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«Lucio Catilina, nato di stirpe nobile, fu uomo di grande
vigore morale e fisico, ma d'indole malvagia e corrotta.»
(Gaio Sallustio Crispo, De coniuratione Catilinae)
Lucio Sergio Catilina, in latino: Lucius Sergius Catilina (Roma, 108
a.C. – Pistoia, 62 a.C.), è stato un militare e senatore
romano, per lo più noto per la congiura che porta il suo
nome, un tentativo di sovvertire la Repubblica romana, e in
particolare il potere oligarchico del Senato.
Biografia
Catilina nasce a Roma nel 108 a.C. dal patrizio Lucio Sergio Silo e
Belliena. La famiglia natia, i Sergii, pur di nobili origini, da
molti anni non aveva più un ruolo significativo nella vita
politica di Roma.
Della gioventù di Catilina e della sua vita familiare non si
sa quasi nulla. Ebbe due mogli: Gratiana, sorella di Marco Mario
Gratidiano, nipote di Gaio Mario, e Aurelia Orestilla, figlia di
Gneo Aufidio Oreste (console nel 71 a.C.). Dalla prima ebbe un
figlio che, secondo Sallustio, uccise in quanto ostacolo alle nozze
con Aurelia Orestilla.[1] Nell'89 a.C. il poco più che
ventenne Catilina segue il generale Strabone nella guerra marsica
contro le popolazioni italiche coalizzate contro Roma, e in questa
occasione conosce Cicerone e Pompeo.
Nell'88 a.C. passa agli ordini di Silla, eletto console, e lo segue
in Asia nella Prima guerra mitridatica. Nell'84 a.C., quando Silla
rientra a Roma per contrastare i suoi nemici politici (i populares)
nella Guerra civile romana, Catilina si segnala come uno dei
più abili e spietati sostenitori di Silla, uccidendo fra gli
altri il cognato Marco Mario Gratidiano, da lui stesso torturato e
decapitato; porta la testa a Roma e nel Foro la getta ai piedi di
Silla. Negli anni successivi, pur nel mutato clima politico dopo la
morte di Silla, Catilina non subisce condanne, ma ottiene anzi i
primi successi politici: questore nel 78, legato in Macedonia nel
74, edile nel 70, pretore nel 68 e governatore dell'Africa nel 67.
Al suo ritorno, nel 66 a.C., si candida alla carica di console, ma
viene subito perseguito per concussione ed abuso di potere,
uscendone assolto; ancora nel 66 è accusato di una
cospirazione con Autronio ed un certo Publio Cornelio Silla, anche
se i particolari sono poco chiari. I processi furono sufficienti a
mandare a monte la sua elezione a console.
Poiché ancora sotto processo, Catilina può
ricandidarsi a console solo nel 64 a.C. per l'anno successivo, ma il
Senato, allarmato dalla sua accresciuta popolarità, gli
oppone un brillante e famoso avvocato, Cicerone, un Homo Novus.
Già nel discorso di candidatura In toga candida, (da cui il
termine candidato), Cicerone inizia a costruire l'immagine "nera" di
Catilina, insinuando che fosse incestuoso, assassino, degenerato;
gli optimates, l'oligarchia senatoria, mobilitano le loro clientele
a favore di Cicerone, che vince e viene eletto.
Catilina, tenace, si candiderà nuovamente alle elezioni per
il 62 a.C., non prima di essersi guadagnato l'appoggio della plebe
romana con ingegnosa demagogia, frequentando attori e gladiatori,
idoli del popolino, e promettendo una ridistribuzione delle terre
demaniali e prede di guerra (guadagnandosi così anche
l'appoggio dei veterani di Silla, caduti in disgrazia) ed emanando
addirittura un editto per la remissione dei debiti (detto Tabulae
novae). Quest'ultima proposta allarma la classe senatoria e Cicerone
che, nell'orazione Pro Murena, sottolinea in Catilina «la
ferocia, nel suo sguardo il delitto, nelle sue parole la tracotanza,
come se avesse già agguantato il consolato».
All'ultimo momento Cicerone presenta in Senato alcune lettere
anonime che accusano Catilina di cospirazione contro la Repubblica,
radunando uomini in armi attorno a Fiesole, pur non potendo
provarlo. Cicerone inoltre sostiene che Catilina abbia fatto offerte
a varie tribù in Gallia per assicurarsi alleati, ma la
tribù degli Allobrogi avrebbe rifiutato l'offerta e l'avrebbe
resa pubblica avvertendo con lettere Cicerone stesso.
Con queste premesse, e con un probabile broglio elettorale, nelle
elezioni Catilina viene sconfitto da Murena, personaggio gradito al
Senato. La questione dei brogli venne sollevata non da Catilina ma
da S. Sulpicio Rufo, un altro dei non eletti, e da Catone, uomo
tutto d'un pezzo e notoriamente ostile a Catilina. Cicerone difende
Murena dalle accuse di brogli ed attacca Catilina, denunciandone la
presunta congiura; Catilina è costretto a una fuga in
Etruria, che però definirà "esilio volontario".
Il 5 gennaio del 62 a.C. Catilina ed un centinaio di suoi
fedelissimi vengono intercettati dall'esercito romano comandato dal
generale Marco Petreio nei pressi dell'odierna Pistoia, nella piana
denominata Ager Pisternensis; Catilina muore in battaglia e i suoi
resti vengono gettati in un fiume.
Cicerone, l'anti-Catilina
Dobbiamo a Cicerone, suo acerrimo nemico politico, la maggior parte
delle informazioni su Catilina. La posizione di Cicerone si riassume
bene nell incipit della prima delle orazioni Catilinarie,
pronunciata al Senato l'8 novembre del 63 a.C., in presenza dello
stesso Catilina, quando Cicerone esordisce con: Quousque tandem,
Catilina, abutere patientia nostra? ("fino a quando, Catilina,
abuserai della nostra pazienza?")
La nota congiura di Catilina, che ha come fonte principale
l'impianto accusatorio di Cicerone, è uno degli eventi
più famosi degli ultimi turbolenti decenni della Repubblica
Romana. Dalle fonti non risultano chiari gli obiettivi dei
cospiratori; secondo quanto riferito da Cicerone, sarebbero stati
previsti un incendio doloso e altri danni materiali, oltre che
l'assassinio di personaggi politici (in particolare Cicerone
stesso). La congiura si sarebbe sviluppata attraverso incontri
segreti - l'ultimo sarebbe avvenuto nella casa del senatore Leca il
6-7 novembre del 63 a.C., alla vigilia della prima Catilinaria - ma
una certa Fulvia, amante di uno dei congiurati (Quinto Curio),
avrebbe informato direttamente Cicerone di quel che stava accadendo.
Quella sera stessa due congiurati (Cornelio e Vargunteio) si
sarebbero presentati a casa di Cicerone e, con il pretesto di
salutarlo, avrebbero tentato di ucciderlo. Ma grazie a Fulvia,
Cicerone sarebbe scampato agli assassini. Cicerone non
risparmiò mezzi ed effetti speciali per mettere in cattiva
luce Catilina. In attesa dell'esito della denuncia per brogli contro
Murena (che avrebbe potuto assegnare regolarmente la carica di
console a Catilina, che non aveva dunque motivo per mosse
disperate), Cicerone si presentò al Campo Marzio circondato
da una scorta e «...vestendo quella mia ampia e vistosa
corazza [sotto la toga], non perché essa mi proteggesse dai
colpi, che io sapevo essere suo costume [di Catilina] sferrare non
al fianco o al ventre ma al capo o al collo, bensì per
richiamare l'attenzione di tutti gli onesti».
Il console Cicerone, cioè, dopo aver difeso il neo-console
Murena dall'accusa di brogli (e allo scopo di evitare l'assegnazione
della carica al candidato dell'opposizione Catilina, senza che
nessuno contestasse tale conflitto d'interessi), ostentava un
comportamento per indurre «gli onesti» a vedere in
Catilina un uomo pericoloso, capace di uccidere il suo rivale. A
seguito di ciò ottenne l'emanazione del senatusconsultum
ultimum, che dava ai consoli in carica, tra cui Cicerone stesso,
poteri di vita e di morte. In virtù di tale delibera Cetego e
Lentulo, i catilinari che non erano scappati con il loro capo
(secondo l'accusa, rimasti a Roma avrebbero tentato comunque di far
sollevare la plebe e la tribù degli Allobrogi), furono
condannati alla pena capitale. Portati con i loro seguaci nel
carcere Mamertino furono strangolati uno a uno. Come cittadini
romani sarebbe stato loro diritto appellarsi al popolo (provocatio
ad populum, la richiesta di grazia sulla quale erano chiamati a
pronunciarsi i comizi elettivi delle tribù romane) e in ogni
caso avrebbero avuto diritto a poter scegliere l'esilio al posto
della morte, anche se questo avrebbe comportato la confisca di tutti
i loro beni. Il vulnus così inferto alla Costituzione romana
fu rimproverato a Cicerone da Gaio Giulio Cesare durante la seduta
del Senato e alcuni anni dopo, su iniziativa del tribuno della plebe
Publio Clodio Pulcro, Cicerone verrà punito con l'esilio per
l'uccisione illegittima di cittadini romani.
Vi è da considerare che il senato aveva già dichiarato
nemici della Repubblica i congiurati e aveva dato pieni poteri al
console Cicerone, per cui l'esecuzione dei congiurati era, o
può essere considerata, esecuzione di nemici, non di
cittadini.
Lo storico Sallustio ha scritto un resoconto sull'intera questione
circa 20 anni dopo, dal titolo De Catilinae coniuratione, senza
però discostarsi significativamente dalle descrizioni di
Cicerone (le differenze storiche sono per lo più sulla
cronologia, forse errori involontari di Sallustio, più
probabilmente usati per scagionare Cesare dal sospetto di aver
partecipato per un periodo alla congiura).
Il progetto politico di Catilina
Nell'orazione Pro Murena del 63 a.C. Cicerone contesterà a
Catilina un'affermazione che ne rivela il progetto politico:
«La Repubblica ha due corpi: uno fragile, con una testa
malferma; l'altro vigoroso, ma senza testa affatto; non gli
mancherà, finché vivo».
Nell'analisi politica di Catilina la Repubblica Romana vive una
separazione gravissima della società dalle istituzioni. Il
corpo fragile rappresenta il corpo elettorale romano, spaccato in
cricche, clientele e bande (nell'88 a.C. tutti gli italici avevano
avuto la cittadinanza romana, ma per votare occorrevano tempo e
risorse per recarsi a Roma, da qui la degenerazione clientelare); la
testa malferma rappresentava invece il Senato, abituato al potere
ereditario, colluso con i grandi proprietari terrieri, composto per
lo più dall'ottusa classe del patriziato.
Il corpo vigoroso ma senza testa simboleggiava la massa di
contribuenti, tartassati e umiliati dal disordine politico (per
ripagare i propri reduci, Silla aveva ordinato larghe confische ai
piccoli possidenti), senza vera rappresentanza politica, per la
quale Catilina si propone come "testa" pensante, al tempo stesso
rendendosi conto della pericolosità dell'andare contro
l'oligarchia dominante. Tra l'altro Catilina, tempo prima di
organizzare la congiura contro l'oligarchia senatoria, si era fatto
molti alleati e amici non solo tra i contribuenti e i piccoli
propietari terrieri, ma anche tra esponenti della classe degli
equites. Insieme agli equites Catilina era riuscito ad ingraziarsi
anche molti senatori, spinti dal malcontento provocato dalla
politica senatoria dell'epoca e di Pompeo, così come anche
dalla difficile situazione economica di allora.
Diversi anni dopo la morte di Catilina, nell'orazione Pro Caelio del
56 a.C. (Celio era stato amico di Catilina), Cicerone
ammetterà che Catilina aveva raccolto attorno a sé
«anche persone forti e buone», offriva «qualche
stimolo all'attività e all'impegno», e che in certi
momenti era sembrato a Cicerone perfino «un buon cittadino,
appassionato ammiratore degli uomini migliori, amico sicuro e
leale».
Catilina, ammetterà ancora Cicerone, «era gaio,
spavaldo, attorniato da uno stuolo di giovani»; per di
più, «vi erano in quest'uomo caratteristiche singolari:
la capacità di legare a sé l'animo di molti con
l'amicizia, conservarseli con l'ossequio, far parte a tutti di
ciò che aveva, prestar servigi a chiunque con il denaro, con
le aderenze, con l'opera...»
Catilina presenta dunque i tratti dell'uomo politico di successo,
capace di ottenere consensi, ma malvisto dall'oligarchia degli
optimates del Senato.