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    Quinto Ennio (latino: Quintus Ennius; Rudiae, 16 luglio 239 a.C. –
    Roma, 8 ottobre 169 a.C.) è stato un poeta, drammaturgo e
    scrittore romano.
    
    È considerato fra i padri della letteratura latina. Scrisse
    opere teatrali, gli Hedyphagetica (poema sulle abitudini alimentari
    degli uomini), il Protrepticus, l'Epicharmus (due poemi di carattere
    filosofico) e infine gli Annales, nonché diverse altre opere
    di vario genere.
    
    Biografia
    
    Quinto Ennio nacque nel 239 a Rudiae, città dell'antica
    Calabria (corrispondente all'odierno Salento[2]), in cui allora
    convivevano tre culture: quella greca che aveva come centro maggiore
    Taranto, quella dei centri minori indigeni e quella dell'occupante
    romano. Aulo Gellio[3] testimonia infatti che Ennio era solito dire
    di possedere "tre anime" (tria corda), perché "sapeva parlare
    in greco, in latino e in osco[4]". Singolare espressione che
    riflette però un'esperienza comune di soggetti bilingui o
    plurilingui, di partecipare cioè non solo a diverse strutture
    linguistiche, ma a diverse "visioni del mondo", indissolubilmente
    legate alle lingue. Munito di "tre anime", Ennio si trovava dunque
    nella condizione migliore per divenire (come di fatto divenne)
    operatore di mediazioni culturali.
    
    Durante la seconda guerra punica militò in Sardegna e nel 204
    vi conobbe Catone il Censore, che lo portò con sé a
    Roma. Giunto nella capitale, ottenne la protezione di illustri
    uomini politici come Scipione l'Africano e poco tempo dopo
    entrò in contatto con altri aristocratici della cerchia degli
    Scipioni, filelleni, come Marco Fulvio Nobiliore, entrando in
    conflitto con l'amico Catone, diffidente nei confronti delle altre
    culture e di quella greca in particolare. Pare che la loro amicizia
    si ruppe quando Ennio chiese a Catone di fargli ottenere la
    cittadinanza romana, che questi non gli fece ottenere. Ennio la
    ottenne poco tempo dopo grazie all'influenza degli Scipioni.
    
    Ennio morì a Roma nel 169 a.C. e per i suoi meriti, oltre che
    per l’amicizia personale, fu sepolto nella tomba degli Scipioni,
    sull'antica Via Appia.
    
    Compose gli Annales, la sua opera più nota, quando era ormai
    anziano. Grazie a questo poema epico fu da allora considerato il
    poeta nazionale del popolo romano, onore che fu poi concesso anche a
    Virgilio, autore dell'Eneide; iniziò allora a parlare e a
    scrivere con il pluralis maiestatis.
    
    Opera
    
    (LA) « Volito vivus per ora virum »
    (IT) « Volo vivo tra le bocche degli uomini »
    (Quinto Ennio)
    
    Ennio sperimentò numerosi generi letterari, molti dei quali a
    Roma erano poco conosciuti o del tutto sconosciuti, pertanto
    è stato definito il vero padre della Letteratura latina[5].
    La lingua e lo stile sono molto duttili; il poeta utilizza con
    maestria sia tonalità auliche, decisamente raffinate come
    Omero, sia forme più piane e colloquiali.
    
    Eccelse nella tragedia, riprendendo i temi toccati da Euripide e da
    Omero, specialmente nell'Iliade, e nella commedia, imitando un po'
    lo stile del contemporaneo Plauto. Della maggior parte di queste sue
    opere rimangono solo pochi frammenti.
    
    Un'opera particolarmente importante furono le Saturae, una raccolta
    di episodi, probabilmente tratti dalla vita dell'autore stesso, dai
    personaggi più diversi e con un tono moraleggiante. Con
    questa opera Ennio introdusse a Roma la satira, un genere del tutto
    nuovo.
    
    Lo stile
    (LA) « O Tite tute Tati tibi tanta tyranne tulisti! »
    (IT) « O Re Tito Tazio, tu grandi dolori hai sofferto! »
    (Quinto Ennio)
    
    Poiché i frammenti a noi pervenuti sono pochi e giunti per
    tradizione indiretta, non siamo capaci di valutare la struttura
    compositiva del poema e le tecniche della narrazione ma emergono con
    sufficiente chiarezza le caratteristiche della lingua e lo stile
    elevato e solenne, che ci appaiono frutto di un geniale
    contemperamento di tratti tipicamente latini e audaci innovazioni
    grecizzanti. Ricorre spesso ad arcaismi internazionali, tratti
    distintivi di derivazione omerica (tanto che si presenta nel proemio
    come Omero redivivo, e Orazio stesso lo definisce alter Homerus,
    "altro Omero"). Infatti fu ritenuto uno dei principali fautori
    dell'ellenizzazione; nonostante Catone fosse uno degli scrittori
    più attaccati alla cultura romana, riconobbe e
    apprezzò in Ennio le doti intellettuali. Pare che fu Ennio ad
    introdurre l'esametro nella letteratura latina, formando i suoi
    versi solo con degli spondei (infatti sono detti versi
    olospondaici); cercò dunque di rendere più piacevoli e
    precise le sue poesie attraverso la lettura in metrica. In Ennio
    abbondano le metafore, sempre molto presenti nei poemi epici, le
    allitterazioni e l'uso della retorica.
    
    Elenco delle Opere
    
        Annales
        Sabinae[6]
        Alexander[7]
        Andromaca prigioniera[8]
        Epicharmus
        Euhemerus
        Hedyphagetica[9]
        Medea[10]
        Saturae
        Epigrammi[11]
        Scipio[12]
        Ambracia[13]
        Tieste
        Caupuncula (l'osteriuccia) e Pancratiastes
    (l'atleta)
    
    Gli Annales
    
    Per approfondire, vedi la voce Annales (Ennio).
    
    Gli Annales furono il poema nazionale del popolo romano prima che
    fosse composta l'Eneide (29-19 a.C.). Ennio narrava la storia di
    Roma anno per anno, come spiega lo stesso titolo, dalle origini sino
    al 171, sino a poco prima della morte del poeta, dunque, avvenuta
    nel 169 a.C., e si ispira al modello greco, come farà poi
    Virgilio.
    
    L'opera era strutturata in 18 libri, suddivisi in tre gruppi di sei
    detti esadi, ma rimangono solo 600 versi dei circa 30.000 originali.
    
        Nel proemio posto all'inizio dell'opera Ennio
    racconta che Omero stesso gli era apparso in sogno per rivelargli di
    essersi reincarnato in lui dopo avergli esposto la dottrina
    pitagorica della metempsicosi, ovvero della transmigrazione delle
    anime. Mentre nei primi libri sono raccontati gli eventi che vanno
    dalle origini all'invasione di Pirro (280-272), nei successivi il
    racconto arriva fino al 171 a.C., due anni prima della morte del
    poeta.
        Nel proemio della seconda esade poi Ennio
    polemizza con coloro che lo criticavano per aver introdotto
    l'esametro[14], e racconta gli eventi dalle guerre puniche sino alla
    seconda guerra macedonica.
        La terza esade è quasi del tutto andata
    perduta.
    
    Note
    
        1 v. 525 Skutsch
        2 Antica topografia istorica del regno di Napoli,
    Volume 2, di Domenico Romanelli, 1818. Parlando di Orazio: "Colla
    stessa falsa critica i citati annotatori riposero questo monte
    nell'antica Calabria, per noi Salentina, dove, a dire il vero, non
    v'ha alcun monte specioso, che possa prodursi in esempio, e
    specialmente presso la terra di Matino".
        3 Quintus Ennius tria corda habere sese dicebat,
    quod loqui Graece et Osce et Latine sciret ("Quinto Ennio diceve di
    avere tre anime in quanto parlava greco, osco e latino") - Aulus
    Gellius, Noctes Atticae 17.17
        4 nonostante la sua città natale fosse
    messapica, tuttavia Ennio avrebbe qui citato - stando ad Aulo Gellio
    - il cor osco, forse perché più rappresentativo e
    importante fra le culture delle popolazioni indigene italiche.
    D'altro canto la sua origine messapica non può essere messa
    in discussione: lui stesso, in un passo che non ci è
    pervenuto ma che è stato citato dal grammatico Servio, si
    vantava di discendere dallo stesso ceppo dell'invincibile Messapus,
    eponimo della Messapia e dei Messapi (Quinto Ennio, Annali (Libri
    IX–XVIII). Commentari. Volume IV. Napoli: Liguori Editore, pag. 316
    ss.).
       5 Quinto Orazio Flacco
        6 tragedia d'ambientazione romana circa il ratto
    delle Sabine
        7 rimane solo il monologo di Cassandra
        8 ci resta un solo monologo
        9 Catalogo di cose buone da mangiare, redatto con
    vena salottiera e decisamente superficiale
        10 si ispira ad Euripide
        11 Componimenti in distici elegiaci che si
    rifacevano a momenti particolari della vita dell'autore
        12 Poemetto epico-encomiastico, del quale restano
    solo 14 versi, dedicato a P. Cornelio Scipione, nel quale il
    condottiero viene descritto come perfetto exemplum di vir romanus
        13 Tragedia praetexta che celebra le gesta di
    Marco Fulvio Nobiliore in una spedizione contro gli Etoli nel 189
    a.C., culminata nella presa della città di Ambracia
        14 Ennio rivendicò sempre l'onore di aver
    reso meno provinciale la cultura romana tramite l'esametro
    
    Nel 189 a.C. Marco Fulvio Nobiliore condusse con sé Ennio
    nella guerra contro la Lega Etolica come poeta al seguito con il
    compito di celebrare le gesta del generale, e questo
    scandalizzò Catone in quanto comportamento contrario al
    costume degli avi, al mos maiorum.
    
    ***
    
    Dal DBI
    
    Ènnio, Quinto (lat. Quintus Ennius)
    
    Ènnio, Quinto (lat. Quintus Ennius). - Poeta latino (Rudie,
    Taranto, 239 a. C. - Roma 169 a. C.). Autore degli Annales, un poema
    epico in 18 libri, che narrano in ordine cronologico gli avvenimenti
    della storia di Roma e del Lazio a partire dall'arrivo di Enea. La
    grande novità di E. è la sostituzione dell'esametro
    eroico, il verso dell'epica greca, al saturnio: con ciò egli
    pose il fondamento della poesia latina; e se l'esametro enniano
    è ancora duro e rozzo, se la ricerca degli effetti
    trascinò il poeta a usare assonanze e allitterazioni
    sgradevoli per il gusto raffinato dell'età successiva, egli
    aprì comunque la via alla poesia augustea.
    
    Vita e opere
    
    Nel 204 militava in Sardegna, donde Catone lo condusse con sé
    a Roma, ove divenne amico di Scipione Africano e di Scipione Nasica;
    poi (189) fu al seguito di Marco Fulvio Nobiliore nella spedizione
    in Etolia, alla presa di Ambracia, nel 184 fu col figlio di Fulvio,
    Quinto, alla deduzione di una colonia nel Piceno, dove E. ebbe da
    Quinto un terreno; ottenne perciò la cittadinanza romana (Nos
    sumus Romani qui fuimus ante Rudini affermò poi con gioia E.
    in un frammento di uno degli ultimi libri degli Annali). Visse
    tuttavia povero in una casa sull'Aventino insieme con Cecilio
    Stazio, lavorando fino all'ultimo; fece rappresentare l'ultima sua
    tragedia, il Tieste, l'anno stesso della morte. Ebbe fortuna tra i
    posteri che riconobbero in lui il padre della poesia latina; fu
    citato spesso da Cicerone, imitato da Virgilio, ricordato da Orazio,
    Ovidio, Properzio, Quintiliano e Marziale, pur con giudizi diversi.
    Poi la sua fama si oscurò. Aveva cominciato la sua
    attività letteraria con le tragedie, ch'egli attinse ai
    modelli greci, facilitato in ciò dalla sua origine: parlava
    osco e greco, indi apprese il latino, sicché, secondo Gellio,
    si vantava di avere tre anime. A noi, oltre 19 titoli, sono giunti
    molti frammenti di tragedie, riprese a preferenza da Euripide e dal
    ciclo troiano; ebbero molto successo; ancora nel 54 a. C. si
    rappresentava l'Andromacha aechmalotis ("A. prigioniera di guerra").
    Abbiamo inoltre il titolo di una "pretesta", Sabinae, sulla leggenda
    del ratto delle Sabine e di una Ambracia, esaltazione drammatizzata
    dell'impresa di Marco Fulvio Nobiliore, già ritenuta una
    pretesta, ora da alcuni un carme celebrativo come lo Scipio, in lode
    dell'Africano. Scrisse anche due commedie palliate, Caupuncula (o
    Tabernaria) e Pancratiastes, di cui si hanno alcuni frammenti. Poco
    ci è rimasto anche delle altre sue opere minori: le Saturae
    in più libri (ne è citato un sesto) su vari argomenti,
    ne era caratteristica la polimetria (secondo alcuni alternanza di
    prosa e di versi, come la satura Menippea), che era anche nello
    Scipio. Affine ad esse per il carattere moralistico doveva essere il
    Protrepticus, libro di precetti in tetrametri trocaici, e il Sota,
    dal nome di Sotade, il poeta greco del sec. 3º, autore di un
    tipo particolare di satira (cinedologia), di cui Ennio adattava i
    metri, il tono, gli argomenti in forma spregiudicata, fino a
    raggiungere la scurrilità. Una raccolta di ricette culinarie,
    forse in esametri, era il poemetto Hedyphagetica, mentre era in
    tetrametri trocaici l'Epicharmus, rielaborazione di un poemetto
    sulla natura attribuito a torto a Epicarmo. L'Euhemerus (o Sacra
    historia) era una rielaborazione forse in prosa di un'opera di
    Evemero, dove si trattava la celebre teoria sull'origine umana degli
    dèi. Ma l'opera maggiore di E., per cui egli fu considerato
    il poeta nazionale romano fino a Virgilio, è il poema Annales
    (18 libri), a cui attese gran parte della sua vita. Ennio forse
    pubblicò il poema in momenti successivi. I primi tre libri
    dovevano trattare dell'età regia, poi i libri 4-6 gli
    avvenimenti fino alle guerre puniche, narrate nei libri 7-9; i libri
    10-12 la guerra macedonica; nei libri 13-16 la guerra con Antioco e
    fino alla guerra istrica (178 a. C.). Dei libri 17 e 18 non è
    possibile una ricostruzione sicura. E. riprese il concetto e in
    parte il disegno del Bellum Poenicum di Nevio, adattando il
    contenuto alle linee dell'epos omerico, contemperando l'elemento
    fantastico, l'intervento diretto delle divinità con
    l'esaltazione della virtù romana. Dei 18 libri (circa 30.000
    versi), ci sono giunti circa 600 versi (frammenti di una certa
    estensione, o versi singoli, emistichi, parole staccate), che ci
    danno solo una pallida idea del poema, ma da essi si può
    rilevare l'entusiasmo con cui sono tratteggiati i grandi personaggi
    romani e le loro virtù, e si possono notare accenti di alta
    poesia, uniti a un vivo senso della bellezza della natura.