CICCOTTI, Francesco

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di Luigi Agnello

Nato a Palazzo San Gervasio (Potenza) il 28 apr. 1880 da Michele e Maria Teresa Barile, piccoli proprietari terrieri, ebbe rettificato il cognome in Scozzese Ciccotti con sentenza del tribunale di Melfi del 2 luglio 1900, ma nella attività di giornalista e di scrittore si finnò sempre Ciccotti. Imparentato con i più autorevoli esponenti del socialismo lucano, E. Ciccotti e R. Pignatari, si iscrisse giovanissimo al Partito socialista e, senza terminare gli studi secondari di indirizzo tecnico, si impegnò nella militanza politica, fondando un circolo socialista nel paese natale e inviando corrispondenze alla Propaganda di Napoli. Nel III congresso socialista pugliese-lucano (Bari, 8 ott. 1899) venne eletto tra i quattro componenti il comitato della Federazione interregionale (cfr. Avanti!, 14 ott. 1899), e nei due anni seguenti lavorò intensamente in Puglia e nella zona orientale della Basilicata ad organizzare leghe di resistenza bracciantili e a guidarne le lotte.

All'azione leghista assegnava, liberisticamente, una funzione propulsiva dello sviluppo capitalistico, da cui si attendeva una rapida modernizzazione agronomica delle campagne meridionali, auspicando, secondo una tradizionale ottica meridionalistica, che esso non venisse ostacolato dalla politica fiscale e doganale del governo (cfr. Governo e agricoltura nell'Italia meridionale, in Critica sociale, X [1900], pp. 277 s.; Il Sud e il dazio sul grano, in Avanti!, 12 ag. 1901) e dalla quotizzazione dei patrimoni demaniali e comunali (cfr. Quotizzazione ed emigrazione nell'Italia meridionale, in Riv. popol. di politica, lettere e scienze sociali, VI [1900], pp. 412-15). Invece sosteneva che il capitalismo agrario dovesse essere contrastato nella tendenza a proletarizzare i piccoli proprietari e, sulle orme di G. Gatti, sollecitò il P.S.I. a riesaminare il programmatico disinteresse nei loro confronti, ad assumerne la tutela (cfr. Il Partito socialista nell'Italia meridionale, in Avanti!, 7-8 marzo 1900; Socialismo e piccola proprietà, ibid., 21 Sett. 1901) e a promuoverne la cooperazione, nella quale egli individuava "il piano di resistenza e forse di vittoria della piccola proprietà nell'Italia Meridionale" (Socialismo e cooperativismo, agricolo nell'Italia meridionale, Firenze 1900, p. 29).

Queste tesi vennero da lui presentate al VII congresso nazionale del P.S.I. (Roma, 8-11 sett. 1900) in un o.d.g., sottoscritto con L. Murialdi e altri, così cauto da ottenere l'approvazione quasi unanime (cfr. Rendiconto..., pp. 114 ss.), e in termini più espliciti al V congresso socialista pugliese-lucano (Bari, 1°-2 sett. 1901), dove incontrarono una netta ripulsa (cfr. Avanti!, 5 sett. 1901). Comunque l'economismo e il tecnicismo che le ispiravano continueranno a caratterizzare l'itinerario ideologico e politico del C., al quale resterà estranea qualsiasi indicazione marxista.

Inviato dal partito ad Orvieto, nell'ottobre 1901, perché vi assumesse la segreteria della Federazione socialista e la direzione dell'organo federale, L'Unione popolare, istituì circoli e leghe in tutto il circondario e promosse scioperi di mezzadri a Ficulle (26 marzo 1902) e Allerona (7 apr. 1902). Dopo una breve permanenza a Livorno, dove resse la Camera del lavoro (marzo-aprile 1903), si trasferì. a Trieste, con la moglie, Cesarina Borelli, che aveva sposato nell'ottobre 1902, per dirigervi il Lavoratore, organo ufficiale dei socialisti triestini, e partecipò al convegno sull'irredentismo, tenuto in quella città il 21-22 maggio 1905, tra i rappresentanti del socialismo italiano e austriaco, con un intervento in cui vibrarono accenti patriottici (cfr. Avanti!, 25 maggio 1905). L'esperienza triestina gli accreditò una competenza, infrequente tra i socialisti italiani dei tempo, in questioni internazionali, delle quali si occupò soprattutto sul Divenire sociale (1905, 1907).

Dal novembre 1905 al settembre 1906 fu a Venezia, dove diresse il Giornaletto, quotidiano socialista. Nell'ottobre di quell'anno tornò a Roma per entrare nella redazione dell'Avanti!, in seguito alla vittoria integralista nel IX congresso nazionale del P.S.I. (Roma, 7-10 ott. 1906), alla quale egli aveva contribuito con un lungo discorso punteggiato dalle interruzioni polemiche di A. Labriola, E. Ferri e F. Turati (cfr. Resoconto..., pp. 133-48). La confluenza nell'integralismo, consentiva al C. di perseverare nel suo tentativo di tenersi in equidistanza tra riformisti e rivoluzionari, già sperimentato nei precedenti congressi di Imola (6-9 sett. 1902) e di Bologna (8-11 apr. 1904). Dopo la rivincita del riformismo al congresso di Firenze (19-22 sett. 1908) e il ritorno di L. Bissolati alla direzione dell'Avanti!, il C. ne uscì e andò a dirigere a Perugia il giornale della Federazione provinciale socialista, La Battaglia, sul quale polemizzò con le organizzazioni cattoliche dei contadini. Intanto, giornalista ormai affermato, collaborava a prestigiose riviste quali la Nuova Antologia (1907-1908), la Rivista d'Italia (1908- 1911), L'Italia all'estero (gennaio-agosto-1909), IlViandante (1909-1910).

Tornato a Roma alla fine del 1909, fondò, diresse e compilò in gran parte personalmente, spesso non firmando gli articoli o firmandoli con pseudonimi, Liberissima (10 febbr. 1910-30 apr. 1911), trimensile fino al 31 dic. 1910, poi settimanale, che ospitò saltuariamente scritti di G. Casalini, G. Cena, E. Ciccotti, G. De Felice, V. Morello, T. Monicelli, G. Salvernini, E. Troilo.

Qui il C. inasprì la sua polemica meridionalistica contro il riformismo e il giolittismo, lamentando "la degenerazione cooperativistica del socialismo italiano" (Liberissima, 10 giugno 1910), insultando Giolitti, "l'ormai vecchio ribaldo di Dronero" (ibid., 15nov. 1910), e attaccando ininterrottamente il contemporaneo ministero Luzzatti, perché godeva del patronato giolittiano e della benevolenza parlamentare socialista. Invece salutò con entusiasmo il nazionalismo in una lettera aperta a E. Corradini (ibid., 20 luglio 1910), il quale gli rispose di convenire che socialisti e nazionalisti potessero "andare d'accordo nel promuovere il bene della patria" (ibid., 15sett. 1910); peraltro il C. respinse l'esito guerrafondaio della ideologia corradiniana (ibid., 15dic. 1910).

Nell'XI congresso nazionale dei P.S.I (Milano, 21-25 ott. 1910), il C. fu tra i capi della sinistra, ma in un discorso ricco di suggestioni e citazioni salveminiane si limitò a reclamare un riformismo più energico di quello tradizionale, che scaturisse dalla "pressione extraparlamentare sui poteri dello Stato" (Resoconto..., p. 108). Nella riunione della frazione rivoluzionaria del 25 ottobre si schierò con C. Lazzari, G. M. Serrati e A. Balabanov contro la proposta avanzata da Mussolini di uscire dal partito, e fu suo l'o.d.g. approvato in tal senso. Eletto nella stessa riunione fra i sette membri della commissione esecutiva nazionale della frazione, propose la pubblicazione di un organo ufficiale della corrente. Ma quando fu fondata la Soffitta (1° maggio 1911-10 luglio 1912), i compagni non ne affidarono la direzione al C. "per non vendere il giornale ai riformisti", secondo una dichiarazione che A. Vella avrebbe rilasciato al Popolo d'Italia (5 giugno 1919). Tuttavia il C. ne fu uno dei più assidui collaboratori.

All'inizio del settembre 1911, nell'imminenza del congresso socialista, il C. fu inviato in Romagna dalla commissione esecutiva della frazione rivoluzionaria per recuperare le sezioni forlivesi che Mussolini aveva indotto, in aprile, a proclamarsi autonome dal partito. L'abile lavoro del C. fu interrotto dall'arresto di Mussolini per manifestazioni contrarie alla guerra di Libia (14 ottobre), ma la relazione amichevole che intanto eranata tra i due tornerà preziosa all'ascesa -mussoliniana nel P.S.I.

La crisi tripolina e la pressione dell'ambiente romagnolo spinsero il C. a radicalizzare la propria posizione nel XII congresso nazionale del P.S.I. (Modena, 15-19 ott. 1911): nel suo intervento si volse contro i riformisti di sinistra, ai quali rimproverò di percorrere una equivoca via di mezzo neointegralista a proposito del ministerialismo e di riservare alla spedizione africana una "opposizione contingente", priva di "spirito internazionalista" (Resoconto..., p. 179). Però, nella pubblicistica del 1911-12, lo stesso C. criticava l'impresa coloniale con argomentazioni prevalentemente produttivistiche, in quanto essa avrebbe impedito il corretto sviluppo economico della nazione.

Tornato in Romagna per concludere l'operazione di recupero dei fuorusciti forlivesi, sostituì Mussolini, detenuto, nella direzione della Lotta di classe, dal 21 ott. 1911 al 16 marzo 1912, e sulle colonne di questo periodico seguì le vicende processuali del futuro duce, dì cui compose un panegirico, attribuendogli "la testa di un pronipote di Socrate" (Benito Mussolini, in La Lotta di classe, 13 genn. 1912). Dopo la scarcerazione di Mussolini (12 marzo 1912) e il rientro nel partito delle sezioni di Forlì (14 aprile), il C. guidò i rivoluzionari alla conquista di una schiacciante maggioranza nel congresso delle federazioni socialiste di Romagna (Forlì, 16 giugno), facendo approvare un o.d.g., di cui Mussolini giudicò "ottime le premesse teoriche" (La Lotta di classe, 22 giugno 1912), e nel quale egli anticipava molti temi del proprio discorso al XIII congresso nazionale del P.S.I. (Reggio Emilia 7-10 luglio 1912) e della piattaforma che qualificò, in quella sede, l'ala più radicale della sinistra: motivazione liberistica e meridionalistica dell'anticolonialismo, antiprotezionismo, richiesta di espulsione dei riformisti dì destra a titolo individuale e per atti specifici, non per dissensi teorici, intransigenza assoluta nelle elezioni, anche amministrative.

Ma ad inficiare il rivoluzionarismo del C. concorreva, oltre all'incongruenza ideologica, il calcolo tattico di conseguire un ruolo dirigente nel partito per effetto della sicura vittoria congressuale della sinistra. Deluso dal mancato ingresso nella nuova direzione, eseguì una brusca virata dicendosi favorevole ad alleanze elettorali con gli ultrariformisti appena espulsi (cfr. Dopo ilcongresso, in La Soffitta, 20 luglio 1912).

Nel settembre 1912 si ristabilì a Roma come corrispondente dell'Avanti!, e rinunciò a diventarne direttore perché non volle trasferirsi a Milano. La rinuncia del C. all'ftnportante incarico, cui era stato designato dal direttore dimissionario, G. Bacci, spianò la strada alla candidatura di Mussolini che, prima di accettare la nomina, dichiarò "di non sentirsi in grado di assumere la direzione da solo ma con Francesco Ciccotti" (v. verbale della riunione che la direzione del P.S.I. tenne il 10 nov. 1912 riprodotto in Il Paese., 30-31 ott. 1921). Con le sue corrispondenze da Roma alimentò l'estremismo sedizioso inaugurato all'Avanti! da Mussolini, con il quale fu processato, ed assolto, per la campagna di stampa montata dopo l'eccidio di Roccagorga (6 genn. 1913); ma in qualche caso frenò le intemperanze dei neodirettore. La "politica degli eccidi" fu denunciata dal C. al XIV congresso nazionale del P.S.I. (Ancona, 26-29 apr. 1914), dove egli difese l'opera della direzione e mise in guardia contro le reviviscenze bloccarde.

Uscito Mussolini dall'Avanti!, il C., che dallo scoppio della guerra europea aveva oscillato tra un neutralismo meramente enunciato e un'accesa intesofilia, restò il commentatore principale dell'organo socialista per i problemi internazionali, e con le sue contraddizioni tipicizzò in modo solo più vistoso il disorientamento del partito.

Alla vigilia dell'ingresso dell'Italia in guerra non celò propensioni interventiste, come poi gli venne rinfacciato da diverse parti (cfr., per es., Atti parlamentari, Camera, Discussioni, legislatura XXV, 1ª sessione, tornata del 14 luglio 1920, pp. 3367-70), con particolare velenosità dal Popolo d'Italia (30dic. 194;10 marzo 1915; 31 marzo 1915;10 sett. 1917)e da F. Paoloni (I sudekumizzati del socialismo, Milano s.d. [ma 1917], pp. 125-35e passim).

All'indomani dell'intervento secondò il tentativo compiuto da F. Turati e C. Treves per orientare le masse socialiste verso l'accettazione dei presunti fini democratici della guerra, in un articolo col quale egli riprendeva la collaborazione alla Critica sociale, ma che fu interamente imbiancato dalla censura (lo si -veda riprodotto in P. Melograni, I riformisti italiani e la guerra in alcuni documenti del giugno 1915, in Riv. stor. del social., IX [1966], pp. 110-114). Nel novembre 1915 fondò a Roma, e pubblicò fino al giugno 1919, il settimanale La Polemica socialista, in cui polemizzò contro gli interventisti democratici, nazionalisti e salandrini, collegandosi con i giolittiani, specialmente con il direttore della Pubblica Sicurezza, G. Vigliani, e con il genero di Giolitti, M. Chiaraviglio. Benché il periodico ricevesse finanziamenti dall'Unione socialista romana, che vi pubblicava i suoi atti ufficiali, e dal gruppo parlamentare socialista, che lo usava come portavoce ufficioso, il C. se ne servì spesso per ambigue manovre personali.

Riaccostatosi alla frazione rivoluzionaria, in ripresa dopo la rivoluzione russa del marzo 1917, si legò ai "rigidi" torinesi e svolse una vivace propaganda pacifista in molte città d'Italia. A causa di due comizi tenuti a Torino, fu coinvolto nella inchiesta giudiziaria sulla istigazione dei moti scoppiati in quella città nell'agosto 1917.

Di questi, secondo Gramsci, il C. "avrebbe dovuto ritenersi il più responsabile" (Quaderni del carcere, I, p. 107)., in quanto "principale agente" (ibid., p. 109) di un presunto complotto giolittiano volto a provocare la caduta del governo Boselli e il ritorno di Giolitti al potere. Queste affermazioni, che ripetevano calunnie della stampa antigiolittiana, risultano alla ricostruzione storiografica "completamente gratuite" (A. Monticone, Il socialismo torinese ed i fatti dell'agosto 1917, in Rass. stor. del Risorg., XLV [1958], p. 93), ma resta persuasiva la caratterizzazione gramsciana del C. come giornalista spregiudicatissimo e corruttibile, accomunato per esemplarità negativa a F. Naldi, C. Bazzi e G. Preziosi (Quaderni del carcere, I, p. 123).Quando la costituzione del ministero Orlando offrì nuovo spazio al collaborazionismo dei riformisti, il C. sostenne energicamente questa linea, e fu, pertanto, costretto a dimettersi, nel maggio 1918, dall'Avanti!. L'incoerenza e l'ambiguità del suo contegno durante gli ultimi gli procurarono duri attacchi da parte di L. Galetto e A. Aspettati nel XV congresso nazionale dei P.S.I. (Roma, 1°-5 sett. 1918), ma egli, pur ammettendo di avere "dondolato" (Resoconto..., p. 135), si difese abilmente, soprattutto dall'addebbito di aver gestito la Polemica socialista fuori dalle direttive del partito. Nel dicembre 1918 fu chiamato da F. Naldi nella redazione del Tempo di Roma, ma ne uscì nel maggio 1919, su sollecitazione della Unione socialista romana, allorché il quotidiano si orientò in senso antisocialista. Successivamente fu redattore della Stampa di Torino.

Eletto deputato dal collegio di Perugia nel novembre 1919, fu uno dei membri più influenti del gruppo parlamentare socialista, all'interno del quale si mostrò il fautore più risoluto della collaborazione con il governo Nitti, illustrando la sua posizione in un articolo di notevole risonanza (Andare al potere, in Critica sociale, XXX [1920], pp. 130-33; cfr. anche Le direttive e i propositi del Partito socialista italiano, in Nuova Antol., 1° febbr. 1920, pp. 321-25) e in un volume (L'Italia in rissa, Roma 1921) introdotto da una prefazione consentanea di F. Turati. Osteggio, invece, il governo Giolitti, per il suo filofascismo (cfr. Atti parlamentari, Camera, Discussioni, legislatura XXV, 1° sessione, tornata del 28 genn. 1921, pp. 7095-7105). Specialista, tra i deputati socialisti, di politica estera, intervenne nel dibattito parlamentare sul trattato di pace di Saint-Germain (ibid., tornata del 7 ag. 1920, pp. 5066-75) e sultrattato di Rapallo (ibid., tornata del 26 nov. 1920, pp. 5928-34).

Intanto contribuiva a fondare il quotidiano romano Il Paese, il cui capitale sociale fu sottoscritto, insieme agli affaristi nittiani A. Iaccarino e G. De Giorgio, da un cognato del C., A. Borelli (cfr. Costituzione della Società an. editrice del giornale "II Paese", in Roma, in Ministero dell'Economia nazionale, Boll. uffic. delle Società per azioni, XXXIX, 4 ag. 1921, I, pp. 34-38). Il C. attese che scadesse il suo mandato parlamentare prima di assumere formalmente la direzione del giornale, affidata fino al 21 maggio 1921 al redattore capo A. Giannini, ma fin dai primi numeri ne fece lo strumento di un rilancio di Nitti al governo col sostegno del P.S.I. dal quale, però, egli era costretto a dimettersi il 5 maggio proprio a causa della perdurante collaborazione alla stampa borghese (cfr. Avanti!, 8maggio 1921).

Le virulente polemiche tra il Paese e il Popolo d'Italia, culminate nella insinuazione di Mussolini che nel P.S.I. "ci fu sempre un 'veto' di complicata natura morale tutte le volte che si parlò di elevare Ciccotti Scozzese alla direzione dell'Avanti!" (Popolo d'Italia, 4 ott. 1921), provocarono un duello tra i due direttori, che si svolse ad Antignano, presso Livorno, e terminò al quattordicesimo assalto per sopravvenuta crisi cardiaca del Ciccotti.

Dopo la marcia su Roma e la devastazione della sede del Paese, si ritirò a Quinto al Mare, presso Nervi, dove si astenne da ogni gesto pubblico, se non per tracciare un bilancio autocritico della ventennale esperienza politica sua e della sua generazione (cfr. Mea culpa, meaculpa, in La Rivoluzione liberale, 22 maggio 1923). Tornato a Roma nell'ottobre 1923, riallacciò i contatti con i riformisti confluiti nel P.S.U., ma i ripetuti tentativi di aggressioni squadriste, ordinate personalmente da Mussolini, lo indussero a riparare in Francia nell'agosto 1924.

Fino al giugno 1925 fu a Parigi, dove diresse un'agenzia di informazioni, finanziatata dalla massoneria francese, con la quale ispirò una campagna di stampa antifascista su quotidiani parigini di sinistra. Ciò gli costò, insieme ad altre manifestazioni di antifascismo, la perdita della cittadinanza italiana e la confisca dei beni inflittagli con r. d. 30 sett. 1926, n. 1754. Trasferitosi ad Agen, presso Tolosa, assunse un ruoloieminente nel fuoruscitismo della regione, dove capeggiò il ricostruito Partito socialista unitario lavoratori italiani e cooperò con L. Campolonghi e A. De Ambris nella Lega internazionale dei diritti dell'uomo e nella Concentrazione antifascista. Intanto collaborava all'organo concentrazionista La Libertà, pubblicava articoli contro la politica estera ed economica del regime sulla Dépêche e sul Midi socialiste, quotidiani tolosani, e denunciava in un libello (Re Vittorio e il fascismo, Tolosa 1927), le responsabilità della Corona di fronte al fascismo.

Con G. Giacometti costituì nel marzo 1927, grazie ai finanziamenti della Banca di Francia, la Ruche agricole, un istituto bancario che intendeva operare tra gli agricoltori italiani emigrati nel Sudovest della Francia, e qualche mese dopo dette vita alla Ruche cooperative, ernanazione dell'organismo precedente. Il consolato italiano di Tolosa contrastò le due società, di cui il C. era amministratore delegato, come fece abortire il tentativo, da lui operato nei primi mesi del 1928, di associare in una cooperativa, la Maison du lait, i produttori di latte della zona.

Nel luglio 1928 si spostò a Nizza, per affiancare D. Rondani nella riorganizzazione delle forze antifasciste del Sudest. Anche qui intrecciò l'impegno politico e giornalistico - fu redattore dei Petit Niçois - con l'affarismo: infatti fondò e gestì la Société des autobus du litoral, che curava il trasporto di passeggeri lungo il tratto Cannes-Mentone. Dal dicembre 1928 tentò di organizzare nella Francia meridionale un gruppo di fuorusciti che, in polemica con la inerzia della direzione parigina della Concentrazione, progettava di promuovere azioni violente contro il regime e cercava, a tale scopo, collegamenti con le minoranze tedesche e slave presenti nel territorio italiano. Benché questo progetto venisse respinto dal congresso generale della Concentrazione, tenuto a Parigi il 27 e 28 apr. 1929, il C. continuò nella sua attività scissionistica, sulla quale pesava il sospetto di mirare a un subdolo smembramento dell'antifascismo in collusione con la polizia fascista, e che pertanto fu sconféssata dalla Libertà (13, 20 ott. 1929), mentre egli veniva costretto a dimettersi dal P.S.U.L.I. Dopo il congresso della unificazione socialista (Parigi, 19-20 luglio 1930) rientrò nel P.S.I., ma, sottraendosi al rendiconto di fondi affidatigli per la propaganda in Italia, rischiò di essere sottoposto ad un'inchiesta del partito che eluse con la partenza dalla Francia, dove la sua figura era ormai screditata.

Sbarcato a Buenos Aires il 28 dic. 1930, ricevette cordiali accoglienze tra gli emigrati politici italiani e nella Sinistra argentina, trovando subito accesso alla stampa dei primi (La Patria degli italiani, Il Risorgimento) e della seconda (La Vanguardia, Critica, Cordoba, La Prensa, LaNación). La qualifica di corrispondente di importanti quotidiani francesi, come Le Soir di Parigi, gli consentì di ottenere interviste dalle maggiori personalità politiche argentine e da molti membri del governo nato nel settembre 1930 dal colpo di Stato militare dei gen. J. F. Uriburu. Le sovvenzioni decretate nel settembre 1931 dal ministero delle Finanze a un'agenzia di notizie economiche da lui creata allo scopo di incrementare gli scambi commerciali franco-argentini sembrarono provare che egli fosse passato al soldo del governo Uriburu, la cui involuzione dittatoriale diventava sempre più evidente, e scatenarono contro di lui la stampa democratica e socialista del Paese, specialmente il Cordoba, della città omonima, e il Diario socialista indipendiente di Buenos Aires.

Caduto Uriburu nel febbraio 1932, il C. rinsaldò i legami con gli ambienti massonici e radicali argentini: entrò nella redazione del quotidiano Noticias graficas e collaborò al settimanale El Suplemento, entrambi portegni. Sul primo pubblicò nel 1933 una serie di articoli poi compendiati nel volume El caFion entre los dientes (El fascismo es la guerra), Buenos Aires 1931le cui pagine.più interessanti rievocano l'amicizia che aveva legato l'autore a Mussolini e propongono alcune osservazioni incisive sulla personalità di costui, descritto come "el tipo del anarquista reaccionario" (ibid., p. 105).

Con r. d. 17 nov. 1932, n. 1510, gli era stata restituita la cittadinanza italiana, ma egli non torrrà in Italia. Morì a Buenos Aires il 14 sett. 1937.