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L'eurasiatismo è una corrente di pensiero che si
sviluppò tra l'emigrazione "bianca" dei Russi negli anni '20.
Essa concerne l'interpretazione della storia russa e le relazioni di
civiltà tra la Russia e l'Europa. Suoi principali esponenti
furono Nikolaj Trubeckoj, Pëtr Savickij e Georgij Florovskij.
Genesi e storia
Solitamente s'indica quale precursore dell'eurasiatismo Konstantin
Leont'ev, autore di Vizantism i slavjanstvo (1875). In tale opera,
Leont'ev sostiene che la civiltà russa è modellata
sull'idea-forza di "bizantinismo", i cui elementi dominanti sono
l'autocrazia ed il cristianesimo ortodosso. Il bizantinismo,
così com'è inteso da Leont'ev, è radicalmente
opposto al razionalismo di matrice occidentale, un influsso nefasto
e distruttore tanto per l'Europa stessa quanto per i popoli che vi
entrano in contatto: perciò l'invito rivolto alla Russia
è quello d'unirsi ai popoli asiatici, ancora integri dal
progressismo e dall'imborghesimento. Quest'ultimo elemento collega
in maniera fondamentale Leont'ev ai tre fondatori dell'eurasiatismo:
il linguista Nikolaj Trubeckoj (1890-1938), lo storico Georgij
Vernadskij (1887-1973) e l'economista Pëtr Savickij
(1895-1965). Tutti e tre gl'intellettuali esularono dalla Russia a
seguito dell'affermazione dei bolscevichi e, singolarmente o
collegialmente, cominciarono ad interrogarsi sulla storia e la
cultura russe, giungendo ad elaborare la dottrina eurasiatista.
In controtendenza con tutta la storiografia russa ed europea
dell'epoca e dei secoli precedenti, questi pensatori affermarono che
la dominazione mongola era stata decisiva e positiva per la
creazione dell'identità russa. Grazie a quell'esperienza, i
Russi ed i popoli circostanti si erano trovati uniti in una medesima
civiltà eurasiatica. La loro unità culturale doveva
rispecchiarsi nell'integrazione politica, precondizione necessaria
per resistere all'influsso omologatore occidentale. Questa posizione
trovò presto sostenitori tra altri intellettuali russi esuli
in Europa, quali il teologo Georgij Florovskij (1893-1973) ed il
musicologo Pëtr Suvčinskij (1892-1985).
"L'ultimo eurasiatista"
Così fu ribattezzato - col suo assenso - lo storico ed
antropologo russo Lev Gumilëv (1912-1992), figlio dei celebri
poeti Nikolaj Gumilëv e Anna Achmatova. Egli, infatti, pur nel
clima sostanzialmente ostile della cultura sovietica (Gumilëv
aveva origini aristocratiche, e perciò passò molti
anni in carcere o ai lavori forzati), studiò a fondo il
contributo delle civiltà turaniche nel quadro della storia
russa ed eurasiatica. Sopravvisse di soli pochi mesi alla fine del
regime bolscevico (tra l'altro, opponendosi alla dissoluzione
dell'Unione Sovietica), ma furono sufficienti per acquisire una
grande notorietà per sé e per l'eurasiatismo, tanto
che oggi in Russia è idea comune tanto tra la classe
intellettuale quanto tra la gente comune, che la loro civiltà
non sia né europea né asiatica, ma per l'appunto
"eurasiatica".