Burckhardt
    Jacob 
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Storico svizzero (Basilea 1818-1897). Dopo una breve attività politica,
si dedicò alla storia della cultura, volgendo i suoi interessi al
Rinascimento italiano, che scelse quale “protagonista” sin dalla sua
prima opera: Der Cicerone (1855; trad. it. 1952), un'introduzione
all'arte di questo periodo, testo che conobbe un enorme successo e fu
più volte ripubblicato con successivi ampliamenti. Il suo libro più
famoso e discusso, Die Kultur der Renaissance in Italien (1860; trad.
it. 1876), sviluppa il tema fondamentale della rivalutazione
dell'individuo condotta nel Rinascimento, rigidamente contrapposta alla
concezione medievale.
 
wikipedia
    
    Jacob Burckhardt (Basilea, 25 maggio 1818 – Basilea, 8 agosto 1897)
    è stato uno storico svizzero, tra i più importanti del
    XIX secolo. La sua opera più nota è La civiltà
    del Rinascimento in Italia (1860).
    
    Vita ed opere
    
    Quarto dei sette figli di Jacob, pastore protestante, arcidiacono,
    presidente degli ecclesiastici basilesi, e di Susanna Maria
    Schorndorff, per volontà del padre, dal 1836 studiò
    filologia, storia antica, storia dell'arte, teologia al
    Collège Latin di Neuchâtel fino al 1839, ma dopo quella
    data abbandonò tale indirizzo e dedicò gran parte del
    suo interesse alla storia e alla filosofia fino al 1843. Nel 1838
    intraprese il suo primo viaggio in Italia. Al rientro
    pubblicò il suo primo importante saggio, Bemerkungen
    über Schweizerische Kathedralen, poi si trasferì
    all'Università di Berlino per studiare storia, dove
    frequentò le lezioni di Leopold von Ranke, fondatore di
    un'importante accademia storica, che incentrava il suo modello
    storico sulla analisi delle fonti e dei fatti piuttosto che sulle
    opinioni personali. La Storia dell'arte era una passione, un
    interesse che coltivava da vicino, alternandolo alle altre materie a
    lui preferite. Prima di laurearsi in Storia nel 1843,
    pubblicò un'importante opera sugli artisti nord europei, essa
    si intitola "I capolavori delle città belghe", edita nel
    1842.
    
    Non fu una carriera atipica la sua, gran parte dei critici dell'arte
    suoi contemporanei si laurearono in materie scientifiche (come
    Giovanni Morelli), altri frequentarono corsi di mineralogia (come
    John Ruskin), altri ancora si laurearono in legge (come Alois
    Riegl). Nel 1843 conseguì il dottorato e l'abilitazione e
    divenne storiografo, ma fu l'arte ciò che continuò ad
    appassionarlo e così, quando si trovò a Berlino,
    frequentò senza indugiare la casa di Franz Kugler.
    Quest'ultimo, oltre ad essere uno dei maggiori esponenti della
    Scuola Berlinese di Critica d'arte fu un maestro e un punto di
    riferimento per il giovane laureato.
    
    Casa Kugler a quel tempo era un luogo di ritrovo per: artisti, poeti
    (tra cui Theodor Storm), intellettuali e giovani allievi, qui
    Burckhardt mostrò tutto il suo carisma, la sua eloquenza, le
    sue capacità e si guadagnò il soprannome di
    "malvagio". Era abile, intelligente, dotato, caratteristiche che non
    sfuggirono all'occhio, sempre attento, di Franz Kugler, il quale
    ripose tutte le sue speranze in lui affidandogli nel 1847 la seconda
    edizione di "Storia della pittura" e di "Storia dell'arte". Dal 1843
    al 1846 scrisse articoli di storia dell'arte per il Brockhaus e
    divenne redattore della Basler Zeitung. Nel 1844 iniziò a
    insegnare presso l'Università di Basilea, ateneo al quale
    resterà particolarmente legato e l'anno successivo ottenne un
    contratto come professore straordinario.
    
    Nel 1846 partì per l'Italia, dove soggiornò per un
    biennio, qui resterà affascinato dalla ricchezza del
    patrimonio culturale italiano, vide soprattutto nelle opere del
    Rinascimento una bellezza senza pari. Tornato in patria, dopo due
    anni riprese l'insegnamento, ma nel 1853 l'Università di
    Basilea lo licenziò a causa di ristrettezze economiche;
    questo avvenimento lo amareggiò a tal punto che non si
    riprese mai completamente.
    
    Si affidò alla letteratura, e nel 1853 pubblicò la sua
    prima grande opera Il tempo di Costantino il Grande seguita da "Il
    Cicerone. Guida al godimento delle opere d'arte in Italia",
    (edizione originale Basilea 1855) ristampata a Firenze nel 1955, una
    guida per tutti coloro che si apprestavano a effettuare un soggiorno
    in Italia. L'opera non è completa, ma è comprensibile,
    non è complessa, e questo favorirà la sua diffusione,
    soprattutto tra chi non è "un esperto in materia", e divenne
    un modello di interpretazione estetica e di ricostruzione storica,
    dall'antica Grecia sino al Barocco, molto apprezzato e seguito; il
    suo maggiore merito fu quello di aver descritto l'opera d'arte
    ripescando il suo proprio linguaggio.
    
    Nietzsche, suo allievo ed amico, dopo aver letto "Der Cicerone" si
    pronunciò in modo favorevole e citò l'opera in alcuni
    suoi scritti. Grazie alla pubblicazione del Cicerone ottenne una
    cattedra presso l'Università di Zurigo, dove insegnò
    dal 1855 fino al 1858.
    
    Alla fine di quest'anno venne richiamato dall'Università di
    Basilea che gli "restituì" il posto di professore di storia;
    entusiasta, si rimise al lavoro e nel 1860 pubblicò una delle
    sue opere più importanti "La civiltà del Rinascimento
    in Italia", in cui formulò una netta separazione e
    antiteticità fra il periodo medioevale, definito
    oscurantista, e il rinnovamento rinascimentale.
    
    Molto approfondita fu l'analisi del Rinascimento, periodo da lui
    preferito, l'opera però non ebbe un grande seguito, venne
    sottovalutata e non vendette nemmeno duecento copie, ma non si perse
    d'animo e nel 1867 diede alle stampe "Storia del Rinascimento in
    Italia", quest'opera doveva comprendere un'analisi della scultura,
    pittura e architettura rinascimentale, ma venne pubblicata facendo
    riferimento solo all'architettura. Dopo il 1867 Burckhardt non
    pubblicò più nulla, si concentrò sulla sua
    attività di insegnante universitario e da profondo
    conoscitore delle civiltà greca, dal 1870 tenne lezioni sulla
    cultura e la storia greca, lezioni riprese nel 1885 e che vennero
    registrate dai suoi alunni più illustri.
    
    Nel 1874 ricevette la proposta di insegnare storia dell'arte presso
    l'Università di Berlino, ma rifiutò, il suo legame con
    Basilea era troppo forte, e vi resterà fino alla morte,
    avvenuta nel 1897. La nona edizione de Der Cicerone fu pubblicata a
    Lipsia nel 1904 a cura di Wilhelm Bode e Cornelius von Fabriczy.
    
    La storiografia di Burckhardt
    
    Critico nei confronti della moderna società industriale e
    contrario alle tendenze idealistiche e storicistiche dominanti il
    mondo accademico dell'epoca, elaborò una particolare disamina
    storiografica, chiamata Kulturgeschichte (storia della cultura -
    cultura nel senso di civiltà) nel quale enfatizza lo studio
    dell'arte, della cultura e dell'estetica.
    Tra le opere postume si ricordano "Considerazioni sulla storia
    universale", pubblicata nel 1905, e "Storia della civiltà
    greca" (1898-1902, edizione italiana 1955), dove la civiltà
    greca è considerata il primo passo nel cammino storico di
    sviluppo dell'individualità e della spiritualità
    umana.
    
    Burckhardt ebbe un ruolo marginale nel panorama dell'Ottocento, ma
    venne rivalutato tra le due guerre mondiali quando tornarono in auge
    le opere storiche di carattere scettico e pessimistico del secolo
    precedente. Si dimostrò indifferente nei confronti del
    nazionalismo germanico e delle rivendicazioni relative alla presunta
    superiorità culturale e intellettuale tedesca. Si
    occupò intensamente delle evoluzioni e degli sviluppi
    economici e politici contemporanei, preoccupandosi dei possibili
    scenari futuri e gettando allarmi sui crescenti militarismi e
    nazionalismi.
    
    Friedrich Nietzsche, all'età di ventiquattro anni,
    seguì alcune sue lezioni tenute presso l'ateneo di Basilea.
    Si conobbero, scoprirono la loro comune ammirazione per Arthur
    Schopenhauer e strinsero una durevole amicizia, testimoniata da un
    fitta corrispondenza. Burckhardt fu, tra l'altro, il destinatario di
    due biglietti della follia di Friedrich Nietzsche.treccani.it