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Le crociate furono una serie di guerre, combattute tra l'XI e il
XIII secolo fra eserciti di regni cristiani europei ed eserciti
musulmani prevalentemente sul terreno dell'Asia minore e nel
Mediterraneo orientale (ma anche in Europa, in Egitto e in Tunisia).
Anche se esse furono benedette e spesso invocate dal Papato e
motivate da un sentimento eminentemente religioso che intendeva
liberare dall'occupazione musulmana la terra dove nacque,
predicò e morì Gesù Cristo, non si tratta
propriamente di guerre di religione, dato che lo scopo non fu mai
quello di costringere i musulmani a cambiare religione, neppure dopo
le avvenute conquiste. Le armi, con cui i Crociati partirono e che
impiegarono in Terrasanta, poco avevano a che fare con la religione,
quanto piuttosto con un desiderio di liberazione che comportava
inevitabilmente l'uso della forza, anche se non mancano richiami di
autorevole fonte cristiana circa l'assenza di colpevolezza (peccato)
nell'eliminazione fisica degli invasori avversari nella fede
Diminuzione dei territori cristiani dell'Impero Bizantino
Le Crociate non furono causate quindi da contrapposte visioni
religiose, né, come affermano alcuni studiosi, per conseguire
un personale arricchimento materiale e d'immagine, ma dalle denunce,
sostenute anche da una lettera-appello dell'imperatore di Bisanzio
Alessio Comneno, delle violenze a cui erano sottoposti dalle
autorità musulmane del posto i pellegrini cristiani diretti
in Terrasanta, cui occorreva garantire invece vita e sicurezza. Le
Crociate ebbero quindi non trascurabili moventi politico-economici
che germinavano all'interno del mondo feudale medievale europeo e
bizantino, e come concreto obiettivo il controllo della Terrasanta e
la sconfitta dei musulmani del posto. Sono altresì
considerate da molti - storici e non - come la risposta della
Cristianità al jihad islamico del VII secolo, alla luce della
considerazione che la Spagna, la Palestina, il Nordafrica, e l'Asia
Minore erano state fra terre più cristiane dal II/III secolo
fino alla vittoriosa avanzata islamica del VII secolo, di cui era
moralmente e giuridicamente lecito rientrare in possesso. Basti
vedere come l'Impero Bizantino, avente il Cristianesimo come
religione ufficiale, includeva quasi tutta l'Europa ed il Medio
Oriente e si vide assogettato dalle armate musulmane e ridotto a
frazioni della penisola greca, prima che venisse organizzata una
difesa armata.
In epoca contemporanea, anche se il termine crociata viene a volte
utilizzato con una connotazione negativa, quando ad esempio si
voglia sottolineare un conflitto i cui moventi siano più
ideologici che ideali, la parola conserva invece la sua originaria
valenza semantica positiva, quando viene usata per indicare
attività e lotte caratterizzate da un forte afflato culturale
o sociale (crociata contro il fumo, contro le droghe o contro
l'alcool). Ad esempio, una mazziniana come Giorgina Craufurd Saffi,
acattolica di origine e moglie del triumviro della Repubblica Romana
del 1849 Aurelio Saffi, a proposito di una campagna, laica, contro
la prostituzione e per il riscatto delle donne che vi erano
coinvolte, parla di una santa Crociata, che oggi si combatte contro
il Vizio eretto a sistema - contro il Male, accettato prima come
ineluttabile "necessità", quindi, organizzato, protetto,
sanzionato da legge di Stato (1881).
Numerose crociate furono caratterizzate da episodi di violenza
insensati. La più veemente tra esse fu probabilmente la
quarta crociata, che portò alla devastante conquista di
Costantinopoli, a dispetto della comunanza di fede religiosa, che
indebolì in modo notevole la solidità dell'Impero
bizantino anche grazie alla nascita dell'Impero latino di
Costantinopoli, avviando un inarrestabile declino che
culminerà con il suo definitivo annichilimento da parte
ottomana nel 1453.
La prima crociata fu quella che ottenne i maggiori successi e
portò alla nascita degli stati crociati d'Outremer che
sopravvissero fino al 1303. Alla prima crociata seguirono altre
spedizioni (8 crociate ufficiali) nel corso del XII e XIII secolo
che però quasi mai raggiunsero gli obiettivi che si erano
prefissate.
Dopo la definitiva conquista degli Stati crociati, il movimento
crociato e l'ideologia religiosa che lo sosteneva non scemò
immediatamente, ma al contrario, il movimento crociato sopravvisse
per tutta l'Età Moderna (si pensi alle guerre contro i Turchi
o alle guerre di religione che si combatterono dopo la Riforma
protestante) e si estinse non per il fallimento delle spedizioni "De
recuperatione Terrae Sanctae" o di fronte al sorgere degli stati
nazionali, ma perché la teologia morale che lo sosteneva
cominciò pian piano a metter in dubbio la liceità del
ricorso della violenza. Inoltre, dal tardo XVI secolo al XVII secolo
all'idea di guerra santa si sostituì quello di guerra giusta.
Contemporaneamente, e sempre molto lentamente ma in maniera
irreversibile, all'idea del Cristo schierato politicamente e quindi
all'idea che si combatteva "perché lo vuole Dio", si
sostituì un'idea di una divinità neutrale e
disinteressata ai conflitti politici tra gli uomini. Nel XVIII
secolo, con l'Illuminismo, si arrivò a considerare le
Crociate come il frutto di un'epoca fanatica e superstiziosa.
Etimologia
Il termine crociata si incontra per la prima volta all'inizio del
Settecento, ben oltre quindi il periodo in cui esse si tennero: trae
origine dall'incrocio della parola croisade (1570 circa) del
francese medio e della parola spagnola cruzada del XVI secolo,
entrambe derivate dalla parola cruciata del latino medievale,
participio passato di cruciare (segnare con la croce), a sua volta
derivata dal latino crux (croce).
Il nome quindi richiama la croce che i partecipanti alle crociate
avevano cucita sulle vesti, simbolo del loro pellegrinaggio e dei
voti contratti. Nelle fonti antiche si può semmai trovare
l'espressione cruce signati riguardo ai crociati anche se i soldati
bizantini chiamarono se stessi "Soldati della Croce" già
all'epoca di Eraclio. Per indicare le Crociate veniva usata anche
l'espressione negotium crucis.
Crociate in Terra Santa
Contesto storico
Espansione musulmana (Jihad)
Negli ultimi anni di vita di Maometto, dopo aver sottomesso le
vicine tribù pagane, i musulmani si volsero verso la vicina
provincia bizantina di Tabuk. Il loro scopo era la conquista di
nuove terre e il dominio sugli infedeli. Lo stesso Maometto, secondo
una tradizione, quasi certamente priva di fondamenta storiche,
avrebbe scritto all'imperatore bizantino Eraclio. «Il Profeta
di Allah ha scritto a Cosroe (re di Persia), a Cesare (imperatore di
Roma, cioè Eraclio), a Negus (re di Abissinia) e a tutti gli
altri sovrani per invitarli a convertirsi ad Allah il
Magnifico». Li esortò quindi ad abbracciare l'Islam, se
volevano essere risparmiati [12]. Ovviamente nessuno accettò
la proposta e poco tempo dopo la morte di Maometto i musulmani
attaccarono l'Impero bizantino infervorati dalle parole del Profeta
che prometteva il perdono di qualsiasi loro peccato a quanti
avrebbero conquistato Costantinopoli.
Nel 636 i musulmani Arabi ottennero una schiacciante vittoria
sull'esercito bizantino nella battaglia del Yarmuk e completarono in
tal modo la conquista dell'intera Siria. Lo stesso ʿUmar ibn
al-Khattāb, successore di Maometto, ricordò le istruzioni
relative alle alternative poste agli infedeli: la conversione, la
sottomissione (dimmitudine concessa solo ad ebrei e cristiani ma poi
estesa anche a induisti e buddisti) o la morte per i pagani. Caddero
poi in breve tempo Antiochia, Gerusalemme (che fu saccheggiata) e
tutta la Mesopotamia bizantina. Da qui gli Arabi si diressero in
Armenia mentre contemporaneamente cominciava l'avanzata in Egitto.
Alla flebile resistenza bizantina i musulmani, guidati da ʿAmr b.
al-ʿĀṣ, risposero con feroce efficienza. Durante l'occupazione
dell'isola di Nikiou le donne e i bambini stessi, rifugiati nelle
chiese, furono uccisi.
L'Armenia cristiana non sfuggì alla conquista e si parla
della riduzione in schiavitù di circa 35.000 persone). Le
armate islamiche giunsero poi in Cilicia e Cappadocia:
« Essi invasero la Cilicia e si procurarono molti prigionieri,
e quando arrivò Muʿāwiya ordinò che tutti gli abitanti
fossero passati a fil di spada; [...] Quindi, dopo aver raccolto
tutte le ricchezze della città presero a torturare i capi
affinché mostrassero i tesori nascosti. In quel disgraziato
paese essi ridussero in schiavitù l'intera popolazione.
»
In breve tempo le armate arabe conquistarono ampie regioni e
arrivarono alle porte dell'Europa cristiana, assediandola sia da est
sia da ovest: occuparono infatti Cipro, Rodi, Creta e la Sicilia,
portandosi via ricchi bottini e migliaia di schiavi; invasero quindi
la Spagna e organizzarono più spedizioni volte al saccheggio
della Francia meridionale, come successe nel 792 quando Hishām,
emiro di al-Andalus, chiamò tutti i musulmani al jihad
Nell'827 ai combattenti del jihād fu presentata una nuova spedizione
religiosa: la Sicilia. Gli arabi la invasero depredando e
saccheggiando i villaggi accanendosi in particolare contro le
chiese. La loro dominazione sull'isola durò fino al 1091
quando essa venne conquistata dai normanni. Contemporaneamente
l'esercito bizantino fu annientato dai turchi selgiuchidi a
Manzicerta, spianando la strada all'occupazione musulmana dell'Asia
Minore.
L'obiettivo ultimo delle guerre di conquista arabe (jihad) venne
illustrato dallo stesso Profeta che incitava i suoi seguaci
« a combattere contro gli infedeli finché essi
non avessero ammesso che non vi era altro Dio al di fuori di Allah e
che Maometto era il suo messaggero. »
Situazione nel Vicino Oriente
Con la conquista islamica di Gerusalemme (638) la situazione dei
cristiani conobbe alcune obiettive difficoltà, anche se non
si verificarono vere e proprie persecuzioni iniziarono le violenze
ai danni dei sudditi non-musulmani (i cristiani in particolare, ma
anche gli ebrei) costretti allo stato di dimmitudine.
Infatti, mentre i pagani subirono dall'Islam politico una
conversione forzata, agli ebrei e ai cristiani, chiamati dal Corano
Gente del Libro, fu concesso di rimanere a vivere nelle loro terre,
continuando a professare liberamente la propria fede, malgrado
conoscessero alcune discriminazioni rispetto ai sudditi musulmani e
fossero costretti a sottostare ad alcune condizioni socialmente
restrittive. Non era loro concesso infatti costruire, ma solo
restaurare, luoghi di culto. Dovevano vestire in modo particolare
(era teoricamente obbligatorio il zunnār - una fascia di tessuto
stretta alla vita - che nei fatti non fu però quasi mai
indossato). Non potevano avere armi né cavalli, non potevano
vendere alcolici o mangiare carne di maiale, non potevano esporre le
croci in pubblico o recitare a voce alta la Torah e il Vangelo;
infine era loro imposta una tassa sulla persona (gizya) che veniva
inizialmente riscossa mediante un cerimoniale particolare:
l'esattore colpiva il dhimmi sul capo e sulla nuca affinché
ricordasse di essere un cittadino di grado inferiore[19]. Ovviamente
non era concesso ai dhimmi fare opera di proselitismo tra i
musulmani, pena la condanna a morte, né testimoniare contro
un musulmano in un procedimento giudiziario, venendo quindi ad
essere potenzialmente assoggettati agli eventuali abusi di qualche
prepotente musulmano.
La situazione dei pellegrini non era certo migliore.
All'inizio dell'VIII secolo ne furono crocifissi 60 che provenivano
da Amorium; altri furono giustiziati dal governatore musulmano di
Cesarea con l'accusa di spionaggio mentre, con la minaccia di
saccheggiare la Chiesa della Resurrezione, veniva estorto denaro ai
viandanti[20]. Alla fine dello stesso secolo fu proibita
l'esposizione della croce all'interno di Gerusalemme, fu
incrementata la tassa sulla persona (gizya) e fu impedito ai
cristiani di impartire insegnamenti religiosi ad altri, anche ai
figli stessi. Nel 789 furono saccheggiati diversi monasteri tra cui
quello di San Teodosio a Betlemme mentre, all'inizio del IX secolo,
le persecuzioni si fecero così dure che cristiani molti
fuggirono a Costantinopoli e nei territori bizantini. Nel 937
toccò alle Chiese del Calvario e della Resurrezione essere
saccheggiate e distrutte.
Con l'intento di riconquistare la Siria, perduta nel VII secolo,
l'Impero bizantino decise di intervenire nella seconda metà
del X secolo con un esercito affidato al domestikos bizantino
Niceforo Foca, che condusse una serie di fortunate campagne contro i
musulmani di Siria-Palestina, riassumendo il controllo della Cilicia
e di parte della Siria. Nel 974 i Bizantini furono accusati di aver
occupato le terre appartenenti all'Islam e il Califfo abbaside di
Baghdad invocò il jihad al quale risposero combattenti
provenienti anche dall'Asia Centrale. Tuttavia i contrasti tra
Sciiti e Sunniti portarono alla sconfitta dei musulmani e nel 1001
il basileus di Costantinopoli, Basilio II, concluse una tregua
decennale con il califfo. Nel 1004 Abu ‘Ali al-Mansur al-Hakim
(985-1021) imam fatimide considerato pazzo da diversi storici,
volendo convertire tutti i suoi sudditi all'Ismailismo, prese a
perseguitare ebrei e cristiani e gli stessi musulmani sunniti,
nell'intento probabile di convertirli tutti all'Ismailismo.
Stracciò quindi improvvisamente il trattato coi Bizantini,
ordinando di devastare le chiese, bruciare le croci e impossessarsi
dei beni ecclesiastici. In seguito a ciò si disse che fossero
rase al suolo 3000 chiese (un numero troppo alto per essere anche
lontanamente verosimile, viste le restrizioni di cui s'è
detto precedentemente), molti cristiani si convertirono all'Islam
per avere salva la vita e le stesse chiese del Santo Sepolcro in
Gerusalemme e della Resurrezione furono distrutte. Tale evento fece
così scalpore nel mondo cristiano che ancora ottanta anni
dopo esso fu agitato come un improbabile casus belli da parte della
Chiesa di Roma, laddove la Crociata ebbe invece diverse e non meno
convincenti concause. Infine l'Imam fatimide ordinò a
cristiani ed ebrei di convertirsi all'Islam o di lasciare i suoi
domini.
In seguito il sovrano fatimide allentò la sua stretta sugli
"infedeli", restituendo buona parte dei beni confiscati alla chiesa
e concesse ai Bizantini la possibilità di ricostruire la
Chiesa del Santo Sepolcro, in cambio della costruzione di una
moschea a Bisanzio. Tale patto fu onorato da ambo le parti ma la
situazione dei cristiani continuò a essere precaria, tanto
che nel 1056 fu proibito loro di entrare nella Chiesa del Santo
Sepolcro e, con l'arrivo dei turchi selgiuchidi dall'Asia, ebbe
inizio un nuovo periodo di terrore.
Nel 1077 Gerusalemme fu conquistata dai turcomanni e, nonostante il
loro capo, l'avventuriero Atsız ibn Uvaq, avesse assicurato che non
avrebbe colpito gli abitanti, furono uccise oltre 3000 persone. Dopo
la conquista di questi territori da parte dei Turchi selgiuchidi, si
iniziò a parlare di rapine, sequestri, uccisioni, stupri a
danno dei pellegrini diretti in Terra Santa e di come questi fossero
costretti a viaggiare sotto scorta armata (cosa assai improbabile,
vista l'impossibilità che uomini armati non musulmani si
aggirassero per le strade di una qualsivoglia contrada islamica).
Certi storici credono tuttavia che le vessazioni subite dai
pellegrini siano state ingigantite e moltiplicate con l'obiettivo di
stimolare una convinta reazione armata dei cristiani latini, e che
fosse in realtà la montante potenza selgiuchide a spaventare
il mondo cristiano che, dopo la disastrosa disfatta di Romano IV
Diogene a Manzicerta (conseguenza del grave periodo di crisi che
stava attraversando l'impero bizantino), temeva che si stesse
profilando un terribile cataclisma anche per la Cristianità
latina e che il Sultanato selgiuchide avrebbe potuto realizzare la
conquista islamica dell'Europa. Il nuovo imperatore bizantino
Alessio I, nonostante le divergenze tra la Chiesa di Costantinopoli
e quella di Roma, mise da parte l'orgoglio e si decise a chiedere
aiuto per la minacciata sorte della Cristianità d'Oriente. Fu
così che, come risposta, nacque la Prima Crociata.
Situazione in Europa
Intanto la società europea dell'XI secolo era in piena
crescita economica e demografica, secondo una tendenza iniziata tra
il VIII e il IX secolo. Il mondo europeo aveva saputo riorganizzarsi
di fronte agli attacchi subiti dalle invasioni di musulmani, ungari,
normanni ecc. Esisteva tuttavia un certo disagio sociale dovuto
all'organizzazione feudale che faceva sì che i figli cadetti
delle famiglie nobili avessero come uniche scelte le carriere o
ecclesiastica o militare; c'era quindi una forte fetta di nobili
armati in cerca di fortuna che, soprattutto dalla Francia, rispose
con zelo alle richieste di aiuto provenienti dai regni cristiani di
León, Castiglia, Navarra e Aragona impegnati nella
Reconquista.
La stessa Chiesa romana, impegnata nella lotta per le investiture
contro gli Imperatori germanici, incoraggiò la guerra come
una reazione giusta all'invasione musulmana sollecitando l'aiuto
della cavalleria europea; tuttavia, a differenza degli islamici, non
erano garantiti benefici della guerra santa ai soldati morti in
battaglia. L'intervento della Chiesa aveva anche la finalità
politica di trovare appoggi e farsi riconoscere come fonte di
legittimità a governare in un momento in cui era fortemente
provata e messa in discussione dal contenzioso con l'Impero e
dall'applicazione della riforma gregoriana.
Anche al di fuori della penisola iberica si registrò un
rinnovato slancio, da parte del mondo occidentale, per la
riconquista dei territori occupati, come in Sicilia, nelle Baleari e
in brevi incursioni in Corsica e Sardegna. Spesso il motore di
queste spedizioni erano le città portuali affacciate sulle
coste tirreniche, adriatiche, provenzali e catalane, che accanto a
un commercio col mondo bizantino e arabo (nonostante i divieti),
accostavano dall'XI secolo brevi spedizioni militari, come quella
unita di Genova e Pisa nel 1015-1016, il sacco di Palermo da parte
dei pisani nel 1067, o quello della città tunisina di
al-Mahdiya, sempre ad opera dei pisani (1087). Il successo di queste
spedizioni venne preso a modello per le successive grandi imprese in
Oriente.
L'esercito crociato
All'appello del Papa Urbano risposero nella prima crociata 40.000
persone di cui solo una piccola minoranza erano cavalieri. Tuttavia,
a differenza di quanto si pensa oggi, non partirono solamente
avventurieri in cerca di fortuna o cadetti delle famiglie che non
avevano diritto alla successione, la maggior parte dei cavalieri
crociati erano infatti signori nobili che vendevano i propri
possedimenti per permettersi l'armatura e il viaggio in Oriente per
sé e per i propri cavalieri fedeli: a partire per la croce
non fu chi aveva meno da perdere ma chi possedeva di più.
Anche se qualcuno sperava di fare bottino, il papa aveva decretato
che le conquiste sarebbero spettate al “principe” (Alessio Comneno
nel caso della prima crociata).
Per capire cosa spingeva migliaia di cavalieri a intraprendere una
missione tanto onerosa e pericolosa non bisogna dimenticare che si
trattava di uomini che avevano un fortissimo senso religioso.
Nell'XI la cultura dei nobili prevedeva la dimostrazione pubblica di
pietà; inoltre essi erano conosciuti tanto per le imprese
militari quanto per l'amore che dimostravano verso Dio: era dovere
di un aristocratico rendere i frutti dei suoi servigi alla Chiesa e
al popolo. La crociata era un ulteriore mezzo per dimostrare la loro
carità: difendendo la Chiesa, difendevano tutto quanto vi era
di buono e giusto nel mondo. Si può quindi affermare che
(secondo quello che sappiamo sulla mentalità medievale) la
maggior parte dei Crociati era spinta dal sincero amore di Dio.
Anche tra i ranghi inferiori è probabile che prevalessero i
principi che muovevano i signori più ricchi ma non vi
è dubbio che chi aveva di meno sperava di guadagnarci
qualcosa.
Lo stesso Pontefice pensava alla Crociata non come ad una guerra
santa, ma come a un dovere caritatevole nei confronti dei
confratelli orientali ed era giusto che costoro si adoperassero per
rivendicarne le terre e le proprietà. Non va comunque
dimenticato che da circa mezzo secolo si era avuto il famoso scisma
tra Chiesa d'Occidente e d'Oriente e che, avendovi il romano
pontefice notevolmente perso in influenza (in quanto il patriarca di
Costantinopoli aveva rivendicato l'indipendenza del clero bizantino)
egli ebbe anche ragioni prettamente politiche per voler aiutare
l'Imperatore Alessio I, sperando che ciò avrebbe agevolato un
riavvicinamento (che, effettivamente, in un momento iniziale ci fu,
prima che i bizantini si accorgessero che i crociati apportavano
più danni che benefici).
Urbano II sapeva però che non era sufficiente fare appello al
cuore degli uomini per convincerli all'azione; così la
riconquista della terra Santa (che fino a quel momento era stata
considerata nient'altro che una conseguenza) divenne l'obiettivo
ufficiale della missione.
Tuttavia questo idealismo non fece comportare i crociati in modo
particolarmente pio durante il viaggio: erano guerrieri devoti ma
altrettanto arroganti e brutali, e non mancarono atti di violenza e
azioni riprovevoli. Chi voleva intraprendere il viaggio doveva fare
"il voto del pellegrino" "prendendo la Croce". Quindi con mezzi
propri doveva raggiungere la terra Santa; il suo giuramento non era
vincolato né al papa né a nessun altro uomo, ma
direttamente al Signore. La massa di pellegrini quindi erano
tutt'altro che un esercito; l'unico aspetto che la teneva coesa
erano i legami feudali e familiari al suo interno anche
perché, il titolo di “comandante in capo”, era solamente
onorario. Ciò rese estremamente difficile mantenere il
controllo della spedizione: un esercito crociato era in
realtà una massa organizzata di soldati, sacerdoti, servi e
altri individui al seguito che si dirigevano più o meno nello
stesso posto per scopi analoghi. Una volta partito, non lo si poteva
più controllare.
Prima crociata
La richiesta di aiuto che l'imperatore bizantino Alessio Comneno
aveva inviato tramite una lettera al conte di Fiandra, tornò
a favore di Papa Urbano II, il quale, secondo il cronista Bernoldo
di Costanza, avrebbe fatto riferimento esplicito all'aiuto da
portare ai Cristiani d'Oriente nel concilio di Piacenza, precedente
l'accorato appello finale di Clermont. Quindi, anche se fu
l'imperatore bizantino a domandare aiuto, l'appello alle Crociate fu
fatto ufficialmente per salvare i cristiani d'Oriente dalla loro
situazione drammatica.
Quando Papa Urbano II indisse un pellegrinaggio armato al concilio
di Clermont (1095) al grido di Deus vult ("Dio lo vuole"), nessuno
pronunciò la parola "crociata", si pensava infatti ad una
sorta di pellegrinaggio di massa a Gerusalemme[25][26]. La croce
rossa che i pellegrini portavano sul mantello infatti stava a
significare che erano pronti a versare il loro sangue per un viaggio
redentore ma di certo nessuno si aspettava una simile risposta da
parte dei fedeli. Papa Urbano II sperava, una volta aiutato Alessio
Comneno, di ristabilire la sua autorità in una nuova
riconciliazione e riunificazione tra la Chiesa d'Occidente e quella
d'Oriente nella lotta contro i musulmani.
La reazione del popolo fu però incontrollata e molti
partirono immediatamente, male armati e poco equipaggiati. Tale
spedizione, che sarà poi chiamata "crociata dei Pezzenti", fu
guidata da Pietro l'eremita e Gualtieri Senza Averi, nobile
squattrinato, si concluse con il massacro delle forze cristiane ad
opera dei musulmani presso Nicea. Oltre a mancare completamente
l'obiettivo della Terra Santa, degenerò nei primi pogrom
contro gli Ebrei presso le coste dalmate.
La prima vera crociata, detta "dei nobili", avvenne solo due anni
dopo e fu guidata fra gli altri da Goffredo di Buglione. Essa
portò i maggiori successi dal punto di vista territoriale, i
terreni conquistati però non furono tutti restituiti a
Bisanzio, come pattuito prima delle spedizioni, ma alcuni portarono
alla nascita degli stati crociati d'Outremer. Tuttavia spesso le
azioni dei crociati si riveleranno incontrollate e fin dal loro
arrivo a Gerusalemme nel 1099, dopo aver proceduto ad un massacro
degli abitanti della città (cosa tuttavia che non differiva
dalle abitudini dell'epoca), gli storici parlano di soprusi non solo
nei confronti dei musulmani, ma anche nei confronti degli ortodossi.
Crociata del 1101
La cosiddetta "crociata del 1101" fu in realtà l'insieme di
tre diverse imprese, organizzate in seguito al successo della prima
crociata, alla fine della quale si era levata la richiesta di
rafforzare il neonato regno di Gerusalemme, cosicché papa
Urbano II lanciò l'appello per una nuova crociata.
Seconda crociata
Fu solo con la seconda crociata (1147-1149), causata dalla caduta di
Edessa (1144), che il fine bellico divenne esplicito.
Il teologo san Bernardo di Chiaravalle teorizzò, in risposta
alla difficoltà per un cristiano di conciliare la guerra non
difensiva con la parola di Dio, la teoria del malicidio: chi uccide
un uomo intrinsecamente cattivo, quale è chi si oppone a
Cristo, non uccide in realtà un uomo, ma il male che è
in lui; dunque egli non è un omicida bensì un
malicida.
Questa episodica giustificazione, in risposta a un espresso quesito
dei cavalieri templari, non assunse tuttavia il carattere di
giustificazione generalizzata di quella che fu, in effetti, una
campagna per la ripresa di Antiochia.
La seconda crociata venne condotta con un'eccessiva spavalderia dal
re di Francia Luigi VII, alleato al solo Corrado III del Sacro
Romano Impero, ignorando le possibili alleanze con alcuni potentati
musulmani che avrebbero permesso di riprendere la contea di Edessa.
Egli, ascoltando le perorazioni di alcuni cattivi consiglieri
abbagliati dalle ricchezze di Damasco, cinse d'assedio la capitale
siriana senza nemmeno cercare l'aiuto del re normanno di Sicilia
né del basileus bizantino, riportando una disastrosa
sconfitta nel 1148.
Terza crociata
La terza crociata (1189-1192), detta anche la "crociata dei Re", fu
un tentativo, da parte di vari sovrani europei, di strappare
Gerusalemme e quanto perduto della Terra Santa, al Saladino. Vi
parteciparono Federico Barbarossa, che morì in Anatolia,
forse per un arresto cardiaco oppure durante il guado di un fiume
della Cilicia, chiamato Salef, cadendovi e annegando a causa della
pesantezza della sua armatura, Filippo II Augusto, re di Francia e
Riccardo Cuor di Leone, re d'Inghilterra.
Grazie agli sforzi di Riccardo d'Inghilterra, fu ottenuto almeno un
risultato positivo, la riconquista di San Giovanni d'Acri, che
divenne la nuova capitale del Regno. Dopo la battaglia di Arsuf fu
siglata col Saladino la pace di Ramla del 1192.
Quarta crociata
La quarta crociata fu indetta da Papa Innocenzo III all'indomani
della propria elezione al soglio pontificio nel 1198, e fu diretta
contro i musulmani in Terra Santa. Nella prima enciclica di
Innocenzo III dell'agosto 1198 la liberazione di Gerusalemme era
vista come necessaria.
I crociati in realtà non arrivarono mai in Terra Santa. Visto
l'esiguo numero di soldati giunti a Venezia, il doge veneziano
Enrico Dandolo partì alla riconquista di Zara. Conquistata
poi la città ribelle, venne raggiunto dal figlio
dell'imperatore deposto a Bisanzio. Giunto a Bisanzio
reinstaurò il legittimo governo ma non ebbe la
possibilità, come preventivamente accordato, di porre una
base commerciale nella città, come cioè era nel 1190
circa prima della rivolta anti-veneta e filo-genovese, ove si dice
che Dandolo stesso avesse perso la vista da un occhio. Visto che il
nuovo Cesare non sembrava voler accordare quanto pattuito per il suo
ritorno al trono, i crociati presero nuovamente Costantinopoli.
L'Impero bizantino venne spartito tra i crociati, con le principali
piazzeforti commerciali in Morea e alcune isole adriatiche assegnate
a Venezia stessa, dando poi inizio al cosiddetto Impero latino di
Costantinopoli.
Quinta crociata
Sotto il pontificato di papa Innocenzo III il Concilio Lateranense
IV aveva deciso d'indire di una nuova crociata, la quinta
(1217-1221). Federico II, in occasione della sua incoronazione a Rex
romanorum, nel 1215, giurò solennemente di prendervi parte,
ma poi rimandò più volte, il che provocò
tensioni con il papa. Papa Onorio III stabilì infine che la
crociata dovesse aver inizio il 1º giugno 1217. Dopo la
defezione in Palestina di Andrea II d'Ungheria nel 1218[27], si
tentò una nuova via, quella di prendere lo strategico porto
in egiziano di Damietta, sulla parte orientale del delta del Nilo,
ma la spedizione - che vide la presenza anche di san Francesco
d'Assisi che inutilmente perorò davanti al Sultano ayyubide
al-Malik al-Kamil la causa della conversione del sultano - si
rivelò un fallimento: dopo la conquista di Damietta nel
novembre 1219, l'esercito crociato attese inutilmente l'arrivo della
flotta di Federico II, che arrivò solo dopo la rovinosa
sconfitta nell'agosto 1221.
Sesta crociata
Dopo il fallimento della quinta crociata, l'imperatore Federico II,
con il trattato di San Germano (l'odierna Cassino), si era
solennemente impegnato, nel 1225, a guidare la sesta crociata in
Terra Santa[28] di cui aveva più volte ritardato l'inizio,
impegnato com'era alla prioritaria stabilizzazione politica e al
consolidamento amministrativo del regno di Sicilia, attraversato
allora da moti di rivolta[29]. Quando nel 1227, a causa di una
malattia, fu costretto a rimandare la crociata ancora una volta, fu
scomunicato da papa Gregorio IX. Nonostante questo, l'anno
successivo, Federico si recò a Gerusalemme, mentre il Papa lo
definiva "Anticristo".
Questa crociata fu l'unica combattuta pacificamente con gli
strumenti della politica: Federico l'aveva preparata su un piano
squisitamente diplomatico: nell'estate 1227, aveva inviato Berardo
di Castagna, arcivescovo di Palermo a lui fedelissimo, in missione
diplomatica in Egitto, insieme a Tommaso I d'Aquino conte di
Acerra[30]: recando con sé ricchissimi doni, tra cui pietre
preziose e un cavallo sellato d'oro Berardo aveva il delicato
compito di saggiare le interessanti prospettive di intesa appena
apertesi con il sultano ayyubide, il curdo al-Malik al-Kāmil[27].
L'intesa con il sultano sarà decisiva per assicurare il
grande successo alla crociata di Federico, che portò grandi
acquisizioni, ma per via pacifica e su un terreno esclusivamente
diplomatico, dopo il totale fallimento militare della crociata
precedente, da cui Federico era rimasto indenne per non esservisi
impegnato. Federico, avendo sposato l'erede alla corona di
Gerusalemme Isabella di Brienne, poteva presentarsi come valido
successore al titolo regale: nonostante la scomunica ne indebolisse
il potere contrattuale, egli ottenne dal sultano, per via
diplomatica, la cessione di Gerusalemme, che venne accordata a patto
che le fortificazioni cittadine fossero demolite, in modo da non
costituire fonte di preoccupazione militare per il sultano.
Settima crociata
La settima crociata si svolse fra il 1249 e il 1250. Fu diretta
contro l'Egitto e guidata dal re di Francia Luigi IX il Santo.
È probabile che l'invasione di Napoli e Palermo da parte di
Carlo d'Angiò, fratello di Luigi IX, fosse finalizzata a
creare una "testa di ponte" franca per le crociate.
Ottava crociata
L'ottava crociata fu anch'essa diretta contro i domini musulmani in
Africa settentrionale e fu sempre guidata da Luigi IX.
Nona crociata
La nona crociata è solitamente considerata l'ultima crociata
medievale ad essere stata condotta contro i musulmani in Terra
Santa. La maggior parte degli storici, tuttavia, non la considera
come una crociata a sé, ma come la seconda parte dell'ottava.