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Biografia: l'ascesa prussiana
Statista tedesco (Schönhausen 1815-Friedrichsruh 1898).
Artefice dell'unità politica tedesca sotto l'egemonia prussiana, concentrò i suoi sforzi soprattutto per conseguire questo risultato; i metodi autoritari che impiegò nel corso di una lunga e intensa vita politica gli valsero l'appellativo di "cancelliere di ferro". Di tendenze antidemocratiche, divenne presto in Prussia uno dei leader della destra Junker; la sua lotta contro le concezioni liberali dell'unità tedesca ebbe grande peso sul rifiuto di Federico Guglielmo IV alla corona di Germania offertagli dal Parlamento di Francoforte (1849).
L'esigenza dell'unità, già sperimentata sul piano economico con lo Zollverein, era però ormai matura anche su quello politico; condizione necessaria era la limitazione dell'egemonia austriaca, cui Bismarck contribuì già come ambasciatore a Francoforte (1851), Pietroburgo (1859) e Parigi, promuovendo l'accostamento alla Francia. Proseguì e potenziò tale azione antiasburgica come capo del governo (1862), sia rafforzando l'esercito malgrado l'opposizione alle spese militari della Dieta, in maggioranza liberale, sia impostando un complesso gioco diplomatico: dalla Convenzione di Alvensleben (1863) con la Russia, alla conquista, in concorrenza con l'Austria, dei ducati danesi (1864), alla Convenzione di Gastein (1865), agli accordi di Biarritz con Napoleone III (1865), fino all'alleanza con l'Italia e alla guerra con l'Austria (1866). Agli appoggi esterni egli seppe unire l'accoglimento di motivi liberali e nazionali, con il blocco del "vertice" proposto dall'Austria per la soluzione del problema tedesco (1863), le proposte, dopo la conquista dei ducati danesi, per la riforma della Confederazione Germanica e l'istituzione di un Parlamento tedesco, la realizzazione infine del suffragio universale paritario (1866).
La vittoria sull'Austria, pur contenuta per motivi diplomatici, e la successiva nascita della Confederazione del Nord (dominata dalla Prussia notevolmente ingrandita dalle annessioni) segnarono il successo della politica bismarckiana di iniziativa militare e diplomatica, soddisfacendo al tempo stesso le esigenze nazionalistiche degli Junker e quelle di unità e indipendenza dei liberali. Ciò fece passare in secondo piano l'autoritarismo del nuovo regime (il governo era responsabile di fronte al re, non di fronte al Parlamento) e assicurò a Bismarck una stabile nuova maggioranza nata dall'incontro di conservatori-liberali e nazional-liberali, filiazioni rispettivamente dei conservatori e dei progressisti. Così egli ottenne la ratifica retroattiva del bilancio, comprese le ingenti spese militari, da parte della Dieta e impostò il passo finale per l'unità tedesca, impose agli Stati della Germania meridionale patti economici (completamento dell'unione doganale, 1867) e militari, trascinandoli poi nella vittoriosa guerra contro la Francia (1870).
La guerra, rivolta contro lo Stato che più aveva risentito dei progressi prussiani, fu accuratamente provocata da Bismarck con la proposta di una candidatura Hohenzollern al trono di Spagna, che minacciava un accerchiamento della Francia, e con il trucco del "telegramma di Ems"; la vittoria portò, secondo le previsioni dello statista, a un grande potenziamento della Germania e al coronamento dell'unità.
Biografia: la politica interna bismarckiana
Fondato l'impero, di cui divenne cancelliere e principe (1871), Bismarck incontrò difficoltà interne, causate dal rapido sviluppo industriale e dalla crescita del movimento popolare e operaio. Sostanzialmente fallimentari risultarono sia la campagna anticattolica (Kulturkampf, 1872-75), intesa soprattutto a eliminare le resistenze autonomistiche e delle minoranze nazionali, sia le leggi eccezionali antisocialiste (1878), che invano egli cercò di controbilanciare avviando una moderna legislazione sociale. Tale politica, in ultima analisi, contribuì a rafforzare i due nuovi grandi partiti, centro cattolico e socialdemocrazia. L'alleanza col centro si impose anzi a Bismarck, venendogli a mancare l'appoggio liberale in seguito alla sua nuova politica protezionistica (1879), che d'altronde non aveva riscontro in un'adeguata iniziativa coloniale. In politica estera, infatti, si dedicò con successo al mantenimento dello status quo in Europa: la sua Realpolitik consisteva nel creare rapporti che impedissero ogni tentativo revanscistico della Francia, da un lato, e frenassero i progressi della Russia nei Balcani, dall'altro. L'accordo con la Russia (Alleanza dei tre Imperatori, 1873, rinnovata nel 1881) fu reso precario dal riaprirsi dello scontro tra Russia e Impero ottomano (1877-78), le cui conseguenze Bismarck riuscì a controllare nel Congresso di Berlino (1878). Con l'Austria stipulò, a parte, il trattato di difesa (1879) che gli permetteva di controllarne la politica balcanica.
A livello di progetto rimase un'alleanza antifrancese con l'Inghilterra, ma lo statista si assicurò quella con l'Italia (Triplice Alleanza, 1882, rinnovata nel 1887) e, prevedendo un accostamento russo-francese, che più tardi in effetti si verificò, se ne garantì per tre anni col patto "di controassicurazione" (1887). Anche un successivo Congresso di Berlino (1885) dimostrò il prestigio di Bismarck nel controllare la corsa delle potenze europee alla spartizione dell'Africa centrale. In quell'occasione gli scarsi guadagni coloniali tedeschi (Togo, Camerun, ecc.) scontentarono gli ambienti commerciali, mentre permaneva forte la pressione dei militari per una più decisa politica espansionistica.
Sul piano interno urgeva il problema sociale, mentre si rafforzava il partito socialdemocratico, nonostante le leggi eccezionali. Divenne sempre più difficile governare per Bismarck, anche dopo l'esito favorevole delle elezioni (1887), che seguirono allo scioglimento del Parlamento, e soprattutto dopo la morte di Guglielmo I (1888). Nel 1890 il Reichstag abrogava le leggi eccezionali e le elezioni del febbraio segnavano forti progressi degli avversari di Bismarck, liberali e socialdemocratici. A sua volta il nuovo Kaiser, Guglielmo II, si mostrò subito insofferente della forte personalità del "cancelliere di ferro", che dovette dimettersi nel marzo 1890, dopo vani progetti di colpo di stato e di abolizione del suffragio universale. Si ritirò quindi a Friedrichsruh, dove continuò a interessarsi di politica, non risparmiando le critiche ai successivi governi tedeschi.
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Statista tedesco (Schönhausen 1815-Friedrichsruh 1898). Figura
chiave della storia prussiana, tedesca ed europea della seconda
metà del 19° sec., fu il principale artefice
dell’unità della Germania e il primo cancelliere del neonato
Stato tedesco.
Di antica famiglia aristocratica del Brandeburgo, compì i
suoi studi a Gottinga. Tipico esponente degli Junker, la potente
nobiltà fondiaria delle province orientali della Germania,
conservatore, spesso su posizioni reazionarie, B. iniziò la
sua brillante carriera politica e diplomatica al servizio della
Prussia alla vigilia delle rivoluzioni del 1848-49. Fin dal 1847,
segnalandosi alla «dieta unita» di Berlino per la
risoluta politica antiliberale, si distinse come capo della destra
junkerista, il cui programma di rivendicazione dei privilegi
nobiliari e delle corporazioni egli sostenne vigorosamente anche
dopo l’insurrezione del 1848. B. mirava alla liquidazione della tesi
federalista propugnata nella costituzione elaborata dal parlamento
di Francoforte (1848-49) e allontanò dai liberali il re di
Prussia Federico Guglielmo IV, inducendolo a rifiutare la corona
imperiale offertagli (1849) dallo stesso parlamento. A questo scopo
B., plenipotenziario presso la dieta federale (1851), avviò
una politica di ostilità verso l’Austria, avvicinandosi nel
Congresso di Parigi (1856) a Napoleone III. Ambasciatore a
Pietroburgo (1859), riuscì a neutralizzare il tentativo
austriaco di trascinare la Russia nella guerra contro il regno di
Sardegna e l’impero francese. Convinto che fossero maturi i tempi
per unificare la Germania in un nuovo Stato nazionale, B. ritenne
che la Prussia dovesse esserne il nucleo centrale. Dal 1862, posto
alla guida del governo prussiano da re Guglielmo I, per prima cosa
riformò e potenziò l’esercito, contrariamente ai
progetti dei liberali e dei democratici tedeschi: di fronte
all’opposizione della Camera alla legge sulle spese militari, B. –
con un gesto incostituzionale – accolse e applicò la legge
nonostante l’opposizione del Parlamento. Iniziò quindi la sua
azione diretta a porre la Prussia alla testa del movimento per
l’unità tedesca, dedicandosi a costruire una vasta trama
politica e diplomatica per creare le condizioni favorevoli al
processo di unificazione.
Dopo aver appoggiato la Russia nel corso dell’insurrezione polacca
(1863), con la vittoriosa guerra austro-prussiana contro la
Danimarca mise in atto una soluzione di forza della questione dello
Schleswig-Holstein. Pose quindi le premesse della guerra del 1866
contro l’Austria, principale ostacolo sulla via dell’unificazione
tedesca (incontro di Biarritz del 30 sett. 1865 con Napoleone III,
che garantì la propria neutralità), dichiarata di
fatto con l’alleanza italo-prussiana dell’8 apr. dello stesso anno.
La vittoriosa battaglia di Sadowa (3 luglio 1866), seguita nel mese
successivo dalla Pace di Praga, assicurò alla Prussia il
predominio in Germania e segnò la fine della Confederazione
tedesca, con l’eliminazione dell’impero asburgico da una sfera
d’azione politica tradizionale e plurisecolare. La Prussia si
sostituì all’Austria quale potenza egemone nella nuova
Confederazione della Germania del Nord, che riuniva gli Stati
tedeschi situati a N del fiume Meno; B. ne divenne (1867) il
cancelliere federale con l’incarico di dirigere le relazioni estere
di questo nuovo organismo politico. B. era comunque riuscito a
conquistarsi l’adesione di buona parte dell’opposizione liberale, e
aveva favorito la costituzione, all’interno della Camera prussiana,
del Partito liberal-nazionale, sostenitore deciso della politica del
cancelliere, ora più esplicitamente prussiana.
Sconfitta militarmente l’Austria, la costruzione dell’egemonia
prussiana nello spazio politico della Confederazione germanica
doveva fare i conti con la Francia. B. riuscì a rendere
inevitabile (dispaccio di Ems, 13 luglio 1870) la guerra contro
Napoleone III, ostile alla crescita della potenza prussiana in
Europa. Da questa guerra e dalla vittoria dell’esercito prussiano a
Sedan nacque la Germania unita sotto la guida della Prussia. Il 18
genn. 1871, con l’inglobamento degli Stati tedeschi meridionali, fu
proclamato a Versailles il Secondo Reich. Il re di Prussia Guglielmo
I ne divenne l’imperatore e B. il cancelliere; quest’ultimo, creato
principe dal sovrano nello stesso anno, rimase alla guida della
Germania dal 1871 al 1890.
Giunto così all’apice della sua potenza, forte di un
prestigio incontrastato, B., preoccupato di rafforzare
l’autorità del Reich, contrastò violentemente i
cattolici scatenando tra il 1872 e il 1876 il Kulturkampf. Dopo la
violenta repressione antisocialista seguita al fallito attentato a
Guglielmo I (1878) e l’introduzione di misure protezionistiche, si
arrivò a una riconciliazione tra B. e il Partito cattolico
del centro. Accanto alle leggi eccezionali contro i socialisti, il
cancelliere avviò un’avanzata politica sociale, con la quale
si propose di risolvere il problema posto dalla presenza del
movimento politico del proletariato sul terreno di una superiore
integrazione delle classi popolari nella compagine dello Stato
tedesco. In politica estera, B. si prefisse come scopo fondamentale
il mantenimento dello status quo in Europa e l’opposizione ai
tentativi di rivincita della Francia, riservando alla Germania un
ruolo di arbitro tra le grandi potenze. Cercò pertanto di
richiamare a nuova vita l’alleanza tra le corti monarchiche del Nord
(Austria, Prussia, Russia), e si oppose a ogni restaurazione
borbonica in Francia. L’Alleanza dei tre imperatori (1872-73)
entrò tuttavia in crisi con la guerra russo-turca e il
Congresso di Berlino (1877-78): perciò B. strinse nel 1879
un’alleanza con l’Austria-Ungheria, che doveva rimanere il caposaldo
della politica germanica fino alla Prima guerra mondiale. Tuttavia
B., non volendo assecondare tutte le aspirazioni austriache nei
Balcani e desiderando evitare lo scontro tra Austria e Russia,
cercò costantemente di mantenere l’accordo anche fra Vienna e
Pietroburgo: giunse a stipulare (1881) un trattato di alleanza fra
Germania, Austria e Russia e riuscì, fino al 1885, a
mantenere di fatto buoni rapporti fra le tre potenze.
La stipulazione della Triplice alleanza (1882) fra Germania,
Italia e Austria-Ungheria completò questo sistema, che
lasciava la Francia isolata in Europa. Ma la crisi bulgara del 1886,
e il conflitto che ne seguì fra Russia e Austria,
minacciarono alla base tutto il sistema. B. riuscì a porvi
rimedio, sia grazie al trattato di «controassicurazione»
(1887) con la Russia sia dando maggior valore alla Triplice alleanza
e, con ciò, rafforzando al suo interno la posizione
dell’Italia (primo rinnovo della Triplice, 1887). In campo
internazionale, dunque, grazie a B., la Germania riuscì in
quegli anni ad affermare il proprio predominio politico e
diplomatico in Europa con una politica costantemente rivolta al
mantenimento della pace. B. fu poco sensibile ai richiami
dell’espansionismo imperialistico e coloniale, ma lo dovette
assecondare sotto la spinta dei circoli militaristici e della grande
industria; tuttavia, se si eccettua l’intervento africano in
funzione antinglese del 1884, si mantenne sempre estraneo al settore
della politica coloniale.
L’ultimo decennio del suo cancellierato, in politica interna, fu
dominato dal contrasto con il Reichstag sulla questione del bilancio
militare (1886): di fronte all’opposizione di questo, B. decise di
scioglierlo, appoggiandosi non più al Partito del centro ma
ai conservatori e ai liberal-nazionali, e ottenne l’assenso alla
spese da parte dal nuovo Reichstag. Nel 1888, morto Guglielmo I e
tre mesi dopo Federico III, salì al trono Gugliemo II, ostile
alla persona e alla politica di B., soprattutto nei motivi
antiaustriaci e, nel campo interno, nella legislazione
antisocialista, che B. avrebbe voluto inasprire mentre l’imperatore
era nettamente contrario. Il conflitto non offrì altra
possibilità di soluzione all’infuori delle dimissioni del
cancelliere (1890). B. si ritirò quindi a vita privata, nel
suo podere di Friedrichsruh, non tralasciando occasione di criticare
l’operato politico del sovrano e dei propri successori.