Carl Philipp Gottlieb von Clausewitz
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Carl Phillip Gottlieb von Clausewitz ([kaʁl fɔn ˈklaʊzəvɪts]; Burg
bei Magdeburg, 1º giugno 1780 – Breslavia, 16 novembre 1831)
è stato un generale, scrittore e teorico militare prussiano.
Maggior generale nell'esercito prussiano, combattente durante le
guerre napoleoniche, è famoso per avere scritto il trattato
di strategia militare Della guerra (Vom Kriege), pubblicato per la
prima volta nel 1832, ma mai completato, a causa della morte precoce
dell'autore. Quasi tutta la sua vita si svolse sotto il regno di
Federico Guglielmo III.
Nato nel 1780 da una famiglia della piccola borghesia, Carl von
Clausewitz si arruolò nell'esercito prussiano a soli 12 anni,
nel 1792. Nel 1794 divenne ufficiale e venne impiegato in compiti di
guarnigione sino al 1806. In questo periodo divenne amico di uno dei
principali generali prussiani, Scharnhorst, e da lui introdotto a
corte.
Avendo aderito la Prussia alla coalizione antifrancese nel 1805, nel
1806 partecipò alla campagna che si concluse con la sconfitta
di Jena, dove fu catturato dai Francesi. Dopo la stipula della pace
di Tilsit nel 1807, nel 1808 tornò in Prussia e si
impegnò insieme a Scharnhorst nella riforma dell'esercito;
nel 1810, promosso maggiore e sposatosi con Marie von Brühl, fu
nominato professore all'accademia militare appena rifondata
dall'amico Scharnhorst e responsabile della formazione militare del
principe ereditario, il futuro Guglielmo I, per cui redasse nel 1812
un opuscolo intitolato "Principi della guerra". Sempre nel 1812, in
disaccordo con la linea politica filofrancese imposta dalla pace di
Tilsit, rassegnò le sue dimissioni dall'esercito prussiano e
si arruolò, assieme a Scharnhorst e Gneisenau, in quello
russo. Membro dello Stato Maggiore russo, prese parte alla campagna
del 1812, sul fronte baltico, e fu tra i protagonisti dei negoziati
che spinsero la Prussia ad abbandonare la coalizione napoleonica.
Ritornato nell'esercito prussiano, partecipò alla vittoriosa
campagna del 1813-1814 (Battaglia di Lipsia) a quella conclusiva del
1815 (anche se non partecipò direttamente alla Battaglia di
Waterloo).
Promosso generale nel 1818, si aspettava di poter ricevere adeguati
riconoscimenti dal sovrano prussiano ma, sospettato di essere un
riformista, venne nominato amministratore capo della scuola di
guerra di Berlino, carica che tenne quasi fino alla sua morte. Dal
1818 al 1830, lavorò al suo celeberrimo scritto “Della
guerra” ("Vom Kriege"), senza però che tutto questo periodo
fosse sufficiente a fargli concludere il lavoro. A causa
dell'insurrezione polacca del 1831, fu richiamato in servizio attivo
come capo di stato maggiore di Gneisenau e inviato sul fronte
polacco, ove morì per la medesima epidemia di colera che
uccise anche Hegel.
A partire dal 1808 iniziò a lavorare ad un copioso corpus di
saggi brevi sulla storia militare prussiana, e sulla storia militare
del secolo XVIII; inoltre analizzò le guerre napoleoniche in
brevi saggi, libri, articoli, e altro materiale che fu utilizzato
nelle accademie militari prussiane ed in seguito di altri principati
tedeschi. Il saggio "Della guerra" fu utilizzato successivamente nei
corsi d'accademia di molte nazioni, sia europee che extra europee,
affermandosi come uno dei più letti testi di teoria della
guerra; il suo successo si internazionalizzò però solo
dopo la guerra Franco-Prussiana, quando nelle accademie si diffuse
una maggiore curiosità verso l'esercito tedesco, che era
riuscito a sconfiggere l'esercito francese, considerato il migliore
del mondo fino a quel momento. Il pensiero di von Clausewitz fu
notevolmente influenzato dalla filosofia hegeliana, e per questo la
fortuna delle sue opere fu condizionata anche dalla diffusione di
metodi di ragionare collegati con questa scuola di pensiero. Von
Clausewitz, anche per questa ragione, fu molto letto e commentato
anche in ambienti marxisti e marxisti-leninisti, e "Della guerra"
fece parte dei corsi di studio delle accademie militari sovietiche.
Della guerra
Tra il 1832 e il 1837 la moglie fece pubblicare la sua opera,
composta in otto libri, ancora incompiuta. Della guerra è il
fondamento principale della teoria strategica moderna per il suo
realismo e per la sua completezza concettuale, tanto da oltrepassare
l'ambito militare e influenzare la politica, la scienza politica e
le altre scienze umane.
Nel trattato gli aspetti politico-filosofici della guerra sono
strettamente correlati con essa. Celebre la sua frase:
« La guerra non è che la continuazione della politica
con altri mezzi. La guerra non è dunque, solamente un atto
politico, ma un vero strumento della politica, un seguito del
procedimento politico, una sua continuazione con altri mezzi.
»
Con questa asserzione von Clausewitz afferma che in una
comunità la politica, e quindi l'azione di governo, sono
gerarchicamente superiori alla guerra e la utilizzano come strumento
per i propri scopi. Non è possibile concepire un progetto
bellico se non sussiste una comunità politica, per quanto
primordiale, che lo decida.[1] Ecco perché scrive anche:
« La guerra non è mai un atto isolato. »
e
« La guerra non scoppia mai in modo del tutto improvviso, la
sua propagazione non è l'opera di un istante. »
Ancora più importante, seppure molto meno citata, è
l'affermazione che la natura della guerra è la risultante di
tre forze inseparabili: il cieco istinto (odio, inimicizia, violenza
primordiale), la libera attività dell'anima (valore militare,
gioco d'azzardo e calcolo delle probabilità, strategia) e la
pura e semplice ragione (politica), che è l'unico elemento
razionale:
« Il primo di questi tre aspetti riguarda particolarmente il
popolo; il secondo, il comandante in capo e il suo esercito; e il
terzo il governo. »
Queste convinzioni formano il contesto necessario entro cui
comprendere altre affermazioni più "tecniche":
« La guerra è l'impiego illimitato della forza bruta.
»
« La guerra è un atto di violenza il cui obiettivo
è costringere l'avversario a eseguire la nostra
volontà. »
« Scopo dell'atto di guerra è disarmare l'avversario.
»
Clausewitz fu il primo teorico militare occidentale a prendere in
esame l'importanza del sentimento bellico, dell'animo del
comandante, dei soldati e del popolo. Nel suo libro, contrastando le
idee di Kant espresse nell'articolo Risposta alla domanda: che
cos'è l'Illuminismo?, afferma che il sottoposto non è
costretto ad accettare ciecamente gli ordini e le imposizioni del
suo superiore, ma deve invece essere critico nei suoi confronti.
Questa idea verrà poi rifiutata dai generali tedeschi della
seconda guerra mondiale, in particolare possiamo leggere nella
biografia di Friedrich Paulus ad opera di suo figlio, la sua cieca
obbedienza anche quando gli ordini tattico-strategici di Hitler
erano contrari ai suoi.
La fortuna del "Della guerra" toccò il culmine negli anni
appena precedenti alla prima guerra mondiale, quando divenne una
sorta di testo sacro per gli alti comandi tedeschi e non solo.
Successivamente in ambiente anglosassone il testo fu molto attaccato
sul piano teorico dal capitano Basil Liddell Hart (storico militare
e teorico delle forze corazzate), dalle varie scuole antropologiche
che iniziavano a studiare il fenomeno bellico e, in anni più
recenti, dallo storico militare John Keegan.
Le critiche si concentrarono soprattutto sul fatto che l'impianto
teorico di Clausewitz risultava valido solo nel caso specifico delle
guerre combattute tra potenze sovrane dell'Europa occidentale (in
altri luoghi ed epoche erano esistite guerre non politiche), e che
alcuni dei precetti tattici da lui descritti risultavano datati,
retorici, dogmatici o erronei. Le critiche non scalfirono la fortuna
dell'opera, che anzi tra le due guerre conobbe molte ristampe e
traduzioni, diffondendosi ancora di più; anche se ormai
veniva interpretata in maniera molto differente da vari
esegeti.[senza fonte]
Anche oggi esistono scuole di teoria militare che si rifanno agli
insegnamenti di von Clausewitz, ritenendoli perfettamente
corrispondenti alla realtà; un esempio di storico e teorico
militare clausewitziano è dato da Edward Luttwak.