Enciclica Non abbiamo bisogno
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Non Abbiamo Bisogno è una lettera enciclica di papa Pio XI,
promulgata il 29 giugno 1931, scritta in difesa dell'Azione
Cattolica italiana in seguito ai tentativi del regime fascista di
eliminarla.
Storia
La pubblicazione dell'enciclica è successiva al decreto di
scioglimento dell'Azione Cattolica promulgato da Mussolini il 29
maggio 1931 e al sequestro di tutti i circoli cattolici ad opera
della polizia.
Contenuti
Nell'enciclica viene denunciato da parte del fascismo «il
proposito — già in tanta parte eseguito — di monopolizzare
interamente la gioventù, dalla primissima fanciullezza fino
all’età adulta, a tutto ed esclusivo vantaggio di un partito,
di un regime» e la «persecuzione» nei confronti
dell'Azione Cattolica operata a tale intento. Da ciò
l'occasione per la condanna:
« colpire a tale scopo, come ultimamente si è fatto, le
sue Associazioni giovanili equivale ad un vero e proprio impedire
che la gioventù vada a Gesù Cristo »
Nell'enciclica il Pontefice coglie l'occasione per difendere i Patti
Lateranensi e per condannare esplicitamente il fascismo come
dottrina totalitaria:
«[il fascismo è] una vera e propria statolatria
pagana, non meno in contrasto con i diritti naturali della famiglia
che con i diritti soprannaturali della Chiesa»
La condanna viene spiegata successivamente in questi termini:
«Una concezione dello Stato che gli fa appartenere le giovani
generazioni interamente e senza eccezione dalla prima età
fino all'età adulta, non è conciliabile per un
cattolico colla dottrina cattolica, e neanche è conciliabile
col diritto naturale della famiglia. Non è per un cattolico
conciliabile con la cattolica dottrina pretendere che la Chiesa, il
Papa, devono limitarsi alle pratiche esterne di religione (Messa e
Sacramenti), e che il resto della educazione appartiene totalmente
allo Stato. »
Egli spiega infatti che sebbene la Santa Sede non avesse fino ad
allora pronunciato «formali ed esplicite condanne» e
avesse continuato a «credere possibili e favorire
compatibilità e cooperazioni che ad altri sembrarono
inammissibili», la persecuzione del'Azione Cattolica, definita
«quanto la Chiesa e il suo Capo hanno di più caro e
prezioso», toglie ogni possibilità di cooperazione.
Rispondendo alle accuse di «ingratitudine» lanciate dal
regime nei confronti della Chiesa, l'enciclica risponde ricordando
invece che lo Stato italiano ha tratto piuttosto benefici dal
credito tributato al fascismo dalla Santa Sede:
«Il Clero, l'Episcopato, e questa medesima Santa Sede non
hanno mai disconosciuto quanto in tutti questi anni è stato
fatto con beneficio e vantaggio della Religione; ne hanno anzi
spesse volte espresso viva e sincera riconoscenza. Ma [...] gli
attentati contro l’Azione Cattolica [...] che culminavano nelle
poliziesche misure contro di loro consumate fanno seriamente
dubitare se gli atteggiamenti prima benevoli e benèfici
provenissero soltanto da sincero amore e zelo di Religione.
Ché se di ingratitudine si vuol parlare, essa fu e rimane
quella usata verso la Santa Sede da un partito e da un regime che, a
giudizio del mondo intero, trasse dagli amichevoli rapporti con la
Santa Sede, in paese e fuori, un aumento di prestigio e di credito,
che ad alcuni in Italia ed all’estero parvero eccessivi, come troppo
largo il favore e troppo larga la fiducia da parte Nostra [del
papa].»
*
da http://www.vatican.va/holy_father/pius_xi/encyclicals/documents/hf_p-xi_enc_19310629_non-abbiamo-bisogno_it.html
Testo dell'Enciclica
LETTERA ENCICLICA NON ABBIAMO BISOGNO
DEL SOMMO PONTEFICE
PIO XI
SULL'AZIONE CATTOLICA ITALIANA
Ai Venerabili Fratelli Patriarchi,
Primati, Arcivescovi,
Vescovi e altri Ordinari
aventi pace e comunione con la Sede Apostolica.
Venerabili Fratelli, salute ed Apostolica Benedizione.
Non abbiamo bisogno di annunciare a voi, Venerabili Fratelli, gli
avvenimenti che in questi ultimi tempi hanno avuto luogo in questa
Nostra Sede Episcopale Romana e in tutta Italia, che è dire
nella Nostra propria dizione Primaziale, avvenimenti che hanno avuto
così larga e profonda ripercussione in tutto il mondo, e
più sentitamente in tutte e singole le diocesi dell’Italia e
del mondo cattolico. Si riassumono in poche e tristi parole: si
è tentato di colpire a morte quanto vi era e sarà
sempre di più caro al Nostro cuore di Padre e Pastore di
anime … e possiamo bene, dobbiamo anzi soggiungere: « e il
modo ancor m’offende ».
È in presenza e sotto la pressione di questi avvenimenti che
Noi sentiamo il bisogno e il dovere di rivolgerCi e quasi venire in
ispirito a ciascuno di voi, Venerabili Fratelli, innanzi tutto per
compiere un grave ed ormai urgente dovere di fraterna riconoscenza;
in secondo luogo per soddisfare ad un non meno grave ed urgente
dovere di difesa verso la verità e la giustizia, in materia
che, riguardando vitali interessi e diritti della Santa Chiesa,
riguarda pure voi tutti e singoli, dovunque lo Spirito Santo vi ha
posto a reggerla insieme con Noi; vogliamo in terzo luogo esporvi
quelle conclusioni e riflessioni che gli avvenimenti Ci sembrano
imporre; in quarto luogo vogliamo confidarvi le Nostre
preoccupazioni per l’avvenire: e finalmente vi inviteremo a dividere
le Nostre speranze ed a pregare con Noi e coll’Orbe cattolico per il
loro compimento.
I
L’interna pace, quella che viene dalla piena e chiara consapevolezza
di essere dalla parte della verità e della giustizia, e di
combattere e soffrire per esse, quella pace che solo il Re divino sa
dare e che il mondo, come non sa dare, così non può
togliere, questa pace benedetta e benefica, grazie alla divina
Bontà e Misericordia, non Ci ha mai abbandonato e mai, ne
abbiamo piena fiducia, Ci abbandonerà, qualunque cosa
avvenga; ma questa pace, come già nel cuore di Gesù
appassionato, così nel cuore dei suoi fedeli servitori lascia
libero accesso (voi lo sapete troppo bene, Venerabili Fratelli), a
tutte le amarezze più amare, e anche Noi abbiamo sperimentato
la verità di quella misteriosa parola: « Ecce in pace
amaritudo mea amarissima » [1]. Il vostro pronto, largo,
affettuoso intervento, che ancora non cessa, Venerabili Fratelli, i
fraterni e filiali sentimenti, e soprattutto quel senso di alta
soprannaturale solidarietà e intima unione di pensieri e di
sentimenti, di intelligenze e di volontà spiranti dalle
vostre amorevoli comunicazioni, Ci hanno riempito l’anima di
indicibili consolazioni e Ci hanno spesse volte chiamate dal cuore
sulle labbra le parole del Salmo [2]: « Secundum multitudinem
dolorum meorum in corde meo, consolationes tuae laetificaverunt
animam meam ». Di tutte queste consolazioni, dopo Dio, voi di
tutto cuore ringraziamo, Venerabili Fratelli, voi, ai quali possiamo
anche Noi dire come Gesù ai vostri antecessori, agli
Apostoli: «Vos qui permansistis mecum in tentationibus meis
» [3].
Sentiamo pure e vogliamo pur compiere il dovere dolcissimo al cuore
paterno di ringraziare con voi, Venerabili Fratelli, i tanti buoni e
degni figli vostri, che individualmente e collettivamente, singoli e
delle svariate organizzazioni ed associazioni di bene e più
largamente delle Associazioni di Azione Cattolica e di
Gioventù Cattolica, Ci hanno inviato tante e così
filialmente affettuose espressioni di condoglianza, di devozione e
di generosa e fattiva conformità alle Nostre direttive, ai
Nostri desideri. È stato per Noi singolarmente bello e
consolante vedere le « Azioni Cattoliche » di tutti i
Paesi, dai più vicini ai più lontani, trovarsi a
convegno presso il Padre comune, animate e come portate da un unico
spirito di fede, di pietà filiale, di generosi propositi,
esprimendo tutti la penosa sorpresa di vedere perseguitata e colpita
l’Azione Cattolica là, al Centro dell’Apostolato Gerarchico,
dove essa ha maggior ragione di essere, essa che in Italia, come in
tutte le parti del mondo, secondo l’autentica ed essenziale sua
definizione e secondo le assidue e vigilanti Nostre direttive, da
Voi, Venerabili Fratelli, tanto generosamente secondate, non vuole
né può essere se non la partecipazione e
collaborazione del laicato all’Apostolato Gerarchico.
Voi, Venerabili Fratelli, porterete l’espressione della Nostra
paterna riconoscenza a tutti i vostri e Nostri figli in Gesù
Cristo, che si sono mostrati così bene cresciuti alla vostra
scuola e così buoni e pii verso il Padre comune, così
da farci dire: « superabundo gaudio in tribulatione nostra
» [4].
A voi, Vescovi di tutte e singole le diocesi di questa cara Italia,
a voi non dobbiamo soltanto l’espressione della Nostra riconoscenza
per le consolazioni delle quali in nobile e santa gara Ci siete
stati larghi colle vostre lettere in tutto il trascorso mese e
particolarmente in questo stesso giorno dei SS. Apostoli coi vostri
affettuosi ed eloquenti telegrammi; ma vi dobbiamo pure un
contraccambio di condoglianze per quello che ciascuno di voi ha
sofferto, vedendo improvvisamente abbattersi la bufera devastatrice
sulle aiuole più riccamente fiorite e promettenti dei
giardini spirituali, che lo Spirito Santo ha affidato alle vostre
cure, e che voi con tanta diligenza venivate coltivando e con tanto
bene delle anime. Il vostro cuore, Venerabili Fratelli, si è
subito rivolto al Nostro per compatire alla Nostra pena, nella quale
sentivate convergere come a centro, incontrarsi e moltiplicarsi
tutte le vostre: è quello che voi Ci avete mostrato con le
più chiare ed affettuose testimonianze, e Noi ve ne
ringraziamo di tutto cuore. Particolarmente grati vi siamo della
unanime e davvero imponente testimonianza da voi resa alla Azione
Cattolica Italiana e segnatamente alle Associazioni Giovanili,
d’esser rimaste docili e fedeli alle Nostre e vostre direttive
escludenti ogni attività politica o di partito. Ed insieme
con Voi ringraziamo pure tutti i vostri Sacerdoti e fedeli,
religiosi e religiose, che a voi si unirono con tanto slancio di
fede e di pietà filiale. In particolar modo ringraziamo le
vostre associazioni di Azione Cattolica, e prime le Giovanili per
tutti i gradi fino alle più piccole Beniamine ed ai
più piccoli Fanciulli, tanto più cari quanto
più piccoli, nelle preghiere dei quali e delle quali
particolarmente confidiamo e speriamo.
Voi avete sentito, Venerabili Fratelli, che il Nostro cuore era ed
è con voi, con ciascuno di voi, con voi soffrendo, per voi e
con voi pregando, che Iddio nella sua infinita Misericordia Ci venga
in aiuto ed anche da questo gran male, che l’antico nemico del Bene
ha scatenato, tragga nuova fioritura di bene e di gran bene.
II
Soddisfatto al debito della riconoscenza per i conforti ricevuti in
tanto dolore, dobbiamo soddisfare a quello onde l’apostolico
ministero Ci fa debitori verso la verità e la giustizia.
Già a più riprese, Venerabili Fratelli, nel modo
più esplicito ed assumendo tutta la responsabilità di
quanto dicevamo, Ci siamo Noi espressi ed abbiamo protestato contro
la campagna di false ed ingiuste accuse, che precedette lo
scioglimento delle Associazioni Giovanili ed Universitarie della
Azione Cattolica. Scioglimento eseguito per vie di fatto e con
procedimenti che dettero l’impressione che si procedesse contro una
vasta e pericolosa associazione a delinquere; trattavasi di
gioventù e fanciullezze certamente delle migliori fra le
buone, ed alle quali siamo lieti e paternamente fieri di potere
ancora una volta rendere tale testimonianza. Si direbbe che gli
stessi esecutori (non tutti di gran lunga, ma molti di essi) di tali
procedimenti ebbero un tal senso e mostrarono di averlo, mettendo
nell’opera loro esecutoria espressioni e cortesie, con le quali
sembravano chiedere scusa e volersi far perdonare quello che erano
necessitati di fare: Noi ne abbiamo tenuto conto riserbando loro
particolari benedizioni.
Ma, quasi a dolorosa compensazione, quante durezze e violenze fino
alle percosse ed al sangue, e irriverenze di stampa, di parola e di
fatti, contro le cose e le persone, non esclusa la Nostra,
precedettero, accompagnarono e susseguirono l’esecuzione
dell’improvvisa poliziesca misura, che bene spesso ignoranza o
malevolo zelo estendeva ad associazioni ed enti neanche colpiti dai
superiori ordini, fino agli oratorii dei piccoli ed alle pie
congregazioni di Figlie di Maria!
E tutto questo triste contorno di irriverenze e di violenze doveva
essere con tale intervento di elementi e di divise di partito, con
tale unisono da un capo all’altro d’Italia, e con tale acquiescenza
delle Autorità e forze di pubblica sicurezza da far
necessariamente pensare a disposizioni venute dall’alto: Ci è
molto facile ammettere, ed era altrettanto facile prevedere, che
queste potessero, anzi dovessero, quasi necessariamente venire
oltrepassate. Abbiamo dovuto ricordare queste antipatiche e penose
cose, perché non è mancato il tentativo di far credere
al gran pubblico ed al mondo che il deplorato scioglimento delle
Associazioni, a Noi tanto care, si era compiuto senza incidenti e
quasi come una cosa normale.
Ma si è in ben altra e più vasta misura attentato alla
verità ed alla giustizia. Se non tutte, certamente le
principali falsità e vere calunnie sparse dalla avversa
stampa di partito — la sola libera, e spesso comandata, o quasi, a
tutto dire ed osare — vennero raccolte in un messaggio, sia pure non
ufficiale (cauta qualifica), e somministrate al gran pubblico coi
più potenti mezzi di diffusione che l’ora presente conosce.
La storia dei documenti redatti non in servizio, ma in offesa della
verità e della giustizia, è una lunga e triste storia;
ma dobbiamo dire con la più profonda amarezza che, pur nei
molti anni di vita e di operosità bibliotecaria, raramente Ci
siamo incontrati in un documento tanto tendenzioso e tanto contrario
a verità e giustizia, in ordine a questa Santa Sede, alla
Azione Cattolica Italiana e più particolarmente alle
Associazioni così duramente colpite. Se tacessimo, se
lasciassimo passare, che è dire se lasciassimo credere, Noi
saremmo troppo più indegni, che già non siamo, di
occupare questa augusta Sede Apostolica, indegni della filiale e
generosa devozione onde Ci hanno sempre consolati ed ora più
che mai Ci consolano i Nostri cari figli dell’Azione Cattolica, e
più particolarmente quei figli e quelle figlie Nostre, grazie
a Dio tanto numerose, che, per la religiosa fedeltà alle
Nostre chiamate e direttive, hanno tanto sofferto e soffrono, tanto
più altamente onorando la scuola alla quale sono cresciuti, e
il Divino Maestro e il suo indegno Vicario, quanto più
luminosamente hanno mostrato col loro cristiano contegno, anche di
fronte alle minacce ed alle violenze, da qual parte si trovino la
vera dignità del carattere, la vera fortezza d’animo, il vero
coraggio, la stessa civiltà.
Ci studieremo di essere molto brevi, rettificando le facili
affermazioni del ricordato messaggio, facili diciamo per non dire
audaci, e che sapevano di poter contare sulla quasi
impossibilità di ogni controllo da parte del gran pubblico.
Saremo brevi, anche perché già più volte,
massime in questi ultimi tempi, abbiamo parlato sugli argomenti che
ora ritornano, e la Nostra parola, Venerabili Fratelli, è
potuta giungere fino a voi, e per voi ai vostri e Nostri cari figli
in Gesù Cristo, come auguriamo anche alla presente lettera.
Diceva fra l’altro il ricordato messaggio che le rivelazioni
dell’avversa stampa di partito sarebbero state nella quasi
totalità confermate almeno nella sostanza e proprio
dall’Osservatore Romano. La verità è che l’Osservatore
Romano ha di volta in volta dimostrato che le così dette
rivelazioni erano altrettante invenzioni, o in tutto e per tutto, od
almeno nell’interpretazione data ai fatti. Basta leggere senza
malafede e con la più modesta capacità d’intendere.
Diceva ancora il messaggio essere tentativo ridicolo quello di far
passare la Santa Sede come vittima in un paese dove migliaia di
viaggiatori possono rendere testimonianza al rispetto dimostrato
verso Sacerdoti, Prelati, Chiesa e funzioni religiose. Sì,
Venerabili Fratelli, purtroppo il tentativo sarebbe ridicolo, come
quello di chi tentasse sfondare una porta aperta; perché
purtroppo le migliaia di visitatori stranieri, che non mancano mai
all’Italia ed a Roma, hanno potuto constatare di presenza le
irriverenze spesso empie e blasfeme, le violenze, gli sfregi, i
vandalismi commessi contro luoghi, cose e persone, in tutto il Paese
ed in questa medesima Nostra Sede episcopale e da Noi ripetutamente
deplorati dietro sicure e precise informazioni.
Il messaggio denuncia la « nera ingratitudine » dei
Sacerdoti, che si mettono contro il partito, che è stato
(dice) per tutta l’Italia la garanzia della libertà
religiosa. Il Clero, l’Episcopato, e questa medesima Santa Sede non
hanno mai disconosciuto quanto in tutti questi anni è stato
fatto con beneficio e vantaggio della Religione; ne hanno anzi
spesse volte espresso viva e sincera riconoscenza. Ma e Noi e
l’Episcopato e il Clero e tutti i buoni fedeli, anzi tutti i
cittadini amanti dell’ordine e della pace si sono messi e si mettono
in pena ed in preoccupazione di fronte ai troppo presto incominciati
sistematici attentati contro le più sane e preziose
libertà della Religione e delle coscienze, quanti furono gli
attentati contro l’Azione Cattolica, le sue diverse Associazioni,
massime le giovanili, attentati che culminavano nelle poliziesche
misure contro di loro consumate e nei modi già accennati:
attentati e misure che fanno seriamente dubitare se gli
atteggiamenti prima benevoli e benèfici provenissero soltanto
da sincero amore e zelo di Religione. Ché se di ingratitudine
si vuol parlare, essa fu e rimane quella usata verso la Santa Sede
da un partito e da un regime che, a giudizio del mondo intero,
trasse dagli amichevoli rapporti con la Santa Sede, in paese e
fuori, un aumento di prestigio e di credito, che ad alcuni in Italia
ed all’estero parvero eccessivi, come troppo largo il favore e
troppo larga la fiducia da parte Nostra.
Consumata la poliziesca misura e consumata con quell’accompagnamento
e con quel seguito di violenze, di irriverenze e connivenze delle
autorità di pubblica sicurezza, Noi abbiamo sospeso, come
l’invio di un Nostro Cardinale Legato alle centenarie celebrazioni
di Padova, così le festive processioni in Roma ed in Italia.
La disposizione era di Nostra evidente competenza, e ne vedevamo
così gravi ed urgenti i motivi da farcene un dovere, per
quanto sapessimo di imporre con essa gravi sacrifici ai buoni
fedeli, forse più che ad ogni altro a Noi stessi incresciosa.
Come infatti avrebbero avuto l’usato corso liete e festive
solennità in tanto lutto e cordoglio che era piombato sul
cuore del Padre comune di tutti i fedeli, e sul materno cuore della
Santa Madre Chiesa in Roma, in Italia, anzi in tutto il mondo
cattolico, come la universale e veramente mondiale partecipazione
con voi alla testa, Venerabili Fratelli, venne subito a dimostrare?
O come potevamo non temere per il rispetto e l’incolumità
stessa delle persone e delle cose più sacre, dato il contegno
delle pubbliche autorità e forze in presenza di tante
irriverenze e violenze?
Dovunque le Nostre disposizioni poterono arrivare, i buoni sacerdoti
ed i buoni fedeli ebbero le stesse impressioni e gli stessi
sentimenti, e dove non furono intimiditi, minacciati e peggio, ne
diedero magnifiche e per Noi consolantissime prove sostituendo le
festive celebrazioni con ore di preghiere, di adorazione e di
riparazione, in unione di pena e di intenzione col Santo Padre, e
con non più veduti concorsi di popolo.
Sappiamo come le cose si svolsero dove le Nostre disposizioni non
poterono arrivare in tempo, con intervento di autorità che il
messaggio rileva, quelle stesse autorità di governo e di
partito che già avevano o tra poco avrebbero assistito mute e
inoperose al compimento di gesta prettamente anticattoliche e
antireligiose; ciò che il messaggio non dice. Dice invece che
vi furono autorità ecclesiastiche locali che si credettero in
grado « di non prendere atto » del Nostro divieto. Noi
non conosciamo una sola autorità ecclesiastica locale che
siasi meritato l’affronto e l’offesa contenuta in tali parole.
Sappiamo bensì e vivamente deploriamo le imposizioni, spesso
minacciose e violente, fatte e lasciate fare alle locali
autorità ecclesiastiche; sappiamo di empie parodie di cantici
sacri e di sacri cortei, il tutto lasciato fare con profondo
cordoglio di tutti i buoni fedeli e con vero sgomento di tutti i
cittadini amanti di pace e di ordine, vedendo l’una e l’altro
indifesi e peggio, proprio da quelli che di difenderli hanno e
gravissimo dovere e insieme vitale interesse.
Il messaggio richiama il tante volte addotto confronto fra l’Italia
ed altri Stati, nei quali la Chiesa è realmente perseguitata
e contro i quali non si sono sentite parole come quelle pronunciate
contro l’Italia, dove (dice) la Religione è stata restaurata.
Abbiamo già detto che serbiamo e serberemo e memoria e
riconoscenza perenne per quanto venne fatto in Italia con beneficio
della Religione, anche se con contemporaneo non minore, e forse
maggiore, beneficio del partito e del regime. Abbiamo pur detto e
ripetuto che non è necessario (spesso sarebbe assai nocivo
agli scopi intesi) che sia da tutti sentito e saputo quello che Noi
e questa Santa Sede, per mezzo dei Nostri rappresentanti, dei Nostri
Fratelli di Episcopato, veniamo dicendo e rimostrando dovunque gli
interessi della Religione lo richiedono, e nella misura che
giudichiamo richiedersi, massime dove la Chiesa è realmente
perseguitata.
È con dolore indicibile che vedemmo una vera e reale
persecuzione scatenarsi in questa Nostra Italia ed in questa Nostra
medesima Roma contro quello che la Chiesa ed il suo Capo hanno di
più prezioso e più caro in fatto di libertà e
diritti, libertà e diritti che sono pure quelli delle anime,
e più particolarmente delle anime giovanili, a loro
più particolarmente affidate dal divino Creatore e Redentore.
Come è notorio, Noi abbiamo ripetutamente e solennemente
affermato e protestato che l’Azione Cattolica, sia per la sua stessa
natura ed essenza (partecipazione e collaborazione del laicato
all’apostolato gerarchico) che per le Nostre precise e categoriche
direttive e disposizioni, è al di fuori e al di sopra di ogni
politica di partito. Abbiamo insieme affermato e protestato che Ci
constava le Nostre direttive e disposizioni essere state in Italia
fedelmente ubbidite e secondate. Il messaggio sentenzia che
l’affermazione che l’Azione Cattolica non ebbe un vero carattere
politico è completamente falsa. Non vogliamo rilevare tutto
quello che vi è di irriguardoso in tale sentenza, anche
perché la motivazione che il messaggio ne dà, ne
dimostra tutta la falsità e la leggerezza, che diremmo
davvero ridicola, se il caso non fosse tanto lacrimevole.
Aveva in realtà, dice, stendardi, distintivi, tessere e tutte
le altre forme esteriori di un partito politico. Come se stendardi,
distintivi, tessere e simili forme esteriori non siano oggigiorno
comuni, in tutti i paesi del mondo, alle più svariate
associazioni e attività che nulla hanno e vogliono avere di
comune colla politica: sportive e professionali, civili e militari,
commerciali e industriali, scolastiche di prima fanciullezza,
religiose della religiosità più pia e devota e quasi
infantile, come i Crociatini del Sacramento.
Il messaggio ha sentito tutta la debolezza e la vanità
dell’addotto motivo, e quasi correndo ai ripari ne soggiunge altri
tre.
Il primo vuol essere, che i capi dell’Azione Cattolica erano quasi
completamente membri oppure capi del partito popolare, il quale
è stato (dice) uno dei più forti avversari del
fascismo. Questa accusa è stata più di una volta
lanciata contro l’Azione Cattolica Italiana, ma sempre genericamente
e senza far nomi. Ogni volta Noi abbiamo invitato a precisare e
nominare, ma invano. Solo poco prima delle misure inflitte
all’Azione Cattolica ed in evidente preparazione alle stesse, la
stampa avversa, con non meno evidente ricorso a rapporti di polizia,
ha pubblicato alcune serie di fatti e di nomi; e ciò son le
pretese rivelazioni alle quali accenna il messaggio nel suo inizio,
e che l’Osservatore Romano ha debitamente smentite e rettificate,
non già confermate, come, traendo in inganno il gran
pubblico, il messaggio stesso afferma.
Quanto a Noi, Venerabili Fratelli, alle informazioni già da
tempo raccolte ed alle indagini personali già prima fatte,
abbiamo stimato dover Nostro di procurarCi nuove informazioni e
nuove indagini fare, ed eccone, Venerabili Fratelli, i positivi
risultati. Innanzi tutto abbiamo constatato che, stante ancora il
partito popolare e non ancora affermatosi il nuovo partito, per
disposizioni emanate nel 1919, chi avesse occupato cariche direttive
nel partito popolare non poteva occupare contemporaneamente uffici
direttivi nella Azione Cattolica.
Abbiamo inoltre constatato, Venerabili Fratelli, che i casi di
ex-dirigenti locali laici del partito popolare divenuti poi
dirigenti locali della Azione Cattolica, tra quelli segnalati, come
sopra abbiam detto, dalla stampa avversa, si riducono a quattro,
diciamo quattro, e questo così esiguo numero con 250 Giunte
diocesane, 4000 Sezioni di uomini cattolici, e oltre 5000 Circoli di
Gioventù Cattolica maschile. E dobbiamo aggiungere che nei
quattro detti casi si tratta sempre di individui che non dettero mai
luogo a difficoltà; alcuni poi addirittura simpatizzanti e
benevisi al regime ed al partito.
E non vogliamo omettere quell’altra garanzia di religiosità
apolitica della Azione Cattolica che voi bene conoscete, Venerabili
Fratelli, Vescovi in Italia, che stette, sta e starà sempre
nella dipendenza della Azione Cattolica dall’Episcopato, da voi, dai
quali sempre proveniva l’assegnazione dei sacerdoti «
assistenti », e la nomina dei « presidenti delle Giunte
diocesane »; onde chiaro è che, rimettendo e
raccomandando a Voi, Venerabili Fratelli, le Associazioni colpite,
nulla di sostanzialmente nuovo abbiamo ordinato e disposto.
Disciolto e cessato il partito popolare, quelli che già
appartenevano alla Azione Cattolica continuarono ad appartenervi,
sottomettendosi però con perfetta disciplina alla legge
fondamentale della Azione Cattolica, cioè astenendosi da ogni
attività politica, e così fecero quelli che allora
chiesero di appartenervi.
I quali tutti con quale giustizia e carità si sarebbero
espulsi o non ammessi, quando, forniti delle qualità
richieste, si sottomettevano a quella legge? Il regime ed il
partito, che sembrano attribuire una così temibile e temuta
forza agli appartenenti al partito popolare sul terreno politico,
dovevano mostrarsi grati alla Azione Cattolica, che appunto da quel
terreno li ha levati e con formale impegno di non spiegare azione
politica, ma soltanto religiosa.
Non possiamo invece Noi, Chiesa, Religione, fedeli cattolici (e non
soltanto noi) essere grati a chi dopo aver messo fuori socialismo e
massoneria, nemici nostri (e non nostri soltanto) dichiarati, li ha
così largamente riammessi, come tutti vedono e deplorano, e
fatti tanto più forti e pericolosi e nocivi quanto più
dissimulati e insieme favoriti dalla nuova divisa.
Di infrazioni al preso impegno Ci si è non rare volte
parlato; abbiamo sempre chiesto nomi e fatti concreti, sempre pronti
a intervenire e provvedere; non si è mai risposto a tale
Nostra domanda.
Il messaggio denuncia che una parte considerevole di atti di
carattere organizzativo era particolarmente di natura politica e che
aveva niente a fare con « l’educazione religiosa e la
propagazione della fede ». A parte la maniera imperita e
confusa onde sembrano accennarsi i compiti della Azione Cattolica,
tutti quelli che conoscono e vivono la vita d’oggi sanno che non vi
è iniziativa e attività — dalle più spirituali
e scientifiche fino alle più materiali e meccaniche — che non
abbia bisogno di organizzazione e di atti organizzativi, e che
questi come quella non si identificano con le finalità delle
diverse iniziative ed attività, ma non sono che mezzi per
meglio raggiungere i fini che ciascuna si propone.
Però (continua il messaggio) l’argomento più forte che
può essere adoperato come una giustificazione della
distruzione dei circoli cattolici dei giovani è la difesa
dello Stato, la quale è più di un semplice dovere di
qualunque governo. Nessun dubbio sulla solennità e sulla
importanza vitale di un tal dovere e di un tal diritto, aggiungiamo
Noi, perché riteniamo e vogliamo ad ogni costo praticare, con
tutti gli onesti e sensati, che il primo diritto è quello di
fare il proprio dovere. Ma tutti i ricevitori e lettori del
messaggio avrebbero sorriso di incredulità o fatte le alte
meraviglie, se il messaggio avesse aggiunto che dei Circoli
Cattolici giovanili colpiti 10.000 erano, anzi sono, di
gioventù femminile, con un totale di quasi 500.000 giovani
donne e fanciulle, dove, chi può vedere un serio pericolo e
una minaccia reale per la sicurezza dello Stato? E devesi
considerare che solo 220.000 sono iscritte « effettive
», più di 100.000 piccole « aspiranti »,
più di 150.000 ancora più piccole « Beniamine
».
Restano i circoli di gioventù cattolica maschile, quella
stessa gioventù cattolica che nelle pubblicazioni giovanili
del partito e nei discorsi e nelle circolari dei così detti
gerarchi sono rappresentati ed indicati al vilipendio ed allo
scherno (con qual senso di responsabilità pedagogica, per dir
solo di questa, ognun lo vede) come una accozzaglia di conigli e di
buoni soltanto a portar candele e recitar rosari nelle sacre
processioni, e che forse per questo sono stati in questi ultimi
tempi tante volte e con così poco nobile coraggio assaliti e
maltrattati fino al sangue, lasciati indifesi da chi poteva e doveva
proteggerli e difenderli, se non altro perché inermi e
pacifici assaliti da violenti e spesso armati.
Se qui sta l’argomento più forte della attentata «
distruzione » (la parola non lascia davvero dubbi sulle
intenzioni) delle nostre care ed eroiche associazioni giovanili di
Azione Cattolica, voi vedete, Venerabili Fratelli, che Noi potremmo
e dovremmo rallegrarCi, tanto chiaramente appare l’argomento di per
se stesso incredibile ed insussistente. Ma purtroppo dobbiamo
ripetere, che « mentita est iniquitas sibi » [5], e che
l’« argomento più forte » della voluta «
distruzione » va cercato su altro terreno: la battaglia che
ora si combatte non è politica, ma morale e religiosa:
squisitamente morale e religiosa.
Bisogna chiudere gli occhi a questa verità e vedere, anzi
inventare politica dove non è che Religione e Morale per
conchiudere, come fa il messaggio, che si era creata la situazione
assurda di una forte organizzazione agli ordini di un potere «
estero », il « Vaticano », cosa che nessun governo
di questo mondo avrebbe permesso.
Si sono sequestrati in massa i documenti in tutte le sedi della
Azione Cattolica Italiana, si continua (anche questo si fa) a
intercettare e sequestrare ogni corrispondenza che possa sospettarsi
in qualche rapporto colle Associazioni colpite, anzi anche con
quelle non colpite: gli oratorii. — Si dica dunque a Noi, al Paese,
al mondo, quali e quanti sono i documenti della politica, agitata e
tramata dalla Azione Cattolica con pericolo dello Stato. Osiamo dire
che non se ne troveranno, a meno di leggere e interpretare secondo
idee preconcette, ingiuste e in pieno contrasto coi fatti e con
l’evidenza di senza numero prove e testimonianze. Quando se ne
trovino di genuini e degni di considerazione, saremo Noi i primi a
riconoscerli e a tenerne conto. Ma chi vorrà, per esempio,
incriminare di politica, e politica pericolosa allo Stato, qualche
segnalazione e deplorazione degli odiosi trattamenti già
anche prima degli ultimi fatti, tante volte e in tanti luoghi
inflitti alla Azione Cattolica? O chi fondarsi sopra dichiarazioni
imposte od estorte, come Ci consta essere in qualche luogo avvenuto?
Invece, proprio senza numero si troveranno tra i sequestrati
documenti le prove e le testimonianze della profonda e costante
religiosità e religiosa attività come di tutta
l’Azione Cattolica così particolarmente delle Associazioni
giovanili ed universitarie. Basterà saper leggere ed
apprezzare, come Noi stessi abbiamo innumerevoli volte fatto, i
programmi, i resoconti, i verbali di congressi, di settimane di
studi religiosi e di preghiera, di ritiri spirituali, di praticata e
promossa frequenza ai Sacramenti, di conferenze apologetiche, di
studi ed attività catechistiche, di cooperazione ad
iniziative di vera e pura carità cristiana nelle Conferenze
di San Vincenzo ed in altri modi, di attività e cooperazione
missionaria.
È in presenza di tali fatti e di tale documentazione, dunque
coll’occhio e la mano sulla realtà, che Noi abbiamo sempre
detto ed ancora diciamo che accusare l’Azione Cattolica Italiana di
fare della politica era ed è vero e proprio calunniare. I
fatti hanno dimostrato a che cosa con questo si mirasse, che cosa si
preparasse: rare volte si è in così grandi proporzioni
avverata la favola del lupo e dell’agnello, e la storia non
potrà non ricordarsene.
Noi, certi fino alla evidenza, di essere e di mantenerci sul terreno
religioso, non abbiamo mai creduto che potessimo essere considerati
come un « potere estero », massime da cattolici e da
cattolici italiani.
È in grazia della potestà apostolica a Noi
indegnissimi da Dio affidata, che i buoni cattolici di tutto il
mondo (voi lo sapete molto bene, Venerabili Fratelli) considerano
Roma come la seconda patria di tutti e di ciascuno di loro. Non
è ancora troppo lontano il giorno nel quale un uomo di Stato,
che rimarrà certamente fra i più celebri, non
cattolico né amico del cattolicesimo, in piena assemblea
politica disse che non poteva considerare come un potere estero
quello al quale ubbidivano venti milioni di tedeschi.
Per dire poi che nessun governo del mondo avrebbe lasciato
sussistere la situazione creata in Italia dalla Azione Cattolica,
bisogna assolutamente ignorare o dimenticare che in tutti gli Stati
del mondo, fino alla Cina, sussiste e vive ed opera la Azione
Cattolica, bene spesso imitante nell’assieme e fino ai particolari
l’Azione Cattolica Italiana, spesso ancora con forme e particolari
organizzativi anche più spiccatamente tali che in Italia. In
nessuno Stato del mondo mai l’Azione Cattolica è stata
considerata come un pericolo dello Stato; in nessuno Stato del mondo
l’Azione Cattolica è stata così odiosamente
perseguitata (non vediamo quale altra parola risponda alla
realtà e alla verità dei fatti) come in questa Nostra
Italia, e in questa medesima Nostra Sede Episcopale Romana: e questa
è veramente una situazione assurda, non da Noi sibbene contro
di Noi creata.
Ci siamo imposto, Venerabili Fratelli, un grave ed increscioso
lavoro; Ci è sembrato un preciso dovere di carità e
giustizia paterna, e in questo spirito lo abbiamo compiuto al fine
di rimettere nella giusta luce fatti e verità, che alcuni
figli Nostri hanno, forse non del tutto consapevolmente, messo in
luce falsa a danno di altri figli Nostri.
III
Ed ora una prima riflessione e conclusione: da quanto siamo venuti
esponendo e più ancora dagli avvenimenti stessi come si sono
svolti, la attività politica della Azione Cattolica, la
palese o larvata ostilità di taluni suoi settori contro il
regime ed il partito, come anche l’eventuale rifugio e la protezione
di residuata e fin qui risparmiata ostilità al partito sotto
le bandiere della Azione Cattolica (cfr. Comunicato del Direttorio,
4 Giugno 1931), tutto questo non è che pretesto o un cumulo
di pretesti: è un pretesto, osiamo dire, la stessa Azione
Cattolica; ciò che si voleva e che si attentò di fare,
fu strappare alla Azione Cattolica, e per essa alla Chiesa, la
gioventù, tutta la gioventù. Tanto è ciò
vero, che dopo aver tanto parlato di Azione Cattolica, si
mirò alle Associazioni Giovanili, né si stette alle
Associazioni Giovanili di Azione Cattolica, ma si allungò
tumultuariamente la mano anche ad associazioni e ad opere di pura
pietà e di prima istruzione religiosa, come le Congregazioni
di Figlie di Maria e gli Oratorii; tanto tumultuariamente da dover
spesso riconoscere il grossolano errore.
Questo punto essenziale è largamente confermato anche
d’altronde. È confermato innanzitutto dalle molte antecedenti
affermazioni di elementi più o meno responsabili ed anche
dagli elementi più rappresentativi del regime e del partito e
che ebbero il loro pieno commentario e la definitiva conferma dagli
ultimi avvenimenti.
La conferma è stata anche più esplicita e categorica,
stavamo per dire solenne insieme e violenta, da parte di chi non
solo tutto rappresenta, ma tutto può, in pubblicazione
ufficiale o quasi, dedicata alla gioventù, in colloqui
destinati alla pubblicità, alla pubblicità estera
prima ancora che a quella del paese, ed anche all’ultima ora in
messaggi ed in comunicazioni a rappresentanti della stampa.
Un’altra riflessione e conclusione subito ed inevitabilmente si
impone. Non si è dunque tenuto nessun conto delle ripetute
assicurazioni e proteste Nostre, non si è tenuto conto alcuno
delle proteste ed assicurazioni vostre, Venerabili Fratelli Vescovi
d’Italia, sulla natura e sulla attività vera e reale
dell’Azione Cattolica e sui diritti sacrosanti ed inviolabili delle
anime e della Chiesa in essa rappresentati e impersonati.
Diciamo, Venerabili Fratelli, i sacrosanti ed inviolabili diritti
delle anime e della Chiesa, ed è questa la riflessione e
conclusione che più di ogni altra si impone, come è di
ogni altra la più grave. Già più e più
volte, come è notorio, Noi abbiamo espresso il pensiero
Nostro, o meglio, della Chiesa Santa su così importanti ed
essenziali argomenti, e non è a voi, Venerabili Fratelli,
fedeli maestri in Israele, che occorra dire di più; ma non
possiamo non aggiungere qualche cosa per questi cari popoli che
stanno intorno a voi, che voi pascete e governate per divino mandato
e che ormai quasi solo per mezzo vostro possono conoscere il
pensiero del Padre comune delle anime loro.
Dicevamo i sacrosanti ed inviolabili diritti delle anime e della
Chiesa. Si tratta del diritto delle anime di procurarsi, il maggior
bene spirituale sotto il magistero e l’opera formatrice della
Chiesa, di tale magistero e di tale opera unica mandataria,
divinamente costituita in quest’ordine soprannaturale fondato nel
Sangue di Dio Redentore, necessario ed obbligatorio a tutti per
partecipare alla divina Redenzione. Si tratta del diritto delle
anime così formate di partecipare i tesori della Redenzione
ad altre anime collaborando alla attività dell’Apostolato
Gerarchico.
È in considerazione di questo duplice diritto delle anime,
che Ci dicevamo testé lieti e fieri di combattere la buona
battaglia per la libertà delle coscienze, non già
(come qualcuno forse inavvertitamente Ci ha fatto dire) per la
libertà di coscienza, maniera di dire equivoca e troppo
spesso abusata a significare la assoluta indipendenza della
coscienza, cosa assurda in anima da Dio creata e redenta.
Si tratta inoltre del diritto non meno inviolabile della Chiesa di
adempiere l’imperativo divino mandato, di cui la investiva il divino
Fondatore, di portare alle anime, a tutte le anime, tutti i tesori
di verità e di bene, dottrinali e pratici, ch’Egli stesso
aveva recato al mondo. « Euntes docete omnes gentes… docentes
eos servare omnia quaecumque mandavi vobis » Andate ed
istruite tutte le genti, insegnando loro ad osservare tutto quello
che vi ho commesso [6]. E qual posto dovessero tenere la prima
età e la giovinezza in questa assoluta universalità e
totalità di mandato, lo mostra Egli stesso il divino Maestro,
Creatore e Redentore delle anime, col suo esempio e con quelle
parole particolarmente memorabili ed anche particolarmente
formidabili: « Lasciate che i pargoli vengano a me e non
vogliate impedirmeli »… «Questi piccoli che (quasi per
un divino istinto) credono in Me; ai quali è riserbato il
regno dei cieli; dei quali gli Angeli tutelari e difensori vedono
sempre la faccia del Padre celeste; guai all’uomo che avrà
scandalizzato uno di questi piccoli ». « Sinite parvulos
venire ad me et nolite prohibere eos… qui in me credunt… istorum est
enim regnum caelorum; quorum Angeli semper vident faciem Patris qui
in caelis est; Vae! homini illi per quem unus ex pusillis istis
scandalizatus fuerit » [7]. Or eccoci in presenza di tutto un
insieme di autentiche affermazioni e di fatti non meno autentici,
che mettono fuori di ogni dubbio il proposito — già in tanta
parte eseguito — di monopolizzare interamente la gioventù,
dalla primissima fanciullezza fino all’età adulta, a tutto ed
esclusivo vantaggio di un partito, di un regime, sulla base di una
ideologia che dichiaratamente si risolve in una vera e propria
statolatria pagana non meno in pieno contrasto coi diritti naturali
della famiglia che coi diritti soprannaturali della Chiesa. Proporsi
e promuovere un tale monopolio, perseguitare in tale intento, come
si veniva facendo da qualche tempo più o meno palesemente o
copertamente, l’Azione Cattolica; colpire a tale scopo, come
ultimamente si è fatto, le sue Associazioni giovanili
equivale ad un vero e proprio impedire che la gioventù vada a
Gesù Cristo, dacché è impedire che vada alla
Chiesa, perché dov’è la Chiesa ivi è
Gesù Cristo. E si arrivò fino a strapparla, con gesto
violento dal seno dell’una e dell’Altro.
La Chiesa di Gesù Cristo non ha mai contestato i diritti e i
doveri dello Stato circa l’educazione dei cittadini e Noi stessi li
abbiamo ricordati e proclamati nella recente Nostra Lettera
Enciclica sulla educazione cristiana della gioventù; diritti
e doveri incontestabili finché rimangono nei confini delle
competenze proprie dello Stato; competenze che sono alla loro volta
chiaramente fissate dalle finalità dello Stato;
finalità certamente non soltanto corporee e materiali, ma di
per se stesse necessariamente contenute nei limiti del naturale, del
terreno, del temporaneo. Il divino universale mandato, del quale la
Chiesa di Gesù Cristo è stata da Gesù Cristo
stesso incomunicabilmente ed insurrogabilmente investita, si estende
invece all’eterno, al celeste, al soprannaturale, quest’ordine di
cose il quale da una parte è strettamente obbligatorio per
ogni creatura consapevole, ed al quale dall’altra parte deve di
natura sua subordinarsi e coordinarsi tutto il rimanente.
La Chiesa di Gesù Cristo è certamente nei termini del
suo mandato, non solo quando depone nelle anime i primi
indispensabili princìpi ed elementi della vita
soprannaturale, ma anche quando questa vita promuove e sviluppa
secondo le opportunità e le capacità, e coi modi e
mezzi da lei giudicati idonei, anche nell’intento di preparare
illuminate e valide cooperazioni all’apostolato gerarchico. È
di Gesù Cristo la solenne dichiarazione che Egli è
venuto precisamente al fine che le anime abbiano non soltanto
qualche inizio od elemento della vita soprannaturale, ma
affinché l’abbiano nella maggiore abbondanza: « Ego
veni ut vitam habeant et abundantius habeant » [8]. E
Gesù stesso ha posto i primi inizi dell’Azione Cattolica,
Egli stesso scegliendo ed educando negli Apostoli e nei discepoli i
collaboratori del suo divino apostolato, esempio immediatamente
imitato dai primi santi Apostoli, come il sacro testo ne fa fede.
È per conseguenza pretesa ingiustificabile ed inconciliabile
col nome e colla professione di cattolici quella di semplici fedeli
che vengono ad insegnare alla Chiesa ed al suo Capo ciò che
basta e che deve bastare per la educazione e formazione cristiana
dello anime e per salvare, promuovere nella società,
principalmente nella gioventù, i princìpi della Fede e
la loro piena efficienza nella vita.
Alla ingiustificabile pretesa si associa la chiarissima rivelazione
della assoluta incompetenza e della completa ignoranza delle materie
in questione. Gli ultimi avvenimenti devono aver aperto a tutti gli
occhi, mentre hanno dimostrato fino all’evidenza quello che in pochi
anni si è venuto, non già salvando, ma disfacendo e
distruggendo in fatto di religiosità vera, di educazione
cristiana e civile. Voi sapete, Venerabili Fratelli, Vescovi
d’Italia, per vostra esperienza pastorale che gravissimo ed esiziale
errore sia il credere e far credere che l’opera della Chiesa svolta
nell’Azione Cattolica sia surrogata e resa superflua dall’istruzione
religiosa nelle scuole e dalla ecclesiastica assistenza alle
associazioni giovanili del partito e del regime. L’una e l’altra
sono certissimamente necessarie; senza di esse la scuola e le dette
associazioni diventerebbero inevitabilmente e ben presto, per fatale
necessità logica e psicologica, cose pagane. Necessarie
adunque, ma non sufficienti: infatti con quella istruzione religiosa
e con quella assistenza ecclesiastica la Chiesa di Gesù
Cristo non può esplicare che un minimum della sua efficienza
spirituale e soprannaturale, e questo in un terreno e in un ambiente
non da essa dipendenti, preoccupati da molte altre materie di
insegnamento e da tutt’altri esercizi, soggetti ad immediate
autorità spesso poco o punto favorevoli e non rare volte
esercitanti contrarie influenze con la parola e con l’esempio della
vita.
Dicevamo che gli ultimi avvenimenti hanno finito di mostrare senza
lasciare possibilità di dubbio quello che in pochi anni si
è potuto non già salvare, ma perdere e distruggere in
fatto di religiosità vera e di educazione, non diciamo
cristiana, ma anche solo morale e civile.
Abbiamo infatti vista in azione una religiosità che si
ribella alle disposizioni della superiore Autorità Religiosa
e ne impone o ne incoraggia la inosservanza; una religiosità
che diventa persecuzione e tentata distruzione di quello che il
Supremo Capo della Religione notoriamente più apprezza ed ha
a cuore; una religiosità che trascende e lascia trascendere
ad insulti di parola e di fatto contro la Persona del Padre di tutti
i fedeli fino a gridarlo abbasso ed a morte; veri imparaticci di
parricidio. Simigliante religiosità non può in nessun
modo conciliarsi con la dottrina e con la pratica cattolica, ma
è piuttosto quanto può pensarsi di più
contrario all’una ed all’altra.
La contrarietà è più grave in se stessa e
più esiziale nei suoi effetti, quando non è soltanto
quella di fatti esteriormente perpetrati e consumati, ma anche
quella di princìpi e di massime proclamate come
programmatiche e fondamentali.
Una concezione dello Stato che gli fa appartenere le giovani
generazioni interamente e senza eccezione dalla prima età
fino all’età adulta, non è conciliabile per un
cattolico colla dottrina cattolica, e neanche è conciliabile
col diritto naturale della famiglia. Non è per un cattolico
conciliabile con la cattolica dottrina pretendere che la Chiesa, il
Papa, devono limitarsi alle pratiche esterne di religione (Messa e
Sacramenti), e che il resto della educazione appartiene totalmente
allo Stato.
Le erronee e false dottrine e massime che siamo venuti fin qua
segnalando e deplorando, già più volte Ci si
presentarono nel corso di questi ultimi anni, e, come è
notorio, non siamo mai, coll’aiuto di Dio, venuti meno al Nostro
apostolico dovere di rilevarle e di contrapporvi i giusti richiami
alle genuine dottrine cattoliche ed agli inviolabili diritti della
Chiesa di Gesù Cristo e delle anime nel Suo divino sangue
redente.
Ma, nonostante i giudizi e le aspettative e le suggestioni che da
diverse parti anche molto ragguardevoli a Noi pervenivano, Ci siamo
sempre trattenuti da formali ed esplicite condanne, anzi siamo
andati fino a credere possibili e favorire da parte Nostra
compatibilità e cooperazioni che ad altri sembrarono
inammissibili. Così abbiamo fatto perché pensavamo e
piuttosto desideravamo che rimanesse la possibilità di almeno
dubitare che avessimo a fare con affermazioni ed azioni esagerate,
sporadiche, di elementi non abbastanza rappresentativi, insomma ad
affermazioni ed azioni risalenti, nelle parti censurabili, piuttosto
alle persone ed alle circostanze che veramente e propriamente
programmatiche.
Gli ultimi avvenimenti e le affermazioni che li prepararono, li
accompagnarono e li commentarono Ci tolgono la desiderata
possibilità, e dobbiamo dire, diciamo che non si è
cattolici se non per il battesimo e per il nome — in contraddizione
con le esigenze del nome e con gli stessi impegni battesimali —
adottando e svolgendo un programma che fa sue dottrine e massime
tanto contrarie ai diritti della Chiesa di Gesù Cristo e
delle anime, che misconosce, combatte e perseguita l’Azione
Cattolica, che è dire quanto la Chiesa ed il suo Capo hanno
notoriamente di più caro e prezioso. A questo punto Voi Ci
richiedete, Venerabili Fratelli, che rimane a pensare ed a
giudicare, alla luce di quanto precede, circa una formula di
giuramento che anche a fanciulli e fanciulle impone di eseguire
senza discutere ordini che, l’abbiamo veduto e vissuto, possono
comandare contro ogni verità e giustizia la manomissione dei
diritti della Chiesa e delle anime, già per se stessi sacri
ed inviolabili; e di servire con tutte le forze, fino al sangue, la
causa di una rivoluzione che strappa alla Chiesa ed a Gesù
Cristo la gioventù, e che educa le sue giovani forze
all’odio, alla violenza, alla irriverenza, non esclusa la persona
stessa del Papa, come gli ultimi fatti hanno più
compiutamente dimostrato.
Quando la domanda deve porsi in tali termini, la risposta dal punto
di vista cattolico, ed anche puramente umano, è
inevitabilmente una sola, e Noi, Venerabili Fratelli, non facciamo
che confermare la risposta che già vi siete data: un tale
giuramento, così come sta, non è lecito.
IV
Ed eccoci alle Nostre preoccupazioni, gravissime preoccupazioni,
che, lo sentiamo, sono anche le vostre, Venerabili Fratelli, di voi
specialmente, Vescovi d’Italia. Ci preoccupiamo subito innanzi tutto
dei tanti e tanti figli Nostri, anche giovanetti e giovanette,
iscritti e tesserati con quel giuramento. Commiseriamo profondamente
le tante coscienze tormentate da dubbi (tormenti e dubbi di cui
arrivano a Noi certissime testimonianze) appunto in grazia di quel
giuramento, com’è concepito, specialmente dopo i fatti
avvenuti.
Conoscendo le difficoltà molteplici dell’ora presente e
sapendo come tessera e giuramento sono per moltissimi condizione per
la carriera, per il pane, per la vita, abbiamo cercato mezzo che
ridoni tranquillità alle coscienze riducendo al minimo
possibile le difficoltà esteriori. E Ci sembra potrebbe
essere tal mezzo per i già tesserati fare essi davanti a Dio
ed alla propria coscienza la riserva: « salve le leggi di Dio
e della Chiesa » oppure « salvi i doveri di buon
cristiano », col fermo proposito di dichiarare anche
esternamente una tale riserva, quando ne venisse il bisogno.
Là poi donde partono le disposizioni e gli ordini vorremmo
arrivasse la Nostra preghiera, la preghiera di un Padre che vuole
provvedere alle coscienze di tanti suoi figli in Gesù Cristo;
che cioè la medesima riserva sia introdotta nella forma del
giuramento, quando non si voglia far meglio, molto meglio, e
cioè omettere il giuramento, che è per sé un
atto di religione, e non è certamente al posto che più
gli conviene in una tessera di partito.
Abbiamo procurato di parlare come con calma e serenità,
così con tutta chiarezza; pur non possiamo non preoccuparCi
di essere bene intesi, non diciamo da voi, Venerabili Fratelli,
sempre ed ora più che mai a Noi così uniti di pensieri
e di sentimenti, ma da tutti quanti. E per questo aggiungiamo che
con tutto quello che siamo venuti finora dicendo Noi non abbiamo
voluto condannare il partito ed il regime come tale.
Abbiamo inteso segnalare e condannare quanto nel programma e
nell’azione di essi abbiamo veduto e constatato contrario alla
dottrina ed alla pratica cattolica, e quindi inconciliabile col nome
e con la professione di cattolici. E con questo abbiamo adempiuto un
preciso dovere dell’Apostolico Ministero verso tutti i figli Nostri
che al partito appartengono, perché possano provvedere alla
propria coscienza di cattolici.
Crediamo poi di avere contemporaneamente fatto buona opera al
partito stesso ed al regime. Perché quale interesse ed
utilità possono essi avere mantenendo in programma, in un
paese cattolico come l’Italia, idee, massime e pratiche
inconciliabili con la coscienza cattolica? La coscienza dei popoli,
come quella degli individui, finisce sempre per ritornare sopra se
stessa e ricercare le vie per un momento più o meno lungo
perdute di vista o abbandonate.
Né si dica che l’Italia è cattolica, ma anticlericale,
intendiamo anche solo in una misura degna di particolari riguardi.
Voi, Venerabili Fratelli, che nelle grandi e piccole diocesi
d’Italia vivete in continuo contatto con le buone popolazioni di
tutto il Paese, voi sapete e vedete ogni giorno come esse, non
sobillate né fuorviate, siano aliene da ogni
anticlericalismo. È noto a quanti conoscono un poco
intimamente la storia del Paese, che l’anticlericalismo ha avuto in
Italia l’importanza e la forza che gli conferirono la massoneria e
il liberalismo che lo generavano. Ai nostri giorni poi il concorde
entusiasmo che unì e trasportò come non mai tutto il
Paese ai giorni delle Convenzioni Laterane non gli avrebbe lasciato
modo di riaffermarsi, se non lo si fosse evocato ed incoraggiato
all’indomani delle Convenzioni stesse. Negli ultimi avvenimenti,
poi, disposizioni ed ordini lo hanno fatto entrare in azione e lo
hanno fatto cessare, come tutti hanno potuto vedere e constatare.
È pertanto fuor di dubbio che sarebbe bastata e
basterà sempre a tenerlo al posto dovuto, la centesima e
millesima parte delle misure lungamente inflitte all’Azione
Cattolica e testé culminate in quello che ormai tutto il
mondo sa.
Altre e ben gravi preoccupazioni Ci ispira il prossimo avvenire. Si
è protestato, e ciò in sede quant’altra mai ufficiale
e solenne, e subito dopo gli ultimi per Noi e per i Cattolici di
tutta l’Italia e di tutto il mondo dolorosissimi fatti a danno
dell’Azione Cattolica: « rispetto immutato verso la Religione
Cattolica, il suo Sommo Capo » ecc. Rispetto « immutato
»: dunque quello stesso rispetto, senza mutazione, che abbiamo
sperimentato; dunque quel rispetto che si esprimeva in altrettanto
vaste che odiose misure poliziesche, preparate in alto silenzio come
non amica sorpresa, e fulmineamente applicate proprio alla vigilia
del Nostro genetliaco, occasione di tante gentilezze e bontà
da parte del mondo cattolico, ed anche non cattolico; dunque quello
stesso rispetto che trascendeva a violenze e irriverenze lasciate
indisturbatamente perpetrarsi. Che cosa possiamo dunque sperare; o
meglio che cosa non dobbiamo aspettarCi? Non è mancato chi si
domandava, se a così strana maniera di parlare, di scrivere,
in tali circostanze, in tanta vicinanza di tali fatti, sia stata del
tutto aliena l’ironia, una ben triste ironia, che da parte Nostra
amiamo escludere affatto.
Nel medesimo contesto ed in immediato rapporto con l’«
immutato rispetto » (dunque coi medesimi indirizzi) si
insinuavano « rifugi e protezioni » concesse a residui
oppositori del partito, e si « ordinava ai dirigenti dei
novemila fasci d’Italia » di ispirare la loro azione a queste
direttive. Più d’uno di voi, Venerabili Fratelli, Vescovi
d’Italia, ha già sperimentato, dandocene anche dolenti
notizie, l’effetto di tali insinuazioni e di tali ordini, in una
ripresa di odiose sorveglianze, di delazioni, di intimidazioni e
vessazioni. Che cosa Ci prepara dunque l’avvenire? Che cosa non
possiamo e dobbiamo aspettarCi (non diciamo temere, perché il
timore di Dio espelle quello degli uomini), se, come abbiamo motivi
a credere, il proposito è di non permettere che i Nostri
Giovani Cattolici si adunino neppure silenziosamente, minacciate
aspre pene ai dirigenti? Che cosa dunque, di nuovo Ci domandiamo, Ci
prepara o minaccia l’avvenire?
V
È proprio a questo estremo di dubbi e di previsioni al quale
gli uomini Ci hanno ridotti, che ogni preoccupazione, Venerabili
Fratelli, svanisce, scompare, e il Nostro spirito si apre alle
più fiduciose consolanti speranze; perché l’avvenire
è nelle mani di Dio, e Dio è con noi, e … « si
Deus nobiscum, quis contra nos? » [9].
Un segno ed una prova sensibile dell’assistenza e del favore divino
Noi già la vediamo e gustiamo nella vostra assistenza e
cooperazione, Venerabili Fratelli. Se siamo bene informati, si
è detto recentemente che ora l’Azione Cattolica è in
mano dei Vescovi e non vi è più nulla a temere. E fin
qui sta bene, molto bene, salvo quel « più nulla
», come se prima qualche cosa si avesse a temere, e salvo
quell’« ora », come se prima e fin dal principio
l’Azione Cattolica non sia sempre stata essenzialmente diocesana e
dipendente dai Vescovi (come anche sopra abbiamo accennato) ed anche
per questo, principalmente per questo, abbiamo sempre nutrito la
più certa fiducia che le Nostre direttive erano seguite e
secondate. Per questo, dopo che per il promesso, immanchevole aiuto
divino, Noi rimaniamo e rimarremo nella più fiduciosa
tranquillità, anche se la tribolazione — diciamo la parola
esatta, la persecuzione — dovrà continuare e intensificarsi.
Noi sappiamo che voi siete, e voi sapete di essere, i Nostri
Fratelli nell’Episcopato e nell’Apostolato; Noi sappiamo e sapete
voi, Venerabili Fratelli, che siete i Successori di quegli Apostoli
che San Paolo chiamava con parole di vertiginosa sublimità
« gloria Christi » [10]; voi sapete che, non un uomo
mortale, sia pure Capo di Stato o di Governo, ma lo Spirito Santo vi
ha posto, nelle parti che Pietro assegna, a reggere la Chiesa di
Dio. Queste e tante altre sante e sublimi cose che vi riguardano,
Venerabili Fratelli, evidentemente ignora o dimentica chi vi pensa e
chiama, voi Vescovi d’Italia, « ufficiali dello Stato »;
dai quali così chiaramente vi distingue e separa la stessa
formula del giuramento che vi occorra prestare al Monarca, mentre
dice e premette espressamente: « come si conviene a Vescovo
Cattolico ».
Grande poi e veramente smisurato motivo a bene sperare Ci è
pure l’immenso coro di preghiere che la Chiesa di Gesù Cristo
da tutte le parti del mondo solleva al divino Fondatore ed alla Sua
SS. Madre per il suo Capo visibile, il Successore di Pietro, proprio
come quando, or sono venti secoli, la persecuzione colpiva di Pietro
stesso la persona: preghiere di sacri pastori e di popoli, di cleri
e di fedeli, di religiosi e di religiose, di adulti e di giovani, di
bambini e di bambine; preghiere nelle forme più squisite ed
efficaci di santi sacrifici e comunioni eucaristiche, di
supplicazioni, di adorazioni e di riparazioni, di spontanee
immolazioni e di sofferenze cristianamente sofferte; preghiere,
delle quali in tutti questi giorni e subito dopo i tristi eventi Ci
giungeva da ogni parte la eco consolantissima, mai così forte
e così consolante come in questo giorno sacro e solenne alla
memoria dei Prìncipi degli Apostoli e nel quale disponeva la
divina bontà che potessimo por fine a questa Nostra Lettera
Enciclica.
Alla preghiera tutto è divinamente promesso: se non
sarà il sereno e la tranquillità dell’ordine
ristabilito, sarà in tutti la cristiana pazienza, il santo
coraggio, la gioia ineffabile di patire qualche cosa con Gesù
e per Gesù, con la gioventù e per la gioventù a
Lui tanto prediletta, e ciò fino all’ora nascosta nel mistero
del Cuore divino, infallibilmente la più opportuna alla causa
della verità e del bene.
E poiché da tante preghiere tutto dobbiamo sperare, e
poiché tutto è possibile a quel Dio che alla preghiera
tutto ha promesso, abbiamo fiduciosa speranza ch’Egli voglia
illuminare le menti al vero e volgere le volontà al bene,
così che alla Chiesa di Dio, che nulla contende allo Stato di
quello che allo Stato compete, si cessi di contendere ciò che
a Lei compete, la educazione e formazione cristiana della
gioventù, non per umano placito ma per divino mandato, e che
pertanto essa deve sempre richiedere e sempre richiederà, con
una insistenza ed una intransigenza che non può cessare
né flettersi, perché non proviene da placito o calcolo
umano o da umane ideologie mutevoli nei diversi tempi e luoghi, ma
da divina ed inviolabile disposizione.
E Ci ispira pure fiducia e speranza il bene che indubitabilmente
proverrebbe dal riconoscimento di tale verità e di tal
diritto. Padre di tutti i redenti, il Vicario di quel Redentore che,
dopo aver insegnato e comandato a tutti l’amore dei nemici, moriva
perdonando ai suoi crocifissori, non è e non sarà mai
nemico di alcuno e così faranno tutti i buoni e veri figli
suoi, i cattolici che vogliano serbarsi degni di tanto nome; ma essi
non potranno mai condividere, adottare o favorire massime e norme di
pensiero e di azione contrarie ai diritti della Chiesa ed al bene
delle anime e perciò stesso contrarie ai diritti di Dio.
Quanto preferibile a questa irriducibile divisione delle menti e
delle volontà, la pacifica e tranquilla unione dei pensieri e
dei sentimenti, che per felice necessità non potrebbe non
tradursi in feconda cooperazione di tutti per il vero bene a tutti
comune; e ciò col plauso simpatico dei cattolici di tutto il
mondo, invece che col loro universale biasimo e malcontento, come
ora avviene! Preghiamo il Dio di tutte le misericordie, per la
intercessione della sua SS. Madre che testé ci arrideva di
plurisecolari splendori, e dei SS. Apostoli Pietro e Paolo, che Ci
conceda a tutti di vedere quello che conviene fare e a tutti dia la
forza di eseguirlo.
La Benedizione Nostra Apostolica, auspice e pegno di tutte le
Benedizioni divine, discenda sopra di voi, Venerabili Fratelli, sui
vostri Cleri, sui vostri popoli, e vi rimanga sempre.
Roma, dal Vaticano, nella Solennità dei SS. Apostoli Pietro e
Paolo, 29 giugno 1931.
PIUS PP. XI