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Questione bizantina è una polirematica della lingua
italiana. Il modo di dire è usato per indicare una
discussione inutile e sterile, che può anche risultare
pericolosa in un frangente in cui occorre prendere decisioni
rapidamente. Con lo stesso significato è utilizzato il
sostantivo bizantinismo, il cui utilizzo si estende anche alle
complicazioni procedurali della burocrazia, con riferimento al
complesso cerimoniale della corte bizantina.
Origine
L'espressione idiomatica è nata nel periodo immediatamente
successivo all'assedio di Costantinopoli nel 674. La città
fu assediata dagli arabi dopo che questi avevano precedentemente
conquistato Siria, Palestina ed Egitto, in un'avanzata
inarrestabile durata dal 634 al 642. Prima dell'assedio, inoltre,
i maomettani avevano saccheggiato l'Anatolia in diverse occasioni,
con incursioni fulminee e sostanzialmente senza incontrare
resistenza.
Tuttavia, in quel frangente, a Costantinopoli la guerra con gli
arabi non era il tema principale a tenere banco. Erano infatti
celebri all'epoca le discussioni teologiche che si tenevano nei
palazzi dell'Impero Romano d'Oriente su questioni marginali della
liturgia e della religione. I teologi di Bisanzio, ad esempio, si
chiedevano se Gesù, alla destra di Dio, fosse seduto o in
piedi, o se nell'ostia consacrata il Salvatore fosse in corpo o in
spirito.
Da allora si parlò di questioni bizantine, per indicare
appunto discussioni futili fatte mentre ci si dovrebbe occupare di
problemi contingenti.
da http://www.sapere.it/enciclopedia/bizantinismo.html
1) Modo di pensare sottile e cavilloso o che si disperde in ragionamenti inutili e privi di risultato (con riferimento alle interminabili dispute teologiche dei dotti bizantini); compiacimento della complicazione fine a se stessa... In particolare si dice di lungaggini burocratiche che ricordano il complicato cerimoniale in uso alla corte di Bisanzio.