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Denis Diderot (Langres, 5 ottobre 1713 – Parigi, 31 luglio 1784)
è stato un filosofo, enciclopedista, scrittore e
critico d'arte francese.
Fu uno dei massimi rappresentanti dell'Illuminismo e promotore ed
editore della Encyclopédie, avvalendosi inizialmente
dell'importante collaborazione di d'Alembert, che però alle
prime difficoltà con la censura (dopo la condanna de L'esprit
di Helvétius, anch'egli collaboratore) si ritirerà.
Sarà Diderot a portare avanti l'impresa quasi da solo sino
all'uscita degli ultimi volumi nel 1772.
Biografia
La famiglia, borghese e cattolica relativamente benestante, avrebbe
voluto avviarlo alla carriera ecclesiastica o a quella giuridica, ma
il giovane Denis non pareva interessato né all'una né
all'altra. Dopo aver studiato presso il collegio gesuita della
città natale, si trasferì a Parigi per iscriversi
all'Università e uscendone nel 1732 con il titolo di magister
artium, una laurea abbastanza generica e quindi relativamente povera
di specializzazione professionale.
Sprovvisto di un preciso indirizzo di carriera, Diderot si
adattò ai più diversi lavori. Fu anche scrivano
pubblico e precettore, frequentando, come molti altri giovani
anticonformisti, i salotti e i caffè in cui circolavano le
idee illuministiche e libertine. Di questo periodo è la
segnalazione alla polizia come "giovane pericoloso" per le sue idee
blasfeme e contro la religione. A Parigi conobbe un altro
provinciale come lui, Rousseau, con cui costruì un intenso
quanto burrascoso rapporto. Il sodalizio tra alti e bassi si ruppe a
un certo punto perché Rousseau si sentì "tradito"
dagli amici illuministi che non condividevano le sue idee, compreso
Diderot.
Diderot studiò greco e latino, medicina e musica,
guadagnandosi da vivere come traduttore ed entrando così in
contatto con autori e idee da cui trasse ispirazione. Il suo spirito
vulcanico e decisionista doveva farne un leader del movimento
illuminista.
Nel 1745 incontrò per la prima volta Condillac; nello stesso
anno tradusse il Saggio sulla virtù e sul merito di Anthony
Ashley Cooper, III conte di Shaftesbury, del quale ammirò le
idee di tolleranza e di libertà. In seguito, assieme agli
scrittori e traduttori François-Vincent Toussaint e a
Marc-Antoine Eidous, lavorò alla versione francese del
Dictionnaire universel de medicine (Parigi 1746-1748) del medico
inglese Robert James. Sotto questa influenza si collocano i
Pensées philosophiques (Pensieri filosofici) del 1746, di
intonazione deista, La sufficienza della religione naturale e La
passeggiata dello scettico del 1747, tutti aspramente critici verso
la superstizione e l'intolleranza. Risalgono al 1748 il romanzo
libertino I gioielli indiscreti e al 1749 la Lettera sui ciechi ad
uso di coloro che vedono di intonazione sensista e materialista.
Già questa prima rassegna di titoli, a cui vanno aggiunti
anche alcuni saggi di matematica, lascia intravvedere due
caratteristiche fondamentali della personalità intellettuale
del filosofo, vale a dire la vastità dei suoi interessi - che
spaziarono dalla filosofia alla biologia, dall'estetica alla
letteratura - e la flessibilità dei generi di scrittura da
lui praticati, particolarmente congeniale al carattere mobile,
aperto e dialogico del suo pensiero.
Incarcerato nel castello di Vincennes per taluni di questi scritti
giudicati sovversivi - aveva fra l'altro ripreso alcuni passi degli
scritti del prete-ateo Jean Meslier (1664-1729) pubblicati e
revisionati da Voltaire nel 1733 - il grande pensatore
trascorrerà cinque mesi di prigionia piuttosto blanda, dal 22
luglio al 3 novembre 1749.
Nel frattempo era incominciata anche la grande avventura
dell'Encyclopédie, che lo occuperà instancabilmente
per il successivo quindicennio. Di quest'opera Diderot sarà
il più infaticabile artefice, scorgendo in essa una
irrinunciabile battaglia politica e culturale e sostenendola
pressoché da solo, dopo la defezione di Jean d'Alembert nel
1759.
Viceversa, Diderot non darà in genere circolazione pubblica
ai propri scritti, molti dei quali rimarranno quindi del tutto
sconosciuti al di fuori della ristretta cerchia dei filosofi, per
venire pubblicati solo dopo molti decenni dalla sua morte (alcuni
addirittura dopo la seconda guerra mondiale).
Appartengono a questo periodo - la pubblicazione
dell'Encyclopédie si concluderà definitivamente solo
nel 1773 - altre importanti opere, tra cui si possono ricordare i
fondamentali saggi filosofici L'interpretazione della natura (1753)
e il Sogno di d'Alembert (1769), i romanzi La monaca (1760) e
Jacques il fatalista e il suo padrone (1773), il dialogo Il nipote
di Rameau (1762); le opere teatrali Il figlio naturale e Il padre di
famiglia (1758), nonché il trattato La poésie
dramatique, mentre il Paradosso sull'attore è ancora oggi una
delle opere più importanti sull'arte della recitazione.
Diderot svolse un ruolo capitale anche nella storia della critica
d'arte e nella storia dell'arte. Quest'ultima disciplina nasce
intorno agli anni trenta del secolo dei lumi, contemporaneamente
alla storia della letteratura promossa dai protestanti rifugiati in
Olanda e dai benedettini di Saint-Maur.
Diderot vi contribuì dischiudendo una strada che
condurrà sino a Baudelaire,[2] potendo avere accesso alla
pittura del XVI e XVII secolo presente nelle collezioni del duca
d'Orléans al Palais Royal, nelle collezioni di de La Live de
Jully in rue de Richelieu, nonché nelle collezioni dell'amico
barone d'Holbach. Diderot fu il primo a riunire il punto di vista
tecnico a quello estetico nella sua critica d'arte raccolta
principalmente nella serie di impressioni ch'egli consegnò in
forma epistolare in occasione delle esposizioni parigine (i Salons)
alla Correspondance littéraire dell'amico Friedrich Grimm. Il
Salon, iniziativa dapprima annuale, poi biennale dal 1746 al 1781
era un'esposizione di pittura che si apriva al mattino del giorno
della festa del re, San Luigi, il 25 agosto e che durava all'incirca
fino alla fine di settembre. L'ingresso era gratuito. Se il
resoconto diderottiano del Salon del 1759, il primo redatto da
Diderot per la Correspondance littéraire, non fu che un
articolo di una quindicina di pagine, a partire dal 1761 e dal 1763
queste lettere diventarono il terreno su cui Diderot formulò
alcuni dei suoi princìpi estetici più importanti,
disseminandovi altresì riflessioni filosofiche storiche e
morali.
La vita privata di Diderot fu intensa, libera, focalizzata intorno a
centri affettivi di grande importanza come la famiglia - si
sposò nel 1743 con una camiciaia, Antoinette Champion detta
Nanette, avendo dal matrimonio una figlia amatissima - e, a partire
dal 1756, l'amica e amante Sophie Volland. Di quest'ultima relazione
ci resta un epistolario di grande valore, oltre che biografico,
letterario e storico.
Nel 1762, l'imperatrice Caterina II di Russia acquistò la
biblioteca di Diderot, che ne mantenne tuttavia l'uso e una rendita
come bibliotecario. Tra il 1764 e il 1765 conosce Laurence Sterne e
David Garrick. Nel 1773 il filosofo si recò a San
Pietroburgo, dove stese per l'imperatrice diversi progetti di
riforma della società e dell'istruzione.
Fu un durissimo colpo la morte di Sophie nel febbraio 1784; e il 31
luglio dello stesso anno Diderot, addolorato, morirà a
Parigi. In prossimità della sua morte gli amici lo avevano
convinto a trasferirsi per risiedere in una parrocchia il cui
sacerdote acconsentisse a seppellirlo cristianamente. Aveva
traslocato quindi nel quartiere di Saint-Roch, dove morì
mentre mangiava una composta di ciliegie, di cui era golosissimo.
L'autopsia, che fu eseguita secondo la volontà espressa dallo
stesso Diderot, ascrisse la causa della morte a ipertrofia cardiaca.
Dopo la morte di Diderot, i suoi manoscritti e i volumi della sua
biblioteca furono trasferiti a San Pietroburgo.
Filosofia
La natura
L'educazione alla scienza
Tipicamente rispondente all'impegno pedagogico illuministico della
liberazione dall'ignoranza e dalla superstizione religiosa è
l'invito di Diderot a una formazione culturale scientifica rivolto
specialmente alle giovani menti aperte alle novità:
«Giovane, prendi e leggi. Se potrai arrivare sino alla fine
di quest'opera sarai capace di capirne una migliore. Io mi sono
proposto più che d'istruirti di esercitarti e perciò
m'importa poco che tu adotti le mie idee o che le rifiuti
purché esse abbiano ricevuto tutta la tua attenzione. Uno
più esperto di me t'insegnerà a conoscere le forze
della natura; a me basterà di averti fatto mettere alla prova
le tue»
Dal deismo all'ateismo evoluzionista
Nel discorso scientifico sulla natura non può essere assente
il tema religioso. Agli inizi del suo pensiero Diderot si mostra
sostenitore di un deismo fondato, più che su quel perfetto
meccanismo celeste che suscitava l'ammirazione di Newton e poi di
Kant, sull'ammirevole ordine stabilito da un Ente supremo
all'interno degli organismi naturali.
La constatazione poi che esistono individui malamente costituiti, se
non addirittura mostri naturali lo porta a un completo ateismo
fondato sul probabilismo e su un parziale evoluzionismo: in natura
infatti gli organismi si sono organicamente strutturati dopo una
serie infinita di esperimenti che le forze naturali hanno compiuto
prima di arrivare a costituire corpi in grado di affrontare
l'esistenza. Gli esseri infelici per natura sono il risultato dei
tentativi falliti. Questa concezione, che si potrebbe far risalire a
Lucrezio, ebbe molta fortuna nel Settecento anche perché,
trovando conferme sperimentali della teoria della generazione
spontanea dei germi (generatio aequivoca), sostenuta da molti
biologi, portava ad escludere la necessità di un Dio
creatore.
Sulla linea di pensiero di Buffon anche Diderot ritiene che in
natura si debba escludere ogni meccanicismo incapace com'è di
spiegare la vita e per lo stesso motivo considera la matematica
inutile per la biologia.
L'origine della vita
Il tema più ampiamente trattato da Diderot è quello
relativo al problema filosofico e scientifico della origine della
vita che ai livelli superiori si manifesta come coscienza e
pensiero: per la soluzione del problema bisogna scegliere tra due
ipotesi:
1. esistono in natura due settori completamente
distinti: quello inorganico, dove la vita è assente, e quello
organico; teoria questa smentita dai fatti poiché in natura
si constata la mescolanza dei due mondi; i corpi naturali sono
caratterizzati dai continui passaggi tra i due campi;
2. oppure si deve ritenere che il punto di
partenza sia unico; ma in questo caso bisogna spiegare perché
i corpi naturali appaiano diversi.
Diderot è convinto che tutta la materia abbia
possibilità di uno sviluppo senziente: le primigenie
particelle materiali organizzandosi, arrivano alla vita e da questa
a quelle forme più alte di sviluppo che sono la coscienza e
il pensiero. Egli pensa che un organismo completamente formato abbia
in sé un complesso di elementi vitali indipendenti dal tutto
così come il complesso unitario rappresentato da uno sciame
di api (l'organismo) è costituito dai singoli insetti (i
"microanimali" indipendenti). La prova di questo è nel vedere
come ad esempio un polipo possa dividersi in organismi più
piccoli o come dalla decomposizione di un corpo nascano
microrganismi diversi.
La morale
Tutte queste tesi sulla natura non vengono mai affermate da Diderot
in maniera esclusiva e definitiva: egli preferisce usare la forma
dialogica nei suoi scritti proprio per evitare quelle affermazioni
dogmatiche, che talora si riscontravano anche tra gli illuministi,
alle quali Diderot contrappone uno scetticismo che non scade mai a
derisione dell'avversario con cui sta polemizzando.
Nella morale Diderot è contrario a qualunque impostazione
deterministica che consideri l'uomo vittima impotente di elementi
naturali: al contrario l'individuo è libero di scegliere il
suo comportamento dominando se stesso e le forze naturali nei limiti
in cui riesce a sfuggire ai suoi istinti naturali: per il dominio
della natura e per la sua libertà giova all'uomo la
conoscenza dei fenomeni naturali e della storia umana che gli
permetterà di liberarsi dalla superstizione e dai pregiudizi
per conseguire una vita che sarà felice a condizione che
rispetti il bene universale.[10]
Il tema morale, come quello della scelta tra il determinismo e il
libero arbitrio, è ripreso da Diderot anche nelle sue opere
letterarie come Giacomo il fatalista dove sostiene che, sulla base
delle esperienze vissute, un rigido determinismo sia da escludere.
Ne La monaca accusa la morale corrente di ipocrita perbenismo ed
esalta invece la felicità raggiungibile su questa Terra.
Ne Il nipote di Rameau descrive le vicende di un nuovo Don Giovanni,
che impronta la sua vita alla leggerezza e allo sfoggio di una
superficiale intellettualità distruggendo così ogni
vero valore morale e ogni verità accertata.