DE CILLIS, Emanuele


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DBI

di Salvatore Adorno

Nato a Caserta da Gennaro e da Carolina Pepe il 31 maggio 1866, si laureò nel 1887 nella R. Scuola superiore di scienze agrarie di Portici, con una formazione universitaria di stampo positivista. Dopo la laurea iniziò la carriera d'insegnante nelle scuole pratiche di agricoltura della Sicilia, fino a diventare nel 1906 direttore dell'istituto agrario siciliano di Valdisavoia. Lo studio dell'agricoltura siciliana lo avviò verso un impegno meridionalista che restò una costante della sua carriera scientifica e politica e rappresentò il punto di partenza per l'allargamento della sua specializzazione nello studio dell'agricoltura nei climi caldo asciutti.

Risalgono a questo primo periodo gli studi sulla produzione della vite, le ricerche chimico agrarie sul potere fertilizzante delle fave e quelle sulla questione dei sovesci in Sicilia, di fondamentale importanza per gli ordinamenti agronomici e le conseguenze produttive nei paesi caldo asciutti. Queste opere furono il punto d'arrivo di pazienti lavori sperimentali che sottointendevano una più globale impostazione del problema dell'agricoltura meridionale. Le ricerche sulla concimazione e sulla fertilità dei terreni nascevano infatti dall'esigenza di confrontarsi con le teorie mineraliste di Liebig allora predominanti nella cultura agronomica europea. Il D. ne dimostrò i limiti con i lavori già citati, e con una serie di pubblicazioni tra il 1894 e il 1909, ispirate a metodi nuovi: confutò l'idea che il problema della fertilità potesse essere affrontato unicamente secondo i criteri dell'anticipazione e della reintegrazione delle sostanze conservate dalla terra, elaborando in contrapposizione la teoria della fertilità dinamica e integrale del terreno strettamente legata all'osservazione della realtà meridionale. Il problema della fertilità della terra del Mezzogiorno gli appariva legato al rapporto tra suolo ed acqua. Egli notò che le forme argillose, preponderanti nel Meridione, non permettevano una facile penetrazione dell'acqua delle precipitazioni costringendola a ristagnare o a essere eliminata per evaporazione procurando effetti degenerativi nella terra. Arrivò cosi a concludere che il principale fattore di fertilità cui tutti gli altri andavano subordinati, era rappresentato dalle condizioni di propagazione che permettessero all'acqua di scorrere nel sottosuolo. Ne conseguiva la centralità degli interventi pedomeccanici che preparassero il suolo a una migliore ricezione, filtrazione e circolazione delle precipitazioni, creando più larghe riserve di umidità.

Nel 1909 vinse per concorso la cattedra di agronomia e coltivazioni nella facoltà di agraria di Portici. Continuò ad approfondire il problema delle concimazioni attraverso alcune sperimentazioni sulle foraggere e sul frumento, che rappresentarono i principali campi di specializzazione all'intemo della sua poliedrica attività di ricerca. Nel frattempo diede una sistematica organizzazione alle sue ricerche pubblicando nel 1910 il Trattato delle coltivazioni (Portici) che andò aggiornando nel corso della sua carriera scientifica ed accademica (ibid. 1929; Roma 1941). Con la conquista della Libia gli si aprì una nuova fase di attività e ricerca. Nel 1912 fu chiamato a far parte di una commissione tecnica ministeriale di studi e ricerche agrologiche in Libia; nel 1914 fu incaricato dell'organizzazione dei servizi agrari in Tripolitania, dove fondò l'istituto agrario di Sidi Mestri. Il suo impegno politico e scientifico gli valsero prima il compito di organizzare i servizi agrari in Cirenaica, e poi la direzione tecnica dei servizì agrari dell'intera colonia, che lasciò nel 1919 per rientrare in Italia.

I sette anni di soggiorno in Africa furono importanti dal punto di vista della formazione scientifica e da quello della maturazione della coscienza dello stretto legame esistente tra ricerca sperimentale, problemi socioeconomici, impegno politico amministrativo. Fin dalle prime relazioni pubblicate dal Ministero delle Colonie nel volume Ricerche e studi agrologici sulla Libia (Bergamo 1912), il D. inquadrò i problemi dell'agricoltura libica nell'ambito delle relazioni tra fattori socioambientali e potenzialità produttive del territorio in funzione delle prestazioni economiche che la madrepatria affidava alle colonie. La stazione di Sidi Mestri andò poi specializzandosi nelle ricerche sulla utilizzazione razionale delle acque e nelle tecniche di rinsaldamento delle dune. Il D. continuò personalmente lo studio delle colture tipiche del paese con una serie di ricerche sull'olivicoltura e con alcune monografie complessive, L'agricoltura libica nel dopoguerra, Roma 1920, Colonizzazione agraria in Tripolitania, Napoli 1924. Una summa dell'opera svolta si trova nel volumetto Cinque anni di sperimentazione agraria in Tripolitania, Firenze 1921.

L'attività del D. continuò per tutti gli anni '20 con due monografie, Gli aspetti e le soluzioni del problema della colonizzazione agraria in Tripolitania, Novara 1928 e I prodotti alimentari vegetali ed animali nelle nostre colonie, Bologna 1930; in quest'ultima l'analisi si estendeva anche alla situazione agraria della Somalia e dell'Eritrea. Lo scritto più significativo di questo periodo fu l'Introduzione all'edizione italiana del 1912 del Dry Farming di J. A. Witsoe, che rende conto del senso di continuità tra il periodo siciliano e quello africano, in relazione alla centralità della tematica dell'aridocoltura. In essa non solo si delineava la diversità delle strutture pedologiche e delle forme produttive tra il Nord e il Sud dell'Italia e si sottolineava quindi la necessità di una specificità dell'approccio all'agricoltura meridionale attraverso le tecniche dell'aridocoltura, ma all'interno della problematica dell'aridocoltura stessa s'indagava sulla diversità di soluzioni fra la situazione delle colonie e quella del Mezzogiorno. Il D. distingueva all'interno dei climi aridi da una parte le zone con scarse precipitazioni, caratterizzate da formazioni sabbiose idonee alla ricezione dell'acqua ma poco atte a trattenerla negli strati di superficie accessibili alle radici; dall'altra le formazioni compatte del Mezzogiorno dove la povertà d'acqua e l'aridità apparivano causate non tanto dalla scarsità delle precipitazioni quanto dalla difficoltà d'assorbimento del suolo.

Il ritorno in Italia lo vide accostarsi al fascismo sulla base della progettualità ruralista del regime e dei proclamati impegni d'intervento razionalizzatore in agricoltura. Collaborò così all'impostazione della battaglia del grano come membro del Comitato permanente della battaglia del grano, pubblicando anche due volumi di carattere scientifico: I grani d'Italia, Roma 1927, che rappresenta un'ampia rassegna delle razze e delle varietà di grano coltivabili in Italia; Le basi tecniche della cerealicoltura meridionale, Potenza 1930, che dimostrava i vantaggi per l'agricoltura meridionale di una cerealicoltura razionale. Fu dall'intreccio fondamentale tra impegno meridionalista, studio dell'aridocoltura e battaglia del grano, che nacque l'idea di creare un campo sperimentale di aridocoltura a Cerignola, alla cui direzione il D. si dedicò con impegno assiduo insieme al lavoro universitario. L'attività del campo si rivolse allo studio dei terreni argillosi caratterizzati da climi caldoasciutti e da scarsità d'acqua, sperimentando la possibilità di adattare questo tipo di terreno ad una migliore utilizzazione dell'acqua e allo sviluppo della cerealicoltura. I risultati furono raccolti in due pubblicazioni: I primi risultati ottenuti dalla sperimentazione nel campo di aridocoltura di Cerignola, Portici 1931; Dopo nove anni di sperimentazione cerealicola in clima caldo-arido (Cerignola), ibid. 1935. La sperimentazione di Cerignola fu continuata in terreno collinoso nel campo di Benevento, sulla cui attività fu pubblicato il volume Il campo sperimentale di Benevento, ibid. 1939. Il D., che era stato nominato senatore il 26 febbr. 1929 (21ª categoria), fu anche membro del Consiglio superiore coloniale e del Consiglio superiore dell'Educazione nazionale, direttore del R. Istituto superiore agrario di Portici, presidente dell'Istituto fascista di tecnica e propaganda agraria, direttore degli Annali di tecnica agraria, presidente di sezione del Consiglio naz. delle ricerche, presidente della Commissione granaria di Napoli, socio ordinario dell'Accademia dei Georgofili e del R. Istituto d'incoraggiamento di Napoli. Durante la sua carriera produsse circa centosessanta pubblicazioni che, oltre ai temi già accennati, trattavano di mandorlicoltura, bachicoltura, patologia vegetale, contabilità agraria, avvicendamenti colturali, piante legnose.

Morì a Napoli il 19 marzo 1950.