Cercle Proudhon
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II. L' anomalia francese: dal sindacalismo rivoluzionario al
fascismo "operaio"
Secondo Zeev Sternhell, il più affermato studioso del
fascismo transalpino e delle radici socialiste del fenomeno
fascista, si può affermare che l' ideologia fascista
maturò proprio in Francia, a partire dalle ribellioni di
boulangisti e nazionalisti contro la democrazia liberale di fine XIX
secolo, fino alla riflessione di Maurice Barrès, uno dei
primi a vedere la possibilità di fondere in termini moderni
le istanze del nazionalismo e quelle del socialismo.
Nell' imminenza della prima guerra mondiale era già presente
un articolato corpus di pensiero al quale mancava soltanto una
definizione precisa e le adeguate condizioni esterne per
trasformarsi in forza politica.
Caratteristica fondamentale del fascismo francese sarà la
transizione di personalità e interi gruppi dalle
organizzazioni della sinistra al fascismo.
Un fenomeno troppo ampio per rappresentare solo un caso di
opportunismo, e che del resto non può essere ridotto alla
sola Francia (i percorsi politici di leader fascisti come Mussolini,
Mosley e de Man lo testimoniano).
In Francia, tuttavia, lo slittamento dalla sinistra al fascismo
assunse dimensioni sconosciute altrove, ed avvenne proprio in
periodo di pace e quando la sinistra stava raggiungendo l' apice del
suo potere.
Alla radice di questa anomalia c' è l' alto grado di
continuità politica con la situazione prebellica: la prima
guerra mondiale in Francia non segnò uno spartiacque in
termini di sistemi ideologici, strutture e comportamenti politici.
Certo la guerra ebbe anche lì un ruolo cruciale come
catalizzatore di consensi verso il fascismo, ma non fu essa a
produrre il fascismo stesso.
Fu prima, negli ultimi anni dell' Ottocento, che si formò un'
alleanza fra un certo tipo di socialismo non marxista, antimarxista
o già postmarxista, e il nuovo nazionalismo generato dalla
débacle del 1870.
Il boulangismo degli anni Ottanta è il primo esempio di
questa convergenza in nome della comune opposizione al sistema della
Terza Repubblica.
Nel maggio 1898, nel mezzo dell' affaire Dreyfus, Maurice
Barrès conia il termine "socialismo nazionalista" per
indicare una nuova sintesi di pensiero già profondamente
antisemita, avendo egli compreso che l' antisemitismo è uno
strumento indispensabile tanto per legare il proletariato alla
comunità nazionale quanto per assicurarsi il sostegno della
piccola borghesia.
Altra pietra miliare nella preistoria del fascismo è la
fondazione, nel 1903, del Parti Socialiste National di Pierre
Bietry, sostituito l' anno dopo dalla Federation Nationale des
Jaunes de France.
Vero battistrada del fascismo, il socialismo "giallo" predica la
solidarietà nazionale anziché la lotta di classe, l'
accesso alla proprietà in luogo dell'espropriazione, la
condivisione dei profitti da parte degli operai e un sindacalismo
operaio e imprenditoriale, il tutto amalgamato da uno Stato forte
organizzato in corporazioni professionali.
Non si può comprendere il fascismo francese se non si osserva
la natura del sindacalismo in generale e l'influenza su di questo
del sindacalismo rivoluzionario, spesso pressoché invisibile
ma ideologicamente cruciale.
Sindacalismo e nazionalismo condividevano l' ostilità verso
la democrazia liberale e la società borghese, al punti che le
stesse analisi dei meccanismi di questa società erano
notevolmente simili.
All'estero, i futuri fascisti Roberto Michels e Arturo Labriola
rappresentavano una corrente di pensiero destinata ad assumere in
Francia dimensioni più cospicue: è vero che Sorel, il
teorico del sindacalismo rivoluzionario, era più conosciuto
ed apprezzato in Italia.
Ma in Francia si era già affermato un personaggio come Hubert
Lagardelle, direttore di "Le Mouvement Socialiste", organo del
marxismo antiparlamentare, che si batteva contro ogni deviazione
rispetto alla lotta di classe e incarnava la purezza dottrinale in
ogni congresso socialista: più tardi, sarebbe diventato
ministro del lavoro di Petain.
Nelle fila dei collaborazionisti e dei fascisti degli anni Quaranta,
sindacalisti, socialisti e comunisti avrebbero svolto un ruolo
decisivo, risultato finale dello sforzo operato, dopo l'affaire
Dreyfus e la riaffermazione delle forze governative, per separare la
classe operaia dalla democrazia parlamentare.
Accanto a George Sorel si cristallizzarono idee e correnti di
pensiero il cui comune denominatore era la ribellione contro la
dottrina dei diritti naturali, il liberalismo e la democrazia:
grazie al suo insegnamento il passaggio dal sindacalismo
rivoluzionario al nazionalismo divenne quasi naturale.
Il Cercle Proudhon fu
fondato - su ispirazione di Sorel - in seno all' organizzazione
nazionalista Action Française, nel dicembre 1911: un mese
più tardi inizierà la pubblicazione dei "Cahiers du
Cercle Proudhon" .
L' 11 novembre 1925, anniversario dell' armistizio, sarà
proprio George Valois, un ex membro del Cercle Proudhon e dell'
Action Française, a fondare il primo movimento fascista al di
fuori dell' Italia: il Faisceau.
La sua creazione rappresentò in realtà un tentativo di
riprendere l' opera del Cercle, bloccata dalla guerra, dalla
rivoluzione russa e dalla morte di Sorel.
Fu in parte un riflesso difensivo determinato dalla vittoria
elettorale del Cartel des Gauches e in parte una ribellione contro
l' immobilismo politico e la natura reazionaria dell' Action
Française e delle varie ligues nationales.
Dal Faisceau di Valois fino a Deat e Doriot nella Parigi occupata, i
veri fascisti esprimeranno sempre la loro profonda sfiducia nei
confronti nella base sociale estremamente ristretta dell'Action
Française, nel suo carattere classista e nella sua natura
essenzialmente giornalistica.
Anche le vecchie ligues, i movimenti nazionalisti, facevano ormai
parte del sistema politico ed accolsero freddamente il nuovo
progetto.
Il Faisceau dovette perciò ritagliarsi il suo posto al sole a
costo di una incessante guerra con le organizzazioni già
presenti, dal momento che ne erodeva non solo la clientela ma anche
le risorse finanziarie.
Nel febbraio 1926, a tre mesi dall' esordio, il Faisceau era stimato
dalle forze di polizia in circa 10.000 iscritti, saliti in aprile a
15.127 nella sola Parigi (a quel tempo, Valois sosteneva di avere
20.000 iscritti in tutta la Francia); a settembre il numero aveva
raggiunto le 48.000 unità.
La metà del 1926 rappresentò il punto di massima
ascesa del Faisceau: sei mesi dopo la fondazione, sopravanzava l'
Action Française a Parigi.
Quanto alle tre ligues nationales, raccoglievano ancora circa
100.000 iscritti; la Ligue de Patriotes di Barres era stato il primo
movimento extraparlamentare francese ed aveva organizzato, ai tempi
del caso Boulanger, imponenti manifestazioni di piazza
antigovernative; tuttavia, negli anni Venti la sua influenza era
ormai ridotta a zero.
Il terreno fertile da essa arato aveva prodotto la Ligue Antisemite
di Guerin (protagonista di un vero assedio al centro di Parigi, nel
1899), la Ligue de la Patrie Française e la più
celebre Ligue d'Action Française.
Rispetto ad esse il Faisceau si caratterizzava come un autentico
movimento fascista, poiché risolutamente nazionalsocialista,
violentemente antiborghese e anticonservatore e animato da
intenzioni rivoluzionarie.
Nondimeno, pur con tutto il successo sul fronte del reclutamento,
soffrì la contraddizione di fondo tra le necessità
finanziarie e le tendenze di sinistra: da vero movimento fascista,
esso ricercava sostegni nella classe operaia, tra gli intellettuali
e tra i giovani, in forza del proprio vitale anticapitalismo.
Gli incendiari appelli di Valois presto spaventarono i finanziatori
già acquisiti e quelli che si contava di coinvolgere in un
secondo tempo: la prima vittima delle defezioni fu il quotidiano "Le
nouveau siecle", che Valois aveva lanciato nel febbraio 1925, ma sei
mesi dopo poteva contare solo su 4.700 abbonati contro i 40.000 del
giornale stampato da Action Française.
Se non riuscì a sfondare il muro della destra, Valois non fu
molto più fortunato con la sinistra, limitandosi ad attirare
alcuni aderenti della CGT.
Nel complesso, il Faisceau rimase un movimento del ceto medio: la
sua ideologia socialisteggiante non fece presa sulla classe operaia,
costringendolo quindi a cacciare nelle riserve delle vecchie ligues
senza poter spingersi significativamente oltre al loro pubblico
tradizionale.
Sembra inoltre che ai progressi realizzati nella seconda metà
del 1926 in provincia - soprattutto nel Nord e nell' Est - non
avessero trovato seguito a Parigi, dove il partito di Valois era
giunto ad un punto morto già a luglio.
L' attrattiva basilare del Faisceau era probabilmente destinata ai
settori più dinamici dell'economia (tecnici e liberi
professionisti) attirati dall'organizzazione corporativa del
partito, detta Faisceau delle corporazioni e posta sotto la guida di
Pierre Dumas, un ex sindacalista rivoluzionario della CGT e
luogotenente di Valois: al momento della fondazione, nell' aprile
1926, essa poteva contare su tredici corporazioni e circa 2.500
aderenti.
Ciononostante il Faisceau non riuscì mai ad imporsi: Valois,
come i leader della destra radicale dai tempi di Boulanger e dell'
affaire Dreyfus, mancava di carisma, e la sua volontà
innovativa si arrestò sul piano dello stile.
Un corpo paramilitare in uniforme si occupava di garantire l'ordine
durante le dimostrazioni che talvolta risultarono gigantesche, con
treni speciali allestiti appositamente per trasportare migliaia di
militanti.
Se le tecniche di propaganda erano già a portata di mano,
mancavano le condizioni socioeconomiche: il Faisceau, come i
progetti che lo seguirono, non ebbe un necessario retroterra di
inflazione e disoccupazione o, in alternativa, di timori legati a
possibili insurrezioni della sinistra radicale.
La nascita del Faisceau era stata determinata appunto dalla vittoria
delle sinistre alle elezioni del 1924; con il ritorno del più
moderato Poncaré nel 1926, il riassorbimento della crisi
nella destra tradizionale e una rapida restaurazione dello status
quo economico, il Faisceau andò in pezzi.
Le elezioni del 1928 furono favorevoli alla destra; non così
quelle del 1932, che videro una spettacolare ripresa del nuovo
Cartel de Gauches incrinata però dalle divisioni interne e
dagli effetti della grande depressione.
Il deterioramento delle condizioni economiche, l' instabilità
governativa e gli scandali finanziari sfociarono nella sanguinosa
rivolta del 6 febbraio 1934 e prepararono il terreno per nuove
agitazioni che, tuttavia, non si sarebbero tradotte nell' ascesa di
un regime fascista o filofascista.
Le ragioni sono molteplici: le difficoltà economiche, seppur
serie, non raggiunsero mai le proporzioni della crisi tedesca, le
classi medie e rurali non si videro minacciate da un possibile
crollo della struttura politica e lo stesso sistema della Terza
Repubblica seppe dimostrare la propria solidità.
La ripresa dell' agitazione fascista contribuì esclusivamente
alla crescita del Fronte Popolare e alla vittoria di questo nelle
elezioni del 1936.
La seconda generazione del fascismo francese si incarnò in
due piccoli movimenti, entrambi creati da uomini che avevano avuto a
che fare con l' avventura di Valois: la Solidaritè
Française e i Francistes.
La Solidaritè Française fu lanciata nel 1933 dall'
industriale milionario François Coty e dal suo staff nel
giornale "L' ami du peuple": i quadri intermedi del partito,
soprattutto quelli giovanili, erano costituiti da ex soldati,
giovani intellettuali, alcuni avvocati e fisici ma soprattutto
giornalisti e letterati.
Il partito pretendeva di avere dai 180.000 ai 250.000 aderenti,
benchè si trattasse perlopiù di semplici lettori del
quotidiano: il numero dei militanti superava di poco i
15.000-20.000, e quello dei "mobilitabili" raggiungeva a malapena i
5.000, 3.000 dei quali concentrati nell' area urbana di Parigi.
La situazione della Solidaritè Française non differiva
di molto da quella dei Francistes, nati anch' essi nel 1933 ad opera
di un ex militante del Faisceau.
Il piccolo movimento di Marcel Bucard riscosse un certo successo
internazionale, rappresentando la Francia al congresso dei movimenti
fascisti europei tenutosi a Mountreux nel settembre 1935, ma non
riuscì mai a mettere insieme più di 10.000 militanti e
rimase costantemente a corto di risorse economiche così come
di sostegni da parte degli intellettuali.
Come il Rassemblement National Populaire di Marcel Deat e il Parti
Populaire Français di Jacques Doriot, il francismo fu, dopo
il 1940, uno dei principali movimenti che sostennero la
collaborazione con la Germania, nell' aspirazione a creare un
autentico nazionalsocialismo francese.
La terza generazione del fascismo francese si aprì, nel 1936,
con un caso unico in Europa: la fondazione del Parti Populaire
Français da parte di una delle personalità più
in vista del movimento comunista.
Jacques Doriot, segretario generale della Jeunesses Communistes nel
1923, deputato del PCF nel 1924 e candidato alla segreteria generale
del partito, al momento della sua espulsione nel 1934 era sindaco
della città industriale di Saint Denis, una delle roccaforti
del comunismo francese.
Degli otto membri dell' ufficio politico del PPF eletti al congresso
di Saint Denis del 9-11 novembre 1936 (era il terzo partito fascista
francese a nascere in quel giorno fatidico) sette, incluso Doriot,
venivano dall' estrema sinistra, e cinque di essi erano operai dell'
industria.
Il comitato centrale del partito - le cui strutture ricalcavano
quelle dei comunisti - era composto da 46 membri (inclusi gli
otto dell' ufficio politico), 12 dei quali ex attivisti comunisti,
quattro provenienti da gruppetti di sinistra, tre dalle Croix de Feu
e due dall' Action Française: i rimanenti 27 erano uomini
nuovi, privi di precedenti esperienze politiche.
Dei 277 delegati al primo congresso nazionale del 1937, 134 non
erano mai appartenuti ad alcun partito, 78 venivano dai movimenti
giovanili comunisti, socialisti e radicali, soltanto 45 dall'
estrema destra.
Riguardo alla composizione sociale, i dati sul congresso costitutivo
del 1936 evidenziano tre categorie principali: 1. operai
specializzati e non, lavoranti di basso grado, 2. liberi
professionisti e studenti, 3. membri della borghesia.
Sino alla fondazione del Rassemblement National Populaire di Deat
nel 1941, il PPF rimase il gruppo antimarxista capace di attirare il
maggior numero di operai ed ex comunisti e socialisti: malgrado
ciò, gli ex comunisti non rappresentarono mai più del
10% degli iscritti di base, ed erano dunque enormemente
sovrarappresentati ai vertici dell' organizzazione.
Il PPF sapeva darsi l' intelaiatura e lo stile di un partito
"popolare" pur dovendo fare affidamento anch' esso su finanziamenti
del grande capitale (che comunque continuava a preferirgli la Croix
de Feu).
Se non fosse stato per la guerra, il PPF avrebbe finito col
soccombere anch' esso: i movimenti fascisti in Francia non
riuscirono mai a consolidarsi perchè, essendo meri espedienti
di crisi, non potevano attuare quella rivoluzione che era
tuttosommato la loro unica ragione di esistenza.
La borghesia, per la quale il fascismo era semplicemente il minore
tra due mali, preferiva servirsi delle proprie truppe d' assalto: la
Croix de Feu.
Fondata nel 1928 con lo scopo di raccogliere i decorati di guerra,
l' associazione non aveva, all' inizio, un programma politico ben
definito: con l' ascesa del colonnello conte de La Roque alla
presidenza, il raggruppamento assunse una chiara coloritura
ideologica e arrivò a 36.000 iscritti nel 1932.
Da ciò si nota come i due più importanti movimenti di
massa di destra in quell' epoca - le Jeunesses Patriotes negli anni
Venti e la Croix de Feu negli anni Trenta - erano in definitiva al
soldo delle forze conservatrici tradizionali, giacchè
condividevano con esse la volontà di difendere l' ordine
esistente: per questo la borghesia preferì La Roque e
Taittinger a Valois, Bucard e Doriot.
Non è soprendente che entrambe queste organizzazioni abbiano
subito, dopo un primo periodo, la perdita progressiva degli elementi
più attivi: nel caso della Croix de Feu, la prima defezione
fu quella di Bertrand de Maud'huy, autore di un manifesto che
reclamava l' abolizione delle distinzioni di classe e la creazione
di un mercato controllato interamente dallo Stato.
Dopo aver lasciato la Croix de Feu, Maud'huy prese contatto con
Gaston Bergery, già eminente uomo politico radicale e in
seguito ambasciatore di Vichy a Mosca ed Ankara: i contatti tra il
suo Front Social e gli scissionisti di Croix de Feu non approdarono
però a nulla.
Nel luglio del 1935 la strada era ormai sgombra per il PPF, che
aveva sottratto gli elementi filofascisti alla Croix de Feu ogni
giorno più simile ad una guardia pretoriana della destra
tradizionale: esattamente il contrario di ciò che il fascismo
autentico rifiutava di essere, tanto da spingere Robert Brasillach,
il celebre scrittore e poeta collaborazionista fucilato nel 1945, ad
affermare in una lettera aperta "Non siamo le truppe d' assalto di
chi ha idee di destra. Non siamo le SA del conservatorismo".
Eppure il vero movimento di massa degli anni Trenta fu quello della
Croix de Feu, stimato nel luglio 1935 tra le 250.000 e le 400.000
unità e probabilmente almeno raddoppiato tra il 1936 e il
1939.
Ben organizzato e provvisto di un nutrito seguito, godeva
dell'enorme sostegno finanziario di alcuni dei più ricchi
industriali francesi: ad onta di ciò, non riuscì mai a
far eleggere più di una dozzina di parlamentari.
La Croix de Feu era potenzialmente il più forte blocco
politico francese: lo stesso PPF non doveva avere più di
150.000 iscritti, comunque una cifra considerevole se si pensa che
nel 1933 il PCF ne aveva meno di 29.000 e la SFIO 130.000: alla fine
del 1936, l' anno del Fronte Popolare, ci sarebbero stati 284.000
comunisti, e un numero poco inferiore di socialisti.
In Francia il fascismo reale, autentico, è sempre nato a
sinistra, mai a destra: ciò è vero tanto per Gustave
Hervè (fondatore di un effimero Parti Socialiste National),
quanto per Valois (che negli anni Trenta tornò a sinistra e
morì poi a Buchenwald) e Doriot, l' ex dirigente comunista
che avrebbe prestato servizio sul fronte dell' Est in uniforme da
ufficiale tedesco, per arrivare sino a Marcel Deat, ex ministro
socialista ritrovatosi nel 1941 nel Rassemblement National
Populaire, assieme a ex compagni socialisti e sindacalisti.
Deat, che nel 1926 era stato eletto deputato socialista, nel 1932
fece pubblicare il suo "Perspectives socialistes" nella casa
editrice di Valois: quell' opera, che attaccava l' essenza del
socialismo ortodosso e la sostituiva con l' idea di una grande
coalizione anticapitalista, segnò la nascita di un nuovo
socialismo nazionale, autoritario e antimarxista.
Due anni dopo la SFIO si scrisse, dando spazio all' emersione dei
"neos", ossia i neosocialisti dell' ala destra che avevano in Deat
il loro riferimento teorico: nel 1936 lo stesso Deat era ministro
dell' aviazione, e in quella veste si opposte ad ogni provvedimento
di mobilitazione contro la marcia dei nazionalsocialisti tedeschi
nella Renania smilitarizzata a Versailles.
Collocato in campo pacifista, sarebbe divenuto uno dei maggiori
sostenitori dell' accordo di Monaco e più tardi, insieme a
Doriot, della collaborazione con il nazionalsocialismo, visto come
la grande rivoluzione sociale del XX secolo.
Nel dicembre 1941 fondò il Rassemblement National Populaire
che, nelle sue intenzioni, sarebbe dovuto divenire il partito unico
a guida di una seconda rivoluzione francese, seguendo il modello
dell' hitlerismo.
Incluso Deat, la direzione del movimento contava 14 membri, otto dei
quali provenienti dalla sinistra o dall' estrema sinistra: il suo
settimanale, "Le National Populaire", cominciò a partire
dalla sua apparizione nel giugno 1942 una lunga campagna per una
Carta del Lavoro incentrata sui diritti degli operai e per un
sindacalismo corporativo ma efficace.
Il RNP si collocava chiaramente all'estrema sinistra del
collaborazionismo, in una posizione paragonabile soltanto a quella
della Repubblica di Salò: un fascismo libero da compromessi
col potere, ma proprio per questo irreale.
La destra tradizionale aveva conservato troppa forza per dover
lasciare strada al nazionalsocialismo di un Deat o un Doriot, e la
stessa sconfitta del 1940 non aveva lasciato un vuoto, ma sostituito
un' elite con un' altra.
Alla base dei successi fascisti non vi è mai stata, in
realtà, la forza della destra tradizionale, ma piuttosto la
sua debolezza: e in Francia la destra si è sempre dimostrata
talmente in grado di salvaguardare gli interessi dei suoi
sostenitori da non dover mai ricorrere ai fascisti.