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Scrittore italiano (Oneglia 1846 - Bordighera 1908). Ufficiale e combattente del 1866, abbandonò la carriera militare (da cui trasse ispirazione per i bozzetti raccolti in La vita militare, 1a ed. 1868) per darsi alle lettere. In otto anni (1871-79) pubblicò sei libri di viaggio: Spagna, Olanda, Ricordi di Londra, Marocco, Costantinopoli, Ricordi di Parigi, tutti, sebbene in diversa misura, editorialmente fortunati. L'adesione al socialismo nel 1892 fu uno degli avvenimenti più salienti della sua vita. Già nel 1880 aveva pubblicato mediocri Poesie; nitidezza di ritratti, lineare semplicità di commozione e di morale sono invece i pregi delle argute analisi psicologiche di Amici (1883) e del celebre Cuore (1886), il suo capolavoro, insieme forse con La carrozza di tutti (1899), diario di un anno di osservazioni su un tram cittadino.
Ricordiamo inoltre: Sull'Oceano (1889), Il romanzo d'un maestro (1890), Fra scuola e casa (1892), di cui fa parte il racconto La maestrina degli operai (pubbl. da solo, 1895). Del problema della lingua si occupò, da un punto di vista manzoniano, ma con criterî ormai arretrati, in L'idioma gentile (1905).
Txt.: Speranze e glorie
DBI
di Lucia Strappini
Nacque a Oneglia (Imperia Levante) il 21 ott.
1846 da Francesco, "banchiere regio dei sali" e Teresa Busseti. A
Cuneo, dove la famiglia si era trasferita nel 1848, iniziò gli studi
che proseguì a Torino nel collegio Candellero (1862); l'anno successivo
fu ammesso alla scuola militare di Modena che frequentò per due anni e
dalla quale uscì con il grado di sottotenente, per partecipare subito
dopo alla guerra del 1866.
A Torino aveva già cominciato a frequentare
scrittori e giornalisti fra cui G. Prati e V. Bersezio, interessandosi
di poesia e di teatro. Al 1863 risalgono le sue prime composizioni
poetiche: A Venezia, Italia e Polonia (Torino), e Alla Polonia (ibid.)
che inviò al Manzoni, ricevendone una risposta incoraggiante e
lusinghiera.
L'episodio fu raccontato dallo stesso D. insieme alla rievocazione
della visita da lui resa a Manzoni nel 1866 a Brusuglio, in Una visita
ad A. Manzoni (in Pagine sparse, Milano 1874); in seguito alla quale il
Manzoni gli fece pervenire, in segno di cortesia, le bozze della sua
Appendice alla relazione dell'unità della lingua e dei mezzi di
diffonderla (pubblicata nel 1868).
Nel 1867 cominciò a collaborare alla rivista Italia militare di
Firenze, organo di propaganda del ministero della Guerra, di cui fu
anche per breve tempo direttore, sul quale - vennero pubblicati i
Bozzetti militari che ottennero un immediato e ampio successo e furono
quindi stampati in volume con il titolo La vita militare. Bozzetti
(Firenze 1868; nuova edizione accresciuta, ibid. 1869; edizione
definitiva Milano 1880), cui seguì Racconti militari. Libro di lettura
ad uso delle scuole dell'esercito (Firenze 1869), entrambi ben presto
adottati come libri di testo nelle scuole militari. Il primo dei
bozzetti, Una marcia come se ne danno tante, fu scritto dal D. su
invito della rivista che lo pubblicò nel numero del febbraio 1867,
intendendo così dare una risposta, implicita ma chiara, all'appena
uscito libro di I. U. Tarchetti, Una nobile follia (Milano 1867),
ispirato a una visione dell'esercito e della vita militare giudicata
irriverente e trasgressiva. Il Tarchetti nella prefazione alla seconda
edizione del romanzo (ibid. 1869) entrò direttamente ed esplicitamente
in polemica con la descrizione deamicisiana dell'esercito e dei suoi
compiti, edulcorata e manierata. Il D. non raccolse la polemica, alieno
come si dimostrò costantemente dall'intervenire pubblicamente su
materie che lo riguardassero personalmente.
La ragione del successo immediato dei bozzetti sta proprio
nell'esaltazione che il D. vi faceva dell'esercito come
istituzionesimbelo di una unità nazionale fortemente sentita ma ancora
non compiutamente realizzata; l'esercito di cui il D. parla è il primo
esercito nazionale che alla prima importante prova bellica (quella del
1866) aveva dato prove infelici e deludenti e che aveva bisogno
pertanto di un'efficace azione propagandistica verso l'opinione
pubblica.
La sollecitazione ai sentimenti di solidarietà., all'amore
patriottico, alla comprensione tra ufficiali e soldati e tra esercito e
popolazione, è l'ingrediente di carattere morale e pedagogico che,
mutati i terreni di riferimento, rimarrà uno dei motivi principali
della intera sua produzione letteraria. L'altra ragione di successo sta
nella scelta linguistica e stilistica operata dal D. sul modello del
Manzoni e del manzonismo che produce quello stile "preciso e limpido"
che molti anni dopo il Croce loderà come uno dei suoi principali pregi
e che fu segnalato subito come elemento distintivo e apprezzabile da
molti critici. D, il modello del fiorentino parlato, di una lingua
media, dal lessico definito, senza. le ricercatezze, le raffinatezze e
le asperità lessicali e sintattiche su cui lavoravano scrittori come il
Carducci, o in tutt'altro modo il Verga, come poi il D'Annunzio, sulla
linea di un più o meno esplicito antimanzonismo.
Non a caso il Carducci
prenderà di mira il giovane scrittore in un articolo pubblicato da Il
Popolo di Genova (30 sett. 1878, p. 3, e precedentemente, nello stesso
mese, sul Preludio di Bologna), accomunando la scrittura deamicisiana
(pur senza esplicitamente nominarla) a quella dei "descrittori in
prosa" ("Due razze al mondo di uomini bisogna odiarle ancora; e sono i
parrucchieri in poesia e i descrittori in prosa... Quando non si sa più
inventare, né immaginare, né raccontare, né pensare, ne scrivere;
allora si descrive"). Come il suo solito il D. non raccolse gli strali
carducciani; ma poiché, anni dopo, comparve su Capitan Fracassa (20
giugno 1880) un sonetto intitolato A un critico (poi nelle Poesie,
Milano 1881), nel quale parve di riconoscere il ritratto tutt'altro che
benevolo dei Carducci, questi inviò immediatamente una lettera al D.
che, sotto il velo dell'ironia, faceva trasparire la sua ben nota vis
polemica. Il D. rispose mostrando di non cogliere il tono della lettera
e lo assicurò della propria stima e buona fede. Così, almeno sul
terreno degli scambi epistolari e letterari, la querelle finì, anche se
i giudizi e i motti del Carducci saranno ripresi spesso dai critici
meno benevoli del De Amicis.
Nella Vita militare, come avverrà anche nei libri di viaggio, il D. si
dimostra abilissimo nel mescolare. quasi a collage, diversi generi
letterari; i bozzetti comprendono racconti, apologhi, descrizioni quasi
cronachistiche, appunti, memorie autobiografiche, in un impasto
che.rende il prodotto letterario gradevole e perfino, a volte,
interessante per la ricostruzione di un clima sociale e civile; è il
caso di L'esercito italianodurante il colera del 1867 (stampato nel
1869a Milano e poi rifuso nelle ediz. successive di La vita militare),
resoconto della campagna in Sicilia, cui il D. partecipò, per la lotta
al colera, in cui il giovane scrittore sa rendere il senso di
estraneità e di diffidenza della popolazione civile nei confronti dello
Stato unitario e dell'esercito che lo rappresenta.
Trasferitosi a Firenze, il D. entrò subito in dimestichezza con
l'ambiente intellettuale e politico fiorentino di impronta moderata,
ispirato alla Destra storica, e che faceva capo a Ubaldino ed Emilia
Peruzzi, organizzatori e animatori di uno dei più famosi salotti
letterari dell'epoca, frequentato da R. Bonghi, S. Spaventa, G. Casati,
F. Martini, e il gruppo dirigente della Nuova Antologia. Questo
ambiente e in particolare la figura di Emilia Peruzzi sarà rievocato
molti anni più tardi dal D. in Un salotto fiorentino del secolo scorso
(Firenze 1902).Il D. si inseri perfettamente in questa compagine
letteraria e mondana, legandosi soprattutto a Emilia Peruzzi con la
quale iniziò un rapporto intenso e significativo che durò, come è
testimoniato dal ricco carteggio (tuttora in gran parte inedito,
custodito alla Biblioteca nazionale di Firenze), fino alla morte di lei
nel 1902.
Nel 1870 uscì il volume Impressioni di Roma (Firenze); dopo avere
seguito come corrispondente dell'Italia militare l'esercito italiano
nella spedizione romana (tema del libro Ricordi del 1870-71, Firenze
1872), nel 1871 si dimise dall'esercito, per dedicarsi interamente alla
letteratura e al giornalismo. Accettò quindi l'incarico della Nazione
di Firenze di pubblicare, come inviato, resoconti di un viaggio in
Spagna che realizzò nel corso del 1871 (gli articoli raccolti in volume
uscirono con il titolo Spagna, Firenze 1872). Successivamente fu
inviato dell'Illustrazione italiana (periodico appena fondato da
Treves) a Londra (Ricordi di Londra. Seguiti da una visita ai quartieri
poveri di Londra di L. Simonin, ibid. 1874), all'Esposizione universale
di Parigi insieme a G. Giacosa (Ricordi di Parigi, ibid. 1879), dove
ebbe modo di conoscere, tra gli altri V. Hugo, E. Zola, J. Verne; e
ancora in Marocco (Marocco, ibid. 1876). Pubblicò ancora i resoconti
dei viaggi in Olanda (Firenze 1874) e a Costantinopoli (Milano
1877-1878).
Si tratta di racconti e descrizioni, conditi di aneddoti, bozzetti,
riferimenti storici, artistici e sociali, spesso superficiali, di
seconda mano (fu rilevato facilmente il debito manifesto nei confronti
di Gauthier per la Spagna, ad esempio, su cui Croce ironizzerà) e
pesantemente digressivi. Il D. si improvvisa critico d'arte, sociologo
o storico, pronto sempre a cogliere e a restituire gli aspetti dei
paesi visitati che possano colpire l'immaginazione e l'idea di cultura
del suo lettore. L'impronta caratteristica è data infatti dall'occhio
con cui il D. osserva e riferisce, in perfetta sintonia con la
curiosità e lo stupore superficiali e riduttivi, tipici di un turista
borghese di media cultura dell'età umbertina.
Il D. si dimostra fin
dall'inizio perfettamente aderente alle capacità che si richiedono a un
giornalista dei periodici ad alta tiratura dell'epoca; e prima di tutto
la capacità di..scrivere ponendosi sullo stesso livello del lettore,
per gusto, cultura, esibizione sentimentale e intellettuale,
aggiundendovi di suo il tono brillante e disinvolto, lo stile
scorrevole e garbato. Se così rasenta l'ovvio e il plagio letterario,
poco importa, poiché i suoi libri di viaggio assolvono sostanzialmente
a una doppia funzione: di informazione giornalistica con quel tanto di
gusto per l'esotico, per il lontano, per il diverso, mantenuto tuttavia
in un orizzonte di ovvietà praticabile per il lettore medio (i paesi
descritti sono tutti europei o mediterranei); e, insieme, di
illustrazione accattivante di quel moralismo didascalico che è la molla
più intima della scrittura deamicisiana.
In questi anni il D. ha già acquistato ampia e solida fama come
giornalista e scrittore; collabora a molti periodici, tra cui, oltre
Nuova Antologia e Illustrazione italiana, Rivista minima, Capitan
Fracassa, Cronaca bizantina; ha pubblicato un volume di Novelle
(Firenze 1872) in cui si ritrovano delineati gli elementi tipici dei
suo modo di scrivere e di raccontare; e una raccolta di scritti vari,
Pagine sparse (ibid. 1874). Ma l'avvenimento più importante di questo
periodo è l'inizio e il successivo rapido consolidamento di un rapporto
privilegiato con l'editore E. Treves di Milano che, in virtù di un
contratto ferreo, pubblicherà la quasi totalità delle sue opere,
ristampandole in molte edizioni, spesso arricchite dai disegni di noti
illustratori come E. Ximenes, A. Ferraguti, C. Biseo, E. Nardi, G.
Amato, D. Paolocci.
Il carteggio intercorso tra lo scrittore e l'editore (solo parzialmente
edito e consultabile nel fondo De Amicis costituito presso la
Biblioteca civica di Imperia nel 1970) copre circa un trentennio e
presenta notevole interesse come documento del sorgere nel settore
editoriale di una logica di produzione e di organizzazione
culturale-commerciale, sensibilmente diversa dall'assetto artigianale
ed elitario precedente, che vede ormai l'editore-imprenditore in una
veste di promozione e sollecitazione del mercato, tale da farne un
protagonista, accanto allo scrittore, delle mode e delle correnti
culturali e letterarie.
Una puntuale testimonianza di questo nuovo fenomeno si ha nello scambio
di lettere a proposito di Cuore. Il progetto del libro è annunciato dal
D. a Treves già in una lettera del 2 febbr. 1878, nella quale espone le
linee generali dell'opera; l'editore non si stancherà da allora di
sollecitarlo periodicamente e insistentemente fino alla pubblicazione
del volume. Ma non si limita ad attendere; nel frattempo. organizza una
vera e propria campagna pubblicitaria sul semplice annuncio del libro e
del suo titolo, in questo peraltro assecondato e affiancato dallo
stesso D. che, per esempio, in una lettera a Treves del 30 luglio 1878
gli riferisce di avere esposto "il concetto del libro Cuore" allaregina
Margherita di Savoia nel corso di un incontro.
Continuando a rimandare la realizzazione del progettoto Cuore, il D.
pubblica intanto Gli effetti psicologici del vino (conferenza tenuta la
sera del 5 apr. 1880) in Il vino. Undici conferenze, Torino-Roma 1880
(pp. 443-501) (poi ristampato in opuscolo, 1881); seguito da un libro
di Poesie (Milano 1881), giudicate generalmente mediocri, e da Ritratti
letterari (ibid. 1881), che raccoglie schizzi di scrittori ed artisti
francesi, in parte già pubblicati su riviste, come A. Daudet, E. Zola,
E. Augier, A. Dumas, Coquelin, P. Déroulède, con molti dei quali
manteneva rapporti epistolari. Due anni pill tardi è stampato il volume
Gli amici (Milano), una sorta di trattato in forma discorsiva, spezzato
da aneddoti, bozzetti, digressioni, tutto finalizzato ad analizzare e
dipingere il valore sentimentale e morale dell'amicizia nella vita
quotidiana.
I
l libro era stato concepito in un primo tempo dal D. come primo volume
di una serie dal titolo Cuore, che avrebbe dovuto comprendere vari tipi
di ritratti psicologici e di costume, secondo un progetto che però non
si realizzò mai. D'altra parte quest'opera si colloca precisamente
sulla linea del progettato Cuore (A. Baldini lo definisce "prontuario
delle effusioni passioni consolazioni delusioni del cuore"); sicché non
aveva avuto torto Treves a insistere perché uscisse con il titolo già
tanto pubblicizzato, incontrando tuttavia la decisa opposizione del D.
che continuava a rimandare la stesura del "romanzo", scritto poi di
getto tra il febbraio e il maggio del 1886.
Nel frattempo, pur essendo strettamente vincolato, per contratto, a
Treves per tutte le pubblicazioni in volume, e soprattutto per Cuore,
il D. concluse un accordo, finanziariamente fruttuoso, con A.
Sommaruga, editore della Cronaca bizantina e nuovo astro del mercato
editoriale, per la pubblicazione di una raccolta di prose
giornalistiche, Alle porte d'Italia (Roma 1884), già comparse sulla
Cronaca bizantina, appunto, per conto della quale il D. aveva visitato
le valli piemontesi che vi si trovano descritte. In seguito a quella
che Treves giudicò una grave scorrettezza e un personale tradimento di
fiducia, i rapporti tra i due si raffreddarono fino a che il D. poté
finalmente annunciargli la consegna del manoscritto di Cuore. Libro per
i ragazzi, che fu pubblicato nell'ottobre 1886.
Minuziosamente preparato dal D. ("Vivo tra i miei ragazzi delle scuole
elementari, - li vedo, li sento e li adoro, non mi par più d'esser nato
per altro che per quello che faccio. Ah! la vedranno i fabbricanti dei
libri scolastici come si parla ai ragazzi poveri e come si spreme il
pianto dai cuori di dieci anni, sacro Dio!", lettera a Treves, 16
febbr. 1886), con la perfetta consapevolezza delle richieste del
pubblico che aveva affinato già da diversi anni, il libro è costruito
ad arte per piacere ai ragazzi e soprattutto ai loro genitori.
La materia del libro è disposta su tre livelli: il diario dei giorni di
scuola di Enrico, alunno di terza elementare, con la descrizione dei
Compagni di classe, del maestro, dell'ambiente scolastico, dei rapporti
tra i ragazzi e dei loro differenti stati sociali; le lettere dei
genitori e della sorella di Enrico di pesante intonazione
pedagogico-morale; i racconti mensili dettati dal maestro e inseriti
nella narrazione. I tre livelli sono diseguali e in qualche modo
disomogenei, tanto che i racconti mensili (Il Piccolo Patriotta
Padovano, La piccola vedetta lombarda, Il piccolo scrivano fiorentino,
Il tamburino sardol L'infermiere di Tata, Sangue romagnolo, Valor
civile, Dagli Appennini alle Ande, Naufragio) si sono potuti spesso
isolare dal resto del libro, in utilizzazioni sia editoriali sia
cinematografiche. I racconti infatti si collocano sulla linea delle
novelle e dei bozzetti e benché qui siano improntati al tono generale
del libro di insistente sentimentalismo e moralismo pàtetico e
tetorico, rispondono tuttavia alle medesime norme di narratività agile
e ricca di intreccio e situazioni che sostengono le migliori prose
narrative del De Amicis.
Più pesantemente inficiata di didascalismo,
fino al limite a volte del grottesco, la parte di diario dedicata alla
vita scolastica e familiare di Enrico; un'analisi pur sommaria dei
personaggi che vi compaiono dimostra facilmente la loro mancanza di
spessore psicologico e, a volte, anche di coerenza nella costruzione
narrativa, nonché la sovrapposizione costante del moralismo e del
sentimentalismo deamicisiano alla descrizione e alla narrazione. Ma è
tuttavia proprio qui la forza del libro, nella esemplarità delle figure
che non richiede nessun tipo di caratterizzazione psicologica e
individuale, ma piuttosto una definizione di funzione nel corpo del
racconto complessivo, che, come già nei bozzetti e nelle novelle, è
strutturato, per lo più, su una coppia di opposti, in modo che possano
agevolmente essere colti i motivi portanti delle vicende.
Nel caso di
Cuore, la figura di Franti, in parallelo e in alternativa a tutte le
altre, ricopre interamente da sola il ruolo di polo negativo,
raccogliendo su di sé tutto il male che in piccole dosi è distribuito
nei comportamenti degli altri ragazzi. La figura esemplarmente opposta
è naturalmente quella di Garrone che svolge esattamente lo stesso
ruolo, rovesciato, tutto al positivo. Attorno a questa struttura
diadica, tipica della narrativa cosiddetta "popolare" (d'appendice,
rosa, poliziesca, ecc.), il D. organizza la materia secondo schemi e
modi narrativi che, per essere prevedibili e ripetitivi, non sono però
meno efficaci.
I difetti o le caratteristiche narrative e stilistiche del libro sono
state abbondantemente sottolineate e illustrate criticamente nel corso
degli anni; la scarsa caratterizzazione psicologica dei tipi descritti,
la mancanza di fantasia nella costruzione degli episodi narrati, il
monocorde e ossessivo tema della morte che percorre il libro contro
ogni verosimiglianza, e che ha fatto parlare di sadismo dello scrittore
nei confronti dei suoi personaggi; il rilievo, infine, della fragilità
ed esilità del patrimonio intellettuale e ideologico deamicisiano,
incapace di sostenere un quadro come questo di insegnamenti e precetti
morali; sono tutti elementi messi in rilievo come intrinseci dati
negativi di un'opera che è sembrata male collocarsi nel panorama della
letteratura per l'infanzia e della letteratura tout court.
Nonostante
tutto questo, e altro ancora, Cuore fu accolto con immediato e
crescente successo di pubblico e, in buona misura, di critici due mesi
dopo l'uscita del libro, si era già arrivati alla quarantunesima
edizione e diciotto richieste di traduzione; nel 1910 fu raggiunto il
5000 migliaio, nel 1923 un milione di copie.
La sua straordinaria diffusione va allora ascritta, oltre che alla
accuratissima preparazione propagandistica di cui si è detto, a motivi
propriamente intrinseci all'opera. Certo è, prima di tutto, che
l'amalgama di buoni sentimenti, di concetti morali, di convinzioni
patriottiche e solidaristiche, di educazione alla civiltà dei costumi,
erano illustrati su terreni concreti e accessibili alla pratica
quotidiana dei lettori (come la scuola la famiglia, la città, il
lavoro) e trovavano perciò immediata e facile eco nella coscienza del
pubblico. La sottolineatura, poi, di questi temi nella forma
melodrammatica e ipersentimentale che nel secondo Ottocento aveva
trovato molti luoghi, anche popolari, di manifestazione e di
espressione, sul terreno letterario ed extraletterario (basterebbe
pensare al teatro drammatico e musicale), faceva di Cuore non un
prodotto, ma il prodotto esemplarmente sintetico e rappresentativo di
un clima e di una cultura diffusa, come può esserlo la cultura che,
nelle sue forme riduttive, pedagogicamente concentrate e semplificate,
costituì fin da allora la sostanza dei programmi di insegnamento
scolastico ed educativo.
L'abilità del D. si manifesta anche nell'aver saputo coniare un
prodotto letterario dignitoso e accurato, che sapeva mettere a frutto
il meglio della recente tradizione giornalistica, alla quale lui stesso
aveva dato un'impronta originale, innestata sul filone letterario più
nobile del manzonismo, linguistico, stilistico e culturale. Elemento
non trascurabile, il carattere laico dei libro che gli attirò le
critiche degli ambienti ecclesiastici e clericali, ma certamente
contribuì al suo pieno inserimento nei programmi civili e culturali del
nuovo Stato italiano. Al di là tuttavia dei motivi storici e
contingenti e strettamente nazionali, ci sono ragioni più generali che
hanno promosso la diffusione di Cuore in tutto il mondo e nelle società
a ordinamento politico più diverso.
Il riferimento, insistito e
strutturante, ad alcuni nuclei etici come la solidarietà, l'altruismo,
l'amor di patria e soprattutto la morale dei sacrificio, rappresenta la
forza, ancora oggi non anacronistica benché sempre più radicalmente
contestata, del libro; poiché questo permette una sua utilizzazione
pedagogica in ogni tipo di cultura che fondi l'organizzazione civile e
sociale più sul consentimento conformistico degli individui alla
forma-Stato, ossia sull'essere indotti fin da piccoli a conformarsi ad
un modello di società implicitamente dato per immutabile nei suoi
fondamenti, piuttosto che sullo sviluppo della responsabilità
individuale, della capacità dei singolo di scegliere ogni volta il
comportamento etico sulla base di un corpo di convinzioni e di nuclei
ideologico-intellettuali continuamente ripensati e sottoposti a
verifica.
A ragione il D. aveva sottolineato la novità della forma scelta (non
romanzo, non trattato, non libro filosofico) in rapporto alla materia
trattata; perché i temi affrontati qui erano in qualche modo originali
nel panorama letterario italiano, per il loro legame con l'attualità e
la vita sociale, benché proiettati in una dimensione assoluta e
sostanzialmente aproblematica. Anche probabilmente per la sua
esperienza di giornalista, il D. optò per una forma che, in qualche
modo, produceva una frattura nella struttura romanzesca, non solo per
il frazionamento della narrazione, che già caratterizzava i bozzetti,
ma anche per la diversa distribuzione delle funzioni narrative
all'interno del libro; sicché questo tipo di produzione letteraria
definisce quella vasta area del secondo Ottocento che si colloca tra il
giornalismo e la letteratura, provocando modificazioni, sul medio e sul
lungo periodo, dell'uno come dell'altra.
La ripresa dei temi di Cuore segna la produzione deamicisiana
immediatamente successiva. Sulla stessa linea si colloca infatti, per
l'attenzione posta ai problemi della scuola e dell'istruzione come
strumento di promozione sociale e civile, il Romanzo d'un maestro
(Milano 1890), che il D. aveva cominciato a scrivere prima di Cuore,
insieme al quale lo consegnò a Treves per la pubblicazione. Fu
l'editore a scegliere di rimandare la stampa, calcolando i tempi in
modo tale che il nuovo libro, seppure non poté eguagliare l'exploit di
Cuore, si inserì utilmente sulla scia del suo successo.
Anche questa, più che un vero e proprio romanzo, è una raccolta di
bozzetti tenuti insieme dalla figura del maestro protagonista, che
incarna le virtù di abnegazione, altruismo, forza morale e bontà
d'animo che il D. riteneva essenziali non solo all'esercizio della
professione del maestro, concepita come "missione" sociale e
spirituale, ma anche a colmare le gravi lacune strutturali e civili in
cui la scuola italiana si muoveva. In questo senso il romanzo appare
un'utile testimonianza, indiretta ma significativa, dello stato
pesantemente critico in cui versava, all'indomani dell'Unità, tutto il
settore dell'istruzione pubblica: analfabetismo, insufficienze di ogni
tipo dell'apparato scolastico, fuga dall'obbligo scolastico, pessime
condizioni economiche dei maestri. La scelta deamicisiana del tema
equivaleva dunque a una consapevole denuncia sociale, sia pure nelle
forme che gli erano consuete.
Seguirono, sugli stessi temi: Fra scuolae casa (Milano 1892), raccolta
di novelle e bozzetti, tra cui Amore e ginnastica (ristampato con nota
introduttiva di I. Calvino nel 1971, Torino) e La maestrina degli operai
(pubblicato autonomamente a Milano nel 1895); Ricordi d'infanzia e di
scuola (Milano 1906) che contiene, tra l'altro, la novella Il "Re delle
bambole", ristampata con una nota di C. A. Modrignani (Palermo 1980).
Nel corso di una Conferenza sulla questione sociale tenuta per conto
dell'Associazione universitaria torinese agli studenti l'11 febbr. 1892
(Firenze 1892), il D. dichiarò pubblicamente la sua adesione al
socialismo al quale si era accostato già da due anni. Quindi nella
lista socialista fu eletto consigliere comunale a Firenze (1892) e
deputato al Parlamento (1898), mandato che tuttavia non accettò. A
partire da questi anni, comunque, partecipò assiduamente all'attività
propagandistica dei socialisti, collqborando a molti giornali e
periodici tra cui: Socialismo popolare (Venezia 1892-1893), L'Aurora
(Modena 1902), L'Avanti! (Milano), Critica sociale (Milano), La
Democrazia sociale (Padova 1892- 1893), IlDomani (Roma 1906), Era nuova
(Genova 1894-1908), L'Etna (Catania 1892), Germinal (Torino 1898-1903),
Il Grido del Popolo (Torino 1892-1908), Lotta di classe (Milano
1892-1908), Il Milite dell'umanità (Roma 1892-1893), Il Pensiero italiano
(Milano 1891-1898), Per l'idea. Periodico quindicinaledi letteratura
sociale (Milano 1901), Per l'idea. Supplemento mensile letterario
al Grido del popolo (Torino 1896- 1897), Rassegna popolare del
socialismo (Firenze 1899-1900); Il Riscatto (Messina 1887-1908), La
Squilla (Torino 1888-1892). Tenne inoltre molte conferenze di
propaganda spesso stampate in opuscoli e diffusi dai militanti
socialisti.
Tra gli opuscoli: Ad un giovane operaio (Firenze s. d.);
Aig randi ed ai piccoli (Roma 1910), Ai nemici del socialismo (Novara
1896), A una signora: lettera aperta (Firenze 1902), Bozzetti sociali
(Siena 1908), Consigli e moniti (Firenze 1900), Elettori! Votate
perl 'avv. Giuseppe Campa (Torino 1895), I giovani e il socialismo (Roma
s. d.), Il denaro degli altri (Firenze 1899), Il Primomaggio. Discorso
tenuto all'Associazione generale degli operai (Torino 1896), Il
socialismo in famiglia: la causa dei disperati (Milano 1897), La
questione sociale (ibid. 1917), Madre credente e figliuolo socialista
(Genova 1902), Nel campo nemico: lettera a un giovane operaio socialista
(Firenze 1896), Osservazioni sulla questione sociale (Torino 1892),
Pensieri e sentimenti di uns ocialista (Pavia 1896), Per la bellezza
di un ideale (Jesi 1907), Per l'idea. Bozzetti (Novara 1897), Primo
maggio: conferenza (Firenze 1907), Socialismo e patria (Catania 1900),
L'imbecillità progressiva della borghesia cosiddetta colta (Roma 1893).
Alcuni di questi scritti furono raccolti nel volume Lotte civili.
Raccolta di bozzetti, scritti e conferenze socialistiche (Firenze 1899;
nella prefazione alla seconda edizione del 1900, C. Monticelli
scriveva: "E. D., con le Lotte civili, ha scritto l'antitesi dei suoi
Bozzetti militari. È, per lui, nelle Lotte civili, un modo diverso di
vedere, di osservare, di concepire le cose"). Altri scritti furono
raccolti in Speranze e glorie. Discorsi (Catania 1900).
Su questa linea di rinnovato impegno sociale aveva già pubblicato nel
1889 Sull'Oceano (Milano), una sorta di diario della traversata
dell'Atlantico da lui compiuta nel 1889 sulla nave "Galileo" con 1.600
emigranti diretti verso l'America meridionale. La denuncia del fenomeno
massiccio dell'emigrazione, la commossa partecipazione alle scelte
drammatiche cui erano costretti decine di migliaia di italiani, privi
di ogni tutela e protezione, venivano trasmesse nel libro con i
consueti strumenti didascalici e letterari del D.: i bozzetti, le
descrizioni, gli schizzi di personaggi, gli aneddoti, inti.nti in un
diffuso tono di Pietà e di commiserazione paternalistica che, è la
cifra dei libro. Contemporaneamente all'adesione al Partito socialista
cominciò a lavorare a un nuovo romanzo, Primo maggio, che tuttavia
rimase incompiuto e che l'autore non volle mai pubblicare.
In una lettera a Treves (6 ott. 1894) scriveva: "non credo che il
ritardo della pubblicazione faccia dubitare della fermezza delle mie
convinzioni: a questo riguardo ha assai più importanza uno qualunque
dei discorsi od articoli che vado facendo sul socialismo che non un
lavoro d'indole artistica, in cui il pensiero dell'autore non è
espresso che in forma indiretta ed è per giunta spesso contraddetto e
combattuto, anche con buone ragioni e con violenza, dai suoi stessi
personaggi"; e aggiungeva, a proposito del romanzo: "Non mi piace più,
non ci ho più fede, e l'idea di un insuccesso, dopo una così grande
aspettazione, mi sgomenta... Sento che se ho un insuccesso, son morto".
Il manoscritto è dunque rimasto inedito fino al 1980 quando è stato
pubblicato a Milano a cura di G. Bertone e P. Boero.
L'adesione del D. al socialismo avvenne in consonanza con la diffusione
delle nuove idee in una relativamente ampia e significativa schiera di
intellettuali, come A. Graf, C. Lombroso, G. Giacosa, Z. Zini, che
caratterizzano un'ala importante del socialismo torinese di fine
secolo. Le ragioni del D. non furono semplicemente umanitarie e
sentimentali, come spesso si è sostenuto; proprio considerando il suo
attivo impegno di intellettuale militante e l'articolazione delle
posizioni ideologiche e politiche che propagandava, si vede infatti
chiaramente che quelle ragioni poggiavano sulla medesima concezione
sociale, culturale e politica di progressismo ordinato e riformismo
graduale, di conciliazione tra le classi e di ottimismo sociale che
sostenevano i programmi ideologici e politici dell'anima riformista del
socialismo italiano.
Come è bene testimoniato dalla grande quantità di
conferenze, discorsi, articoli e interventi che riempirono il decennio
dell'attività di fine secolo del D., si tratta per lui di una seria e
meditata adesione a un programma e a una organizzazione politica, oltre
che soprattutto a una prospettiva ideale (in un'intervista a Ojetti,
nel 1895, aveva detto: "Il socialismo è una meta che forse, così come
la pensiamo, non sarà raggiunta mai"); e benché questa adesione non
avesse né una base né un carattere dottrinale o filosofico definiti e
precisi, come del resto in molta parte del socialismo riformista
dell'epoca, tuttavia alcuni motivi fondamentali gli erano chiari e
costituiscono il filo dei suoi numerosissimi interventi
Propagandistici. La convergenza della maturazione personale del D. con
le idee socialiste fu comunque favorita dalla tensione propria dello
scrittore al pedagogismo, all'apostolato, alla concezione dello stesso
mestiere di scrittore e giornalista come missione individuale e
sociale. Nella stessa intervista a Ojetti dichiarava: "L'arte se vuole
essere arte non deve predicare, ma deve avere uno scopo. Ecco le due
parole che danno nettamente la differenza: scopo, non tesi nel romanzo".
Le due componenti della sua formazione e professione intellettuale e
della nuova convinzione politica si fondono dunque nella produzione
letteraria degli ultimi anni, seppure spesso in forma implicita e
indiretta. Gli scritti dell'ultimo periodo non sono per lo più che la
continuazione e la ripresa dei motivi letterari e tematici su cui aveva
lavorato nei decenni precedenti. Sono ancora bozzetti, novelle, pezzi
brillanti, che nonostante il grande successo di vendite che continuano
a riscuotere, si dimostrano già stranamente anacronistici negli anni in
cui la scena letteraria è ormai dominata dal D'Annunzio e in cui,
quindi, lo stesso gusto del pubblico si va modificando.
Sono di questi anni: Ai ragazzi (Milano 1896); La lettera anonima
(ibid. 1896), conferenza tenuta utilizzando i dati di una piccola
inchiesta da lui realizzata fra alcuni scrittori e artisti (A. Boito,
O. Guerrini, T. Salvini) per raccogliere le lettere anonime da costoro
ricevute; In America (Roma 1897). in cui riprende i motivi di
Sull'Oceano; Gli Azzurri e i Rossi (Torino 1897), in cui rievoca la sua
infanzia di giocatore di pallone, percorre la evoluzione storica del
gioco, tratta della "psicologia sferistica", della "estetica dei
gioco", e così via; Le tre capitali Torino-Firenze-Roma (Catania 1898);
La carrozza di tutti (Milano 1899), "una specie di romanzo in tranvai;
le avventure d'un anno passato sulla carrozza di tutti" (lettera a
Treves, 3 genn. 1897); Memorie (ibid. 1899), che contiene, tra l'altro,
i commossi ricordi della madre, morta ultraottantenne nell'anno 1898 e
del figlio primogenito Furio, morto suicida alla fine dello stesso anno
(In memoria di mia madre; In tua memoria, figlio mio!, raccolte sotto
il titolo comune Memorie sacre); Nel giardino della follia (Livorno
1902), che contiene due novelle poi ristampate in Nel Regno del
Cervino. Nuovi bozzetti e racconti (Milano 1905); Capo d'anno. Pagine
parlate (ibid. 1902), raccolta di conferenze su vari argomenti; Gli
anni della fame di un pittore celebre (Firenze 1906): si tratta di
Giacomo Grosso; Pagine allegre (Milano 1906) raccolta di scritti di
vario genere già pubblicati su riviste, come il successivo Nel regno
dell'amore (ibid. 1907); Ricordi d'un viaggio in Sicilia (Catania 1908).
Il libro più significativo pubblicato dal D. in questi anni è L'idioma
gentile (Milano 1905), in cui sono esposte le sue idee sulla lingua,
che ricalcano l'opzione manzoniana per l'uso del fiorentino, in una
fase però in cui ormai la questione della lingua aveva assunto contorni
ed esigenze sia scientifiche sia pratiche sensibilmente distanti dalla
polemica che diversi decenni prima aveva visto opporsi Manzoni e G.
Ascoli.
Attraverso un lungo e accurato esame dei principali studi sulla lingua
dei secondo Ottocento (di F. D'Ovidio, G. Ascoli, F. Romani, A.
D'Ancona, O. Bacci), il D. in sostanza richiamava e riprendeva le
posizioni sulla lingua che aveva già espresso un trentennio prima in
Pagine sparse, quando incitava i giovani alla "lettura del vocabolario"
che egli stesso considerava un prezioso mezzo di penetrazione nel regno
delle parole e quindi delle cose. Questa pratica continua e assidua del
vocabolario come strumento di conoscenza e di diletto dà ragione delle
caratteristiche del linguaggio e delle scelte stilistiche deamicisiane,
molto più e meglio probabilmente del suo manzonismo dichiarato.
Il D. morì a Bordighera l'11 marzo 1908 colpito da una lesione
cerebrale. Postumi vennero pubblicati da Treves tre volumi di scritti
raccolti sotto il titolo Ultime pagine e precisamente: Nuovi ritratti
letterari ed artistici (Milano 1908) che comprende la ristampa di Un
salotto fiorentino del secolo scorso e articoli già pubblicati su
giornali e riviste, come il ritratto di D'Annunzio; Nuovi racconti e
bozzetti (ibid. 1908); Cinematografo cerebrale. Bozzetti umoristici e
letterari (ibid. 1909).
*
wikipedia
Edmondo De Amicis (Oneglia, 31 ottobre 1846 – Bordighera, 11 marzo
1908) è stato uno scrittore e pedagogo italiano.
È conosciuto per essere l'autore del romanzo Cuore, uno dei testi più
popolari della letteratura italiana per ragazzi.
Biografia
Nato in fu Piazza Vittorio Emanuele I, ora titolata a suo nome, presso
Oneglia (prima che fosse accorpata nell'unica città di Imperia 76 anni
dopo, nel 1922), a soli due anni si trasferì e crebbe in Piemonte,
dapprima a Cuneo, dove studiò le scuole primarie, e quindi a Torino,
dove fece il liceo. Di famiglia benestante, il padre, d'origine
genovese, copriva l’ufficio di banchiere regio di sale e tabacchi. Sia
la sua casa d'infanzia di Oneglia (oggi biblioteca), sia quella di
Cuneo (oggi caserma militare Carlo Emanuele presso i bastioni di Stura
con vista Monviso), furono spaziose ed eleganti.
Da soldato a giornalista
A diciassette anni entrò all'Accademia militare di Modena, dove, come
il fratello Luigi Augusto, caduto nel 1896 durante la battaglia di
Adua, divenne ufficiale. Nel 1866, già luogotenente, partecipò alla
battaglia di Custoza e assistette alla sconfitta subita dai Sabaudi a
causa dell'incapacità dei comandi di gestire la larga superiorità
numerica. Fu questo forse che fece nascere in lui la delusione che lo
spinse ad un certo punto a lasciare l'esercito nel 1867, conservando
tuttavia quello spirito patriottico tipico di quegli anni di formazione
dell'Unità d'Italia, attraverso i valori e i principi di disciplina
militare come valido metodo educativo. Scelta quindi la professione di
solo inviato di guerra, si trasferì poi a Firenze per assumere la
direzione de L'Italia militare come organo del ministero della guerra.
Su questi temi riassunse la propria esperienza in una serie di
bozzetti, tutti raggruppati nella unica raccolta de La vita militare
(1868), quindi pubblicata sull'omonimo giornale.
Sempre nel 1868 fu assunto, appena 22enne, dal giornale la Nazione di
Firenze e subito inviato in Sicilia per una epidemia di colera
che colpì l'isola in quell'anno. Quindi divenne ancora un inviato
militare, in Italia e all'estero, assistendo, tra l'altro, alla storica
presa di Roma del 1870.
In questo periodo le sue corrispondenze andarono anche a formare vari
libri-diari di viaggio: Spagna (1872), Ricordi di Londra (1873), Olanda
(1874), Marocco (1876), Costantinopoli (1878/79), Ricordi di Parigi
(1879).
Pinerolo
Dopo questo periodo, De Amicis si stanziò definitivamente in Piemonte.
Dapprima a Pinerolo, nel periodo 1882-1884, presso l'elegante villa
D'Aquiland, chiamata successivamente villa Accusani e oggi denominata
La Graziosa (sul Viale Gabotto, in quartiere San Maurizio). Qui scrisse
Alle porte d'Italia, dedicato alla città e ai territori valligiani
circostanti. Un esempio per tutti, il racconto relativo alla grotta
Gheisa 'dla tana di Angrogna e le termopili valdesi.
Nel 1884, la stessa città di Pinerolo gli conferì la cittadinanza
onoraria, con tanto di diploma datato 4 aprile.
Cuore
Dal 1879, ma più permanentemente dal 1885, lo scrittore prese alloggio
a Torino presso il palazzo Perini in Piazza S. Martino, 1 - ora Piazza
XVIII Dicembre - davanti alla vecchia stazione ferroviaria di Porta
Susa, dove oggi una targa lo ricorda. Qui, De Amicis terminò (ispirato
dalla vita scolastica dei suoi figli Ugo e Furio) quella che fu
considerata la sua più grande opera.
Pubblicato infatti per la prima volta il 17 ottobre 1886 (il primo
giorno di scuola di quell'anno) come libro per ragazzi, la casa
editrice milanese Treves fece uscire Cuore, una raccolta di episodi
ambientati tra dei compagni di una classe elementare di Torino e
costruito come finzione letteraria di un diario di un ipotetico
ragazzo, l'io narrante Enrico Bottini.
Cuore ebbe subito grande successo, tanto che in pochi mesi si
superarono quaranta edizioni e ci furono delle traduzioni in decine di
lingue straniere.
Il libro fu di forte carattere educativo-pedagogico (insieme al
successo italiano di soli tre anni prima, Le avventure di Pinocchio di
Carlo Collodi) e fu molto apprezzato dai lettori anche perché ricco di
spunti morali attorno ai miti affettivi (da cui il titolo) e
patriottici del recente Risorgimento italiano. Fu invece ampiamente
criticato dai cattolici per l'assenza totale di tradizioni religiose (i
bambini di Cuore non festeggiano nemmeno il Natale), specchio politico
delle aspre controversie tra il Regno d'Italia e Papa Pio IX dopo la
presa di Roma del 1870.
Nel 1889 De Amicis si avvicinò poi al socialismo, fino ad aderirvi nel
1896. Questo mutamento di indirizzo è visibile nelle sue opere
successive, in cui presta molta attenzione alle difficili condizioni
delle fasce sociali più povere e vengono completamente superate le idee
nazionalistiche che avevano animato Cuore. Amico di Filippo Turati,
collaborò a giornali legati al partito socialista come la Critica
sociale e La lotta di classe.
Vicinissimo alla massoneria, nel 1895 fu proprio De Amicis a
pronunciare il saluto al massone torinese Fr.'. Giovanni Bovio, in
occasione della rappresentazione teatrale del dramma "San Paolo", che
era interpretato da un altro massone, l'attore Giovanni Emanuel. La sua
iniziazione non è però considerata certa dalla letteratura
specializzata, così come non vi è traccia della sua Loggia di
appartenenza, sebbene molti ipotizzino la Concordia, di stampo
garibaldino italo-uruguayano di Montevideo. Sul tale appartenenza
inoltre, molti critici letterari sostengono che Cuore sia un libro di
forte ispirazione massonica, dove si sostituiscono la religione
cattolica degli italiani con la religione laicista della Patria, la
chiesa con lo Stato, il fedele col cittadino, i Comandamenti coi
Codici, il Vangelo con lo Statuto, i martiri con gli eroi.
Seguirono quindi libri come Sull'oceano (1889) sulle condizione dei
poverissimi emigranti italiani e poi Il romanzo di un maestro (1890, da
cui è stato tratto nel 1959 lo sceneggiato televisivo omonimo), Amore e
ginnastica (1892, da cui è stato tratto il film omonimo), La maestrina
degli operai (1895) e La carrozza di tutti (1899), ritratto della città
di Torino vista da un tram. Inoltre scrisse per Il grido del popolo di
Torino numerosi articoli di ispirazione socialista che furono poi
raccolti nel libro Questione sociale (1894).
Ultimi anni
Gli ultimi anni furono rattristati sia dalla morte della madre, a cui
era molto legato, sia dai continui screzi con la moglie Teresa Boassi;
sposati dal 1875, a causa forse di tradimenti di lui, si scatenavano
spesso tra i due delle furiose litigate, che provocarono altresì, nel
1898, il suicidio del figlio maggiore ventiduenne Furio, disperato a
causa della situazione familiare divenuta ormai infernale. L'altro
figlio Ugo, invece, si ritirò alla solitudine delle passeggiate in
montagna. Tutto ciò portò quindi De Amicis ad allontanarsi nuovamente
da Torino e tornare a viaggiare.
Nel 1903, in occasione della sua elezione a socio dell'Accademia della
Crusca, soggiornò brevemente nella sua amata città della giovinezza,
Firenze. Nel 1906 poi, si recò in Sicilia, a trovare il suo collega, ex
commilitone e scrittore Mario Rapisardi, immaginando l'incontro come
quello di:
«due vecchi soldati coperti di cicatrici, dopo una lunga guerra
combattuta sotto la stessa bandiera.»
(Edmondo De Amicis)
Il Ministro Vittorio Emanuele Orlando lo chiamò (insieme a Fogazzaro) a
far parte del Consiglio Superiore dell’Istruzione.
Le ultime sue opere furono L'idioma gentile (1905), quindi Ricordi d'un
viaggio in Sicilia e Nuovi ritratti letterari e artistici (questi
ultimi due poco prima di morire).
«(Catania) A Edmondo De Amicis che in questa casa alloggiò nel 5
novembre del 1906, al cittadino, allo scrittore, al maestro la cui
opera fu tutta un'armonia di bontà di bellezza di amore, gli studenti
delle scuole elementari pongono questo ricordo come segno del monumento
perenne che gli consacra il cuore del popolo da lui confortato con la
parola, con gli scritti, con l'esempio alle fulgide ascensioni
dell'Ideale.»
( Epigrafe di Mario Rapisardi)
Dopo la Sicilia De Amicis tornò nella sua natìa Liguria, dove ivi morì
improvvisamente per un'emorragia cerebrale, nel 1908, a Bordighera, in
una camera dell'hotel della Regina, albergo scelto dallo scrittore
perché vi abitò pochi anni prima il grande scrittore George MacDonald,
che proprio lì fondò il centro culturale letterario casa Coraggio;
l'edificio è nell'attuale via Vittorio Veneto, 34, [6] dove due targhe
commemorative li ricordano entrambi. Come sue ultime volontà, il corpo
di De Amicis fu però immediatamente traslato e tumulato presso la
tomba di famiglia, nel Cimitero monumentale di Torino.