Dinastia Savoia

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Dinastia, originatasi tra il 10° e l’11° sec., che regnò sull’Italia dal 1861 al 1946. Trae nome dall’omonima regione dove inizialmente ebbe propri possedimenti, poi estesi anche al di qua delle Alpi fino a formare uno Stato.



Dinastia Savoia

1. Formazione dello Stato sabaudo

1.1 La nascita e l’espansione della contea. Primo conte di S. fu Umberto I Biancamano, potente feudatario del Viennese, Sermorens e Belley che ingrandì i suoi possessi con le elargizioni dell’imperatore Corrado II. Gli successero i figli Amedeo I e poi Oddone, che sposando Adelaide figlia di Olderico Manfredi marchese di Torino, estese i domini sabaudi al di qua delle Alpi (Aosta, Torino, Alba, Ventimiglia). Pietro I e Amedeo II successero al padre uno dopo l’altro nel titolo comitale, pur rimanendo di fatto il potere nelle mani di Adelaide, la cui morte (1091) provocò una guerra di successione che ridusse i possessi di Umberto II, figlio di Amedeo II.

Sotto Amedeo III la situazione peggiorò, perché l’imperatore Enrico V concesse (1111; 1116) al comune di Torino ampi privilegi; Tommaso I, figlio del conte Umberto III che, osteggiato da Federico I Barbarossa aveva conservato a stento le valli di Susa e di Aosta, s’impadronì di Rivalta (1197), Giaveno, Pinerolo (1213), Saluzzo e, di là dalle Alpi, di Moudon, capitale del Vaud; oltralpe Pietro II estese la conquista nel Vaud (1240); Amedeo IV continuò l’opera di restaurazione in Piemonte, dove a metà del 13° sec. si era costituito un grosso nucleo centrale di possessi abbastanza compatto, prolungantesi nella valle di Susa fino al Moncenisio e circondato a N dal territorio dell’ex marca di Ivrea, a E dal marchesato di Monferrato, a S dai marchesati di Saluzzo e di Ceva.

Fino ad Amedeo IV l’autorità comitale dei principi sabaudi passò di primogenito in primogenito; ma, venuto egli in lotta con i fratelli Tommaso, Pietro e Aimone che pretendevano di succedergli, dové scendere a patti con loro (accordo di Chillon, 1234) e ne conseguì che per circa due secoli i domini sabaudi restarono, benché nominalmente riuniti sotto la sovranità comitale del conte di S., praticamente divisi in tre parti.

Morti Amedeo IV (1253) e il suo unico erede maschio Bonifacio (1263), contro le disposizioni di Amedeo la dignità comitale andò ai fratelli Pietro II (1263) e poi Filippo I (1268). Ad Amedeo V, che per matrimonio ottenne buona parte della Bresse, tra la Saône e l’Ain (1272), Enrico VII concesse il vicariato imperiale; in Piemonte, alla signoria sabauda si sottomisero Ivrea e il Canavese (1313).

Amedeo VI nel 1359 riunì alla corona il Vaud; sul mare, con il trattato di Parigi (1355) ebbe oltralpe il paese di Gex e il Faucigny; ricevette poi la dedizione di Santhià (1377), Biella (1379) e Cuneo (1382) ed ebbe la dedizione di Nizza e della relativa contea (1388); gli successe Amedeo VII.

1.2 Il ducato di Savoia (1416-1720).

Amedeo VIII nel 1416 ebbe il titolo ducale dall’imperatore Sigismondo. Sotto il suo regno si ebbe la riunificazione degli Stati sabaudi (1418) quando si spense il ramo primogenito dei S.-Acaia ed egli prese possesso del Piemonte; con acquisti e conquiste acquisì inoltre il Genevese, Vercelli, Friburgo, Saluzzo, Chivasso e Settimo. Morto bambino nel 1496 Carlo Giovanni Amedeo, figlio di Carlo I, il ducato passò al prozio Filippo II, detto Senzaterra.

Sotto il figlio Carlo II, successo (1504) al fratello Filiberto II, la casa sabauda perdette oltralpe definitivamente il Vaud, e fino al 1559 tutta la S. e la maggior parte del Piemonte, che furono restituiti per il trattato di Cateau-Cambrésis al figlio di Carlo, Emanuele Filiberto, il quale nelle guerre d’Italia aveva combattuto con l’impero e la Spagna.

Portata la capitale a Torino, Emanuele Filiberto si dedicò alla ricostruzione del suo regno, che dovette a lui la sua struttura di Stato moderno; inoltre riottenne (1562) dai Francesi le piazze di Torino, Chieri e Chiasso e (1574) la piazza di Pinerolo e, dal cantone di Berna (1564), il Genevese, lo Sciablese e il Gex; nel 1575, la Spagna rese Asti e Santhià.

Dopo Emanuele Filiberto, la successione nell’unico ramo legittimo sarebbe continuata, di figlio in figlio, fino a Carlo Emanuele IV. Carlo Emanuele I occupò il marchesato di Saluzzo (1588), appartenente alla Francia, che il trattato di Lione (1601) assicurò poi al ducato di S., ponendo termine al lungo conflitto con la Francia, che ebbe la Bresse e il Gex. All’estinguersi del ramo diretto dei Gonzaga (1612), invase il Monferrato, che rivendicava alla nipote Maria figlia del defunto Francesco. In capo ai due conflitti (1612-17; 1627-31) che opposero i S. ai Gonzaga di Mantova e che videro il coinvolgimento di Spagna e Francia e poi anche di Inghilterra e Venezia, Vittorio Amedeo I ottenne (Pace di Cherasco, 1631) solo Alba e Trino; il marchesato sarebbe rimasto ai Gonzaga-Nevers fino al 1708; inoltre cedette alla Francia Pinerolo e, impegnatosi ad aiutarla in caso di guerra, le divenne alleato nella guerra dei Trent’anni: il trattato di Münster (1648) confermò quello di Cherasco; nel 1659 la pace dei Pirenei obbligò la Spagna a restituire Vercelli.

Morto bambino l’erede Francesco Giacinto (Torino 1632 - ivi 1638), Carlo Emanuele II regnò entro l’orbita della politica francese.

1.3 Il regno di Sardegna (1720-1861).

Nella guerra della Grande Alleanza (1688-97), Vittorio Amedeo II si schierò con la Lega di Augusta contro i Francesi, che lo batterono più volte e occuparono tutta la Savoia. Nella pace generale di Rijswijk (1697) ebbe la restituzione di Pinerolo, sottraendo la casa di S. alla soggezione francese. Scoppiata la guerra di successione spagnola, si schierò con i Francesi (1702) ma, non ottenendo dalla Francia la promessa del Milanese, entrò (1703) nella lega antiborbonica e con il trattato di Utrecht (1706) ebbe la Sicilia con il relativo titolo regio, cambiato poi nel 1720 in quello di re di Sardegna.

Carlo Emanuele III fu con la Francia nella guerra di successione polacca e per il trattato di Vienna (1738) ebbe dall’Austria Novara e Tortona. Nella guerra di successione austriaca invece si alleò all’Austria, ottenendo con la pace di Aquisgrana (1748) il Vigevanasco, l’alto Novarese e il Pavese, ma per la successiva alleanza tra Austria e Francia, il regno di Sardegna restò tagliato fuori dalla politica attiva europea.

Con Vittorio Amedeo III, salito al trono nel 1773, il regno di Sardegna, legato alla Francia da rapporti dinastici (la figlia Maria Giuseppina aveva sposato il conte di Parigi, futuro Luigi XVIII), si trovò coinvolto nelle guerre della Rivoluzione francese. L’esercito piemontese fu definitivamente sconfitto da Napoleone Bonaparte nel 1796 e con l’armistizio di Cherasco Vittorio Amedeo III cedette alla Francia Nizza e la S., staccandosi dall’alleanza austriaca; nel 1798 la Repubblica francese impose a Carlo Emanuele IV di abdicare. Abbattuta la repubblica piemontese dalle forze austro-russe, il Piemonte tornò alla Francia dopo Marengo (1800), incorporato in essa quale 27ª divisione militare (1801).

1.4 La corona d’Italia.

Con la Restaurazione, Vittorio Emanuele I riebbe i suoi possedimenti accresciuti della Liguria. Restauratore dell’assolutismo, fu insensibile alle aspirazioni costituzionali dei liberali piemontesi e allo scoppio dei moti del 1821 abdicò in favore del fratello Carlo Felice, nominando reggente il nipote Carlo Alberto principe di Carignano (1821). Questi fu indotto dai circoli rivoluzionari piemontesi a concedere la Costituzione, ma sconfessato dal nuovo re, con l’aiuto degli Austriaci abbatté poi il governo liberale. Succeduto a Carlo Felice (1831), riaffermò l’assolutismo monarchico e accentuò l’indirizzo reazionario della politica estera sabauda, aprendo poi sotto la spinta di patrioti come V. Gioberti e M. d’Azeglio, il Piemonte a un cauto liberalismo fino a concedere dopo molte indecisioni lo Statuto (marzo 1848). All’annuncio della ribellione di Milano dichiarò guerra all’Austria, ma definitivamente sconfitto a Novara, abdicò (1949) a favore del figlio Vittorio Emanuele II. La pace negoziata con l’Austria non comportò perdite territoriali.

Il nuovo re chiamò nel 1852 alla presidenza del Consiglio C. Benso di Cavour di cui appoggiò sostanzialmente l’azione di politica estera volta a creare le condizioni favorevoli a una soluzione della questione italiana concertata; contemporaneamente, la modernizzazione delle istituzioni politiche in senso liberalcostituzionale confermò il ruolo guida assunto dal Regno di Sardegna nel processo di liberazione nazionale e gli ambienti patriottici si mobilitarono intorno a Vittorio Emanuele. Fu proclamato re d’Italia nel 1861; in cambio del riconoscimento francese, la S. con Nizza era stata ceduta alla Francia (trattato del 24 marzo 1860); portò a compimento il processo di unificazione in chiave monarchico-unitaria con l’acquisizione del Veneto (1866) e la presa di Roma (1870). Con la proclamazione di Roma a capitale d’Italia la storia degli Stati sabaudi si inserì in quella dell’Italia.

Con la proclamazione della Repubblica (2 giugno 1946), la XIII disposizione transitoria e finale della Costituzione stabilì che i membri e i discendenti di casa S. non erano elettori e non potevano rivestire uffici pubblici né cariche elettive, mentre agli ex re, consorti e discendenti maschi erano vietati l’ingresso e il soggiorno nel territorio nazionale. Con la stessa norma furono avocati allo Stato i beni degli ex re, loro consorti e discendenti maschi facenti parte del loro patrimonio. La cessazione degli effetti dei commi primo e secondo della XIII disposizione transitoria e finale della Costituzione è stata decretata dalla legge costituzionale promulgata il 23 ottobre 2002.