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Il primo re della dinastia Tudor (castello di Pembroke 1457 -
Richmond, Londra, 1509). Discendeva per parte della madre,
Margherita Beaufort, da Giovanni di Gaunt e da Edoardo III, e fu
educato dallo zio Jasper Tudor, conte di Pembroke, capo del
partito dei Lancaster.
Nel 1471, alla morte di Enrico VI, era riconosciuto capo della
casa di Lancaster; dovette fuggire perciò in Bretagna, per
non essere ucciso dall'usurpatore Riccardo III. Uno sfortunato
tentativo di rivolta (1483) lo costrinse ancora a passare in
Francia; ma due anni dopo, sostenuto da Carlo VII di Francia e da
alcuni nobili inglesi, sbarcava a Milford Haven, e a Bosworth
sconfiggeva e uccideva Riccardo.
Incoronato re il 30 ottobre 1485, il 18 gennaio 1486 sposava la
figlia di Edoardo IV, Elisabetta di York, riunendo così
nella sua famiglia le Due Rose. Forte di questa indiscussa
legittimità, E. poté affrontare la rivolta di
Lambert Simnel, sconfitto e fatto prigioniero a Stoke-upon-Trent
(16 giugno 1487) e, più grave delle altre, la rivolta
yorkista di Perkin Warbeck, un pretendente al trono che si faceva
passare per Riccardo, uno dei figli assassinati di Edoardo IV;
questa si protrasse fino all'incarceramento del Warbeck (1497),
che aveva potuto profittare di un'insurrezione in Irlanda (1495) e
di una in Cornovaglia.
Ma la grandezza di E. sta nell'abilità politica,
all'interno e all'estero, che segnò le linee fondamentali
del cosiddetto dispotismo dei Tudor. Con tenacia, senza impegni
rischiosi (una sola impresa bellica, l'incursione in Francia del
1492), E. riuscì a procurare al suo paese un'influenza
notevole nella politica europea. L'alleanza con la Spagna,
cementata dal matrimonio (1501) del suo primogenito Arturo con
Caterina d'Aragona (morta Elisabetta, nel 1503, lo stesso E.
progetterà di sposare Giovanna la Pazza), rispondeva non
solo a esigenze di lotta antifrancese, ma anche intendeva favorire
le fiorenti imprese commerciali.
Anche in questa risoluta attenzione all'espansione economica
dell'Inghilterra, E. si fa iniziatore della politica divenuta
tradizionale per i Tudor: e in questo quadro va considerata la
lotta contro la clientela nobiliare e le prepotenze dei magnati,
che E. condusse energicamente, imponendo - con la
solidarietà del parlamento, abilmente guadagnata, e con
l'incremento del potere del suo Consiglio reale - il rispetto
delle leggi, creando un'amministrazione efficiente, restaurando le
finanze nazionali.
In quest'ultimo campo il successo di E. fu ancora più
impressionante che negli altri; la rivendicazione delle terre
della corona alienate, la confisca delle terre appartenenti a
nobili dell'opposizione, e altrettanti sistemi più o meno
violenti, insieme con una rigida economia (divenuta però
negli ultimi anni addirittura esosa), lo posero in grado di
disporre di un tesoro della corona su cui fondare la reale
indipendenza del potere regale dai ricatti del parlamento, e di
porre così le basi per le fortune politiche della monarchia
Tudor.