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Letterato e giornalista italiano (Melfi 1877 - Napoli 1949). Allievo, a Bologna, del Carducci, fu poi prof. di lettere e filosofia nel Collegio militare di Napoli, città in cui svolse anche, fino all'avvento del fascismo, una notevole attività giornalistica. Nel 1943 fu nominato direttore del Risorgimento, primo quotidiano di Napoli liberata; nel 1948 fu eletto senatore.
      
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DBI
di Enzo Frustaci
Nato a Melfi (Potenza) il 10 maggio 1877 da
      Dario e Vita Maria Mendia, si laureò nel 1898 in lettere alla
      scuola di Giosuè Carducci, del quale fu allievo tra i
      più amati. La frequenza della scuola bolognese del Carducci
      fu uno dei fatti essenziali della vita del D., e a lui rimase sempre
      idealmente legato nel prosieguo della sua attività
      intellettuale. Discusse una tesi di laurea sulla letteratura
      religiosa del Trecento, da cui trasse, incoraggiato dallo stesso
      maestro, un volume: Predicatori ed autori di lettere spirituali nel
      secolo quattordicesimo (Melfi 1898).
      
      Di quest'opera, che doveva essere un più ampio studio sulla
      letteratura e l'epistolografia religiosa nei secoli XIV e XV, fu
      realizzata dal D. solo la prima parte dedicata a Giordano da Rivalta
      e Iacopo Passavanti, mentre il restante progetto, che comprendeva
      tra l'altro una analisi delle lettere.di s. Caterina da Siena, non
      fu più realizzato.
      
      È pure degli anni bolognesi l'amicizia con Alfredo Oriani, le
      cui opere e i cui atteggiamenti affascinavano il giovane Dei Secolo.
      Tenace e affettuoso fu l'impegno e la ricerca, fino alla morte
      dell'Oriani e negli anni seguenti, per diffonderne l'opera e
      toglierlo dal suo isolamento umano e intellettuale, come si deduce
      dal carteggio pubblicato dal D. stesso, Contributo alla biografia di
      Oriani (in Pegaso, II [1930], 11, pp. 385-404) e dalla Prefazione al
      volume Monotonie (Bologna 1925) dell'Opera omnia curata da B.
      Mussolini.
      
      Il D. passò ben presto al giornalismo. Vi si dedicò
      fin dal 1901 quando fondò un giornale di polemica letteraria,
      I Mattaccini (nome tratto dai sonetti di A. Caro contro L.
      Castelvetro), insieme con altri giovani letterati napoletani o della
      scuola carducciana, F. Gaeta, A. Catapano, M. Valgimigli.
      Nell'attività pubblicistica egli espresse il meglio di
      sé, finché l'avvento del fascismo non lo costrinse ad
      abbandonarla e a dedicarsi quasi esclusivamente all'insegnamento che
      esercitò per un trentennio presso la scuola militare della
      Nunziatella di Napoli, da cui in seguito fu pure allontanato dal
      regime.
      
      Scrittore colto e raffinato, letterato non alieno dalle questioni
      sociali e in particolare da quelle del Mezzogiorno d'Italia, il D.
      lavorò per diversi anni a Il Pungolo di Napoli (1903-1911) e
      fu corrispondente de Il Secolo di Milano (1910-1919). Dal 1911 al
      1914 fu anche redattore capo de Il Giorno, il giornale
      politico-letterario napoletano fondato da Matilde Serao, e, ancora,
      a testimonianza del suo impegno, più o meno negli stessi anni
      fu corrispondente de IlMessaggero di Roma (1913-1919). Sullo scorcio
      finale della prima guerra mondiale (1918) venne chiamato a
      condividere la direzione dell'appena nato quotidiano napoletano
      IlMezzogiorno, d'orientamento meridionalista moderatamente
      progressista, ove rimase fino al 1923. Già membro del
      Consiglio generale della Federazione della stampa (1913-1920), e
      quindi del comitato direttivo (1920-1925), durante l'VIII congresso
      della stampa italiana (Palermo, 25-28 sett. 1924) il D. aderì
      agli ordini del giorno di protesta contro i decreti del governo
      fascista lesivi della libertà di stampa e nel maggio 1925
      sottoscrisse il manifesto degli intellettuali antifascisti redatto
      da B. Croce.
      
      Da questo momento iniziò per lui una lunga parentesi, un
      progressivo allontanamento dell'attività giornalistica, che
      si protrasse per tutto il ventennio fascista, fino al silenzio. Ma,
      pur appartato, il D. continuò a tessere la tela dei propri
      interessi intellettuali e letterari in particolare. Ne sono
      testimonianza l'amicizia con il Croce, la serietà
      nell'insegnamento, la produzione critica.
      
      Della frequenza col Croce e degli incontri dei cenacolo che intorno
      al filosofo s'era raccolto ha dato egli stesso un ricordo intenso e
      partecipe in un articolo del 1946, Croce e la sua casa nel ventennio
      (in La Rassegna della letteratura italiana, L [1946], 2-3, pp.
      274-80). In queste pagine il D. rivela il profondo sentimento
      antifascista, proprio di quanti condividevano l'isolamento politico
      del filosofo napoletano, rivendicando così per sé un
      luogo degno sulla scena della cultura nazionale durante il regime
      fascista.
      
      Del resto fu proprio Croce, di cui curò un volume di scritti
      in collaborazione con G. Castellano (Poeti e prosatori d'Italia, I,
      Da Dante a Cuoco, Bari 1927), a proporlo, con parole di grande
      elogio, al Comando alleato nel 1943, in pieno conflitto, per la
      direzione de Il Risorgimento, primo giornale di Napoli liberata, che
      il D. diresse fino al 1947.
      
      Tornato con fervore al giornalismo, il D., pur non trascurando gli
      studi letterari, partecipò in prima persona alla lotta
      politica in Italia nell'immediato dopoguerra. Dopo essere stato nel
      1944 presidente dell'Unione democratica e popolare del Mezzogiorno,
      si presentò, infatti, alle elezioni politiche del 1948 per il
      primo Senato repubblicano nelle liste del Fronte democratico
      popolare, ottenendo il mandato dal collegio di Torre del Greco con
      grande suffragio e aderendo al gruppo parlamentare "Democratico di
      sinistra" . La sua presenza al Senato (fu membro della commissione
      istruzione) non durò però a lungo. Stroncato da alcuni
      mesi di malattia, il D. morì a Napoli il 20 giugno 1949.
      
      Postuma uscì la sua ultima fatica letteraria: l'edizione dei
      romanzi e delle novelle di A. Albertazzi (Milano 1950), antico e,
      sebbene più anziano, non dimenticato sodale della scuola
      carducciana.