Cabanis, Pierre-Jean-Georges

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 Medico e pensatore (Cosnac, Corrèze, 1757 - Rueil 1808). Dalle lettere passò allo studio della medicina ed ebbe nel 1795 la cattedra d'igiene, nel 1796 quella di clinica interna, nel 1799 quelle di medicina legale e di storia della medicina alla École de médicine. Tra le sue opere: Rapports du physique et du moral de l'homme (1802), in cui espone la sua concezione naturalistica, che esercitò largo influsso sul pensiero francese, e che pone i problemi gnoseologici ed etici nell'ambito di una psicologia rigorosamente empirica e fisiologica, in polemica con posizioni spiritualistiche e metafisiche; la Lettre à Fauriel sur les causes premières (1806) è considerata come il suo testamento filosofico: qui il suo naturalismo è svolto in senso vitalistico e organicistico, sì da far pensare a una revisione delle prime posizioni.

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Enciclopedia Filosofica Bompiani, vol. 3

Medico e filosofo francese, n. a Cosnac il 5 giù. 1757 e m. a Rueil il 5 magg. 1808, fu il principale espo­nente, insieme a Destutt de Tracy, del movi­mento degli ideologi, attivi in Francia tra gli ul­timi anni ottanta e i primi anni della Restaura­zione.

Giunto ancor giovane a Parigi, prese di­mora presso la vedova del philosophe Helvétius, in una villa a Auteuil che diverrà il centro di ri­ferimento degli ideologi. Qui potè conoscere qualche esponente del gruppo dell'Encyclopédie, il cui pensiero sarà variamente svi­luppato dal circolo di Auteuil. Inizialmente Ca­banis studiò, anche sotto il profilo teorico, la medicina. Ne La certitude de la médecine, termi­nata nel 1788 anche se pubblicata solo dieci anni dopo, la tesi principale è che le discipline mediche possono acquisire lo statuto di scien­za. In effetti esse appaiono in grado sia di esa­minare con «certezza» gli stati normali e pato­logici dell'uomo sia di realizzare con efficacia procedure terapeutiche. A quest'ultimo riguar­do occorre però che la pratica medica venga esercitata in condizioni appropriate. È in tale prospettiva che si inscrivono le Observations sur les hòpitaux (1790), un breve saggio sulle condizioni dell'assistenza sanitaria del tempo.

Nel Coup d'oeil sur les révolutions et sur la rifor­me de la médecine, avviata nel 1795 anche se pubblicata solo nel 1804, Cabanis approfondì soprattutto la tesi dell'autonomia della scien­za di Ippocrate. In sede storica egli critica prin­cipalmente le scuole degli iatromeccanici e degli iatrochimici, per le quali la medicina an­dava ricondotta, rispettivamente, alle scienze fisiche e alle scienze chimiche. In sede teorica il suo primo assunto è che il corpo umano va esaminato nelle sue parti e funzioni costituti­ve - fibre, ghiandole, nervi, organi - senza alcun indebito riduzionismo. Il secondo assunto generale è che la medicina deve configurarsi in ultima analisi come una «scienza dell'uomo».

È proprio a tale scienza che Cabanis guarda quando comincia a lavorare ai Rapports du physique et du moral de l'homme (1796-1802), una delle opere più significative del pensiero francese di fine secolo. L'obiettivo dell'ideolo­go è, insieme, filosofico e psico-antropologi­co. Egli intende per un verso affrontare il nodo delle relazioni anima-corpo, per un altro ap­profondire i vari fattori (interni ed esterni) che affettano la vita psicofisica dell'essere umano. A proposito del primo problema Cabanis non si limita a negare l'esistenza dell'anima. Com­prende invece che, se si voleva sostenere la non-necessità di un ente metafisico come ap­punto l'anima, occorreva riesaminare a fondo il corpo, per dimostrare che le prerogative tra­dizionalmente attribuite ad essa possono es­sere svolte da quest'ultimo. Da tale punto di vista Cabanis critica radicalmente sia le conce­zioni meccanicistiche della corporeità vivente sia la celebre metafora dell'uomo-statua ela­borata da Condillac.

In realtà l'essere umano non è né una statua né una «macchina» (come aveva scritto in un famoso saggio del 1747 La Mettrie). Esso è invece un organismo dotato di tutta una serie di capacità di cui la fisiologia attesta empiricamente l'esistenza. Dietro que­sta tesi stavano le indagini sia della scuola medico-vitalistica di Montpellier sia del gran­de scienziato svizzero Haller. Proprio Haller (coniatore, tra l'altro, del neologismo «fisiolo­gia») aveva compiuto fondamentali indagini sul sistema nervoso, mostrando che esso esplica attivamente le due capitali funzioni dell'organismo: la motilità (o «irritabilità») e la sensibilità. Il contributo teorico di Cabanis consiste nell'aver reinterpretato le scoperte di Haller e di altri in modo più generale e filoso­ficamente consapevole.

Per l'autore dei Rap­ports l'uomo è un'organisation dinamica, le cui funzioni, tutte connesse a ben precise compo­nenti e relazioni corporee, ascendono dai livel­li più elementari a quelli più sofisticati del suo essere. La principale di tali funzioni è la sensi­bilità. Per questo Cabanis non esita ad attac­care lo stesso Descartes. Non il cogito, ma pro­prio la sensibilità è il primo fondamento dell'essere umano: «Dal momento che sentiamo […] siamo». Ancor più duramente criticato è Condillac. Per Cabanis egli ha negato l'esi­stenza degli istinti, che viceversa esistono e sono un po' la voce degli organi interni del corpo. E ha illustrato il meccanismo dei sensi senza correlarli al sistema nervoso (viceversa imprescindibile in uno studio empirico-scien­tifico della sensibilità) e senza tener conto del­le loro complesse interazioni, che pure hanno un peso cruciale nella formazione delle cono­scenze, degli affetti e della stessa identità dell'uomo.

È sulla base della sua interpretazione del phy­sique umano che Cabanis riesamina le questio­ni dell'anima e della genesi dei sentimenti e delle idee. La sua prima tesi è che un principio metafisico come l’âme non appare necessario poiché l'organismo corporeo mostra di avere in se medesimo le condizioni necessarie e suf­ficienti del suo essere e del suo agire. Certo, l'uomo possiede anche alcune capacità parti­colarmente complesse, a cominciare dal pen­siero e dalla coscienza. Dinanzi ad esse la po­sizione di Cabanis appare più problematica di quanto emerga da certe sue pagine. Da un lato non è disposto ad ammettere l'esistenza di fa­coltà psichiche sui generis. Dall'altro non vuole neppure negare in toto il darsi di fenomeni non compiutamente riconducibili alle pure e sem­plici funzioni dell'organisation materiale dell'uomo.

Non a caso già nel titolo della sua opera si accenna a un moral che intreccia de­terminate relazioni con un physique. Certo, del primo termine-concetto (risalente al lessico intellettuale di ambiente malebranchiano del­la seconda metà del Seicento) non viene data una definizione esauriente e precisa. Per Caba­nis esso indicava probabilmente non già una cosa o principio in senso ontologico bensì una dimensione dell'umano risultante dall'intera­zione di molte componenti diverse.

Ciò che preme all'autore dei Rapports è da un lato che la science de l'homme si occupi di certi aspetti (psicofisici e socio-culturali) irriducibilmente complessi dell'uomo, dall'altro che tali aspetti risultino appartenere interamente all'ambito del sapere empirico-sperimentale. Trattando le funzioni che nel costituirsi dell'individuo hanno il sesso, l'età, il temperamento, l'am­biente, le moeurs, l'educazione, i Rapports of­frono una ricca immagine del moral dell'uomo considerato nella sua organica interdipenden­za col physique.

Terminata la propria opera - che ebbe una va­sta eco sia in Francia che fuori - Cabanis non proseguì le proprie ricerche. L'ultimo suo scritto è una Lettre à Fauriel sur les causes premieres (pubblicata nel 1828), breve riflessione metafisica da collegare essenzialmente alla crescente crisi intellettuale del movimento idéologique e della stessa tradizione illuministica nata negli anni dell’impero napoleonico.