Crociate

Wikipedia

Le crociate furono una serie di guerre, combattute tra l'XI e il XIII secolo fra eserciti di regni cristiani europei ed eserciti musulmani prevalentemente sul terreno dell'Asia minore e nel Mediterraneo orientale (ma anche in Europa, in Egitto e in Tunisia). Anche se esse furono benedette e spesso invocate dal Papato e motivate da un sentimento eminentemente religioso che intendeva liberare dall'occupazione musulmana la terra dove nacque, predicò e morì Gesù Cristo, non si tratta propriamente di guerre di religione, dato che lo scopo non fu mai quello di costringere i musulmani a cambiare religione, neppure dopo le avvenute conquiste. Le armi, con cui i Crociati partirono e che impiegarono in Terrasanta, poco avevano a che fare con la religione, quanto piuttosto con un desiderio di liberazione che comportava inevitabilmente l'uso della forza, anche se non mancano richiami di autorevole fonte cristiana circa l'assenza di colpevolezza (peccato) nell'eliminazione fisica degli invasori avversari nella fede

Diminuzione dei territori cristiani dell'Impero Bizantino

Le Crociate non furono causate quindi da contrapposte visioni religiose, né, come affermano alcuni studiosi, per conseguire un personale arricchimento materiale e d'immagine, ma dalle denunce, sostenute anche da una lettera-appello dell'imperatore di Bisanzio Alessio Comneno, delle violenze a cui erano sottoposti dalle autorità musulmane del posto i pellegrini cristiani diretti in Terrasanta, cui occorreva garantire invece vita e sicurezza. Le Crociate ebbero quindi non trascurabili moventi politico-economici che germinavano all'interno del mondo feudale medievale europeo e bizantino, e come concreto obiettivo il controllo della Terrasanta e la sconfitta dei musulmani del posto. Sono altresì considerate da molti - storici e non - come la risposta della Cristianità al jihad islamico del VII secolo, alla luce della considerazione che la Spagna, la Palestina, il Nordafrica, e l'Asia Minore erano state fra terre più cristiane dal II/III secolo fino alla vittoriosa avanzata islamica del VII secolo, di cui era moralmente e giuridicamente lecito rientrare in possesso. Basti vedere come l'Impero Bizantino, avente il Cristianesimo come religione ufficiale, includeva quasi tutta l'Europa ed il Medio Oriente e si vide assogettato dalle armate musulmane e ridotto a frazioni della penisola greca, prima che venisse organizzata una difesa armata.

In epoca contemporanea, anche se il termine crociata viene a volte utilizzato con una connotazione negativa, quando ad esempio si voglia sottolineare un conflitto i cui moventi siano più ideologici che ideali, la parola conserva invece la sua originaria valenza semantica positiva, quando viene usata per indicare attività e lotte caratterizzate da un forte afflato culturale o sociale (crociata contro il fumo, contro le droghe o contro l'alcool). Ad esempio, una mazziniana come Giorgina Craufurd Saffi, acattolica di origine e moglie del triumviro della Repubblica Romana del 1849 Aurelio Saffi, a proposito di una campagna, laica, contro la prostituzione e per il riscatto delle donne che vi erano coinvolte, parla di una santa Crociata, che oggi si combatte contro il Vizio eretto a sistema - contro il Male, accettato prima come ineluttabile "necessità", quindi, organizzato, protetto, sanzionato da legge di Stato (1881).

Numerose crociate furono caratterizzate da episodi di violenza insensati. La più veemente tra esse fu probabilmente la quarta crociata, che portò alla devastante conquista di Costantinopoli, a dispetto della comunanza di fede religiosa, che indebolì in modo notevole la solidità dell'Impero bizantino anche grazie alla nascita dell'Impero latino di Costantinopoli, avviando un inarrestabile declino che culminerà con il suo definitivo annichilimento da parte ottomana nel 1453.

La prima crociata fu quella che ottenne i maggiori successi e portò alla nascita degli stati crociati d'Outremer che sopravvissero fino al 1303. Alla prima crociata seguirono altre spedizioni (8 crociate ufficiali) nel corso del XII e XIII secolo che però quasi mai raggiunsero gli obiettivi che si erano prefissate.

Dopo la definitiva conquista degli Stati crociati, il movimento crociato e l'ideologia religiosa che lo sosteneva non scemò immediatamente, ma al contrario, il movimento crociato sopravvisse per tutta l'Età Moderna (si pensi alle guerre contro i Turchi o alle guerre di religione che si combatterono dopo la Riforma protestante) e si estinse non per il fallimento delle spedizioni "De recuperatione Terrae Sanctae" o di fronte al sorgere degli stati nazionali, ma perché la teologia morale che lo sosteneva cominciò pian piano a metter in dubbio la liceità del ricorso della violenza. Inoltre, dal tardo XVI secolo al XVII secolo all'idea di guerra santa si sostituì quello di guerra giusta. Contemporaneamente, e sempre molto lentamente ma in maniera irreversibile, all'idea del Cristo schierato politicamente e quindi all'idea che si combatteva "perché lo vuole Dio", si sostituì un'idea di una divinità neutrale e disinteressata ai conflitti politici tra gli uomini. Nel XVIII secolo, con l'Illuminismo, si arrivò a considerare le Crociate come il frutto di un'epoca fanatica e superstiziosa.

Etimologia

Il termine crociata si incontra per la prima volta all'inizio del Settecento, ben oltre quindi il periodo in cui esse si tennero: trae origine dall'incrocio della parola croisade (1570 circa) del francese medio e della parola spagnola cruzada del XVI secolo, entrambe derivate dalla parola cruciata del latino medievale, participio passato di cruciare (segnare con la croce), a sua volta derivata dal latino crux (croce).

Il nome quindi richiama la croce che i partecipanti alle crociate avevano cucita sulle vesti, simbolo del loro pellegrinaggio e dei voti contratti. Nelle fonti antiche si può semmai trovare l'espressione cruce signati riguardo ai crociati anche se i soldati bizantini chiamarono se stessi "Soldati della Croce" già all'epoca di Eraclio. Per indicare le Crociate veniva usata anche l'espressione negotium crucis.

Crociate in Terra Santa

Contesto storico

Espansione musulmana (Jihad)

Negli ultimi anni di vita di Maometto, dopo aver sottomesso le vicine tribù pagane, i musulmani si volsero verso la vicina provincia bizantina di Tabuk. Il loro scopo era la conquista di nuove terre e il dominio sugli infedeli. Lo stesso Maometto, secondo una tradizione, quasi certamente priva di fondamenta storiche, avrebbe scritto all'imperatore bizantino Eraclio. «Il Profeta di Allah ha scritto a Cosroe (re di Persia), a Cesare (imperatore di Roma, cioè Eraclio), a Negus (re di Abissinia) e a tutti gli altri sovrani per invitarli a convertirsi ad Allah il Magnifico». Li esortò quindi ad abbracciare l'Islam, se volevano essere risparmiati [12]. Ovviamente nessuno accettò la proposta e poco tempo dopo la morte di Maometto i musulmani attaccarono l'Impero bizantino infervorati dalle parole del Profeta che prometteva il perdono di qualsiasi loro peccato a quanti avrebbero conquistato Costantinopoli.

Nel 636 i musulmani Arabi ottennero una schiacciante vittoria sull'esercito bizantino nella battaglia del Yarmuk e completarono in tal modo la conquista dell'intera Siria. Lo stesso ʿUmar ibn al-Khattāb, successore di Maometto, ricordò le istruzioni relative alle alternative poste agli infedeli: la conversione, la sottomissione (dimmitudine concessa solo ad ebrei e cristiani ma poi estesa anche a induisti e buddisti) o la morte per i pagani. Caddero poi in breve tempo Antiochia, Gerusalemme (che fu saccheggiata) e tutta la Mesopotamia bizantina. Da qui gli Arabi si diressero in Armenia mentre contemporaneamente cominciava l'avanzata in Egitto. Alla flebile resistenza bizantina i musulmani, guidati da ʿAmr b. al-ʿĀṣ, risposero con feroce efficienza. Durante l'occupazione dell'isola di Nikiou le donne e i bambini stessi, rifugiati nelle chiese, furono uccisi.

L'Armenia cristiana non sfuggì alla conquista e si parla della riduzione in schiavitù di circa 35.000 persone). Le armate islamiche giunsero poi in Cilicia e Cappadocia:
   
« Essi invasero la Cilicia e si procurarono molti prigionieri, e quando arrivò Muʿāwiya ordinò che tutti gli abitanti fossero passati a fil di spada; [...] Quindi, dopo aver raccolto tutte le ricchezze della città presero a torturare i capi affinché mostrassero i tesori nascosti. In quel disgraziato paese essi ridussero in schiavitù l'intera popolazione. »

In breve tempo le armate arabe conquistarono ampie regioni e arrivarono alle porte dell'Europa cristiana, assediandola sia da est sia da ovest: occuparono infatti Cipro, Rodi, Creta e la Sicilia, portandosi via ricchi bottini e migliaia di schiavi; invasero quindi la Spagna e organizzarono più spedizioni volte al saccheggio della Francia meridionale, come successe nel 792 quando Hishām, emiro di al-Andalus, chiamò tutti i musulmani al jihad

Nell'827 ai combattenti del jihād fu presentata una nuova spedizione religiosa: la Sicilia. Gli arabi la invasero depredando e saccheggiando i villaggi accanendosi in particolare contro le chiese. La loro dominazione sull'isola durò fino al 1091 quando essa venne conquistata dai normanni. Contemporaneamente l'esercito bizantino fu annientato dai turchi selgiuchidi a Manzicerta, spianando la strada all'occupazione musulmana dell'Asia Minore.

L'obiettivo ultimo delle guerre di conquista arabe (jihad) venne illustrato dallo stesso Profeta che incitava i suoi seguaci
  
 « a combattere contro gli infedeli finché essi non avessero ammesso che non vi era altro Dio al di fuori di Allah e che Maometto era il suo messaggero. »

Situazione nel Vicino Oriente

Con la conquista islamica di Gerusalemme (638) la situazione dei cristiani conobbe alcune obiettive difficoltà, anche se non si verificarono vere e proprie persecuzioni iniziarono le violenze ai danni dei sudditi non-musulmani (i cristiani in particolare, ma anche gli ebrei) costretti allo stato di dimmitudine.
Infatti, mentre i pagani subirono dall'Islam politico una conversione forzata, agli ebrei e ai cristiani, chiamati dal Corano Gente del Libro, fu concesso di rimanere a vivere nelle loro terre, continuando a professare liberamente la propria fede, malgrado conoscessero alcune discriminazioni rispetto ai sudditi musulmani e fossero costretti a sottostare ad alcune condizioni socialmente restrittive. Non era loro concesso infatti costruire, ma solo restaurare, luoghi di culto. Dovevano vestire in modo particolare (era teoricamente obbligatorio il zunnār - una fascia di tessuto stretta alla vita - che nei fatti non fu però quasi mai indossato). Non potevano avere armi né cavalli, non potevano vendere alcolici o mangiare carne di maiale, non potevano esporre le croci in pubblico o recitare a voce alta la Torah e il Vangelo; infine era loro imposta una tassa sulla persona (gizya) che veniva inizialmente riscossa mediante un cerimoniale particolare: l'esattore colpiva il dhimmi sul capo e sulla nuca affinché ricordasse di essere un cittadino di grado inferiore[19]. Ovviamente non era concesso ai dhimmi fare opera di proselitismo tra i musulmani, pena la condanna a morte, né testimoniare contro un musulmano in un procedimento giudiziario, venendo quindi ad essere potenzialmente assoggettati agli eventuali abusi di qualche prepotente musulmano.

La situazione dei pellegrini non era certo migliore.
All'inizio dell'VIII secolo ne furono crocifissi 60 che provenivano da Amorium; altri furono giustiziati dal governatore musulmano di Cesarea con l'accusa di spionaggio mentre, con la minaccia di saccheggiare la Chiesa della Resurrezione, veniva estorto denaro ai viandanti[20]. Alla fine dello stesso secolo fu proibita l'esposizione della croce all'interno di Gerusalemme, fu incrementata la tassa sulla persona (gizya) e fu impedito ai cristiani di impartire insegnamenti religiosi ad altri, anche ai figli stessi. Nel 789 furono saccheggiati diversi monasteri tra cui quello di San Teodosio a Betlemme mentre, all'inizio del IX secolo, le persecuzioni si fecero così dure che cristiani molti fuggirono a Costantinopoli e nei territori bizantini. Nel 937 toccò alle Chiese del Calvario e della Resurrezione essere saccheggiate e distrutte.

Con l'intento di riconquistare la Siria, perduta nel VII secolo, l'Impero bizantino decise di intervenire nella seconda metà del X secolo con un esercito affidato al domestikos bizantino Niceforo Foca, che condusse una serie di fortunate campagne contro i musulmani di Siria-Palestina, riassumendo il controllo della Cilicia e di parte della Siria. Nel 974 i Bizantini furono accusati di aver occupato le terre appartenenti all'Islam e il Califfo abbaside di Baghdad invocò il jihad al quale risposero combattenti provenienti anche dall'Asia Centrale. Tuttavia i contrasti tra Sciiti e Sunniti portarono alla sconfitta dei musulmani e nel 1001 il basileus di Costantinopoli, Basilio II, concluse una tregua decennale con il califfo. Nel 1004 Abu ‘Ali al-Mansur al-Hakim (985-1021) imam fatimide considerato pazzo da diversi storici, volendo convertire tutti i suoi sudditi all'Ismailismo, prese a perseguitare ebrei e cristiani e gli stessi musulmani sunniti, nell'intento probabile di convertirli tutti all'Ismailismo. Stracciò quindi improvvisamente il trattato coi Bizantini, ordinando di devastare le chiese, bruciare le croci e impossessarsi dei beni ecclesiastici. In seguito a ciò si disse che fossero rase al suolo 3000 chiese (un numero troppo alto per essere anche lontanamente verosimile, viste le restrizioni di cui s'è detto precedentemente), molti cristiani si convertirono all'Islam per avere salva la vita e le stesse chiese del Santo Sepolcro in Gerusalemme e della Resurrezione furono distrutte. Tale evento fece così scalpore nel mondo cristiano che ancora ottanta anni dopo esso fu agitato come un improbabile casus belli da parte della Chiesa di Roma, laddove la Crociata ebbe invece diverse e non meno convincenti concause. Infine l'Imam fatimide ordinò a cristiani ed ebrei di convertirsi all'Islam o di lasciare i suoi domini.

In seguito il sovrano fatimide allentò la sua stretta sugli "infedeli", restituendo buona parte dei beni confiscati alla chiesa e concesse ai Bizantini la possibilità di ricostruire la Chiesa del Santo Sepolcro, in cambio della costruzione di una moschea a Bisanzio. Tale patto fu onorato da ambo le parti ma la situazione dei cristiani continuò a essere precaria, tanto che nel 1056 fu proibito loro di entrare nella Chiesa del Santo Sepolcro e, con l'arrivo dei turchi selgiuchidi dall'Asia, ebbe inizio un nuovo periodo di terrore.

Nel 1077 Gerusalemme fu conquistata dai turcomanni e, nonostante il loro capo, l'avventuriero Atsız ibn Uvaq, avesse assicurato che non avrebbe colpito gli abitanti, furono uccise oltre 3000 persone. Dopo la conquista di questi territori da parte dei Turchi selgiuchidi, si iniziò a parlare di rapine, sequestri, uccisioni, stupri a danno dei pellegrini diretti in Terra Santa e di come questi fossero costretti a viaggiare sotto scorta armata (cosa assai improbabile, vista l'impossibilità che uomini armati non musulmani si aggirassero per le strade di una qualsivoglia contrada islamica). Certi storici credono tuttavia che le vessazioni subite dai pellegrini siano state ingigantite e moltiplicate con l'obiettivo di stimolare una convinta reazione armata dei cristiani latini, e che fosse in realtà la montante potenza selgiuchide a spaventare il mondo cristiano che, dopo la disastrosa disfatta di Romano IV Diogene a Manzicerta (conseguenza del grave periodo di crisi che stava attraversando l'impero bizantino), temeva che si stesse profilando un terribile cataclisma anche per la Cristianità latina e che il Sultanato selgiuchide avrebbe potuto realizzare la conquista islamica dell'Europa. Il nuovo imperatore bizantino Alessio I, nonostante le divergenze tra la Chiesa di Costantinopoli e quella di Roma, mise da parte l'orgoglio e si decise a chiedere aiuto per la minacciata sorte della Cristianità d'Oriente. Fu così che, come risposta, nacque la Prima Crociata.

Situazione in Europa

Intanto la società europea dell'XI secolo era in piena crescita economica e demografica, secondo una tendenza iniziata tra il VIII e il IX secolo. Il mondo europeo aveva saputo riorganizzarsi di fronte agli attacchi subiti dalle invasioni di musulmani, ungari, normanni ecc. Esisteva tuttavia un certo disagio sociale dovuto all'organizzazione feudale che faceva sì che i figli cadetti delle famiglie nobili avessero come uniche scelte le carriere o ecclesiastica o militare; c'era quindi una forte fetta di nobili armati in cerca di fortuna che, soprattutto dalla Francia, rispose con zelo alle richieste di aiuto provenienti dai regni cristiani di León, Castiglia, Navarra e Aragona impegnati nella Reconquista.

La stessa Chiesa romana, impegnata nella lotta per le investiture contro gli Imperatori germanici, incoraggiò la guerra come una reazione giusta all'invasione musulmana sollecitando l'aiuto della cavalleria europea; tuttavia, a differenza degli islamici, non erano garantiti benefici della guerra santa ai soldati morti in battaglia. L'intervento della Chiesa aveva anche la finalità politica di trovare appoggi e farsi riconoscere come fonte di legittimità a governare in un momento in cui era fortemente provata e messa in discussione dal contenzioso con l'Impero e dall'applicazione della riforma gregoriana.

Anche al di fuori della penisola iberica si registrò un rinnovato slancio, da parte del mondo occidentale, per la riconquista dei territori occupati, come in Sicilia, nelle Baleari e in brevi incursioni in Corsica e Sardegna. Spesso il motore di queste spedizioni erano le città portuali affacciate sulle coste tirreniche, adriatiche, provenzali e catalane, che accanto a un commercio col mondo bizantino e arabo (nonostante i divieti), accostavano dall'XI secolo brevi spedizioni militari, come quella unita di Genova e Pisa nel 1015-1016, il sacco di Palermo da parte dei pisani nel 1067, o quello della città tunisina di al-Mahdiya, sempre ad opera dei pisani (1087). Il successo di queste spedizioni venne preso a modello per le successive grandi imprese in Oriente.

L'esercito crociato

All'appello del Papa Urbano risposero nella prima crociata 40.000 persone di cui solo una piccola minoranza erano cavalieri. Tuttavia, a differenza di quanto si pensa oggi, non partirono solamente avventurieri in cerca di fortuna o cadetti delle famiglie che non avevano diritto alla successione, la maggior parte dei cavalieri crociati erano infatti signori nobili che vendevano i propri possedimenti per permettersi l'armatura e il viaggio in Oriente per sé e per i propri cavalieri fedeli: a partire per la croce non fu chi aveva meno da perdere ma chi possedeva di più. Anche se qualcuno sperava di fare bottino, il papa aveva decretato che le conquiste sarebbero spettate al “principe” (Alessio Comneno nel caso della prima crociata).

Per capire cosa spingeva migliaia di cavalieri a intraprendere una missione tanto onerosa e pericolosa non bisogna dimenticare che si trattava di uomini che avevano un fortissimo senso religioso. Nell'XI la cultura dei nobili prevedeva la dimostrazione pubblica di pietà; inoltre essi erano conosciuti tanto per le imprese militari quanto per l'amore che dimostravano verso Dio: era dovere di un aristocratico rendere i frutti dei suoi servigi alla Chiesa e al popolo. La crociata era un ulteriore mezzo per dimostrare la loro carità: difendendo la Chiesa, difendevano tutto quanto vi era di buono e giusto nel mondo. Si può quindi affermare che (secondo quello che sappiamo sulla mentalità medievale) la maggior parte dei Crociati era spinta dal sincero amore di Dio. Anche tra i ranghi inferiori è probabile che prevalessero i principi che muovevano i signori più ricchi ma non vi è dubbio che chi aveva di meno sperava di guadagnarci qualcosa.

Lo stesso Pontefice pensava alla Crociata non come ad una guerra santa, ma come a un dovere caritatevole nei confronti dei confratelli orientali ed era giusto che costoro si adoperassero per rivendicarne le terre e le proprietà. Non va comunque dimenticato che da circa mezzo secolo si era avuto il famoso scisma tra Chiesa d'Occidente e d'Oriente e che, avendovi il romano pontefice notevolmente perso in influenza (in quanto il patriarca di Costantinopoli aveva rivendicato l'indipendenza del clero bizantino) egli ebbe anche ragioni prettamente politiche per voler aiutare l'Imperatore Alessio I, sperando che ciò avrebbe agevolato un riavvicinamento (che, effettivamente, in un momento iniziale ci fu, prima che i bizantini si accorgessero che i crociati apportavano più danni che benefici).

Urbano II sapeva però che non era sufficiente fare appello al cuore degli uomini per convincerli all'azione; così la riconquista della terra Santa (che fino a quel momento era stata considerata nient'altro che una conseguenza) divenne l'obiettivo ufficiale della missione.

Tuttavia questo idealismo non fece comportare i crociati in modo particolarmente pio durante il viaggio: erano guerrieri devoti ma altrettanto arroganti e brutali, e non mancarono atti di violenza e azioni riprovevoli. Chi voleva intraprendere il viaggio doveva fare "il voto del pellegrino" "prendendo la Croce". Quindi con mezzi propri doveva raggiungere la terra Santa; il suo giuramento non era vincolato né al papa né a nessun altro uomo, ma direttamente al Signore. La massa di pellegrini quindi erano tutt'altro che un esercito; l'unico aspetto che la teneva coesa erano i legami feudali e familiari al suo interno anche perché, il titolo di “comandante in capo”, era solamente onorario. Ciò rese estremamente difficile mantenere il controllo della spedizione: un esercito crociato era in realtà una massa organizzata di soldati, sacerdoti, servi e altri individui al seguito che si dirigevano più o meno nello stesso posto per scopi analoghi. Una volta partito, non lo si poteva più controllare.

Prima crociata

La richiesta di aiuto che l'imperatore bizantino Alessio Comneno aveva inviato tramite una lettera al conte di Fiandra, tornò a favore di Papa Urbano II, il quale, secondo il cronista Bernoldo di Costanza, avrebbe fatto riferimento esplicito all'aiuto da portare ai Cristiani d'Oriente nel concilio di Piacenza, precedente l'accorato appello finale di Clermont. Quindi, anche se fu l'imperatore bizantino a domandare aiuto, l'appello alle Crociate fu fatto ufficialmente per salvare i cristiani d'Oriente dalla loro situazione drammatica.

Quando Papa Urbano II indisse un pellegrinaggio armato al concilio di Clermont (1095) al grido di Deus vult ("Dio lo vuole"), nessuno pronunciò la parola "crociata", si pensava infatti ad una sorta di pellegrinaggio di massa a Gerusalemme[25][26]. La croce rossa che i pellegrini portavano sul mantello infatti stava a significare che erano pronti a versare il loro sangue per un viaggio redentore ma di certo nessuno si aspettava una simile risposta da parte dei fedeli. Papa Urbano II sperava, una volta aiutato Alessio Comneno, di ristabilire la sua autorità in una nuova riconciliazione e riunificazione tra la Chiesa d'Occidente e quella d'Oriente nella lotta contro i musulmani.

La reazione del popolo fu però incontrollata e molti partirono immediatamente, male armati e poco equipaggiati. Tale spedizione, che sarà poi chiamata "crociata dei Pezzenti", fu guidata da Pietro l'eremita e Gualtieri Senza Averi, nobile squattrinato, si concluse con il massacro delle forze cristiane ad opera dei musulmani presso Nicea. Oltre a mancare completamente l'obiettivo della Terra Santa, degenerò nei primi pogrom contro gli Ebrei presso le coste dalmate.

La prima vera crociata, detta "dei nobili", avvenne solo due anni dopo e fu guidata fra gli altri da Goffredo di Buglione. Essa portò i maggiori successi dal punto di vista territoriale, i terreni conquistati però non furono tutti restituiti a Bisanzio, come pattuito prima delle spedizioni, ma alcuni portarono alla nascita degli stati crociati d'Outremer. Tuttavia spesso le azioni dei crociati si riveleranno incontrollate e fin dal loro arrivo a Gerusalemme nel 1099, dopo aver proceduto ad un massacro degli abitanti della città (cosa tuttavia che non differiva dalle abitudini dell'epoca), gli storici parlano di soprusi non solo nei confronti dei musulmani, ma anche nei confronti degli ortodossi.

Crociata del 1101

La cosiddetta "crociata del 1101" fu in realtà l'insieme di tre diverse imprese, organizzate in seguito al successo della prima crociata, alla fine della quale si era levata la richiesta di rafforzare il neonato regno di Gerusalemme, cosicché papa Urbano II lanciò l'appello per una nuova crociata.

Seconda crociata

Fu solo con la seconda crociata (1147-1149), causata dalla caduta di Edessa (1144), che il fine bellico divenne esplicito.

Il teologo san Bernardo di Chiaravalle teorizzò, in risposta alla difficoltà per un cristiano di conciliare la guerra non difensiva con la parola di Dio, la teoria del malicidio: chi uccide un uomo intrinsecamente cattivo, quale è chi si oppone a Cristo, non uccide in realtà un uomo, ma il male che è in lui; dunque egli non è un omicida bensì un malicida.

Questa episodica giustificazione, in risposta a un espresso quesito dei cavalieri templari, non assunse tuttavia il carattere di giustificazione generalizzata di quella che fu, in effetti, una campagna per la ripresa di Antiochia.

La seconda crociata venne condotta con un'eccessiva spavalderia dal re di Francia Luigi VII, alleato al solo Corrado III del Sacro Romano Impero, ignorando le possibili alleanze con alcuni potentati musulmani che avrebbero permesso di riprendere la contea di Edessa. Egli, ascoltando le perorazioni di alcuni cattivi consiglieri abbagliati dalle ricchezze di Damasco, cinse d'assedio la capitale siriana senza nemmeno cercare l'aiuto del re normanno di Sicilia né del basileus bizantino, riportando una disastrosa sconfitta nel 1148.

Terza crociata

La terza crociata (1189-1192), detta anche la "crociata dei Re", fu un tentativo, da parte di vari sovrani europei, di strappare Gerusalemme e quanto perduto della Terra Santa, al Saladino. Vi parteciparono Federico Barbarossa, che morì in Anatolia, forse per un arresto cardiaco oppure durante il guado di un fiume della Cilicia, chiamato Salef, cadendovi e annegando a causa della pesantezza della sua armatura, Filippo II Augusto, re di Francia e Riccardo Cuor di Leone, re d'Inghilterra.

Grazie agli sforzi di Riccardo d'Inghilterra, fu ottenuto almeno un risultato positivo, la riconquista di San Giovanni d'Acri, che divenne la nuova capitale del Regno. Dopo la battaglia di Arsuf fu siglata col Saladino la pace di Ramla del 1192.

Quarta crociata

La quarta crociata fu indetta da Papa Innocenzo III all'indomani della propria elezione al soglio pontificio nel 1198, e fu diretta contro i musulmani in Terra Santa. Nella prima enciclica di Innocenzo III dell'agosto 1198 la liberazione di Gerusalemme era vista come necessaria.

I crociati in realtà non arrivarono mai in Terra Santa. Visto l'esiguo numero di soldati giunti a Venezia, il doge veneziano Enrico Dandolo partì alla riconquista di Zara. Conquistata poi la città ribelle, venne raggiunto dal figlio dell'imperatore deposto a Bisanzio. Giunto a Bisanzio reinstaurò il legittimo governo ma non ebbe la possibilità, come preventivamente accordato, di porre una base commerciale nella città, come cioè era nel 1190 circa prima della rivolta anti-veneta e filo-genovese, ove si dice che Dandolo stesso avesse perso la vista da un occhio. Visto che il nuovo Cesare non sembrava voler accordare quanto pattuito per il suo ritorno al trono, i crociati presero nuovamente Costantinopoli. L'Impero bizantino venne spartito tra i crociati, con le principali piazzeforti commerciali in Morea e alcune isole adriatiche assegnate a Venezia stessa, dando poi inizio al cosiddetto Impero latino di Costantinopoli.

Quinta crociata

Sotto il pontificato di papa Innocenzo III il Concilio Lateranense IV aveva deciso d'indire di una nuova crociata, la quinta (1217-1221). Federico II, in occasione della sua incoronazione a Rex romanorum, nel 1215, giurò solennemente di prendervi parte, ma poi rimandò più volte, il che provocò tensioni con il papa. Papa Onorio III stabilì infine che la crociata dovesse aver inizio il 1º giugno 1217. Dopo la defezione in Palestina di Andrea II d'Ungheria nel 1218[27], si tentò una nuova via, quella di prendere lo strategico porto in egiziano di Damietta, sulla parte orientale del delta del Nilo, ma la spedizione - che vide la presenza anche di san Francesco d'Assisi che inutilmente perorò davanti al Sultano ayyubide al-Malik al-Kamil la causa della conversione del sultano - si rivelò un fallimento: dopo la conquista di Damietta nel novembre 1219, l'esercito crociato attese inutilmente l'arrivo della flotta di Federico II, che arrivò solo dopo la rovinosa sconfitta nell'agosto 1221.

Sesta crociata

Dopo il fallimento della quinta crociata, l'imperatore Federico II, con il trattato di San Germano (l'odierna Cassino), si era solennemente impegnato, nel 1225, a guidare la sesta crociata in Terra Santa[28] di cui aveva più volte ritardato l'inizio, impegnato com'era alla prioritaria stabilizzazione politica e al consolidamento amministrativo del regno di Sicilia, attraversato allora da moti di rivolta[29]. Quando nel 1227, a causa di una malattia, fu costretto a rimandare la crociata ancora una volta, fu scomunicato da papa Gregorio IX. Nonostante questo, l'anno successivo, Federico si recò a Gerusalemme, mentre il Papa lo definiva "Anticristo".

Questa crociata fu l'unica combattuta pacificamente con gli strumenti della politica: Federico l'aveva preparata su un piano squisitamente diplomatico: nell'estate 1227, aveva inviato Berardo di Castagna, arcivescovo di Palermo a lui fedelissimo, in missione diplomatica in Egitto, insieme a Tommaso I d'Aquino conte di Acerra[30]: recando con sé ricchissimi doni, tra cui pietre preziose e un cavallo sellato d'oro Berardo aveva il delicato compito di saggiare le interessanti prospettive di intesa appena apertesi con il sultano ayyubide, il curdo al-Malik al-Kāmil[27]. L'intesa con il sultano sarà decisiva per assicurare il grande successo alla crociata di Federico, che portò grandi acquisizioni, ma per via pacifica e su un terreno esclusivamente diplomatico, dopo il totale fallimento militare della crociata precedente, da cui Federico era rimasto indenne per non esservisi impegnato. Federico, avendo sposato l'erede alla corona di Gerusalemme Isabella di Brienne, poteva presentarsi come valido successore al titolo regale: nonostante la scomunica ne indebolisse il potere contrattuale, egli ottenne dal sultano, per via diplomatica, la cessione di Gerusalemme, che venne accordata a patto che le fortificazioni cittadine fossero demolite, in modo da non costituire fonte di preoccupazione militare per il sultano.

Settima crociata

La settima crociata si svolse fra il 1249 e il 1250. Fu diretta contro l'Egitto e guidata dal re di Francia Luigi IX il Santo. È probabile che l'invasione di Napoli e Palermo da parte di Carlo d'Angiò, fratello di Luigi IX, fosse finalizzata a creare una "testa di ponte" franca per le crociate.

Ottava crociata

L'ottava crociata fu anch'essa diretta contro i domini musulmani in Africa settentrionale e fu sempre guidata da Luigi IX.

Nona crociata

La nona crociata è solitamente considerata l'ultima crociata medievale ad essere stata condotta contro i musulmani in Terra Santa. La maggior parte degli storici, tuttavia, non la considera come una crociata a sé, ma come la seconda parte dell'ottava.