Felice Cavallotti
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    Felice Carlo Emanuele Cavallotti (Milano, 6 ottobre 1842 – Roma, 6
    marzo 1898) è stato un poeta, drammaturgo, politico e
    patriota italiano, fondatore, insieme ad Agostino Bertani,
    dell'Estrema sinistra storica, movimento attivo tra il 1877 e
    l'avvento del Partito Radicale Italiano (1904). Fu soprannominato
    "il bardo della democrazia"
    
    Biografia
    
    Figlio di Francesco, originario di Venezia, trasferitosi a Milano
    per ragioni di lavoro e di Vittoria Gaudi, milanese, Cavallotti fu
    considerato il capo incontrastato dell'"Estrema sinistra" nel
    parlamento dell'Italia liberale pre-giolittiana. Dopo un periodo
    giovanile nel quale simpatizzava per l'azione moderata di Cavour, si
    convertì alle idee più democratiche e repubblicane di
    Mazzini, Pisacane e Cattaneo. Abbandonata la famiglia a diciotto
    anni per unirsi alla seconda fase della Spedizione dei Mille, Felice
    Cavallotti combatté con i Garibaldini nel 1860, e nel 1866 in
    Valtellina e in Trentino, ove prese parte alla Terza Guerra
    d'Indipendenza come volontario nel 4º Reggimento comandato dal
    colonnello Giovanni Cadolini del Corpo Volontari Italiani. Si
    distinse per valore nella battaglia di Vezza d'Oglio. Nel 1867 fu di
    nuovo al fianco di Garibaldi nella Roma pontificia, durante la
    fallita insurrezione che vide di nuovo l'intervento delle truppe
    francesi in aiuto di Pio IX. In questo periodo maturò anche
    il suo anticlericalismo.
    Il giovane Cavallotti
    
    Come scrittore Cavallotti commentò le azioni dei Garibaldini
    per il giornale milanese L'Unione e per il napoletano L'Indipendente
    di Alexandre Dumas padre; tra il 1866 ed il 1872 scrisse satire
    anti-monarchiche per la Gazzetta di Milano e per il Gazzettino Rosa
    L'attività politica
    
    Dopo la morte di Agostino Bertani, avvenuta nel 1886, la passione di
    Cavallotti nel rivendicare riforme, ed una riconosciuta
    generosità d'animo da parte dei contemporanei, gli
    assicurarono la leadership della sua parte politica ed una
    popolarità seconda solo a quella di Francesco Crispi.
    
    Nel 1873, all'età di 31 anni, Felice Cavallotti fu eletto per
    la prima volta al Parlamento come deputato di Corteolona. Molto
    attivo contro gli ultimi governi della Destra storica, Cavallotti fu
    scettico anche a proposito della Sinistra, che salì al potere
    nel 1876, e si tenne all'opposizione, denunciandone il trasformismo
    negli anni di Agostino Depretis. Nella seduta parlamentare dell'11
    dicembre 1884, il deputato Felice Cavallotti difese vivacemente il
    collega di partito Luigi Castellazzo accusato ingiustamente da
    Giuseppe Finzi come il responsabile della condanna a morte dei
    martiri di Belfiore del 1852.
    
    Tramite un'intesa conclusa nel 1894 con Antonio Starrabba, Marchese
    di Rudinì, egli ottenne molte concessioni alle richieste
    radicali. Durante i dodici anni sotto la sua guida il partito, che
    sposò una posizione filo-francese, crebbe in numero da venti
    a settanta deputati, ed al momento della sua morte l'influenza
    parlamentare di Felice Cavallotti era all'apice.
    I rapporti con il movimento socialista
    
    Cavallotti, che nel 1871 aveva espresso il proprio appoggio alla
    Comune di Parigi, mostrava attenzione verso le idee marxiste, pur
    non condividendo fino in fondo l'approccio di classe alla “questione
    sociale” che peraltro anche lui denunciava da parlamentare. Se i
    socialisti vedevano nel Partito Radicale una sinistra borghese, nei
    fatti radicali e socialisti si trovarono insieme nelle lotte per
    l'emancipazione delle classi subalterne e nell'opposizione al
    colonialismo italiano. Il primo operaio ad essere eletto
    parlamentare, nel 1882, tra le file dei radicali fu Antonio Maffi. A
    Napoli, colpita dall'epidemia di colera, a trovarsi al fianco delle
    classi popolari nel 1885 furono il socialista Andrea Costa,
    l'anarchico Errico Malatesta e il radicale Cavallotti.
    
    I rapporti con la massoneria
    
    Pur condividendo appieno il carattere radicale e anticlericale che
    il Gran Maestro Ettore Ferrari aveva impresso alla massoneria,
    Cavallotti non fu mai massone. Fu lui stesso a smentire
    esplicitamente la sua appartenenza all'ordine, con una lettera al
    direttore dell'Italia Reale del 9 gennaio 1895: "Per semplice
    esattezza la prego di ripetere che io non sono mai stato massone,
    non mi sono mai iscritto a nessuna loggia, non faccio parte di
    alcuna e non credo e non debbo credere che siasi abusato del mio
    nome. Se fossi massone non ci vedrei nulla a dirlo. Non essendolo,
    non mi approprio di una qualifica che non ho"
    
    Il Cavallotti uomo
    
    Nella vita privata lo stile del politico radicale non tradì
    gli ideali professati. Felice Cavallotti riconobbe e crebbe
    personalmente i due figli Maria (1867-1895), avuta da una relazione
    con un'attrice ungherese, e Giuseppe (nato nel 1885 da Assunta
    Mezzanotte), così chiamato in ricordo del fratello, Giuseppe
    detto Peppino, morto nel 1871, durante la guerra franco-prussiana),
    avuti da due libere unioni[7], e colse tutte le occasioni per
    riaffermare la sua intransigenza come laico nei confronti delle
    pressioni operate dalla Chiesa sulla politica dello Stato italiano.
    È anche grazie a lui che a Roma, in Piazza Campo de' Fiori,
    nel 1889 venne eretta la statua a Giordano Bruno, opera di Ettore
    Ferrari. Felice Cavallotti, descritto come persona dal carattere
    passionale e testardo, nel corso della sua vita combatté
    trentatré duelli, senza mai uccidere nessun avversario, e
    prestò il giuramento di fedeltà come deputato solo
    dopo averne pubblicamente contestato la validità.
    
    Il duello fatale
    
    Felice Cavallotti morì il 6 marzo 1898, ucciso in duello dal
    conte Ferruccio Macola (che sarebbe finito suicida anni dopo),
    direttore del giornale conservatore Gazzetta di Venezia, che lo
    aveva sfidato in seguito ad un diverbio. Il radicale aveva tacciato
    di mentitore il conte, responsabile di avere pubblicato una notizia
    non verificata relativa ad una querela che egli aveva ricevuto come
    deputato. L'ultimo duello di Felice Cavallotti ebbe luogo a Roma,
    presso Porta Maggiore, in un giardino nella villa della contessa
    Cellere. Felice Cavallotti venne ferito gravemente, raggiunto alla
    bocca dalla sciabola dell'avversario, che gli trafisse
    contemporaneamente la carotide. Perse subito conoscenza, per il
    dissanguamento, e, portato all'interno della villa e soccorso,
    morì pochi minuti dopo soffocato dal sangue. Benché i
    duelli fossero ufficialmente proibiti dal 1875, e considerati un
    omicidio nel caso di morte del duellante, nessun processo venne
    intentato. Macola venne comunque esiliato dalla vita politica e
    sociale, e anni dopo si suicidò. Con la morte di Cavallotti,
    gli elementi dell'Estrema sinistra storica in Italia persero un
    leader, e la Casa di Savoia un instancabile oppositore. Per la morte
    di Felice Cavallotti, Giosuè Carducci pronunciò un
    discorso funebre pieno di passione all'Università di Bologna.
    Un corteo di tre chilometri ne accompagnò il feretro fino al
    cimitero di Dagnente (oggi frazione di Arona), sul Lago Maggiore,
    dove è sepolto. Anche Filippo Turati lo commemorò con
    un discorso quel giorno, durante la cerimonia.
    « Non passa giorno, quando d'amari
    
    Ricordi il flutto sul cor si spezza,
    Senza che il guardo cerchi ne' cari
    Volti una mesta lunga dolcezza,
    E il core, in memore linguaggio muto,
    Alle tre imagini mandi un saluto. »
    (Felice Cavallotti, Tre ritratti - Giulio Pinchetti, Giulio Uberti,
    Giuseppe Cavallotti , 1878)
    Discendenti
    
    Tra i discendenti diretti del poeta e politico, tramite il figlio
    Giuseppe, vi sono il politico Alberto Mario Cavallotti e l'attrice
    Elisabetta Cavallotti.
    
    
    Opere
    
    Tra le opere di Felice Cavallotti possono essere ricordate:
    
        Storia del'insurrezione di Roma nel 1867 (1869)
        Alcibiade (1872)
        Guido (1873)
        I Messenii (1874)
        Anticaglie (1879)
        I Pezzenti (1881)
        La figlia di Jefte
        Nicarete ovvero La Festa degli Alòi
        Poesie scelte (1883)
        Opere (Milano 1881—1885)