Q22 §3 Alcuni aspetti della quistione sessuale. Ossessione della quistione sessuale e pericoli di una tale ossessione. Tutti i «progettisti» pongono in prima linea la quistione sessuale e la risolvono «candidamente». È da rilevare come nelle «utopie» la quistione sessuale abbia larghissima parte, spesso prevalente (l’osservazione del Croce che le soluzioni del Campanella nella Città del Sole non possono spiegarsi coi bisogni sessuali dei contadini calabresi è inetta). Gli istinti sessuali sono quelli che hanno subito la maggiore repressione da parte della società in isviluppo; il loro «regolamento», per le contraddizioni cui dà luogo e per le perversioni che gli si attribuiscono, sembra il più «innaturale», quindi più frequenti in questo campo i richiami alla «natura». Anche la letteratura «psicanalitica» è un modo di criticare la regolamentazione degli istinti sessuali in forma talvolta «illuministica», con la creazione di un nuovo mito del «selvaggio» sulla base sessuale (inclusi i rapporti tra genitori e figli).

Distacco, in questo campo, tra città e campagna, ma non in senso idillico per la campagna, dove avvengono i reati sessuali più mostruosi e numerosi, dove è molto diffuso il bestialismo e la pederastia. Nell’inchiesta parlamentare sul Mezzogiorno del 1911 si dice che in Abruzzo e Basilicata (dove maggiore è il fanatismo religioso, il patriarcalismo e minore l’influsso delle idee cittadine, tanto che negli anni 1919‑20, secondo il Serpieri, non vi fu neppure un’agitazione di contadini) si ha l’incesto nel 30% delle famiglie e non pare che la situazione sia cambiata fino agli ultimi anni.

La sessualità come funzione riproduttiva e come «sport»: l’ideale «estetico» della donna oscilla tra la concezione di «fattrice» e di «ninnolo». Ma non è solo in città che la sessualità è diventata uno «sport»; i proverbi popolari: «l’uomo è cacciatore, la donna è tentatrice», «chi non ha di meglio, va a letto con la moglie» ecc., mostrano la diffusione della concezione sportiva anche in campagna e nei rapporti sessuali tra elementi della stessa classe.

La funzione economica della riproduzione: essa non è solo un fatto generale, che interessa tutta la società nel suo complesso, per la quale è necessaria una certa proporzione tra le diverse età ai fini della produzione e del mantenimento della parte passiva della popolazione (passiva in via normale, per l’età, per l’invalidità ecc.), ma è anche un fatto «molecolare», interno ai più piccoli aggregati economici quale la famiglia. L’espressione sul «bastone della vecchiaia» mostra la coscienza istintiva del bisogno economico che ci sia un certo rapporto tra giovani e vecchi in tutta l’area sociale. Lo spettacolo del come sono bistrattati, nei villaggi, i vecchi e le vecchie senza figliolanza spinge le coppie a desiderare la prole (il proverbio che «una madre alleva cento figli e cento figli non sostengono una madre» mostra un altro aspetto della quistione): i vecchi senza figli, delle classi popolari, sono trattati come i «bastardi».

I progressi dell’igiene, che hanno elevato le medie della vita umana, pongono sempre più la quistione sessuale come un aspetto fondamentale e a sé stante della quistione economica, aspetto tale da porre a sua volta problemi complessi del tipo di «superstruttura». L’aumento della media della vita in Francia, con la scarsa natalità e coi bisogni di far funzionare un molto ricco e complesso apparato di produzione, pone già oggi alcuni problemi coordinati al problema nazionale: le generazioni vecchie vanno mettendosi in un rapporto sempre più anormale con le generazioni giovani della stessa cultura nazionale, e le masse lavoratrici si impinguano di elementi stranieri immigrati che modificano la base: si verifica già, come in America, una certa divisione del lavoro (mestieri qualificati per gli indigeni, oltre alle funzioni di direzione e organizzazione; mestieri non qualificati per gli immigrati).

Un rapporto simile, ma con conseguenze antieconomiche rilevanti, si pone in tutta una serie di Stati tra le città industriali a bassa natalità e la campagna prolifica: la vita nell’industria domanda un tirocinio generale, un processo di adattamento psico‑fisico a determinate condizioni di lavoro, di nutrizione, di abitazione, di costumi ecc. che non è qualcosa di innato, di «naturale», ma domanda di essere acquisito, mentre i caratteri urbani acquisiti si tramandano per ereditarietà o vengono assorbiti nello sviluppo dell’infanzia e dell’adolescenza. Così la bassa natalità urbana domanda una continua e rilevante spesa per il tirocinio dei continuamente nuovi inurbati e porta con sé un continuo mutarsi della composizione sociale‑politica della città, ponendo continuamente su nuove basi il problema dell’egemonia.

La quistione etico‑civile più importante legata alla quistione sessuale è quella della formazione di una nuova personalità femminile: finché la donna non avrà raggiunto non solo una reale indipendenza di fronte all’uomo, ma anche un nuovo modo di concepire se stessa e la sua parte nei rapporti sessuali, la quistione sessuale rimarrà ricca di caratteri morbosi e occorrerà esser cauti in ogni innovazione legislativa. Ogni crisi di coercizione unilaterale nel campo sessuale porta con sé a uno sfrenamento «romantico» che può essere aggravato dall’abolizione della prostituzione legale e organizzata. Tutti questi elementi complicano e rendono difficilissima ogni regolamentazione del fatto sessuale e ogni tentativo di creare una nuova etica sessuale che sia conforme ai nuovi metodi di produzione e di lavoro. D’altronde è necessario procedere a tale regolamentazione e alla creazione di una nuova etica. È da rilevare come gli industriali (specialmente Ford) si siano interessati dei rapporti sessuali dei loro dipendenti e in generale della sistemazione generale delle loro famiglie; la apparenza di «puritanesimo» che ha assunto questo interesse (come nel caso del proibizionismo) non deve trarre in errore; la verità è che non può svilupparsi il nuovo tipo di uomo domandato dalla razionalizzazione della produzione e del lavoro, finché l’istinto sessuale non sia stato conformemente regolato, non sia stato anch’esso razionalizzato.