbarossa, all'apogeo della sua
potenza, fece ritorno in Germania.
Alessandro III, ritirato nella campagna romana, sentiva però
che la simpatia per lui era in crescita ovunque (anche presso
l'impero d'Oriente), eccetto che in Germania. Data la
scarsità di mezzi di cui disponeva decise di rifugiarsi in
Francia e, nel corso del 1162, fu preso un accordo affinché
il re di Francia, Luigi VII, e l'imperatore Federico, accompagnati
dai rispettivi papi, si incontrassero a Saint-Jean-de-Losne su un
ponte del fiume Saona, al confine tra Francia e Borgogna, dove
avrebbero nominato una commissione che avrebbe dovuto fare chiarezza
sulla validità della nomina. Alessandro III rifiutò di
partecipare ma l'intervento del re d'Inghilterra, Enrico II a favore
di Alessandro risolse la situazione.
Nell'ottobre 1163, Federico scese nuovamente in Italia, con un
piccolo esercito perché già incalzava la riscossa dei
comuni italiani, Verona, Padova e Vicenza si sollevarono, in
ribellione congiunta, e rifiutarono le offerte di pace
dell'imperatore, che non disponeva di forze sufficienti per domarle,
nemmeno con l'aiuto di Pavia, Mantova e Ferrara; il 6 novembre 1163
è segnalata la sua presenza a Città di Castello con
due atti in cui pone il Vescovo ed i canonici sotto la sua
protezione. Intanto Rainaldo di Dassel stava organizzando una
campagna militare contro i Normanni di Sicilia, per la quale doveva
avere l'appoggio di Pisa e Genova,che però erano impegnate in
un'aspra contesa per il controllo della Sardegna, per cui alla fine
avevano rinunciato alla spedizione.
L'imperatore, anche a causa di una malattia, dovette tornare in
patria: la terza discesa in Italia di Federico era stata breve e si
era conclusa quindi con un nulla di fatto.
Nell'aprile del 1164 era morto l'antipapa Vittore IV, e Federico
aveva intenzione di rappacificarsi con Alessandro III, ma prima che
potesse contattarlo, Rainaldo di Dassel si era premurato di fare
eleggere un altro papa, Pasquale III (a cui poi, nel 1168, ne
sarebbe seguito un altro, Callisto III), mentre papa Alessandro III,
ricevuto ormai il riconoscimento della sua autorità dagli
altri sovrani d'Europa, poteva tornare a Roma nel 1165.
La quarta discesa in Italia e la Lega Lombarda
L'assenza dell'imperatore rese più facile ai Lombardi di
pervenire ad un accordo per organizzare una resistenza comune. Nelle
città scoppiavano tumulti e a Bologna venne ucciso il
podestà imperiale. In Sicilia a Guglielmo I il Malo era
successo il figlioletto Guglielmo II e la madre, Margherita, che era
reggente, continuava la politica del marito di alleanza col papa
Alessandro, che aveva l'appoggio anche di Manuele Comneno e Venezia.
Federico doveva riconquistare l'Italia, formò un possente
esercito e a ottobre 1166 partì e scese, per la quarta volta,
in Italia; a novembre era in Lombardia, dove, alla dieta di Lodi, si
rese conto che l'ostilità era maggiore che nel passato, le
città filo-imperiali erano molto fredde, Pisa e Genova erano
in disaccordo, per cui l'impresa siciliana era da rinviare. Federico
avrebbe voluto dirigersi subito su Roma, ma dovette restare in
Lombardia, combattendo nelle zone di Bergamo e Brescia, poi si
diresse su Bologna da cui si fece consegnare degli ostaggi, quindi,
inviato a Roma una parte delle truppe sotto il comando di Rainaldo
di Dassel, marciò su Ancona, che oppose una resistenza
ostinata. Rainaldo stava occupando la campagna romana ed era
arrivato a Tuscolo, con forze esigue, quando i romani gli marciarono
contro ma, il 29 maggio 1167, nella battaglia di Prata Porci
subirono una disfatta perché nel frattempo erano arrivate le
truppe dell'arcivescovo di Magonza che presero i Romani tra due
fuochi. Il 24 luglio giunse anche l'imperatore e su Roma fu sferrato
un attacco massiccio e il papa Alessandro, il 29, fuggì a
Benevento coi pochi cardinali a lui fedeli. Federico era padrone di
Roma dove si fece incoronare imperatore per la seconda volta
dall'antipapa Pasquale (1º agosto 1167). Intanto era anche
arrivata la flotta pisana per preparare l'attacco al regno di
Sicilia. Ma pochi giorni dopo i suoi soldati cominciarono a morire
colpiti da febbri, probabilmente malariche, e morirono anche i suoi
comandanti, Rainaldo di Dassel, suo nipote il duca di Svevia,
Federico IV, il duca di Toscana, Guelfo VII ed altri. Allora decise
di riparare a Pavia, insieme a Como l'unica città rimastagli
fedele, lasciando lungo la via una scia di morti. Dopodiché,
con l'appoggio del marchese di Monferrato, Guglielmo V il Vecchio,
gli fu possibile tornare in Germania, passando da Susa, che gli si
ribellò e da cui dovette fuggire, con l'aiuto del conte di
Moriana e Savoia, Umberto III.
Nel frattempo le città della Marca di Verona, ribellatesi nel
1164, a cui si era aggiunta Treviso, con l'appoggio di Venezia (che
mirava però, più che al riconoscimento del regime
comunale, all'ampliamento ulteriore della propria autonomia) avevano
fondato la Lega Veronese, venendo meno alla Constitutio de pacis,
mentre anche in Lombardia la città di Cremona, da sempre
fedele all'imperatore, gli si rivoltava contro, creando con Crema,
Brescia, Bergamo, Mantova e Milano (o meglio i Milanesi, dato che
non avevano più una città) la Lega cremonese, grazie
al giuramento di Pontida del 7 aprile 1167. Il 27 aprile 1167, le
forze alleate si presentarono di fronte alle rovine di Milano e
iniziarono la ricostruzione, comprese opere di difesa per un
eventuale attacco da parte di Pavia.
Il primo dicembre dello stesso anno dalla fusione delle due leghe
nasceva la Societas Lombardiae, la Lega Lombarda. Ad essa si unirono
subito Parma, Piacenza e Lodi, e anche papa Alessandro diede il
proprio appoggio, mentre non lo fece il Regno di Sicilia, a causa
del riassestamento dinastico come già detto; comunque la
reggente Margherita, per contrastare il Barbarossa, versò dei
denari a papa Alessandro III.
La Lega lombarda nel frattempo diventava sempre più potente,
le città e perfino i signori feudali che vi aderivano erano
sempre più numerosi e ora il Regno di Sicilia e perfino
l'impero bizantino l'appoggiavano apertamente. Mentre Milano era
stata ricostruita molto rapidamente, per neutralizzare la
possibilità di intervento da parte di Pavia e del marchese
del Monferrato la Lega fondò, alla confluenza del Bormida nel
Tanaro una nuova città, chiamata Alessandria in onore del
papa (1168). Alla fine anche Pavia ed il marchesato del Monferrato
aderirono alla Lega.
La battaglia di Legnano ed il tramonto del sogno imperiale
Rientrato in Germania, nel 1168, si dovette dedicare ai problemi
tedeschi, specialmente le controversie tra Enrico il Leone e Alberto
l'Orso. Nell'aprile del 1169 fece eleggere re dei Romani o di
Germania, alla dieta di Bamberga, e quindi incoronare ad Aquisgrana
il figlio, Enrico. Inoltre comprò, dal vecchio zio, Guelfo
VI, che non aveva eredi, i possedimenti Svevi e Toscani.
Comunque Federico, nei sei anni che rimase in patria, pensava anche
all'Italia, ed inviò a Roma il vescovo di Bamberga, Eberardo,
in un tentativo di riconciliazione con Alessandro III, che prese
in considerazione le proposte, ma, alla fine, sia perché
pressato dai Lombardi, sia perché di abdicare non ne voleva
sapere, respinse le offerte di Federico.
Nel 1174, risolti i problemi in Germania, Federico radunò
nuovamente un grosso esercito e scese per la quinta volta in
Italia. Iniziò la sua campagna nel settembre 1174
vendicandosi di Susa, che distrusse, poi prese Asti che si era
arresa, così come il marchese del Monferrato e le
città di Alba, Acqui, Pavia e Como. Mosse contro Alessandria
che resistette a un assedio di ben 7 mesi, interrotto solo dopo che
gli assediati, con una sortita avevano distrutto, incendiandole, le
migliori macchine da guerra di Federico.
Il Barbarossa si dedicò quindi a risolvere la questione di
Ancona che, oltre ad essere libero comune, era alleata con l'Impero
Bizantino. L'imperatore si accordò allora con Venezia,
che voleva liberarsi di una rivale, ed ordinò al suo
luogotenente Cristiano di Magonza di attaccare Ancona da terra,
mentre le navi veneziane ne occupavano il porto. L'assedio di Ancona
si presentò subito difficile: la città dopo sei mesi
non aveva ancora ceduto e infine le truppe assedianti furono
costrette a ritirarsi all'arrivo dei rinforzi da Ferrara e
Bertinoro. Nell'assedio si segnala l'episodio di Stamira.
Nel frattempo la Lega aveva approntato un imponente esercito che
Federico riuscì a distogliere inviando una parte delle sue
truppe a Bologna. Federico, tolto l'assedio ad Alessandria, nella
primavera del 1175, si diresse contro l'esercito della Lega. I due
eserciti si trovarono a fronteggiarsi nella zona di Pavia, ma prima
di combattere furono aperti negoziati di pace, a Montebello, che
però fallirono, e anche una tregua che sembrava a portata di
mano saltò. Le ostilità ripresero, ma senza
avvenimenti decisivi per tutto il 1175. Nella primavera del 1176, a
Chiavenna, Federico ebbe un incontro con Enrico il Leone ed altri
feudatari per ricevere truppe per proseguire la campagna d'Italia,
ma quando i rinforzi militari arrivarono, sempre in primavera,
Federico si accorse che non erano così numerosi come aveva
sperato e soprattutto mancava il cugino Enrico.
E proprio mentre, aggregatesi le truppe di rinforzo, lasciate le
vallate alpine, aveva ripreso la marcia verso sud, l'imperatore
venne travolto a Legnano il 29 maggio 1176 dall'esercito della Lega,
incappando in una disastrosa sconfitta, della quale massimi artefici
furono non a caso i milanesi. Gli stessi, suddivisi in due
compagnie, del Carroccio e nella compagnia della Morte, impedirono
che si convertisse in fuga precipitosa il primo ripiegamento cui la
cavalleria tedesca aveva costretto parte dell'esercito lombardo,
dopodiché spinsero quest'ultimo al decisivo contrassalto.
L'esercito tedesco con difficoltà, trovò rifugio,
ancora una volta, a Pavia, dopodiché Federico si
affrettò a cercare di risolvere la questione con la
diplomazia, avviando le trattative di pace direttamente col
pontefice, con il quale si giunse ad un accordo: Federico disconobbe
l'antipapa e restituì al Comune di Roma le sue regalie e i
suoi territori, mentre Alessandro III garantì la propria
mediazione con i Comuni (accordi preliminari di Anagni, novembre
1176), che però la rifiutarono, non gradendo il cambiamento
di atteggiamento del pontefice.
La pace di Costanza
Si giunse così al nuovo tentativo di pacificazione che si
svolse a Venezia nel luglio 1177, cui parteciparono papa,
imperatore, Guglielmo II il Buono e delegati dei Comuni. Il 23
luglio fu confermata la pace col papa secondo gli accordi di Anagni,
fu concordata una tregua col re di Sicilia di quindici anni e una,
coi Comuni, di sei anni. Federico rimase in Italia sino alla fine
dell'anno; poi nel 1178 tornò in Germania dove risolvette
definitivamente i contrasti con i suoi feudatari, in modo
particolare con il cugino, Enrico il Leone, reo di non aver
sostenuto l'imperatore nel modo adeguato dal punto di vista
militare.
In Italia la situazione per Federico andava migliorando, dal momento
che la pace col regno di Sicilia reggeva e i principali alleati dei
Comuni erano morti: Manuele Comneno il 24 settembre 1180, Alessandro
III il 30 agosto 1181, ed inoltre la Lega si stava sfaldando a causa
di contrasti e rivalità interne fra i Comuni. La "pace
definitiva" fu negoziata a Piacenza e ratificata a Costanza, il 25
giugno 1183: l'imperatore riconosceva la Lega e faceva alle
città che la componevano concessioni riguardanti tutti gli
ambiti, amministrativo, politico e giudiziario, regalie comprese;
rinunciava inoltre alla nomina dei podestà, riconoscendo i
consoli nominati dai cittadini. I Comuni si impegnavano in cambio a
pagare un indennizzo una tantum di 15.000 lire e un tributo annuo di
2.000, a corrispondere all'imperatore il fodro (ossia il foraggio
per i cavalli, o un'imposta sostitutiva) quando questi fosse sceso
in Italia, a concedere all'imperatore la prerogativa di dirimere in
prima persona le questioni fra un Comune e l'altro.
Si trattava di un compromesso che segnava la rinuncia all'ormai
anacronistico concetto di "impero universale" e, dunque, al piano di
dominio assoluto di Federico, mentre i Comuni avrebbero mantenuto la
loro larga autonomia.
Federico, durante i festeggiamenti per la pace, tenutisi a Magonza,
nella primavera del 1184, propose un accordo matrimoniale tra suo
figlio Enrico VI e Costanza d'Altavilla, ultima erede della dinastia
normanna riuscendo finalmente a legare, col matrimonio, nell'aprile
del 1186, l'Italia meridionale all'impero.
Nel settembre del 1184, Federico tornò per la sesta volta in
Italia, ma questa volta senza esercito, ed ebbe un'ottima
accoglienza da parte dei comuni lombardi. Federico ebbe poi un
incontro a Verona con papa Lucio III per chiedergli l'incoronazione
a imperatore del figlio Enrico VI, che gli fu negata anche in
considerazione del futuro matrimonio di Enrico e Costanza, che
di fatto avrebbe reso la carica ereditaria, ma soprattutto per
l'opposizione della nobiltà tedesca. In occasione di
quell'incontro, oltre che di alcune investiture vescovili (in
special modo quella del vescovo di Treviri, che si trascinava da
oltre un anno) e della situazione in Terra Santa, dove il Saladino
passava di successo in successo, fu trattata inutilmente la
questione dei feudi toscani di Federico, che la chiesa in parte
reclamava, ed infine fu affrontato il problema degli eretici e venne
stabilito che i vescovi dovevano avere grande cura di interrogare
gli eretici e scomunicare gli ostinati e che le autorità
civili dovevano fare in modo che venissero applicate le pene del
bando imperiale, cioè l'esilio, la privazione dei diritti
civili, la demolizione delle case contaminate e la confisca dei
beni.
Il 25 novembre 1185, papa Lucio III moriva e gli successe papa
Urbano III, che non aveva molta simpatia per l'imperatore Federico e
che appoggiò la rivolta di Filippo di Heinsberg, arcivescovo
di Colonia e duca di Vestfalia.
La terza crociata
Dopo la caduta di Gerusalemme, nel 1187, che sembra portò
alla morte per il dolore provato Urbano III, il nuovo papa Gregorio
VIII decise di preparare una nuova crociata: la Terza Crociata.
Federico si fece crociato, il 27 marzo 1188 a Magonza, seguito dal
figlio, il duca di Svevia Federico VI, dal duca d'Austria Leopoldo V
e da altri nobili e vescovi. Federico, conscio che la seconda
crociata, a cui aveva partecipato era stata condotta male, prese
alcune precauzioni, accettando nel suo esercito solo chi si poteva
mantenere per due anni e scrivendo al re d'Ungheria, all'imperatore
di Bisanzio ed al sultano di Iconio, chiedendo ed ottenendo
l'autorizzazione ad attraversare i loro possedimenti; infine scrisse
al Saladino per avere restituite le terre di cui si era impadronito,
altrimenti avrebbe usato la forza, a cui il Saladino rispose che
accettava la sfida.
Federico, lasciato il figlio Enrico VI a governare l'impero, con
circa 20.000 cavalieri, partì per primo da Ratisbona nel
maggio del 1189, seguito poi dal re di Francia Filippo Augusto e dal
nuovo re d'Inghilterra Riccardo I (noto anche come Riccardo Cuor di
Leone).
Federico attraversò l'Ungheria sostando a Esztergom o
Strigonio, alla corte ungherese del re Bela III. Dopo aver
attraversato i Balcani, Federico, avvicinandosi ai domini
dell'imperatore bizantino Isacco II Angelo, inviò
ambasciatori per concordare il passaggio in Anatolia; ma Isacco, che
temeva i Latini e si era accordato col Saladino, imprigionò
gli ambasciatori. Allora Federico inviò un messaggio al
figlio, Enrico VI che, con la flotta fornita dalle repubbliche
marinare, col permesso del papa attaccasse Costantinopoli, mentre
lui, occupata Filippopoli e poi la Tracia, si avviò verso
Costantinopoli. Allora Isacco venne a patti, così nel
febbraio del 1190 fu firmato il trattato di Adrianopoli, che permise
alle truppe dell'imperatore Federico di attraversare l'Ellesponto.
L'Ellesponto fu attraversato nel mese di marzo e, giunti in Asia
Minore, dopo aver ricevuto i dovuti approvvigionamenti, iniziarono
la marcia verso sud attraversando il sultanato d'Iconio, dove furono
sottoposti a continui attacchi di bande di Selgiuchidi e furono
tagliati i rifornimenti. Ridotto alla fame, l'esercito tedesco
attaccò il sultano, Qilij Arslan II, occupando
temporaneamente la sua capitale, Konya, ed obbligandolo a mantenere
gli impegni presi: concedere loro libertà di transito,
rifornirli dei necessari approvvigionamenti e poi, con l'aiuto di
guide armene, guidarli attraverso il Tauro sino sulle sponde del
fiume Saleph in Cilicia, nel Sud-Est dell'Anatolia, in
prossimità della Terra Santa. Tuttavia, Federico
affogò durante il guado del fiume, il 10 giugno 1190,
causando la dispersione dell'esercito imperiale, che non poté
così unirsi alle truppe francesi e inglesi per l'attacco alle
truppe del Saladino.
A Federico successe sul trono reale e imperiale il figlio Enrico VI.
La morte nel fiume Göksu in Turchia
Le esatte circostanze della morte di Federico sono sconosciute.
È ipotizzabile che l'anziano imperatore sia stato
disarcionato da cavallo, oppure che, stanco della marcia attraverso
i monti e oppresso dalla calura, abbia voluto rinfrescarsi e lo
shock dovuto all'acqua fredda gli abbia causato un arresto cardiaco,
oppure che, appesantito dalla sua stessa armatura e fiaccato
dall'intensa calura del giugno siriano, Federico I, data anche
l'età, non abbia resistito all'impeto della corrente.
Federico affogò nelle acque che a malapena arrivavano ai
fianchi, secondo quanto riferisce il cronista arabo Ibn al-Athīr nel
suo al-Kāmil fī taʾrīkh (La perfezione nella storia). Il peso
dell'armatura di quel giorno, progettata per essere la più
leggera possibile, fu tale comunque da trascinare con sé un
uomo in salute in acque poco profonde.
La morte di Federico gettò il suo esercito nel caos. Senza
comandante, in preda al panico e attaccati da tutti i lati dai
turchi, molti tedeschi furono uccisi o disertarono. Il figlio del
Barbarossa, Federico VI di Svevia, proseguì con i soldati
rimasti, con l'obiettivo di dar sepoltura all'imperatore a
Gerusalemme, ma gli sforzi per conservare il cadavere utilizzando
l'aceto fallirono. Quindi le spoglie di Federico Barbarossa furono
seppellite nella chiesa di San Pietro in Antiochia di Siria, le ossa
nella cattedrale di Tiro e il cuore e gli organi interni a Tarso.
Solo 5.000 soldati, una piccola frazione delle forze iniziali,
arrivarono ad Acri, verso la fine del 1190. E all'assedio di San
Giovanni d'Acri, nel 1191, perse la vita Federico VI.
L'improvvisa morte di Federico lasciò l'esercito crociato
sotto il comando dei rivali Filippo II di Francia e Riccardo I
d'Inghilterra che, giunti in Palestina separatamente via mare, lo
portarono infine a dissoluzione. Riccardo Cuor di Leone
continuò verso Est dove affrontò il Saladino con
alterni esiti, ma senza raggiungere il suo obiettivo finale, la
conquista.