De Stefani, Alberto

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Economista e uomo politico italiano (Verona 1879 - Roma 1969).

Ha dato contributi importanti allo studio matematico dell'economia e a quello della dinamica economica. Come ministro delle Finanze ricondusse al pareggio il bilancio italiano dissestato dalla prima guerra mondiale riformando il sistema tributario e l'amministrazione.

Fu professore nelle univ. di Venezia, Padova, Ferrara e Roma (dal 1925), deputato, ministro delle Finanze (1922-25), presidente dell'Associazione dei consorzî di bonifica, membro del Gran Consiglio del fascismo, alto consulente finanziario della Repubblica cinese (1937). Socio nazionale dei Lincei (1935; decaduto 1946) e membro dell'Accademia d'Italia. Condannato a morte in contumacia dal tribunale di Verona per aver aderito il 24 luglio 1943 all'ordine del giorno Grandi, fu poi processato a Roma dall'Alta Corte e assolto (1947). Fu inoltre direttore di sezione dell'Enciclopedia italiana. Collaborò con numerosi articoli al Corriere della sera, a La Stampa (raccolti in volumi dal 1927 al 1942) e, dal 1948, al Tempo di Roma e al Giornale d'Italia e fu anche pittore e autore di romanzi e novelle.

Tra le sue opere principali sono: Decadenza demografica e decadenza economica, 1920; Dinamica patrimoniale, 1921); L'italiano finto povero. Commenti alle cose economiche d'Italia, 1948-1958 (raccolta di articoli, 1959), Baraonda bancaria (1960), La dinamica patrimoniale nell'odierna economia capitalistica ed altri scritti (1961), Una riforma al rogo (1963), Luigi Luzzatti nella splendida luce del tramonto (1965), e varî saggi in Studî economici, Stato Sociale, Spettacolo, Rivista bancaria. Tra i romanzi e le novelle: Fuga dal tempo, 1948; Il vaso d'argento, 1951; Policromie, 1954.

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Laureatosi in Giurisprudenza a Padova e perfezionatosi in Economia a Venezia, fu per vari anni docente universitario a Roma e nel 1920 aderì al Partito Nazionale Fascista. Squadrista della prima ora, deputato del PNF dal 1921, fu ministro delle Finanze (1922) e poi anche del Tesoro (1923) del governo Mussolini, mantenendo tali incarichi fino al 1925. In questa veste, e avendo ereditato un quadro economico difficile, attuò una politica di liberalizzazione dell'economia e di riduzione delle spese con un aumento delle imposte indirette a vantaggio di quelle dirette. Semplificò, inoltre, diverse leggi derivanti dal regime di guerra nell'intento di dare vigore ai meccanismi produttivi e di alleggerire il lavoro delle pubbliche amministrazioni, poste e ferrovie in particolare.

Tra il 1922 e il 1926 si ha un periodo di rapida espansione economica, soprattutto nel settore industriale. La produzione manifatturiera cresce del 10% l'anno, contribuendo a una forte espansione delle esportazioni. In soli quattro anni la spesa pubblica passa dal 35% al 13% del PIL. I disoccupati passano da 600.000 del 1921 a 100.000 del 1926 [1]. Tramite il vigoroso taglio alle spese, unitamente all'impegno di maggiori capitali per lo sviluppo dell'economia, Stefani riuscì a riportare il bilancio statale al pareggio. Il 2 giugno 1925 De Stefani annunciò il raggiungimento del pareggio di bilancio.

Nello stesso anno si iniziò anche a distruggere la cartamoneta al fine di frenare l'inflazione. Complessivamente furono inceneriti 320 milioni di lire.

Sebbene i risultati della sua politica fossero stati positivi, la sua posizione nella compagine governativa si venne a deteriorare per l'opposizione dei gruppi diversi: la parte movimentista e radicale del fascismo, che lo vedeva come filoindustrialista ed eccessivamente liberale, i grandi proprietari terrieri meridionali, e gli esponenti più rappresentativi del capitalismo familiare settentrionale poiché entrambi non avevano interesse ad una politica di libero scambio e di tagli alle sovvenzioni di cui beneficiavano.

Entrò inoltre in conflitto con la Banca d'Italia – poi sfociato nella legge bancaria del 1926 - e con l'allora Direttore Generale Bonaldo Stringher, sia per il controllo della politica monetaria, (Il governo Mussolini nazionalizzó, ossia pose sotto il controllo statale la banca d' Italia impedendole di praticare il signoraggio bancario) sia in tema di discrezionalità nei numerosi interventi di salvataggio bancario. Inoltre era fermamente contrario alle politiche deflazionistiche tese a portare la Lira a "Quota 90".

Nel 1925 emise un provvedimento che mirava a stroncare la speculazione borsistica. In conseguenza i maggiori esponenti degli industriali fecero pressioni a Mussolini perché De Stefani venisse destituito. Fu in breve sostituito con il conte Volpi, rappresentante dell'oligopolia elettrica.

Nello stesso anno venne nominato Preside della Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Roma, dove continuerà ad esercitare come professore emerito anche nel dopoguerra. Nel 1932 divenne membro del Gran Consiglio del Fascismo e dal 1939 Accademico dei Lincei e Vicepresidente dell'Accademia d'Italia.

Negli anni trenta il Fascismo si struttura in regime e il pensiero di De Stefani comincia a venire visto con sospetto perché troppo autonomo. La sua attività venne quindi esclusivamente permessa in ambito culturale e non politico. Fu commentatore di temi economici per il Corriere della Sera al posto di Luigi Einaudi e successivamente per La Stampa, dove spesso espresse opinioni in contrasto con quelle del regime. Iniziò a manifestare insofferenza e delusione verso il regime già nel 1941, pubblicando Confidenze e Convinzioni che, sebbene censurato, fu uno dei pochissimi segnali di critica ad un sistema ormai dittatoriale.

Nominato Alto Consulente del Governo Nazionale Cinese, si dedicò, nel 1937, all'opera di riorganizzazione amministrativa e di mobilitazione civile della Repubblica di Cina, della quale fu nominato Alto Consulente a vita.

Nel luglio del 1943 votò a favore dell'ordine del giorno di Dino Grandi che ebbe come conseguenza l'ordine di arresto da parte del duce. Venne quindi condannato a morte in contumacia al processo di Verona nel 1944 ed assolto nel 1947 dall'accusa di collaborazionismo col nazismo.

Riabilitato e reintegrato nelle sue cariche, dedicò gli ultimi anni della sua vita agli studi e al giornalismo.