Dickens Charles

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Scrittore (Landport, Portsea, 1812 - Gadshill Rochester 1870).

Sin dall'infanzia, povera e dolorosa, fu a contatto con la vita del popolo londinese, che gli diede un'esperienza feconda. Dopo aver lavorato in una fabbrica di lucido da scarpe, divenne (1828) stenografo parlamentare. Nel 1833 uscirono sul Monthly Magazine i primi Sketches by Boz (pubblicati in volume nel 1836), che contengono già tutti gli elementi caratteristici della sua ispirazione. The posthumous papers of the Pickwich Club (1837), pubblicato a dispense mensili, come poi la maggior parte delle sue opere, gli procurò fama e fortuna immediata; i personaggi incarnavano in modo spontaneo i lati più tipici e costanti del temperamento inglese, e la tecnica era quella cara al D.: l'improvvisazione di episodî e scene intorno a un gruppo di personaggi.

Divenuto il romanziere più popolare dell'Inghilterra, fece seguire: Oliver Twist (1838); Nicholas Nickleby (1839); The old curiosity shop (1841); Barnaby Rudge (1841); A Christmas carol (1843); The Chimes (1845); The cricket on the hearth (1846); Dombey and son (1848); David Copperfield (1850); Bleak House (1853); Hard times (1854); Little Dorrit (1857); A tale of two cities (1859); Great expectations (1861); Our mutual friend (1865); Edwin Drood (1870, incompiuto). Si servì della sua popolarità per svolgere una polemica umanitaria e sociale, prendendo di mira molte istituzioni, di cui diede una rappresentazione quasi sempre caricaturale.

Dopo aver compiuto un primo viaggio in America, dove si batté per una legge internazionale sui diritti d'autore (American notes, 1842; Martin Chuzzlewit, 1843), e uno in Italia (Pictures from Italy, 1846), tenne pubbliche letture dei suoi romanzi (1858); in tale anno si separò dalla moglie che aveva sposato nel 1837. Fece poi un secondo viaggio in America (1868), riscuotendo enorme successo come conferenziere. Da giovane aveva tentato il teatro e continuò per molti anni ad occuparsene come dilettante. Fondò varî periodici, un quotidiano (The Daily News) e le riviste Household Words (1850-59) e All the year round (1859-70). La sua History of England for children (1852-54) lo dimostra privo di senso storico.

L'arte di D. è incline al sentimentalismo e al gusto melodrammatico; sebbene i suoi intrecci siano non di rado improbabili e un po' meccanici, la potenza dei personaggi (talvolta solo abbozzati in dialoghi vivacissimi e spesso troppo caratterizzati in un senso o nell'altro, o molto cattivi o molto buoni) è innegabile. La sua vena umoristica è genuina; ma nonostante l'ottimismo che fa dei suoi romanzi il monumento più tipico dell'età vittoriana, egli fu il primo romanziere che sentì la poesia di certi aspetti e ambienti torbidi e sinistri di una grande metropoli moderna.

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Enciclopedia Europea, vol. 4. pp. 109-112

Dickens, Charles
(Portsmouth 1812-Gad's Hill, Kent, 1870) scrittore inglese. La sua serena infanzia provinciale finì nel 1822, quando la famiglia, impoverita, si trasferì a Londra. L'anno dopo il padre, già impiegato della marina, finì in prigione per debiti, e per alcuni mesi il ragazzino fu mandato a lavorare in una fabbrica: un trauma che lasciò il segno nell'atteggiamento di orrore di Dickens per i lavori manuali e in certi suoi sintomi quali l'emotività esasperata, l'autocommiserazione, la tendenza all'isolamento e alla paura degli altri, e la carica di rivolta contro le istituzioni che riempie le sue pagine.

Altri motivi della sua visione, che deforma il verosimile in senso fiabesco e onirico, rimandano alla sua dura esperienza infantile: la sinistra metropoli dove scorrono correnti vertiginose di vita, lo slum, il fiume cloacale, la nebbia, la prigione. Tra i suoi personaggi archetipici (la bella fanciulla, l'orco, il buon vecchio) ricorre la figura, già simbolo blakiano dell'ingiustizia, del bambino solitario e infelice circondato da compagni beffardi e selvaggi.

A quindici anni, interrotte le scuole, il ragazzo s'impiegò in un ufficio legale, e a diciotto divenne cronista parlamentare; al giornalismo fu legato sempre: lanciò due fortunati settimanali, «Household Words» (Parole casalinghe) e «All the Year Round» (Per tutto l'anno), e sui periodici, a puntate mensili o settimanali, apparvero tutti i suoi romanzi. La pubblicazione dei Bozzetti di Boz [Sketches by Boz, 1836-37] gli permise di sposare la figlia del suo direttore e gli procurò il contratto da cui nacque, nel 1836-37, II circolo Pickwick [The Pickwick Papers]. Il grande successo, anche finanziario, di quest'opera inaugurò una carriera sempre più fortunata e prestigiosa di narratore, e poi anche di conferenziere, attore e lettore abilissimo dei propri romanzi.

L'esemplare figura pubblica che Dickens costruì di se stesso fu alquanto scossa nel 1858 dal suo divorzio e più ancora dalle rivelazioni postume sulla sua relazione segreta con la giovane attrice Ellen Ternan.

■ Le opere giovanili

Il Dickens del Circolo Pickwick, esplosione di comicità e di humour che lo fece subito paragonare a Hogarth e a Shakespeare, e la cui fresca favola era tanto complessa da interessare Dostoevskij alle prese con la concezione del'ldiota, è anzitutto un borghese che cerca valori per la propria classe nello spazio etico tra l'aristocrazia decadente e la massa del demos metropolitano, e che filtra nella sua coscienza nostalgica la tematica della cultura agraria del '700. Egli inventa un'Arcadia cristiana, un luogo ideale in cui la realtà, sotto l'azione di virtù come l'innocenza, la bontà, la solidarietà, l'allegria, si trasfigura in «senso pickwickiano». I catalizzatori di questa risoluzione, Pickwick e Sam Weller, coppia di padrone e servitore ideali che imborghesisce i prototipi di Cervantes e Fielding, fissano nella loro «epica comica» lo schema a lieto fine della narrativa dickensiana, mentre gli interludi annunciano l'altra faccia del suo manicheismo, i temi sinistri e gli intrecci gotici delle opere seguenti.

Sotto l'idea del club e delle sortite dei pickwickiani c'è lo schema dell'ordine cavalleresco e delle imprese dei cavalieri erranti, ormai destinati a muoversi nell'assurdo e nel comico. Finché resta in questa dimensione, l'opera è immune dalla macchinosità dell'«orrido intreccio vittoriano» (G. Orwell); ma non appena Dickens tramuta Pickwick da figura comica in personaggio cosciente e serio, appare la sua limitata capacità di distacco intellettuale e ironico, e sulla vicenda scende la nebbia del sentimentalismo.

Unica e irripetibile, l'opera contiene in nuce alcuni dei motivi centrali di Dickens: la redenzione individuale come modello da opporre al male sociale, il tema puritano del viaggio purificatore attraverso l'inferno della realtà in cerca delle zone dei valori, la comunità eccentrica, il rifugio rurale, la famiglia vittoriana sentita come sola unità sociale genuina (N. Frye), mondo ideale d'amore e riparo contro l'ostilità del­l'ambiente.

In questa fase giovanile di creatività irruenta, che comprende i romanzi scritti prima del 1846, Dickens tenta la fusione di varie tradizioni narrative: il realismo di Defoe, gli schemi picareschi di Fielding e Smollett, il sentimentalismo di Richardson e Goldsmith, il sensazionalismo macabro e orrifico del romanzo gotico, l'affresco storico e il romanticismo di cappa e spada di Scott, l'interesse per il costume e i problemi sociali del romanzo vittoriano.

Con Oliver Twist (1837-38) si stabilizza il rapporto tra Dickens e il suo pubblico, la piccola e media borghesia cittadina a cui è legato da vincoli venali e psichici; ma Dickens, come i maggiori romanzieri ottocenteschi, vuole anche commuovere, guidare, plasmare l'animo dei suoi lettori come un dio nascosto. La soggezione al pubblico gli impone fretta e indecisione, gli fa accettare passivamente gusti, pregiudizi, censure, convenzioni, cedimenti al pathos lacrimoso: insomma «lo corrompe» (H. James), ma nello stesso tempo incrementa la fecondità narrativa e conquista al romanzo una vitalità popolaresca unica nella storia della narrativa inglese.

Il tema centrale, in risposta all'esigenza dei committenti di massa che vogliono vedersi rispecchiati nell'opera, è la metropoli del primo industrialismo, la Londra satanica e disumanizzante di Blake e Wordsworth, quella che Carlyle descriveva nel '31 come un aggregato di monadi solitarie e anarchiche, la quale mira a ridurre l'uomo a cosa, o a fissarlo nella passività angosciosa delle fiabe e dei sogni infantili.

Nell'Oliver Twist gli schemi del popolare romanzo sui criminali, o «newgate novel», sono contaminati con quelli del romanzo settecentesco a lieto fine (con agnizione e deus ex machina) e con altri elementi fiabesco-onirici caratteristici dei romantici tedeschi (Tieck, Jean Paul, Hoffmann, Arnim). Vi si aggiunge l'interesse sociale e morale della storia del trovatello conteso tra il vivido mondo maligno della metropoli e quello benigno, ma pallido e artificioso, del nucleo familiare e della vita agreste. Dickens rivela la realtà contemporanea nei suoi orrori ma ribadisce che l'energia satanica può essere sconfitta dal bene. L'Ottocento, sbigottito dall'«audacia» del romanzo e dalla sua atmosfera ossessiva, lo considerò opera di punta del realismo sociale; la critica del Novecento, nel rivalutarlo, ha soprattutto insistito sulla dimensione onirico-simbolica e ha cercato di riscattarlo dalla letteratura di consumo sottolineandone l'interna funzionalità.

Sull'ondata del successo, nel 1838-39 appare Nicholas Nickleby, romanzo sociale e di costume incentrato su un personaggio semiautobiografico, ambizioso e ricco di caratteri vivaci ma privo di un vero tema portante e troppo legato agli schemi del genere comico-picaresco.

Nel 1841 Dickens ultima altri due esperimenti: il primo, La bottega dell'antiquario [The Old Curiosity Shop], è un esempio classico dei suoi procedimenti meno accettabili; eppure, nonostante gli eccessi lacrimosi, Dickens vi cerca contenuti, forme e linguaggio nuovi per rappresentare la realtà urbana. Lo schema, che si richiama all'Edipo e al Lear, è quello del vecchio e della bimba perseguitati dall'orco o demone medievale; ma per una volta la campagna protettrice non soccorre, il deus ex machina arriva troppo tardi, il lieto fine è evitato.

L'altra opera, il Barnaby Rudge, è un faticoso tentativo di romanzo storico influenzato da Scott, Bulwer-Lytton, Carlyle, Shakespeare. A Dickens manca il respiro storico, la capacità di cogliere i rapporti tra destino individuale e collettivo (Gyòrgy Lukàcs), e l'opera non è che un misto di commedia di cappa e spada, melodramma e romanzo nero, con alcuni coloriti fondali storici, che richiamano i problemi contemporanei del cartismo.

Simili debolezze e carenze della vena dickensiana avrà nel 1859 il secondo romanzo storico Le due città [A TaleofTwo Cities]: momenti di sinistra efficacia non lo riscattano dal livello del melodramma campito su fondali artificiosi (la rivoluzione francese vista, secondo Carlyle, come conseguenza maligna del maligno prepotere aristocratico).

Un viaggio deludente in America, nel 1842, ispira una lunga sezione del disorganico Martin Chuzzlewit (1843-44): altro vivacissimo miscuglio di picaresco (il viaggio purgatoriale del giovane egoista Martin), giallo (la cronaca di un delitto e l'analisi dell'animo del criminale) e storia di costume (le vicende dell'ipocrita parassita provinciale Pecksniff). La splendida sezione americana presenta gli Stati Uniti jacksoniani, con feroce intuito delle loro contraddizioni, come il regno dell'ipocrisia, della solitudine, della ferocia, mondo di Mammona mascherato dalla retorica, e foresta analoga alla metropoli inglese.

Nel popolarissimo Racconto di Natale [A Christmas Carol, 1843] Dickens diede la formulazione più chiara del rimedio proposto ai mali sociali del tempo. Rifiutando politica e meccanismo parlamentare da un lato, moti sociali e violenza dall'altro, Dickens esemplifica nella conversione natalizia dell'avaro Scrooge la sua «filosofia del Natale» (L. Cazamian) fondata sulla rigenerazione morale dell'individuo: umanitarismo e liberalismo romantico, progressismo borghese illuminato, moralismo puritano vi si fondono in un ottimismo un po' filisteo, non sorretto da vera consapevolezza storica.

Coesistono in Dickens avversione viscerale al laissez-faire e al sistema capitalistico, risata conciliante, fede passiva nella provvidenza, riformismo e richiami all'ordine: la sua Inghilterra ideale non è lontana da quella di Owen, e Ruskin vide bene quando scrisse che «il suo eroe è essenzialmente il padrone delle ferriere» e che il suo influsso rafforzava i valori di base del nuovo capitalismo.

■ Il periodo di mezzo

Dopo un periodo di viaggi (in Italia e altrove), con Dombey e figlio [Dombey and Son, 1846] Dickens inaugura una fase caratterizzata da maggiore complessità di concezione e maggior controllo della struttura e degli elementi melo­drammatici e sentimentali, mentre la sua visione, proiet­tata in personaggi complessi e atmosfere simboliche, si fa cupa al punto da togliere tipicità e risonanza alla conven­zione del lieto fine. Il tema centrale del nuovo romanzo è lo sfacelo del casato di un imprenditore mercantilistico nell'epoca della ferrovia. Come un nuovo Lear, Dombey è distrutto dal mutamento dei tempi come dal suo orgoglioso egocentrismo, ed è infine «purgato» dall'amore della maltrattata figlia Florence, altro asessuato angelo del focolare. Questa conversione finale del capitano d'industria, poco convincente come ogni sviluppo degli statici personaggi dickensiani, fece ricredere V.G. Belinskij sul «realismo sociale» di Dickens.

Nel '50 appare il famoso David Copperfield, un «tour de force» autobiografico e psicologico che ha uno schema insoddisfacente, belle sezioni come quella sull'infanzia, e nell'insieme costituisce una galleria di tipi dickensiani vecchi e nuovi, una vera esplosione della sua esuberanza creativa, e dei suoi vizi e virtù di eterno entertainer e fornitore di emozioni alla media borghesia.

Due anni dopo Dickens ultima quell'opera che si può situare tra i maggiori candidati alla qualifica di capolavoro, Casa desolata [Bleak House]: l'intreccio multiplo, l'alternarsi sperimentale di prima e terza persona, la dimensione teatrale piena di echi shakespeariani contano ormai poco rispetto al potere unificante del tema simbolico. La nebbia infetta che emana dall'alta corte di giustizia, fungo parassitico che divora le fortune degli eredi, è la stessa nebbia che esce dallo slum del protagonista Tom-All-Alone e contagia le dimore dei ricchi. I settori più remoti dell'aggregato della metropoli sono interdipendenti e solidali. I rapporti umani si sfaldano, gli individui-cose sono presi dal turbine che anima gli oggetti della città dominata dal dio Mammona e dalla morte e li fa convergere attorno al moribondo Jo, infimo e derelitto ma posto simbolicamente al punto d'incrocio dei destini dei perso­naggi.

Il cupo affresco sembra postulare quella ricerca delle cause del declino sociale condotta nel romanzo seguente, Tempi difficili [Hard Times, 1854]. Dramma della «redenzione» dell'utilitarista Gradgrind e satira alla scuola economica di Manchester, l'opera è eccezionalmente compatta ma tutta di testa, ischeletrita dalla tesi e dalla nuova disciplina formale.

■ La fase maggiore

Questo periodo sfocia in quella che i critici moderni tendono a considerare la fase maggiore di Dickens. Ne sono frutto tre romanzi di ampio respiro, caratterizzati da esuberanza barocca e cupezza espressionistica, ciascuno centrato in un intenso nucleo simbolico: La piccola Dorrit [Little Dorrit, 1855-57], Grandi speranze [Great Expecta-tions, 1860-61] e Il nostro comune amico [Our Mutual Friend, 1864-65].

I tempi sono cambiati e Dickens, pur sempre accettando le convenzioni vittoriane del narrare, tende ad allinearsi all'«ironia», se non all'economia, del nuovo realismo, devitalizzando il lieto fine e mostrando una capacità accentuata di visione globale e di senso di proporzione dei particolari, in storie dostoevskiane di esseri alle prese con le catene sociali e mentali, visioni di un'umanità solitaria che l'avidità di denaro condanna a un inferno di disperazione, o a un tetro purgatorio. I problemi concreti sono tipici del mezzo secolo precedente, ma le intuizioni delle radici psicologiche del comportamento borghese capitalistico sono tuttora valide.

Nella Piccola Dorrit, che E. Wilson considerò il suo capolavoro e L. Trilling pose tra le opere più significative dell'Ottocento, Dickens, vecchio e sfiduciato, pare riaccostarsi al pessimismo romantico di Wordsworth. Il lieto fine è appena un particolare in una struttura statica: nel cuore di una realtà vista in termini di prigione, l'antica figura bonaria del borghese Pickwick si trasforma nel grottesco egoista Mr. Dorrit, e l'angelo del focolare diventa una nana, nata e cresciuta in carcere.

Allo stesso modo, in Grandi speranze, Estella è una demistificazione dell'eroina sentimentale, e Pip un innocente che il denaro corrompe e rende snob, finché le delusioni non lo umanizzano. Il comico è quasi scomparso in questo mondo, la cui tetraggine non è dissi­pata neanche dal lieto fine aggiunto per consiglio di E.G. Lytton, e dalla macerazione dello stile emerge la musica della memoria (G. Greene). Quasi jamesiano nell'indagine di personalità contorte e nelle risonanze simboliche (il mucchio d'immondizie da cui nasce la ricchezza, il fiume connesso alla morte per affogamento) è il sinistro capolavoro finale, Il nostro comune amico, che difatti H. James dapprima respinse e poi apprezzò. L'influsso di W. Collins, che nell'ultima parte della vita di Dickens subentrò a quello del suo futuro biografo Forster, determina lo slittare del melodramma verso il giallo in questo romanzo e nell'ultimo rimasto incompiuto, Il mistero di Edwin Drood [The Mystery of E.D., 1870].

■ Arte e fortuna di Dickens

Narratore nato, tutto d'impulso, di grande inventività linguistica, Dickens riesce a volte sotto la spinta del suo demone a superare i limiti dell'intreccio artificiale e delle convenzioni vittoriane, i rischi della pubblicazione a puntate (le tendenze sensazionalistiche, i fini sociali propagandistici ecc.). Allora egli affila come strumenti per rappresentare un mondo inedito gli espedienti della tradizione narrativa, la veloce puntualizzazione dei caratteri in tic stereotipi, le coincidenze, le misture di tragico e comico, la deformazione e il grottesco come elementi seri e quotidiani. Se questi mezzi sono ancora rigidi e convenzionali rispetto all'opera dei grandi realisti francesi o russi, tuttavia Dickens ha operato da stimolo nella narrativa occidentale, da Tolstoj a Dostoevskij, da Conrad a Kafka, sia come uno dei primi registratori dell'esperienza della metropoli con i suoi campi inesplorati di forze, rapporti e corrispondenze, e le sue monadi antieroiche (il suo vero genio è per il soliloquio e non per il dialogo), sia come artigiano dal grande mestiere.

Nonostante il respiro di certi suoi temi e la capacità di vivificare i particolari, il limite che lo esclude dalla schiera dei grandi narratori moderni è la mancanza di autocoscienza e di profondo potere intellettuale: più che un formatore della coscienza del suo tempo fu un grande osservatore della sua fenomenologia. La sua pervicace ricerca di un successo di massa, rimproveratagli da gran parte della critica, è forse legata al suo stesso genio spontaneo e popolaresco, che concepisce l'opera come spettacolo e contatto immediato col pubblico urbano. Ciò implica un aggancio, che data fortemente la sua opera, con le aspettative, le mode, le idee correnti del tempo. Il suo stesso progetto di rivelarne «la verità» lo destina a essere il continuatore del romanzo di Defoe come «vera relazione» in un'epoca in cui si asseriva un concetto diverso del romanzo come arte.

Ma nella sua fertile e potente natura di osservatore e testimone, Dickens s'identificò in pieno con l'animo puritano-liberale, con la fisionomia del borghese illuminato di cui fu il celebratore, ritraendolo nelle sue turbe e scissioni interne, nei suoi umori e nelle sue crisi, nei suoi convincimenti più radicati e nel suo spirito empirico e fattivo, tanto da diventare «parte della costituzione di ogni inglese», una vera istituzione nazionale. Di qui il suo successo e una forma di culto, a volte irritante nel suo spreco di superlativi, da parte dei critici militanti e accademici: un culto che ha avuto poche eccezioni e parentesi, e si è rinvigorito dopo che E. Wilson nel 1939 avviò la ricerca dei livelli simbolici dei suoi romanzi.

Nemi D'Agostino

 

• Oliver Twist.

Una vagabonda muore dando alla luce un bambino, Oliver Twist, che resta fino a nove anni in orfanotrofio, poi fugge a Londra, e in quella città fa la conoscenza del giovane Dawkin che lo introduce in una banda di borsaioli capeggiata da un certo Fagin. I borsaioli derubano un vecchio gentiluomo, il signor Bronlow: Oliver fugge, inorridito, ma viene arrestato. Bronlow però lo discolpa e lo ospita nella propria casa. Ma per ordine di Fagin, Sikes, uno scassinatore, e Nancy, la sua amante, riprendono il ragazzo. Oliver partecipa a un'impresa ladresca, ma il colpo va male e Oliver viene ferito: la signora Maylie e la nipote adottiva Rose lo curano. Fagin intanto è sempre alla ricerca di Oliver con l'aiuto di un sinistro personaggio, Monks, che sembra avere un odio particolare per il ragazzo. Nancy, che è sempre stata buona con Oliver, avverte Rose Maylie del complotto che si sta tramando contro di lui: il suo tradimento viene scoperto e Sikes, imbestialito, l'ammazza. Il mariolo però, costretto a nascondersi, viene rintracciato: mentre tenta di fuggire resta accidentalmente impiccato. Il signor Bronlow fa arrestare Fagin e la sua banda e scopre che Monks è un fratellastro di Oliver. Il padre di Oliver ha lasciato del denaro a tutti e due i suoi figli, il legittimo e l'illegittimo: per questo Monks avrebbe voluto togliere di mezzo Oliver. Inoltre Rose Maylie è la sorella della madre di Oliver, e quindi zia del ragazzo. Oliver viene adottato da Bronlow.


• Il circolo Pickwick.

Samuel Pickwick è il presidente del circolo Pickwick. Con gli amici Tupman, Snodgrass e Winkle forma una società corrispondente del circolo, che riferirà sui viaggi che essi si apprestano ad affrontare nella provincia inglese. Ai quattro, i quali ignorano che si tratta di un imbroglione, si accompagna un certo Jingle. Tutti insieme arrivano a Rochester, e lì un certo signor Wardle, che ha due figlie, Isabella e Emily, e una sorella non più giovanissima, Rachel, li invita a una partita di caccia. Winkle spara a un uccello ma lo manca, e in compenso ferisce al braccio Tupman. Rachel si incarica di curarlo, e Tupman se ne innamora. Ma Jingle, interessato ai soldi della signorina Wardle, la convince a fuggire con lui. Wardle e Pickwick raggiungono i due fuggitivi alla locanda del Cervo Bianco e Jingle, per centoventi ghinee, acconsente a rinunciare alla preda. Sempre al Cervo Bianco Pickwick incontra Sam Weller, che entra al suo servizio e sarà, d'ora in poi, col suo buon senso, una sorta di Sancho Pancia per lui.

Poi i cinque raggiungono Eatonsville, dove sono in corso le elezioni e dove si imbattono nuovamente in Jingle; di lì passano a Bury St. Edmunds, dove Jingle e il suo compare Job Trotter mettono Pickwick in una situazione imbarazzante in una pensione per giovanette, e a Ipswich, dove Pickwick, entrato per sbaglio nella camera da letto di una signora, deve vedersela con un ammiratore di questa.

Di ritorno a Londra Pickwick deve affrontare una denuncia per la rottura di una promessa di matrimonio che non ha mai fatto. Condannato a pagare 750 sterline di danni si rifiuta e finisce in prigione, seguito dal fedele Sam che per restargli vicino si fa arrestare come debitore. Intanto Winkle ha sposato Arabella, un'amica di Emily; Snodgrass si innamora di Emily e la sposa. Il circolo Pickwick è sciolto: Pickwick, finalmente uscito di prigione, si ritira a Dulwich col fedele Sam, Mary, la donna che Sam tra un'avventura e l'altra ha sposato, e i loro figli.

• David Copperfìeld.

David, orfano del padre, vive una breve infanzia felice con la madre: ma poi questa si risposa con il signor Murdstone, uomo crudele, che la porta ben presto alla tomba. David, dopo essere andato a scuola dal maestro Creakle, sempre pronto a menare la sferza, viene messo al lavoro a Londra, dove il suo unico sollievo sono il signor Micawber, sfortunato commesso viaggiatore, e la sua famiglia. Ridotto alla disperazione David fugge a Dover, dove una stramba parente, la zia Betsy, si occupa di lui: provvede infatti a mandarlo a Canterbury in casa del suo avvocato, Wickfield, padre di una dolce e buona creatura, Agnes. David si impiega nello studio legale di Spenlow e Jorkins; poi, diventato cronista parlamentare, sposa Dora Spenlow, bella ma vana. Anche la fama letteraria gli arride; ma poco dopo Dora muore. David ne è molto afflitto: ora che è solo si rivolge ad Agnes, di cui scopre finalmente le virtù. Wickfield, intanto, sta per essere rovinato dal suo amministratore Uriah Heep, che aspira alla mano di Agnes. Ma David smaschera Heep, che viene condannato, e sposa Agnes.