Bonomi Ivanoe

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Uomo politico italiano (Mantova 1873 - Roma 1952). Tra i fondatori del Partito socialista riformista (1912), ricoprì numerosi incarichi di governo, ma con l'avvento del fascismo si ritirò dalla vita politica. Vi tornò dopo la liberazione di Roma, divenendo una delle figure chiave della prima età repubblicana.

Vita e attività

Giornalista, fu con L. Bissolati all'Avanti! e con F. Turati alla Critica sociale. Consigliere comunale a Roma nell'amministrazione Nathan, deputato dal 1909, fu espulso insieme a Bissolati dal Partito socialista italiano nel 1912 (congresso di Reggio Emilia) e diede vita alla nuova formazione socialista riformista. Volontario della prima guerra mondiale, fu ministro dei Lavori pubblici nel ministero Boselli (1916-17), e tornò a esserlo nel secondo gabinetto Orlando (1919). Ministro della Guerra con F. S. Nitti (1920), designato alla presidenza del consiglio alla crisi del gabinetto ma costretto a declinare il mandato, ritornò a essere con G. Giolitti ministro della Guerra (1920-21) e del Tesoro (1921). Come ministro della Guerra, negoziò con Giolitti e Sforza il trattato di Rapallo, per cui ebbe il collare dell'Annunziata. Presidente del Consiglio, non riuscì a fronteggiare la grave crisi nella quale si dibatteva lo stato liberale, tanto da essere accusato di avere favorito il progressivo affermarsi del fascismo.

All'opposizione dopo la costituzione del governo fascista, non rieletto deputato nel 1924, visse in ritiro dedicandosi a lavori storici. Dal 1942 attorno a lui si costituì un gruppo antifascista (il 2 giugno 1943 ebbe un colloquio col re per indurlo a rovesciare il fascismo e a sganciarsi dalla Germania); dopo il 25 luglio 1943 fu a capo del Comitato nazionale delle correnti antifasciste e, dopo l'8 settembre, del Comitato centrale di liberazione nazionale e fu designato all'unanimità, dopo la liberazione di Roma, come capo del governo (9 giugno 1944). Dimessosi il 26 novembre successivo, costituì un nuovo gabinetto (12 dicembre 1944-12 giugno 1945).

Membro della Consulta nazionale, fu deputato alla Costituente (nella lista dell'Unione Democratica Nazionale), presidente della commissione dei trattati, senatore di diritto nella prima legislatura repubblicana e (dal 1948 alla morte) presidente del Senato.

 

da: www.centrostudimalfatti.org

Ivanoe Bonomi nasce a Mantova il 18 ottobre 1873. Dopo essersi laureato in Scienze naturali e in Giurisprudenza. svolge attività di giornalista e inizia la sua carriera politica nel Partito Socialista Italiano, aderendo alla corrente moderata e riformista.

Durante la guerra, per la conquista nel 1911-12, si trova in minoranza nel suo partito. Infatti la maggioranza dei socialisti italiani (sia riformisti, sia massimalisti) sono contrari all'impresa libica. Bonomi e pochi altri socialisti vedono invece nella guerra coloniale il modo di ottenere nuove terre per lo sfruttamento agricolo e per indirizzare l'emigrazione italiana, costretta a varcare l'oceano verso le lontane Americhe.

La rottura con il gruppo dirigente socialista nel 1912 è insanabile: Bonomi esce dal PSI e dà vita ad un piccolo partito (questa è la prima delle numerose scissioni che hanno caratterizzato e travagliato la vita del Partito Socialista Italiano) denominato Partito Socialista Riformista Italiano (PSRI) che appoggia il governo Giolitti nel corso della campagna di occupazione della Libia e poi, negli anni successive, entra a far parte delle maggioranze liberal riformiste dello stesso Giolitti.

Durante la Prima Guerra Mondiale è un convinto interventista, rappresentante del cosiddetto "interventismo democratico", e parte volontario al fronte. Nel 1916 e nel 1919 è Ministro dei Lavori Pubblici e in seguito è responsabile del Ministero della Guerra e del Tesoro. Tra il 1921 e il 1922 forma un governo che si mostra debole verso l'attività eversive del fascismo di Mussolini ed è costretto a cedere la guida del governo a Facta. Alle elezioni del 1924 viene candidato dall'opposizione, ma non risulta eletto e si ritira a vita privata.

Nel 1942 partecipa alla rinascita del movimento antifascista tenendo rapporti diplomatici tra Badoglio e la Casa reale. Diviene Presidente del Comitato di Liberazione Nazionale, organo composto dai partiti antifascisti (Dc, Psiup, Pci, Pd'A, Pli e Democrazia del Lavoro).

Nel 1944, dopo la liberazione di Roma e dopo la crisi del II governo Badoglio, presiede due successivi governi di unità nazionale antifascista.

Nel 1945, non riuscendo a fronteggiare le difficoltà politiche che si profilano all'orizzonte (ultima fase della guerra contro i tedeschi, problemi amministrativi per l'amministrazione delle terre liberate e i rapporti con gli Alleati e con il CLNAI) si dimette per lasciare a Ferruccio Parri la guida di un nuovo governo di unità nazionale.